Cosi' Senno Rikyu, fondatore della cerimonia del tè descrive la sala dei monasteri Zen dove tale evento ha luogo.
Secondo la tradizione orientale, infatti, tè e Buddhismo Zen sono strettamente legati.
Una leggenda narra che Bodhidharma - che portò lo Zen dall'India alla Cina - rimase seduto nove anni in meditazione in una grotta nei pressi di Shaolin. Per non addormentarsi si taglio' le palpebre e nel punto in cui le getto' crebbe una piante di tè.
Al di la della crudezza dell'immagine, tale leggenda ci ricorda quanto il tè aiuti a mantenersi vigili, condizione essenziale nella meditazione Zen. E' per questo che ancora oggi nei monasteri e nei centri Zen di tutto il mondo servire e consumare il tè in silenzio e piena consapevolezza fa parte della pratica.
Intrisa di mistero e fascino il rito della preparazione del te verde giapponese rappresenta una vera e propria forma di meditazione dove l’arte esasperata del rito formale e dell’etichetta incarnano alcuni dei valori più pregni della cultura Zen.
Zen e té
La fortuna dello zen è dovuta probabilmente ad una grande semplicità e ad un atteggiamento "rilassato" nei confronti della dialettica mezzo-fine.
La non-definizione classica di Zen di Po-Chang "Quando ho fame mangio, quando ho sonno dormo" ha il fascino disarmante di una verità che però si capisce solo a metà.
Più note dello zen stesso sono le applicazioni dello zen alla vita quotidiana, dalla cerimonia del tè alla calligrafia, dalla progettazione di giardini alle arti marziali. Questo folclore giapponese ha portato alla convinzione che sia "zen" tutto quello che è perfetto, semplice, naturale, ecologico, mentre è vero esattamente il contrario. Lo zen deve e può essere applicato soprattutto alle situazioni difficili, complesse, anche a quelle più artificiali.
La cerimonia del tè, nella sua essenza, è l’espressione sintetica degli aspetti fondamentali della cultura giapponese. In quanto tale si è conservata nei secoli e nonostante l’inevitabile commercializzazione, avvenuta nell’immediato dopoguerra, è riuscita a preservare la sua simbologia al di là dell’innegabile aspetto folcloristico ad essa connesso.Accanto alle scuole tradizionali ne sono nate di nuove ed oggi, a differenza di ieri, sono le donne più che gli uomini a dedicarsi a questa arte raffinata, il cui studio rientra certamente nel curriculum di ogni ragazza di buona famiglia.
Il tè che si usa nella cerimonia non è il comune tè in foglie che si immerge in acqua calda. Si tratta di un tè dal caratteristico colore verde brillante, finemente polverizzato e disciolto in acqua calda con un frullino di bambù. Ne risulta una bevanda densa, leggermente spumosa, da un caratteristico sapore amarognolo assai diverso da quello del tè comune. Uno scrittore cinese lo ha infatti poeticamente definito "spuma di giada liquida".
Il tè simbolizza l'essenza dell'ospitalità e viene servito a ogni ora del giorno: sempre e subito quando si riceve un ospite, ma anche spessissimo per sé o per i propri familiari, senza un motivo preciso né un'ora stabilita, come per creare una più calda intimità. L'aroma del tè accompagna le ore di lavoro e quelle del riposo, i momenti gioiosi e quelli dolorosi, il suo calore riscalda e conforta d'inverno, il suo leggero profumo rinfresca il corpo e lo spirito, nelle umide calde estati giapponesi. Il tè giapponese, al contrario di quelli indiano o cinese che hanno subito processi di fermentazione e sono di colore marrone scuro, non è fermentato, ed è generalmente verde: altamente dissetante si beve sempre senza alcuna aggiunta di zucchero, latte o limone.
Preparazione per infuso: si pone a scaldare l'acqua e si mettono in una teiera un po' di foglioline verdeggianti e profumate. Poco prima che l'acqua giunga a bollore la si versa nella teiera, per una durata che dipende dal tipo di tè usato. Si versa, senza usare un colino, nelle tazze che sono senza manico: le foglioline si saranno nel frattempo gonfiate e non usciranno dal beccuccio della teiera. Sottolineiamo che il tè giapponese non va mai versato nella teiera piena di acqua bollente, né lasciato bollire.
La cerimonia del tè (sado o chado, la via del tè) è l'atto che più di tutto sottolinea l'importanza della condivisione di un'atmosfera di tranquilla serenità. Descriverne l'essenza è veramente impresa ardua: si può dire che armonia, rispetto, purezza, calma, grazia, ricerca della bellezza in una austera semplicità e in una povertà raffinata ne sono le componenti principali.
Il tè viene di solito servito in una stanza in stile tradizionale giapponese, con gli ospiti e chi invita seduti sui tatami. Il tè matcha si presenta come una finissima polvere color verde pallido.
Con un sottile cucchiaio di bambù se ne mette una piccola dose in una grossa ciotola di ceramica, vi si versa poi il quantitativo necessario di acqua calda e si rimescola velocemente usando una specie di frullino ricavato da un solo pezzo di bambù.
Il tè, che ricopre appena il fondo della tazza, appare come una verde crema schiumosa, di sapore amaro, ma molto dissetante. Lo si beve dopo aver mangiato un piccolo dolce a forma di fiore, frutto o foglia. La cerimonia del tè è considerata un mezzo per aiutare la concentrazione mentale e il suo scopo è quello di purificare i sensi e rasserenare lo spirito degli ospiti presenti. Per un laico il matcha viene sempre accompagnato dai chagashi, piccoli dolci di forme graziosissime, che non vengono preparati in casa, ma in botteghe di antica tradizione.
L’Usucha e il Koicha rappresentano visivamente due momenti distinti della cerimonia e il rituale ad essi associato è infatti diverso. Il Koicha prevede l’uso di un’unica tazza da cui ogni ospite beve solo pochi sorsi. Il protocollo prevede che prima di portare la tazza alle labbra la si ammiri; dopo aver assaggiato il tè ci si complimenti per il sapore e poi si bevano ancora un paio di sorsi prima di passare la tazza all’ospite vicino avendo accuratamente asciugato con un tovagliolo la parte da cui sia ha bevuto. Finito il giro è possibile che l’ospite più importante chieda di ammirare nuovamente la tazza per apprezzarne la qualità.
Koicha, il tè denso; e Usucha il tè leggero. La cerimonia nella sua interezza richiede molte ore per cui, riservando la cerimonia completa alle occasioni speciali, generalmente ci si limita al solo momento dell’Usucha.
Nel caso dell’Usucha il protocollo, come anticipato, è leggermente diverso. Ogni ospite infatti beve tutta la tazza di tè, poi con le dita asciuga il bordo e si asciuga le mani con un tovagliolo, e restituisce la tazza al padrone di casa che la lava con acqua calda e dopo averla asciugata la riempie di nuovo per servire un altro ospite La tazza viene data all’ospite presentando la parte più bella. L’ospite a sua volta avrà cura di girarla in modo da non bere dalla parte migliore.
Riassumendo
La cerimonia si basa sui principi di armonia, purezza, rispetto e tranquillità; gli stessi gesti che vengono seguiti con uno schema rigido rappresentano ognuno un particolare di questi modi d’essere dell’uomo. Come ogni cerimonia che si rispetti anche il luogo svolge un ruolo da protagonista: la scenografia giusta vede una casa del tè molto rustica, dal tetto di paglia e circondata da un lussureggiante giardino, con stanze spoglie se non per le decorazioni (fonte col giardino della conversazione più consona a questo rito): gli ospiti vengono fatti accomodare sui tatami sinchè non si sente il richiamo di un gong che annuncia l’inizio della cerimonia vera e propria. Dopo essersi risciacquati la bocca, il cerimoniere guida i suoi invitati in una serie di gesti simbolici, apparentemente comuni e umili come lo sciacquio della tazza. Tutta la preparazione e consumazione della bevanda segue delle regole ferree che a molti appaiono alquanto ostiche ma proprio per questo furono considerate un buon allenamento per gli esercizi di meditazione. Infatti inizialmente tale uso nacque presso i monaci buddisti come rinforzante nella loro preparazione psichica, ben presto però divenne uno dei caratteri distintivi dell’aristocrazia. In Giappone si possono trovare dei veri e propri corsi per conoscere ed imparare al meglio tale tradizione, elemento essenziale anche dell’istruzione dei vecchi samurai; alcuni alberghi offrono fra i loro servizi anche la partecipazione a questa cerimonia, ma occorre sempre prenotare e il tutto avviene alla presenza di pochissime persone. Il tè è rigorosamente verde e non il più conosciuto k_cha (tè nero all’inglese). Anche la miscela di tè è molto particolare, si tratta di una farina detta matcha, la cui combinazione con l’acqua ( a 60°!!!) darà dopo un lungo lavorio di shacheraggio con una frusta di bambù una condensa spumosa, color pisello, molto eccitante data l’alta concentrazione di principi attivi, nulla a paragone col più comune tè verde in foglie detto o-cha.
La bevanda va servita in tazze apposite come quelle in ceramica Raku ( create da Ch_jir_), di colore nero o rosso, prive di ogni decorazione, che simboleggiano la negazione del movimento con la loro staticità e semplicità. Ancora oggi comunque tale cerimonia è se non proprio comune per lo meno molto apprezzata dal popolo del Sol Levante, per la sua capacità di rilassamento che trascende dalla quotidianità di Tokyo e dintorni spesso troppo rumorosa e nevrotica. In Italia potete trovare persino dei siti che commerciano gli articoli necessari a tutte le varie fasi della cerimonia, dalla teiera in ghisa alla tazza detta chawan, dal frullino, il chasen, al mestolo chiamato hishaku.
Il tè, divenuto cerimonia, si accompagnò a nuove consapevolezze in campo artistico-architettonico e non mancò di influenzare, con il suo amore per la semplicità e la sobrietà, la vita di tutti i giorni.
La popolarità della cerimonia nel XVII secolo fu responsabile del grande impulso dato allo sviluppo della ceramica, e in particolar modo a quella usata per i tè. Nacquero molte scuole, ognuna rispondente a dei precisi canoni estetici, ognuna riflettente la filosofia ed il gusto di un particolare Maestro.
Le tazze Raku, originarie di Kyoto, furono quelle che incontrarono più successo tra gli intenditori. Esse sono piacevoli al tatto e ispirano serenità nella loro peculiare semplicità ed elegante sobrietà decorativa. Generalmente non sono perfettamente rotonde ma sono fatte in modo da essere tenute con entrambe le mani, come è consuetudine bevendo il tè. Il bordo superiore non è perfettamente liscio ma è ondulato, così da offrire una sensazione piacevole quando portato alle labbra. La base in genere non è invetriata, lasciando così vedere il tipo di argilla di cui è fatta la coppa. Non presentano un motivo decorativo preciso, ma la decorazione è creata dalla invetriata e dal gioco di colori naturali e di contorni.
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