Il forum dei Drow, dei Vampiri e delle creature dell'oscurità
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 Oggetto del messaggio: I Nuovi Mostri!
MessaggioInviato: sab ago 08, 2009 23:56 
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Vampiri, licantropi, streghe e fantasmi popolano l'immaginario collettivo creando suggestione, timore e paure ancestrali che ogni uomo culla dentro di sè percependo il lato sovrannaturale di queste creature.
Ma senza nulla togliere a questi "mostri" leggendari dobbiamo ricordare che anche le città sono popolate da mostri.
Risulta assai più semplice scivolare inuditi nel buio, nei viottolo angusti, tra la nebbia, mescolarsi tra la gente
che prendere dimora nelle fredde acque di un Lago Scozzese o in una cripta.

Cosa differenzia quindi i mostri cittadini da quelli della mitologia?
I mostri di cui vi sto parlando sono semplici umani...

E che cosa li accomuna alle creature sopra citate?
Molte più cose di quante possiate immaginare.

Prima di tutto come queste ultime, colpiscono in modo atroce e bestiale.
Ciò che di loro incute timore non è l'aspetto che il più delle volte è comune, quasi anonimo, bensì la violenza
brutale, animalesca, disumana che instillano nelle loro azioni.
Questi assassini sono mossi da un istinto irrazionale che li porta ad ammazzare seguendo dei rituali ben precisi impressi nella loro mente come una mappa, un calendario digitale, un orologio che non salta un secondo...
Il più delle volte le vittime che scelgono non hanno nulla in comune tra loro, ma questa è solo apparenza, poichè ogni vittima non è che un tassello presente nella loro mente malata seppur lucida, e si va ad incastrare perfettamente nel disegno di sangue che si cela nella loro testa.

E da qui il seriale viene mitizzato, nell'immaginario collettivo assume i tratti ferini della belva, ne ruba i
tratti somatici e diviene per tutti un mostro, e come nella peggiore e più truculenta favola dei fratelli Grimm
vecchia maniera, la paura aumenta al pensiero che chiunque di noi può diventare una preda dei "Lupi" dei boschi di cemento.

La creatura delle città è inoltre enigmatica, per lo meno sino a che non se ne scopre l'ideantità, e l'alone di
mistero che avvolge la sua persona diviene oggetto di curiosità macabra e morbosa, quasi patologica, ma
irresistibile.
Senza annoiarvi troppo questa sera vi propongo il serial killer più tristemente famoso della storia ed un suo emulo.

Jack lo squartatore, il macellaio di Whitechapel che seminava il terrore nella Londra del 1888.
Ancora oggi la sua identità è avvolta dal mistero, (seppur si siano fatte molte congetture attorno ad essa).
La leggenda dello Squartatore riprese vita agli inizi del 1950, quando la Polizia di Scotland Yard si ritrovò per le mani una serie di terribili omicidi che sembravano firmati dalla stessa mano di Jack, talmente simili nel modus operandi da aumentare le dicerie attorno al "macellaio", tanto che i più impressionabili si convinsero che fosse ornato dall'Inferno, ma più realistico è pensare ad un grottesco e feroce epigono.

Jack the Ripper

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[Alcune vittime del temibile assassino]

Nella seconda metà del 1888 Londra conobbe questo terribile assassino, uno dei primi criminali a meritarsi l'agghiacciante appellativo di serial killer.
Si nascondeva nel nebbia di Whitechapel, quartiere dell'East End, e di notte usciva dalla tana per aggredire giovani donne (quasi sempre prostitute), che uccideva e mutilava per poi portarsi via qualche macabro trofeo da spedire alla polizia insieme a lettere di scherno in cui si firmava "Jack the Ripper".
Jack lanciò una vera sfida a Scotland Yard, lasciando di proposito indizi sulla sua identità e indirizzando a giornali e commissariati i "souvenir" delle sue imprese.
Così più di una volta gli ispettori che indagavano sul mostro si videro recapitare in ufficio un pacco postale contente raccapriccianti resti umani. Evidentemente il mostro era capace di incidere e sezionare i corpi delle vittime con la precisione di un chirurgo, ma la sua perizia nel armeggiare il bisturi costituiva l'unica certezza riguardo al caso. La polizia fece tentativi deludenti e finì per fotografare la retina della disgraziata di turno sperando che il volto di the Ripper fosse rimasto scolpito negli occhi della vittima. La catena di delitti si interruppe misteriosamente nell'inverno dello stesso anno , quando lo Squartatore era ormai tristemente famoso in tutto il globo.
Il caso non è mai stato risolto, anche se alcuni criminologi continuano ancora oggi a studiarlo: tra le teorie più suggestive c'è l'ipotesi che Jack fosse una donna, quella per cui sarebbe stato un membro della famiglia reale, mentre altri propendono per la tesi per cui ad agire sarebbe stata una équipe organizzata composta da più assassini.
Negli anni Cinquanta i giornali popolari inglesi quando si trovarono davanti ad una nuova serie di misteriosi omicidi parlarono di un ritorno dello Squartatore

Jack (from Hell?)

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"Jack the Ripper è tornato", così titolavano i quotidiani inglesi negli anni Cinquanta, quando una serie di macabri delitti sconvolse la capitale. I londinesi furono presi da una nuova psicosi del mostro sanguinario: un'avventata campagna stampa e la testimonianza di un vicino di casa, costrinse Scotland Yard ad arrestare tale John Evans, sbrigativamente condannato e impiccato.
Fu uno dei più clamorosi errori giudiziari di tutti i tempi.
Successivi riscontri dimostrarono con chiarezza che Evans era morto innocente. Anche stavolta Jack aveva beffato gli investigatori?
Alcuni anni dopo fu fermato l'autentico responsabile degli omicidi: era lo stesso vicino di casa di Evans, nonché suo accusatore. Si chiamava Reginald John Christie e ai giudici non restò che farlo salire a sua volta sulla forca.

(Per chi volesse leggersi il papello relativo a Reginald John Christie lo lascio oscurato qui di seguito :P )


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 Oggetto del messaggio: Re: I Nuovi Mostri!
MessaggioInviato: dom ago 09, 2009 13:47 
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semplicemente eccezionale, accurato ed interessantissimo, perfetto per questa sezione :clap:
A questo profilo se ne possono ben aggiungere altri

Sentitevi liberi di apportare tutto quel che vi interessa o che volete condividere sul tema

Complimentoni x impreziosire questa oscura nicchia di Valm Neira milady :inchino:

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 Oggetto del messaggio: Re: I Nuovi Mostri!
MessaggioInviato: dom ago 09, 2009 20:54 
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Lieta abbia incontrato il vostro gusto Mylord ed aver avuto modo di condividere la mia passione per questi nuovi "mostri" (non mandatemi le "guazze" a casa eh :P ).

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 Oggetto del messaggio: Re: I Nuovi Mostri!
MessaggioInviato: dom ago 09, 2009 21:02 
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Visto che si parla di un argomento piuttosto interessante, e che c'è via libera...posto subito un altro serial killer! :d


Ted Bundy

Ted Bundy: L’infanzia

Theodore Robert Cowell nacque il 24 novembre del 1946 dalla ventunenne Eleanor Louise Cowell in un istituto per madri non sposate a Burlington (Vermont).
Eleanor intendeva dare il bambino in adozione, per non dare scandalo con un figlio nato al di fuori del matrimonio. Subito dopo averlo abbandonato, però, si pentì della decisione e tornò indietro per riprenderlo con sé. Scelse di far credere a tutti che Theodore fosse figlio dei suoi genitori, dai quali tornò a vivere a Philadelphia.

Fin dall’inizio questa situazione alimentò una certa confusione riguardo all’identità di Ted, dettata soprattutto dal bizzarro comportamento della madre. Pur asserendo di esserne la sorella, Eleanor prima portò Theodore a vivere con sé a Tacoma, nello stato di Washington, nel 1950, e poi ne cambiò il secondo nome in Nelson (forse per farlo passare come orfano di padre).
A tracoma, Eleanor decise di cambiare legalmente il proprio nome in “Louise” e conobbe il cuoco John Culpepper Bundy, che sposò il 19 maggio del 1951.
In quell’occasione, Theodore cambiò definitivamente il proprio nome in Theodore Robert Bundy.

Nonostante ne avesse assunto il cognome, Ted non mostrò di essere particolarmente legato al patrigno. Continuò invece a considerare come figura paterna il nonno, descritto come un uomo dal temperamento violento e con un grande interesse per la pornografia. Louise e Johnnie ebbero altri quattro figli, di cui spesso Ted si occupava in prima persona come babysitter.

La sua adolescenza trascorse tranquillamente, tra la scuola e il suo impegno come membro dei Boy Scouts locali. Era un ragazzino timido, vestito sempre elegantemente e spesso preso di mira dai bulli della scuola e dagli altri compagni. In alcuni episodi i professori descrissero "inquietante ed estremamente violento” il suo comportamento.
Gli impulsi criminali di Bundy non tardarono comunque a manifestarsi più apertamente: fu accusato di spiare donne dalle finestre e di rubare vestiario nei negozi.

Ted Bundy: L’università e Stephanie

Nel 1965 prese il diploma e ottenne una borsa di studio per l’Università di Puget Sound (Tacoma, Washington), dove una leggenda locale narra che Bundy sotterrò la sua prima vittima sotto la Fontana Thompson.
Dopo due semestri a Puget Sound, Ted si trasferì all’Università di Washington. Qui conobbe la giovane Stephanie Brooks, una ragazza con i capelli lunghi e mori portati con la riga in mezzo che proveniva da una benestante famiglia californiana. Stephanie rappresentò per lui non solo il primo amore, ma soprattutto la prima esperienza in campo sessuale.

Per qualche tempo i due apparvero come una coppia felice, ma presto l’inadeguatezza che Ted sentiva nei confronti di Stephanie cominciò a emergere.

Bundy si trasferì di nuovo, nell’autunno del 1968, alla Stanford University di Palo Alto e il rapporto con Stephanie si guastò al punto che lei lo lasciò. La sua tendenza a non confidarsi e a manipolare gli altri aveva rovinato la loro storia. Inoltre, Stephanie sentiva che Ted, oltre a non appartenere alla sua stessa classe sociale e ad aver mentito più volte per fare colpo su di lei, non aveva obiettivi nella sua vita e lei non intendeva impegnarsi con un uomo come lui.

Ted ne uscì distrutto, e cominciò a spostarsi senza una meta precisa. Finì così di nuovo nella sua città natale, Burlington, all’inizio del 1969. Qui scoprì la verità sulla sua nascita: la donna che aveva cercato di farlo crescere come se fosse suo fratello, era in realtà la sua madre naturale.
Non è possibile sapere quali furono gli effetti di una tale verità su Ted Bundy.
Il ragazzo tornò a Washington e cercò di riprendere la sua relazione con Stephanie, ma fu respinto. Deciso a riaverla al suo fianco e a mostrarsi alla sua altezza, l’autunno seguente ricominciò a studiare all’Università di Washington, seguendo corsi di psicologia. Da studente medio si trasformò in uno studente eccellente; inoltre iniziò a essere coinvolto nella politica locale, lavorando alle campagne elettorali del repubblicano nero Art Fletcher, candidato per la carica di vicegovernatore.

Nel tempo libero, Ted cominciò a operare come volontario al centro telefonico della Seattle Crisis Clinic, un’organizzazione no-profit che, attraverso i propri telefonisti, cercava di dare assistenza ai bisognosi e anche alle vittime di stupri.
Qui divenne amico di Ann Rule, la donna che anni dopo avrebbe descritto la sua vita e i suoi crimini nel best-seller The Stranger Beside me (Un estraneo al mio fianco).

In quel periodo, inoltre, conobbe Meg Anders, una divorziata che lavorava come segretaria. I due cominciarono a frequentarsi e Meg si innamorò di lui: Bundy la trattava con gentilezza e ricopriva il ruolo di figura paterna per la bambina nata dal matrimonio della donna. Ma, nonostante la loro relazione, Ted non intendeva rinunciare a Stephanie, con la quale si tenne in contatto tramite lettere e telefonate.

I due anni seguenti, Bundy continuò a lavorare alle campagne politiche del Partito Repubblicano dello Stato di Washington, collaborò alla stesura di un opuscolo per le donne riguardo la prevenzione dello stupro e iniziò a fare domanda a numerose scuole di legge per diventare avvocato. Proprio in quel periodo, fu decorato come “eroe” dalla polizia di Seattle per aver salvato la vita a una bambina di tre anni che rischiava l’affogamento in un lago.

Nell’estate del 1973, Bundy si laureò all’Università di Washington, e fu presto accettato alla scuola di legge dell’università dello Utah. Tuttavia, forse per la relazione con Meg o per il suo impegno con il Partito Repubblicano, Ted decise di non frequentare la scuola fino all’anno seguente.

Durante uno dei viaggi per il partito, Bundy rivide Stephanie e, forte della sua nuova immagine di uomo di successo, la frequentò segretamente per alcuni mesi e fece in modo che lei si innamorasse del nuovo Ted Bundy. Nessuna delle due donne di Bundy sapeva dell’esistenza dell’altra, ma soprattutto entrambe erano inconsapevoli della trasformazione che questi aveva subito.

Tra la fine del 1973 e l’inizio del 1974 Ted smise improvvisamente di cercare Stephanie e diventò insensibile nei suoi confronti. Nel febbraio 1974, quando la ragazza lo chiamò per avere delle spiegazioni sul perché l’avesse lasciata, Ted si mostrò impassibile e mise giù il telefono. Stephanie non lo vide né lo sentì più. Freddo e calcolatore, Bundy aveva fatto in modo che la ragazza si innamorasse di lui per poterla scaricare nello stesso modo in cui lei l’aveva piantato in precedenza.

Ted Bundy: Il primo omicidio

Nel 1974 ebbe inizio la spirale di morte che avrebbe trasformato un’affascinante e seducente promessa del partito repubblicano in uno spietato serial killer.
Ted Bundy scelse metodicamente ogni vittima: ognuna evocava nell’aspetto la figura snella di Stephanie e i suoi capelli neri con la riga in mezzo.

Il 4 gennaio del 1974, la diciottenne Joni Lentz divenne la sua prima vittima.
Joni divideva un appartamento a Seattle con diverse compagne e quella mattina, quando non scese per la colazione, nessuna di loro pensò che qualcosa non andasse. Solo con il passare delle ore, si insospettirono e decisero di controllare che stesse bene. Joni sembrava essere sveglia quando entrarono nella sua stanza ma, non appena si avvicinarono, si resero conto con orrore che giaceva in una pozza di sangue. Quando scostarono le coperte, vennero colte dal terrore e dal raccapriccio: una delle aste dell’intelaiatura del letto era stata spezzata e usata per picchiare Joni sul viso e sulla testa ed era stata poi conficcata profondamente nella sua vagina. Nonostante la violenza, sembrava che Joni respirasse ancora, così le sue compagne chiamarono i soccorsi e la polizia locale.
Quando l’unità mobile arrivò, la ragazza era in coma. Era riuscita a sopravvivere all’aggressione ma aveva subito danni cerebrali e lesioni interne molto gravi. Non ricordava nulla dell’accaduto.
Bundy era riuscito a entrare e a scappare grazie a una finestra lasciata aperta.

Ted Bundy: Gli omicidi successivi

Meno di un mese dopo l’aggressione di Joni Lentz, Lynda Ann Healy scomparve dalla sua stanza seminterrata a Seattle. Macchie di sangue furono trovate sul letto, mentre le lenzuola e il cuscino erano scomparsi. Inizialmente la polizia non credette che potesse trattarsi di un omicidio, così nella stanza non vennero prelevate impronte e una macchia sul letto, apparentemente di liquido seminale, non venne mai analizzata. La porta che portava direttamente all’esterno fu trovata aperta. Forse Lynda aprì spontaneamente la porta a Bundy.

Nei mesi seguenti, tra la primavera e l’estate del ’74, almeno altre cinque ragazze scomparvero in circostanze misteriose in un triangolo compreso tra tre stati: Utah, Oregon e Washington. Tuttavia gli investigatori non furono subito inclini a pensare che, dietro a queste sparizioni, vi fosse un unico assassino.

Il 17 giugno del 1974 la giovane Brenda Baker fu ritrovata morta in un parco. La causa della sua morte non poté essere stabilita a causa dello stato delle sue spoglie.

Appena due mesi dopo, nel parco del lago Shammanish di Washington, vennero trovati i resti di altre due ragazze, scomparse entrambe il 14 di luglio: Janice Ott e Denise Naslund. Ciocche di capelli di vario colore, quattro ossa del femore, due teschi e un osso della mascella furono identificati solo grazie all’encomiabile lavoro della polizia e del medico legale. Janice Ott era stata vista viva per l’ultima volta da una coppia che faceva un picnic sulla riva del lago. Avevano visto la ragazza con un giovane uomo attraente e li avevano sentiti parlare. Lui si era presentato come Ted e portava un’ingessatura al braccio: le aveva chiesto un aiuto per caricare la sua piccola barca sul tetto del suo maggiolino Volkswagen in quanto si era rotto un braccio giocando a tennis.

Letta questa storia su un giornale locale, una ragazza di nome Janice Graham riferì alla polizia di essersi ritrovata in una scena simile con lo stesso individuo. Arrivata però alla sua auto si era resa conto che non c’era nessuna barca da caricare e non aveva accettato di seguire l’uomo fino alla casa dei suoi genitori sulla collina, dove Ted sosteneva che la barca si trovasse, e dove lei avrebbe potuto aiutarlo. Janice Graham aveva rifiutato perché aveva ritenuto che fosse troppo rischioso andare con lui. Più tardi aveva visto Ted con un’altra ragazza.

Grazie a Janice Graham e agli altri testimoni che avevano visto l’uomo nel parco, fu possibile tracciare un primo identikit. Gli investigatori dei tre stati in cui erano avvenute le sparizioni cominciarono a collaborare tra loro.

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"...muoio ogni attimo e rinasco nuovo e senza ricordi:vivo e intero,non più in me, ma in ogni cosa fuori."

"L'uccello si sforza di uscire dall'uovo.L'uovo é il mondo.Chi vuol nascere deve distruggere un mondo.L'uccello vola a Dio.Il Dio si chiama Abraxas."


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 Oggetto del messaggio: Re: I Nuovi Mostri!
MessaggioInviato: dom ago 09, 2009 21:05 
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Leggendo dei casi e vedendo l’identikit su un giornale, un’amica di Meg le fece notare che avrebbe potuto trattarsi del suo Ted. La segnalazione di Meg si unì a tutte le altre, ma la polizia scartò immediatamente l’ipotesi che un giovane studente di legge che lavorava a tempo pieno per il partito repubblicano potesse essere implicato.
In quel periodo Ted Bundy si spostò a studiare legge all’università dello Utah e anche qui commise altri omicidi di giovani donne.

Il 18 ottobre del 1974 la diciassettenne Melissa Smith scomparve mentre tornava a casa da una festa a Midvale, Utah. Il suo cadavere fu trovato il 27 dello stesso mese al Summit Park, vicino a Salt Lake City. La ragazza era nuda ed era stata picchiata, stuprata, sodomizzata, e strangolata con le sue stesse calze. Sporcizia e rametti erano stati infilati nella sua vagina e sembrava che l’assassino l’avesse truccata prima di gettarla via.

Laurie Aimee fu vista per l’ultima volta il giorno di Halloween a Lehi, Utah. La scomparsa della diciassettenne non fu denunciata per quattro giorni e il suo corpo fu ritrovato il giorno del Ringraziamento da un escursionista nell’American Folk Canyon. Anche Laurie era nuda: era stata violentata, sodomizzata e picchiata. Era morta per strangolamento e forse i suoi capelli erano stati lavati prima che il suo corpo venisse abbandonato.

Tuttavia, Bundy fece il suo primo passo falso.
L’8 novembre del 1974 si avvicinò alla diciottenne Carol De Ronch in un centro commerciale a Murray (Utah) e, presentandosi travestito da agente di polizia, la informò che la sua auto aveva subito un tentativo di furto. Carol De Ronch salì sull’auto di Bundy convinta che sarebbe stata portata a una stazione di polizia per fare una regolare denuncia. Ma Ted fermò brutalmente la macchina, tirò fuori una pistola e le ammanettò un polso. Carol lottò e riuscì a fuggire prima che Bundy potesse bloccarle anche l’altro polso. Nella fuga si imbatté in un motociclista di passaggio che la portò alla polizia.
Carol riuscì a dare una descrizione dell’uomo e della sua auto. Fu notata una somiglianza con un altro omicidio avvenuto nello stato di Washington, ma sulle manette non furono trovate impronte e una macchia di sangue sul collo di Carol non fu sufficiente per poter fare dei test.

Poche ore dopo la fuga di Carol De Ronch e a sole diciassette miglia di distanza, Debbie Kent scomparve dalla Viewmont High School di Bountiful, Utah. Era uscita in anticipo dalla lezione di teatro per andare a prendere a scuola il fratellino, ma la sua auto non lasciò mai il parcheggio. Alcune persone riferirono di aver sentito delle urla. L’insegnante di recitazione Raelynn Shepard testimoniò che uno strano uomo l’aveva avvicinata cercando di farle credere che era successo qualcosa alla sua auto nel parcheggio della scuola: era lo stesso trucchetto che Bundy aveva usato con Carol De Ronch. Un altro testimone raccontò di aver visto un maggiolino Volkswagen allontanarsi velocemente dal parcheggio della scuola.
Sul terreno fu trovata una chiave che apriva le manette che Carol De Ronch aveva ai polsi. Debbie Kent non fu più ritrovata, né morta né viva.

Gli omicidi si interruppero per quattro mesi. Ripresero in Colorado, dove almeno quattro giovani donne scomparvero misteriosamente tra il gennaio e l’aprile del 1975. Una di esse fu ritrovata morta a poche miglia da dove era sparita. Era stata violentata e percossa.
Nello stato di Washington l’investigatore Bob Keppel lanciò una massiccia perquisizione nel secondo maggiore luogo di scarico di rifiuti dello stato: l’area Taylor Mountains. Ancora prima che fosse terminata, i teschi rotti di quattro delle ragazze scomparse erano già stati ritrovati. Uno di essi era stato trasportato fin lì dall’Oregon. Non furono rinvenuti altri resti.
Le Taylor Mountains divennero ufficialmente il luogo di sepoltura delle vittime dell’assassino.

La task force di Washington stilò una lista di venticinque sospettati e focalizzò le indagini su di essi. Bundy non faceva parte di questa rosa, ma la buona sorte intervenne per aiutare gli investigatori il 16 agosto del 1975.

Ted Bundy: Il primo arresto

Quel giorno, l’ufficiale della stradale dello stato dello Utah Bob Haywood (per coincidenza fratello del detective Pete Haywood di Salt Lake City coinvolto nelle indagini degli omicidi compiuti nello Utah) notò un maggiolino Volkswagen di colore chiaro nei dintorni di Granger, Utah. Conoscendo tutti i veicoli e le persone che abitavano nella sua zona, Haywood accese le luci per fermare l’automobile, ma essa schizzò via ad alta velocità saltando un paio di semafori rossi prima di accostare. L’ufficiale Haywood chiese i documenti e il guidatore si presentò come Ted Bundy. L’agente fu subito insospettito dal fatto che mancasse il sedile del passeggero.

Bundy fu fermato per non aver accostato e essere fuggito. La sua auto fu perquisita e, tra le altre cose, fu trovata una spranga, un passamontagna, un rompighiaccio e un paio di manette.
Appena dopo il suo arresto, gli investigatori di Salt Lake cominciarono a collegare Bundy all’aggressione di Carol De Ronch. Lo accusarono di possesso di attrezzi da scasso il 21 agosto e perquisirono il suo appartamento, senza trovare nulla di incriminante. Una foto di Bundy fu mostrata a Carol De Ronch, senza però che lei potesse identificarlo come suo assalitore: al momento dell’aggressione Ted era travestito. Al contrario, l’insegnante Raelynn Shepard lo riconobbe come l’uomo che aveva cercato di spingerla nel parcheggio prima della sparizione di Debbie Kent.

Fu sufficiente per mettere Bundy sotto sorveglianza e sotto indagine. Presto fu arrestato e accusato dell’aggressione di Carol De Ronch. Alcuni capelli trovati nella sua auto furono identificati come appartenenti ad alcune delle ragazze scomparse. Anche Meg Anders, che per sei anni aveva frequentato Ted, raccontò agli investigatori particolari interessanti sulle abitudini notturne di Bundy, le sue rozze pratiche sessuali e sul fatto che l’aveva visto in possesso di grucce, stucco per gesso e baffi finti.
Le prove erano singolarmente circostanziali, ma messe tutte insieme formavano un quadro molto potente.

L’opposizione generale della gente comune alle accuse divenne evidente quando Ted Bundy fu portato davanti alla corte dello Utah. Era uno studente di legge che aveva lavorato per il partito repubblicano e appariva un ragazzo così pulito e a modo che la maggior parte delle persone pensò che si trattasse di un errore. Ma il processo venne aperto comunque e Bundy fu condannato come assalitore di Carol De Ronch: non aveva alibi, la vittima fu in grado di identificarlo e la sua auto era identica a quella usata al momento dell’aggressione. Nel frattempo, i testimoni del lago Shammanish di Washington lo identificarono come il Ted che si aggirava nel parco per chiedere aiuto a giovani donne.

Ted fu rinchiuso in carcere in attesa della sentenza definitiva, che poteva oscillare da uno a quindici anni. Nel frattempo, l’FBI trovò le prove necessarie per processarlo per un altro omicidio in Colorado e Ted fu estradato per il processo.

Licenziati i suoi avvocati, Bundy decise di difendersi da solo.
Inoltre gli venne garantito l’accesso alla biblioteca del carcere e, durante una delle sue ore di permesso, Ted Bundy riuscì a evadere da una finestra.

Ted Bundy: La striscia omicida ricomincia

Dopo sei giorni di fuga Bundy fu ripreso, ma sette mesi dopo, il 30 dicembre del 1977, un nuovo tentativo di evasione andò a buon fine.
La prigione emise un comunicato ufficiale solo quindici ore dopo la fuga, ma Bundy era già lontano.
Arrivò a Vail (Colorado), prese un autobus a Denver e un aereo per Chicago. Rubò una macchina con la quale arrivò ad Atlanta, e infine prese un altro autobus con cui arrivò a Tallahassee (Florida), dove affittò un appartamento vicino a un campus universitario facendosi chiamare Chris Hagen.
Visse di espedienti e furti.

Il 14 gennaio del 1978 aggredì quattro componenti delle Chi Omega. Una compagna che rientrava nella casa della confraternita trovò due ragazze morte nei loro letti: erano state picchiate e strangolate, e a una di loro era stata infilata una bomboletta nella vagina e nell’ano. Altre due compagne riuscirono a sopravvivere all’aggressione nonostante fossero state picchiate ferocemente e sanguinassero copiosamente.

La stessa notte Bundy picchiò a sangue Cheryl Thomas, che sopravvisse nonostante il suo cranio fosse fratturato in cinque punti.

Ted cominciò a diventare avventato. Cercò di aggredire una ragazzina a Jacksonville, che fu però difesa dal fratello.

Infine, il 9 febbraio 1978, la dodicenne Kimberly Ann Leach fu rapita dalla sua scuola a Lake City, Florida. Quando scomparve, si stava spostando da un edificio della scuola a un altro. Fu vista da un testimone mentre veniva accompagnata da un bell’uomo verso un furgone bianco. Il suo corpo fu trovato il 12 aprile a 30 miglia di distanza. La causa della morte non poté essere stabilita a causa della decomposizione avanzata. Il cadavere era parzialmente mummificato.

Dopo l’omicidio Leach, Bundy tornò al suo appartamento a Tallahassee e abbandonò il furgone bianco in un quartiere malfamato, dove non venne mai ritrovato.
Rubò un altro veicolo, ma venne fermato dalla polizia per un controllo. Riuscì a fuggire mentre l’agente di polizia controllava i documenti. Tornò al suo appartamento, lo ripulì dalle sue tracce e si spostò con un’altra auto rubata a Pensacola, Florida. La targa della macchina venne riconosciuta da un altro ufficiale e a Bundy fu intimato di uscire dal veicolo. Cercò di farsi sparare ma dopo una breve colluttazione fu arrestato di nuovo.

Ted Bundy: Il nuovo processo: la condanna a morte

Inizialmente Ted Bundy diede un nome falso alla polizia di Pensacola, ma presto la sua vera identità venne fuori. Era stato aggiunto alla lista dei dieci criminali più ricercati d’America redatta dall’FBI.
Fu accusato degli omicidi delle ragazze della Chi Omega e di quello di Kimberly Leach.
Cercò di nuovo di fare dei giochetti, chiedendo che il giudice prima e il suo team difensivo poi, fossero sostituiti. Entrambe le mozioni furono rifiutate.

Il processo per gli omicidi della casa delle Chi Omega si tenne quasi un anno dopo, nel 1980. La difesa chiamò a testimoniare anche Louise Bundy, durante la cui deposizione Ted si mise a piangere.
Ma le impronte dentarie sui cadaveri furono una prova troppo evidente della sua colpevolezza. Nel tentativo di avere un testimone schiacciante in meno, Bundy si avvantaggiò di una legge della Florida per cui qualunque dichiarazione di matrimonio alla presenza degli ufficiali della corte era ritenuta valida e legalmente vincolante: propose alla sua ragazza attuale, Carol Ann Boone, una vecchia compagna di università, di sposarlo. Lei accettò e divenne sua moglie.
Poche ore più tardi arrivò la sentenza di morte.

Il giudice Edward Cowart pronunciò queste parole nella sentenza:
«È stabilito che siate messo a morte per mezzo della corrente elettrica, che tale corrente sia passata attraverso il vostro corpo fino alla morte. Prendetevi cura di voi stesso, giovane uomo. Ve lo dico sinceramente: prendetevi cura di voi stesso. È una tragedia per questa corte vedere una tale totale assenza di umanità come quella che ho visto in questo tribunale. Siete un giovane brillante. Avreste potuto essere un buon avvocato e avrei voluto vedervi in azione davanti a me, ma voi siete venuto nel modo sbagliato. Prendetevi cura di voi stesso. Non ho nessun malanimo contro di voi. Voglio che lo sappiate. Prendetevi cura di voi stesso».

Ted Bundy: L’epilogo

Durante le visite coniugali in carcere, Carol rimase incinta e nell’ottobre del 1982 diede alla luce una bambina. In seguito lei e Ted non ebbero più rapporti.
Bundy continuò a sostenere la propria innocenza e cominciò a richiedere una serie estenuante di appelli.
Nel 1986 riuscì a evitare l’esecuzione della pena capitale per due volte. Negli anni di carcere, si tenne in contatto epistolare con Ann Rule e offrì la propria assistenza e consulenza agli investigatori che si occupavano del caso del Green River Killer, assassino seriale dello stato di Washington.

Il 17 gennaio 1989 fu proclamata la sentenza definitiva di morte.
Ted e i suoi avvocati proposero alle famiglie delle vittime di richiedere la proroga di altri tre anni per l’esecuzione affinché Bundy avesse il tempo di confessare gli altri omicidi. Nonostante molti non conoscessero il destino di figlie, sorelle e nipoti, tutte le famiglie rifiutarono.

Alle 7.06 del 24 gennaio 1989, Theodore Robert Bundy fu giustiziato con una scarica di oltre 2.000 Volt, che attraversò il suo corpo per dieci minuti. Fu proclamato morto alle 7.16 del mattino.
Con una procedura insolita, il suo corpo fu cremato e le ceneri sparse sulle Taylor Mountains dello stato di Washington, dove i resti di molte sue vittime erano stati scoperti.

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"...muoio ogni attimo e rinasco nuovo e senza ricordi:vivo e intero,non più in me, ma in ogni cosa fuori."

"L'uccello si sforza di uscire dall'uovo.L'uovo é il mondo.Chi vuol nascere deve distruggere un mondo.L'uccello vola a Dio.Il Dio si chiama Abraxas."


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Accurato ed interessante l'articolo su Ted Bundy, da notare come tutti i seriali prima o dopo cadano nel delirio di onnipotenza, facendo il primo passo falso che li porterà irrimediabilmente ad esser braccati e catturati.

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Stupito il diavolo rimase quando comprese quanto osceno fosse il bene
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 Oggetto del messaggio: Re: I Nuovi Mostri!
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Gilles De Rais (Barbablu): Paladino o Mostro?

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(Questa disquisizione potrà risultare un poco noiosa in quanto per comprendere la natura dell'individuo preso in esame si dovrà fare chiaro riferimento sia all'epoca storica che alle trame di potere che si celavano dietro la sua figura... quindi iniziamo...)

Il mondo della storia è particolare, senza vie di mezzo, privo di sfumature, dove gli eroi vengono celebrati in maniera epica, quasi mitica, mentre i cattivi sono spesso disegnati come mostri senza anima.
Tra questi troviamo Gilles De Rais, un nobile francese del XV secolo, un ufficiale militare che aveva combattuto al fianco di Jeanne D'Arc e che, al termine della Guerra dei Cento Anni, si ritrovò ad essere uno degli uomini più ricchi e potenti della Francia. Ottenuta la carica nobiliare di Barone su "raccomandazione" del nonno, un uomo molto influente che ricorreva al nepotismo per controllare più territori possibili, è probabile che la "caduta" di De Rais fu causata sopratutto alla sua ingenuità politica e al suo edonismo che lo portò a dissipare la gran parte dei propri averi.
Gilles De Rais non è però ricordato né per il glorioso passato militare né per gli sfortunati giochi di potere. La storia racconta che Gilles nascose per molti anni il lato oscuro della sua personalità, un lato scuro e sinistro che lo spinse a rapire, torturare e uccidere centinaia di bambini, figli di contadini per la maggior parte. Si tramanda inoltre che l'ufficiale usasse circondarsi di stregoni e alchimisti esperti in magia nera, con i quali cercava la formula per trasformare il metallo in oro.

Arrestato e minacciato di tortura, Gilles confessò di essere un omosessuale e un pedofilo. Due reati che a quel tempo erano puniti con la confisca di tutte le proprietà e con la pena di morte.
La storia ci consegna così Gilles De Rais come uno dei peggiori e più sadici assassini dell'umana esistenza. La maggior parte degli studiosi lo descrive come un cavaliere al servizio del Re, che una volta in pensione trascorse il tempo libero a violentare e uccidere ragazzini.
Altri invece sostengono che sia rimasto vittima di una congiura, perché è impossibile che sia riuscito a rimanere impunito per tutti quegli anni. Secondo questa ipotesi, De Rais sarebbe stato accusato con delle finte prove e condannato da un tribunale truccato, dal quale non riuscì a difendersi a causa della sua scarsa intelligenza. Un eroe di guerra, rimasto vittima di alcuni giochi di potere.
Per capire meglio Gilles De Rais e la sua storia, dobbiamo innanzitutto cercare di immaginarci la società in cui si svolgono i fatti. La Francia del 1400 è un paese tormentato dalla guerra, dalle pestilenze, dalla violenza e dagli intrighi politici. Un paese dove le cariche nobiliari e il potere vengono svenduti al miglior offerente, mentre i matrimoni strategici sono all'ordine del giorno.

Gilles nasce nel 1404 a Champtoce, in uno dei tanti castelli di proprietà della sua famiglia, chiamato la Torre Nera.
I primi anni di vita del giovane De Rais sono a noi sconosciuti. Come la società dell'epoca imponeva, è probabile che sia stato cresciuto come un "adulto in miniatura", trattato in maniera fredda e senza amore. Raggiunti i 7 anni, considerata l'età della ragione, probabilmente è stato istruito nelle discipline artistiche e umanistiche, costretto a recitare a memoria alcuni passi di letteratura greca e latina, addestrato nelle arti militari e nel bon ton.
Gli archivi descrivono Gilles come uno studente capace ed esperto nel campo militare, quanto goffo e grezzo nelle arti politiche. Sin da bambino viene quindi etichettato come individuo non all'altezza delle cospirazioni machiavelliche su cui si basa la Francia dell'epoca.
Il 25 ottobre del 1415, giorno di San Crispino il già fragile Giles subisce perde lo zio materno, suo mentore e tutore, avvenuta dopo cattura dei francesi da parte dell'esercito Inglese.
Fu la prima delle tre perdite significative che il giovane Gilles subirà in quegli anni.
Sua madre, Marie, muore durante la Festa dell'Epifania dell'anno dopo. Suo padre, Guy, muore invece pochi mesi dopo, ucciso da un cinghiale durante una battuta di caccia.
Nel proprio testamento, l'uomo lascia precise istruzioni affinché, per nessun motivo, i suoi due figli, Gilles e Rene, vengano affidati alla famiglia De Craon, dalla quale veniva sua moglie.
Anche in questo caso, i giochi di potere hanno la meglio e Jean De Craon, padre di Marie, rimasto senza eredi, decide di venire meno alle volontà del proprio genero per il bene dei propri possedimenti. Così, verso la metà del 1416, Gilles e suo fratello si trovano affidati alle cure del terribile nonno .

Jean De Craon è un abile politico e cospiratore, sono pochi i personaggi storici che possono competere con le sue intricate macchinazioni. Agisce senza una coscienza e fa di tutto per raggiungere i propri scopi, principalmente legati al profitto. Non a caso, è il secondo uomo più ricco della Francia.
La sua influenza negativa si riversa immancabilmente sui due bambini. Mentre nei castelli dei loro genitori erano stati istruiti nella morale, nella religione e nelle discipline umanistiche, nel castello del nonno, situato a Champtoce, vicino alla Loira, vengono istruiti nelle arti militari e vengono plagiati dalla particolare morale di Jean. E' probabile che Gilles abbia sviluppato proprio in questo castello la perversione e la follia che esploderanno in età adulta.
Quando Gilles compie i 13 anni, Jean negozia il matrimonio tra lui e Jeanne Peynel, la figlia del Duca di Normandia. La ricchezza in dote alla piccola Peynel è pari a quella di Gilles e il matrimonio avrebbe reso la casata De Craon la più potente e ricca della Francia intera, per questo il Parlamento riesce a trovare in breve tempo un motivo abbastanza valido per impedirlo. Dieci mesi dopo, Gilles viene dato in fidanzato alla nipote del Duca della Borgogna. Anche questo matrimonio salterà, ma gli archivi storici non sanno spiegare il motivo.
Passano due anni e il 16enne De Rais è costretto dal nonno a rapire Catherine Thouars, una sua cugina erede di numerosi terreni. Jean fa rinchiudere nelle segrete del castello tre parenti della giovane che si erano avventurato in un'operazione di salvataggio, poi, nel 1420, sposa i due ragazzini e comincia le negoziazioni con il padre della ragazza, Milet Thouars. L'uomo però muore misteriosamente qualche tempo dopo e, in seguito alla liberazione degli ostaggi, Jean riesce a far riconoscere il matrimonio dalle autorità ecclesiastiche.

Gli anni successivi scorrono "tranquillamente", fino a quando, nel 1429, Gilles De Rais diventa consulente e primo generale di Giovanna D'Arco.
Dopo numerose e faticose battaglie, i due riescono a liberare Orleans e a scortare sano e salvo il nuovo erede al trono fino a Riems, la città dell'incoronazione dei Re francesi.
In quel periodo, Gilles riceve la massima carica militare francese e diventa molto potente, ma la sua ormai risaputa ignoranza politica lo lascia scoperto a diversi cospiratori che lo colpiranno molto presto.
Nel frattempo, nel 1432, anche Giovanna D'Arco cade vittima delle macchinazioni di un consigliere del Re e viene bruciata come eretica, mentre il nonno di Gilles, Jean De Craon, muore di malattia.
Sul letto di morte, l'uomo si pente di aver vissuto in maniera immorale e di aver cresciuto una persona spietata come suo nipote. Nel testamento, per farsi perdonare di tutto il male che aveva procurato in vita, l'uomo lascia tutte le proprietà ai contadini del luogo, mentre i soldi vengono destinati a un fondo per edificare due ospedali. Ai nipoti viene lasciata la spada personale.
Francesi e inglesi raggiungono un accordo e la Guerra dei Cento anni finisce. I nobili sciolgono i loro eserciti e tornano a gestire i propri terreni.
Tornato a vivere a Champtoce, Gilles si accorge ben presto che la vita sedentaria da eroe di guerra in pensione non fa per lui. La pratica militare in quegli anni aveva contribuito a celare la sua bramosia di morte, ma ora non c'è più nessuna battaglia da combattere. Memore delle stragi di nemici, il suo corpo desidera tornare a provare l'eccitazione del sangue che scorre fuori dal corpo di una vittima.

Gli archivi dell'epoca non sono molto precisi, ma la prima vittima di De Rais dovrebbe risalire al 1432, quando l'uomo si trasferisce con i suoi cortigiani al castello di Machecoul.
La vittima è un anonimo garzone di 12 anni, che un cugino di Gilles aveva mandato al castello per consegnare un messaggio. Alle autorità verrà raccontato che il bambino è stato rapito da una banda di briganti dei boschi.
Vestiti con gli abiti migliori e invitati a un banchetto, i bambini vengono trascinati dopo il pasto in una stanza nascosta, dove sono ammessi solo De Rais e i suoi servitori più fedeli.
Qui la vittima di turno viene appesa per il collo ad un gancio di ferro e quindi stuprata diverse volte. Tra una violenza e l'altra, Gilles De Rais toglie il ragazzo dal gancio e gli fa coraggio, consolandolo. Ad un certo punto, durante uno di questi gesti di conforto, il ragazzo viene ucciso.
Gli sventurati vengono assassinati in diversi modi, dalla decapitazione al taglio della gola. A volte vengono smembrati, altre volte vengono presi a bastonate sull'osso del collo. In alcuni casi, l'assassino si siede sulla loro pancia, facendosi un sacco di risate e masturbandosi nel vederli soffocare. Quando Gilles dispone di più teste decapitate, improvvisa macabre gare di bellezza.
De Rais fa forgiare anche una spada speciale, una spada a doppia lama corta e molto spessa, che lui chiama braquemard e che viene utilizzata appositamente per sgozzare i bambini.
Difficilmente le vittime vengono lasciate vive per più di una sera e occasionalmente il Barone ha rapporti anche con i loro cadaveri oppure gioca con le loro viscere.
I corpi vengono poi cremati e gettati nel fossato.
Gilles non è solo. Agisce con i suoi cortigiani. Non si sa con certezza fino a che punto siano costretti a reggergli il gioco e fino a che punto siano invece esseri perversi come il loro padrone. Uno dei principali coinvolti è un giovane, soprannominato Poitou, inseparabile braccio destro di Gilles. Originariamente arrivato nel castello come vittima, è stato risparmiato per la sua straordinaria bellezza e promosso al grado di complice.
Si sa inoltre che alcune persone procacciavano le vittime per lui.

Ben presto cominciano a girare strane voci sul castello di Machecoul, tanto che la gente trasale innanzi ai viandanti che dichiarano di venire da lì.
Le numerose scomparse di bambini dai villaggi mettono in allarme la popolazione contadina. De Sille sparge la voce che i bambini sono stati consegnati al Re d'Inghilterra, secondo un patto di pace, e che saranno educati come paggi di corte. Gli archivi non ci sanno dire se queste voci bastarono a placare l'opinione pubblica, ma di sicuro le scomparse continuarono senza freno.


La Spiritualità di un Demone.

Anche misticismo, spiritualità e religione giocano un ruolo importante nella vita di Gilles De Rais.
E' proprio il conflitto tra questo suo aspetto religioso e caritatevole con i crimini che avrebbe confessato sotto tortura che spinge molti studiosi a dubitare della reputazione criminale che accompagna il nome di Gilles da secoli.
Fervido e generoso sostenitore della Chiesa, De Rais fa edificare numerose cappelle e addirittura una cattedrale, stipendiando anche gli ecclesiastici necessari a svolgere tutte le funzioni.
Come compagno di Giovanna D'Arco, era stato testimone dei suoi miracoli, per esempio l'improvviso cambiamento di vento durante una battaglia in seguito a una preghiera della donna. Era al suo fianco quando l'eroina si era strappata via dalla spalla un dardo che avrebbe mandato all'ospedale un cavaliere di taglia media. L'aveva ascoltata pronunciare profezie che si sono poi avverate.
Per questo a Gilles non è mai risultato difficile credere nel soprannaturale, anche se secondo alcuni storici si sarebbe presto convertito all'alchimia e alla necromanzia.
L'alchimia era stata bandita dalla Chiesa un secolo prima, ma ciò non aveva dissuaso molti credenti dal cercare la famigerata Pietra Filosofale, che secondo la leggenda ha tra i suoi poteri quello di trasformare il piombo in oro. La chimica moderna trova le sue radici in questi folli sperimentatori che, nonostante le loro immorali motivazioni, fecero delle scoperte molto importanti per l'umanità.
La maggior parte degli alchimisti era comunque composta da un manipolo di ciarlatani e prestigiatori che approfittavano delle loro abilità con le mani e con le parole per servirsi di uomini ricchi e creduloni.
Gilles, fissato con il misticismo e in crisi economica, diventa ben presto una facile preda di questi alchimisti artefatti e non ammetterà mai di essere stato manipolato e raggirato numerose volte. La maggior parte degli alchimisti da lui assunti scapperà infatti con un bel bottino, dopo aver mostrato un paio di numeri da circo.
Oltre all'alchimia, uno dei riti che più interessano De Rais, è l'invocazione di qualche Demone, al qualche vorrebbe chiedere di ripristinare la sua ricchezza e di donargli molto potere.
Per questo motivo, nel 1439, fa venire da Firenze un certo Francesco Prelati, un truffatore molto abile e intelligente, che è riuscito a crearsi la fama di più grande mago della Penisola, capace di invocare qualsiasi tipo di spirito o entità soprannaturale.

Un giorno di maggio, verso mezzanotte, il ragazzo si appresta a realizzare un'invocazione di un Demone. Lo assistono De Rais, De Sille, Poitou e Blanchet, l'alchimista di fiducia di Gilles.
Riuniti nella sala più bassa del castello, tra le tappezzerie antiche e i manufatti di guerra, Prelati disegna un grande cerchio sul pavimento e comincia a tracciare strani simboli pagani e religiosi all'interno. De Rais stringe tra le braccia un libro di formule magiche che avrebbe fatto scrivere con il sangue dei bambini uccisi.
Lo "showman" apre tutte le finestre della stanza e avverte il suo pubblico di non farsi per nessun motivo al mondo il segno della croce durante il rito. Per tutta risposta, Gilles caccia tutti i presenti, ritenuti da lui dei grandi fifoni, e chiede di rimanere solo con il mago.
La fortuna assiste Prelati e un temporale si scatena dopo circa 3 ore di invocazioni inutili, permettendo al toscano di carpire ancora di più la fiducia del suo "datore di lavoro". Prelati dichiara così che Barron, un demone molto potente, si è messo in contatto con lui e ha chiesto il cuore, gli occhi, le mani e l'organo sessuale di un bambino.
Gilles accontenta il truffatore, che per i 10 mesi successivi riuscirà a portare avanti questa commedia con successo, mettendo da parte un buon gruzzolo. Il Demone Barron naturalmente non si paleserà mai, ma in compenso intratterrà numerose discussioni private con Prelati.

I fallimenti esoterici non distraggono comunque Gilles dalla sua sete di sangue e le sparizioni dei giovani contadini continuano.
Nello stesso anno, il 1439, Rene De Rais, preoccupato dallo sperperare del fratello, riesce ad ottenere dal Re un editto che gli conferisce il controllo del castello di Champtoce e impedisce a Gilles di vendere qualsiasi appezzamento di terreno della famiglia.
Quando Gilles scopre che Rene sta venendo in visita con le intenzioni di prendere possesso anche del castello di Machecoul, si fa prendere dal panico e ordina a Poitou e a Henriet (un servo anziano e molto fedele) di uccidere e bruciare immediatamente i 40 bambini che sono ancora tenuti in ostaggio nel maniero.
La cosa viene fatta troppo in fretta e viene scoperta da due nobili amici di De Rais, che decidono però di non denunciare il fatto, in quanto le vittime sono semplici e miseri contadini.
Il timore di Gilles si rivela comunque corretto. Tre settimane dopo essere passati da Champtoce, Rene e un suo cugino occupano Machecoul.
Gilles De Sille e un servitore vengono incaricati di distruggere tutti gli attrezzi alchemici e di far sparire alcuni scheletri rinvenuti nelle segrete, sui quali i familiari di Gilles non si interrogano nemmeno, innalzando di proposito un muro di silenzio.


Il Declino di un Folle

Impotente politicamente, in pensione a soli 36 anni, senza i soldi per pagarsi un esercito e privato del potere di gestire le sue proprietà, Gilles De Rais è ormai una preda facile e ambita da molti dei feudatari vicini, che desiderano ardentemente entrare in possesso dei suoi terreni.
Cominciano ad essere tessute delle intricate trame e per Gilles scatta il conto alla rovescia.
L'inizio della fine si colloca nei primi mesi del 1440, quando Gilles, messo insieme un piccolo esercito di briganti, fa irruzione nella chiesa di St. Etienne de Mermorte durante un'importante rito cattolico. Con lo sguardo da pazzo e brandendo un'ascia, Gilles prende in ostaggio il prete, fratello di un nobile che aveva occupato un castello dei De Rais costringendoli a venderglielo, pretendendo la liberazione della sua proprietà.
E' a questo punto che i nemici di Gilles decidono che il rivale è andato troppo oltre.

Jean V, Duca della Bretagna (il fratello del prete sequestrato) è il primo a muoversi e a formare un'alleanza con il Vescovo di Nantes, Jean De Malestroit, rivale della famiglia De Rais da molti anni.
Malestroit comincia l'operazione anti-Gilles De Rais, raccogliendo deposizioni e informazioni da sette persone vicine all'ex combattente, mettendo insieme tutte le informazioni utili. Possiamo immaginare la sua reazione quando scoprì del libro magico scritto con il sangue dei bambini per invocare i Demoni e delle torture ai danni dei giovani contadini.
Nel luglio del 1440, viene finalmente pubblicato il documento su Gilles De Rais redatto dal Vescovo.
Nel rapporto, Malestroit asserisce: "Milord Gilles de Rais, cavaliere, signore e barone posto sotto la nostra giurisdizione, con certi complici tagliò le gole a molti giovani e ne uccise atrocemente degli altri. E' stato dichiarato che lui ha praticato con questi bambini la sodomia. Spesso ha cercato di convocare a sé degli esseri infernali, facendo anche sacrifici umani in loro nome, e ha perpetrato altri orrendi crimini sempre restando entro i limiti della nostra giurisdizione..."
Nonostante le parole aspre provenienti dalla cattedrale in Nantes, Gilles rimane risoluto e si barrica ingenuamente nel castello di Tiffauges. Lui è Maresciallo di Francia, capo militare del Re, padrone spirituale del potente Demone Barron e signore dei villaggi di Rais: nessuno avrà mai il coraggio di sfidarlo e di presentarsi al castello per accusarlo di eresia e omicidio.
I suoi complici non sono invece così ottimisti. Gilles De Sille e Roger Briqueville avevano messo da parte dei soldi per un'evenienza simile e fuggono. Henriet tenta inutilmente il suicidio.
Solo Poitou e i due maghi Prelati e Blanchet rimangono fedeli a De Rais, attendendo il proprio fato nel castello.

Ad agosto, il Conestabile della Francia, fratello dell'onnipresente Duca della Bretagna, prende possesso del castello di Tiffauges e chiede il permesso alle autorità per poter arrestare De Rais, che nel frattempo si rifugia a Machecoul. L'autorizzazione non arriva fino al 14 settembre 1440, perché il Re aveva ordinato di aprire un'inchiesta parallela a quella del Vescovo di Nantes, per assicurarsi che le prove fossero fondate.
Il giorno successivo all'autorizzazione per l'arresto di Gilles, il Duca di Bretagna si presenta ai cancelli di Machecoul e prende in custodia sia il Barone che i suoi servitori. De Rais viene portato a Nantes, dove un tribunale lo interroga sull'assalto alla chiesa di St. Etienne de Mermorte. Nessun fa cenni agli omicidi di bambini o alla passione per il soprannaturale.
Non trattandosi di un cittadino comune, la custodia di Gilles si svolge nelle comode stanze di un castello a Nantes. Mentre lui si gode questa "vacanza" forzata, il giudice principale della Bretagna, Pierre De L'Hopital, fa interrogare i genitori e i parenti dei bambini scomparsi nei dintorni di Machecoul. Molte donne dichiarano di essere state costrette da Poitou a consegnare i loro figli per permettere a De Rais di condurli al castello dove ne avrebbe fatto dei cortigiani.
Gli interrogatori ai parenti delle vittime vanno avanti da 18 settembre all'8 ottobre, sotto l'occhio attento delle autorità ecclesiastiche che pretendono e ottengono la partecipazione del Vicario dell'Inquisizione, Jean Blouyn.
Il 13 ottobre 1440, i giudici, basandosi sulle testimonianze raccolte, accusano formalmente De Rais di 34 omicidi (avvenuti a partire dal 1432), di sodomia, di eresia e di assalto contro un rappresentante della Chiesa. L'accusa chiede invece di alzare il conto delle vittime a 140, a partire dal 1426. La più curiosa delle accuse è sicuramente quella di non aver mantenuto fede a una promessa fatta a Dio, in un presunto periodo di pentimento, di fare un pellegrinaggio fino a Gerusalemme per purificare la propria anima.
Convocato di fronte al tribunale per rispondere ai capi di accusa, Gilles De Rais attacca verbalmente le persone che lo stanno interrogando, chiamandoli simoniaci (i venditori di indulgenze) e dichiarando di preferire l'impiccagione immediata piuttosto che parlare con loro. In tutta risposta, gli ecclesiastici di Nantes lo scomunicano.
E' una mossa astuta, che fa vacillare il credentissimo Gilles, preoccupato adesso della propria anima. Per questo l'imputato, due giorni dopo, visibilmente provato, riconosce l'autorità della corte e, inginocchiato e in lacrime, chiede umilmente perdono per l'attacco verbale di due giorni prima.
Il Vescovo, avendo ormai ottenuto la sua collaborazione, lo riammette prontamente nella Chiesa.

Nonostante sia De Rais che i suoi complici si siano dichiarati collaborativi, l'accusa chiede ed ottiene che Gilles venga torturato presso La Tour Neuve, per avere la sicurezza che l'imputato confessi tutto quello che ha fatto.
Nemmeno poche ore dopo, Gilles De Rais, prima ancora di cominciare il "trattamento", fermatosi davanti allo strumento di tortura che lo attende, si dichiara disponibile a consegnare a Pierre De L'Hopital e al Vescovo una confessione dettagliata e firmata. Nella confessione, Gilles scagiona i propri complici, dichiarandosi unico colpevole e responsabile. Confessa inoltre di aver agito per soddisfare i propri bisogni carnali e i propri vizi, senza altri scopi.
La confessione non contiene l'ammissione di aver tentato di invocare il Demonio. Siamo in un'epoca in cui l'omicidio di un contadino è ritenuto davvero di poco conto rispetto a un'eresia.
Per riuscire a condannare a morte il Maresciallo, i giudici hanno bisogno di una confessione anche sul piano esoterico. Per questo, decidono di minacciare di tortura anche il mago italiano, Prelati, che prontamente confessa di aver aiutato Gilles a invocare un Demone.
Quando i due si incontrano nei corridoi del tribunale, Gilles De Rais scoppia in lacrime e dimostrando di non provare nessun rancore dichiara al mago: "François, amico mio! Non ci vedremo mai più in questo Mondo, ma pregherò Dio affinché ci perdoni e ci faccia incontrare in Paradiso!"
Effettivamente non si vedranno mai. Condannato all'ergastolo, Prelati riuscirà ad evadere qualche anno dopo, ma, tornato a fare il mago, verrà definitivamente catturato, condannato per eresia e impiccato.
La settimana successiva, Gilles ripete la sua confessione di fronte alla corte ecclesiastica, che nuovamente lo scomunica, straziandolo. Sarà di nuovo il Vescovo di Nantes a riaccoglierlo nella Chiesa qualche giorno dopo, promettendogli una sepoltura in terra benedetta.
Il tribunale, nel frattempo, condanna Gilles, Poitou, Henriet ad essere appesi per il collo fino alla morte, mentre i loro corpi erano destinati a bruciare fino all'incenerimento su delle pire.
Non si sa che fine abbia fatto la vecchia donna che si aggirava nei boschi vestita di nero a rapire i bambini.
De Rais chiede e ottiene di essere giustiziato per primo, per dare il buon esempio ai propri servitori.

Gli imputati vengono condotti alla forca il 26 ottobre 1440.
Prima della sua esecuzione, Gilles pronuncia alla folla un lungo sermone su quanto sia pericoloso educare in maniera diabolica i giovani. Ammette i suoi peccati ed esorta gli astanti ad allevare i loro bambini in maniera severa e secondo gli insegnamenti della Chiesa.
Il testo intero del sermone è andato perduto, ma gli archivi ne parlano come un eccellente esempio di umiltà cristiana e di pentimento.
Gilles viene impiccato subito dopo, ma il Vescovo, per mantenere la propria promessa, fa rimuovere il corpo prima che la pira infuocata lo raggiunga e lo fa seppellire con il rito cattolico.
La chiesa dove si trovava la tomba andrà distrutta durante la rivoluzione francese.

Non vi voglio opprimere con l'ennesima descrizione degli intrighi e dei giochi di potere della nobiltà francese per spiegare come furono divisi gli averi di Gilles De Rais.
In breve, la moglie Catherine Thouars, sparita dalla scena poco dopo il matrimonio, si sposò con Jean De Vendome, un uomo ricco e potente, alleato dell'ormai potentissimo Duca di Bretagna, il presunto burattinaio di tutta la storia. La figlia di Gilles, Marie De Rais, si sposò con un ammiraglio della marina militare francese, stranamente nemico del Duca di Bretagna, ma morì senza figli. Il fratello Rene, ereditata la maggior parte dei beni, compreso il titolo di Barone, soggiornerà nel castello di Champtoce fino alla morte, controllato come un carcerato dagli uomini del Duca di Bretagna. Morirà nel 1473, lasciando una figlia che rimarrà senza eredi.
La casata De Rais, che il vecchio Jean De Craon aveva cercato in ogni modo di preservare e rendere potente era dunque finita miseramente.

La storia di Gilles De Rais termina qui.


Il seguito in breve tra verità e macchinazione ...

Ricostruita soprattutto in base agli archivi storici, ci lascia comunque con il dubbio iniziale. Gilles De Rais è stato un eroe di guerra o un mostro sanguinario? La storia, si sa, la scrivono i vincitori e bisogna anche considerare che la confessione è arrivata solo dopo le minacce di tortura. Chi non confesserebbe, posto davanti a orribili strumenti di tortura?
Secoli di storia dell'Inquisizione ci insegnano che delle donne, poste a quei trattamenti disumani, siano arrivate addirittura a confessare di aver praticato sesso anale con Satana.
I giudici inoltre non avrebbero mai permesso a Gilles di tenere un discorso alla folla se non fossero stati sicuri di avergli lavato il cervello. Coloro che continuavano a dichiararsi innocenti venivano giustiziati direttamente nelle segrete, dopo le torture, e veniva sparsa la voce che avevano confessato.
Noi non abbiamo nessuna prova della sua colpevolezza oltre alla sua confessione, dato che i corpicini, stando a quanto raccontato, venivano bruciati fino ad essere ridotti in cenere.
D'altra parte, che motivo avrebbero avuto tutte quelle famiglie per accusare Gilles De Rais di aver fatto sparire i loro figli? Inventandosi delle storie a proposito della scomparsa di alcuni bambini non avrebbero comunque ottenuto nulla in cambio. Non avevano nessuna buona ragione per mentire.
È improbabile che Gilles abbia ucciso un centinaio di bambini. E' possibile invece che abbia ucciso il primo messaggero che è arrivato al suo castello. A questo punto però, potrebbe non essere stata l'unica vittima...
La verità sul Gilles De Rais non ci sarà mai nota. Soltanto due cose resteranno abbastanza certe: la prima è che la confessione, essendo stata ottenuta con la forza, è comunque inesatta e volutamente esagerata. La seconda è che De Rais in qualche modo si era sicuramente macchiato di qualche crimine e non merita di essere ricordato esclusivamente come un eroe al servizio dell'esercito francese.

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adoro questa controversissima figura che sconfina nella leggenda :clap:

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What if I say I’m not just another one of your plays
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SERIAL KILLER DONNA

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I Serial Killer di sesso femminile rappresentano solamente il 10% del totale. La maggior parte di loro uccide per vendetta, per odio o per tornaconto personale, soprattutto in caso di eredità o comunque di cospicui guadagni economici. Al contrario degli uomini, che uccidono con un grande coinvolgimento fisico, le donne serial killer preferiscono ricorrere allo strangolamento o all'avvelenamento.
Le differenze con i "colleghi" uomini sono talmente tante e profonde da dover aprire una parentesi dedicata alla loro psicologia.
Dobbiamo prima di tutto estraniarci dal luogo comune in cui la donna è sempre la vittima designata e l'uomo l'assassino per eccellenza, seppur queste affermazioni non siano del tuto sbagliate la casistica ci corregge enunciandoci non pochi esempi di donne seriali.
L'omicidio seriale scaturisce per lo più al fine di placare pulsioni sessuali alimentate da perversioni e fantasie tipicamente maschili, si potrebbe quindi parlare estremizzando di una condizione quasi genetica che predispone l'uomo a ricoprire questo "ruolo".
Se invece ci atteniamo alla definizione classica di serial killer che definisce questo genere di assassini come "chiunque compia più di tre omicidi, in luoghi diversi tra loro ed intervallati da raffreddamento emozionale, allora nella storia, di casi di donne carnefici ne troviamo non pochi.
La stima odierna delle donne seriali "storiche" non supera per l'appunto il 10%, ma non è un numero da sottovalutare in quanto dobbiamo tenere conto dei fattori sociali e storici in cui per lunghissimo tempo hanno versato questi predatori di uomini.
Sottomesse prima al padre, ai fratelli al marito dopo, non avrebbero facilmente permesso ad una donna di aggirarsi tranquillamente in strada di notte in cerca di eventuali prede, a meno che non si trattasse di donne di grande potere che avevano libertà di movimento e la possibilità di avere tirapiedi pronti a soddisfare i loro bisogni di "morte" procacciando per loro vittime sacrificali.
Con l'emancipazione di tutta la società in gran parte del mondo, inevitabilmente la percentuale ha cominciato a crescere portando alla luce la brutale verità che l'omicidio seriale, in realtà, non ha sesso.


CARATTERISTICHE
Attraverso studi comparati tra seriali uomini e seriali donne, l'unico punto in comune tra le due tipologie di "mostro" risale al periodo della prima infanzia, in cui entrambi i soggetti denotano uno spiccato sadismo verso gli animali domestici (il più delle volte vien preso di mira il gatto piuttosto che il cane, in quanto più facilmente gestibile per dimensione) ed è orribile scoprire che il modo che utilizzava un tempo per porre fine alla vita dell'animale sarà il medesimo che userà per uccidere le sue vittime.
Crescendo la donna seriale sviluppa una vera e propria fobia per il buio, in cui le sue paure prendono forma e rivive in sogno abusi subiti di cui non riesce a liberarsi, si impone quindi di non dormire, portando così grave scompiglio nella naturale fase veglia-sonno auto-infliggendosi uno stress che mina il suo già precario equilibrio psichico.
Più precoce delle coetanee, la casistica vuole che attorno al 12esimo anno di età sono solite commettere piccoli, ma frequenti abusi sessuali sulle bambine più piccole, a 13 hanno il primo rapporto sessuale, quasi sempre con uomini molto più grandi di loro in cui ricercano protezione e realizzazione.
Attorno ai 18 anni arriva la prima gravidanza che solitamente portano a termine senza curarsi dei loro figli, preferendo abbandonarli in orfanotrofi o alle cure dei genitori.
Il periodo di maggior tumulto resta comunque la prima adolescenza, in cui la donna seriale non ammette nessuna forma di disciplina, fugge spesso di casa ed in questi brandelli di libertà si abbandona ad ogni sorta di vizio: alcool, droghe, praticando sesso indifferentemente con uomini e donne; il più delle volte per sostentarsi in queste fughe vende per le proprie prestazioni sessuali, altre commette piccoli furti o trafuga oggetti dai centri commerciali che poi rivende o tiene con sè come trofeo.
E' fiera di sè, delle proprie imprese al limite della legalità che annota con dovizia di particolari in un diario dove fanno orrenda mostra di sè anche gli incubi che traduce in realtà quotidiana.


DIFFERENZE DONNA-UOMO SERIAL KILLER
E' fondamentale elencare tutte le differenze che esistono tra gli assassini seriali dei due diversi sessi per capire quanto profondamente diversa sia la loro natura, ed il motivo stesso per cui la donna serial killer costituisce una categoria a se stante. Si può forse affermare che, a parte la già citata passione malsana in comune di maltrattare gli animali nell'infanzia, il resto è completamente differente, dal tipo di armi utilizzate alla tipologia di vittime fino allo sviluppo della sessualità.

Tempistica: Prima profonda differenza tra il binomio uomo-donna serial killer sta innanzitutto nei tempi. La donna comincia ad uccidere quando ha un'età tra i 30 ed i 40 anni, quindi circa un decennio più tardi del suo "collega" maschile, che invece comincia a colpire solitamente tra i 20 ed i 30 anni. A differenza del maschio però la sua "vita criminale" è lunga il doppio, con un tempo medio di attività che si aggira intorno agli 8 anni prima di essere arrestata. Per l'uomo la media è di 4 anni dal primo omicidio invece.

Motivazioni: alla base dell'omicidio seriale al femminile non c'è una pulsione sessuale distorta, non c'è una perversione latente che esplode, come avviene nella stragrande maggioranza dei casi di omicidi seriali maschili, perchè di fatto la donna non uccide praticamente mai per libidine o per dominare sessualmente la vittima. Le motivazioni prettamente riscontrate nella donna serial killer sono quasi sempre il profitto, seguito da diversi disordini psicologici quali possono essere il complesso di Medea (tendenza della madre a desiderare e/o causare la morte dei figli) o come nel caso degli angeli della morte, le infermiere che provano un piacere irrefrenabile a dare la morte ai pazienti.

Metodi ed armi: Per le motivazioni sopra citate, l'assassina seriale utilizza armi e metodi profondamente diversi da quelli utilizzati da un uomo serial killer. Mancando la pulsione sessuale alla base dell'omicidio, manca anche la necessità di un contatto con la vittima stessa che nell'uomo è fondamentale. Per cui se questo preferirà, nella stragrande maggioranza dei casi, uccidere con le proprie mani (tramite strangolamento ad es.), la donna nel 65% dei casi utilizza il veleno che sa usare con diabolica perizia, tanto da riuscire spesso ad indurre sintomi riconducibili a malattie comuni e che quindi le permettono di evitare di essere scoperte per più tempo. Soltanto il 13% uccide per soffocamento (come nel caso di neonati, solitamente uccisi con un cuscino sul viso, cosa che simula la sindrome da morte improvvisa infantile, abbastanza comune nel primo anno di vita) ed il 12% con arma da fuoco. La mancanza di un movente sessuale inoltre, comporta anche l'assenza del cosiddetto "overkilling", ossia l'accanimento sulle vittime anche dopo la morte, rituale molto frequente tra gli uomini. Se da un lato questo lascia credere che il "gentil sesso" sia più gentile anche in questi casi così estremi, rispetto al corrispettivo maschile così crudele ed efferato, dall'altra parte si fa notare quanto più sadico ed efferato può essere un omicidio in cui si assiste alla morte lenta ed inesorabile di una persona cara, quasi sempre in preda a sofferenze prolungate e lancinanti causate dagli effetti lenti del veleno.

Vittime: Anche nella scelta delle vittime, tra uomo e donna serial killer c'è una profonda diversità di orientamento. Mentre l'uomo si orienta verso persone sconosciute, spesso di categorie già a rischio, la donna sceglie le sue vittime tra le persone conosciute, quasi sempre del suo stesso ambito familiare (mariti, compagni, figli). Ulteriore caratteristica è che le vittime vengono individuate ed uccise "sul posto", non si assiste cioè ad alcuna mobilità nel territorio da parte del serial killer donna, cosa che invece avviene per l'uomo.

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 Oggetto del messaggio: Re: I Nuovi Mostri!
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Brynhild Paulsdatter Storset

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Una delle Vedove Nere più conosciute e misteriose della storia è senza dubbio Belle Gunness, il cui vero nome è Brynhild Paulsdatter Storset, nata l'11 novembre del 1859 in un villaggio vicino a Trondheim, in Norvegia.

Il padre di Belle, che aveva un attività nel commercio del pesce, non poteva garantire un futuro dignitoso alla propria famiglia e ciò spinse sua sorella maggiore, Anna, ad emigrare negli Stati Uniti, dove dopo qualche anno si sposò. Preoccupata delle condizioni di vita della sua famiglia in Norvegia, Anna scrisse una lettera alla sorella, sollecitandola a raggiungerla: Brynhild prese al volo l'occasione e si mise in viaggio verso il nuovo continente, è il 1881.

Tre anni dopo, la giovane conobbe nella città di Chicago un immigrato norvegese di nome Mads Sorenson. In questo periodo cambia il suo nome in Belle e dopo qualche mese sposa il suo connazionale, con il quale apre un negozio.

Col passare degli anni Belle si rende conto che gli affari non andavano come desiderato e che anche il rapporto con il marito si stava deteriorando. In queste condizioni di difficoltà economica e sentimentale, Belle compì così il suo primo omicidio, avvelenando nel 1896 la primogenita Caroline. I medici diagnosticarono una colite acuta mentre la Vedova Nera completava la propria opera appiccando un incendio alla bottega per intascare i soldi dell'assicurazione.

Con quel denaro, la famiglia Sorenson acquistò una nuova casa, ma le cose tra i due coniugi non cambiarono: nel 1898, Belle avvelenò un altro figlio, di nome Alex, colpevole di aver stremato la madre con i suoi continui pianti. Anche in questo caso Belle diede fuoco alla casa per ottenere nuovamente i soldi dell'assicurazione.

L'obiettivo primario della donna era però il marito, già malato da tempo di cuore: la sera del 30 luglio del 1900, Belle mise nella sua pietanza delle gocce di veleno e assistette all'agonia del consorte che si contorceva dal dolore. Ancora una volta i medici non si insospettirono e non presero nemmeno in considerazione la possibilità di effettuare un autopsia che avrebbe risolto l'enigma; la morte fu invece attribuita a cause naturali.

L'averla fatta franca per la terza volta contribuì a far sentire Belle un'assassina insospettabile, convincendola a perseverare nelle sue orrende azioni.

La Vedova Nera si trasferì in una zona tranquilla, vicino a La Porte, nell'Indiana, portandosi con se i suoi tre figli: Myrtle nata nel 1897, Lucy nata nel 1899, e Jennie Olsen, adottata da una famiglia di Chicago che non aveva le possibilità di crescerla e finita tra le mani di Belle per un crudele scherzo del destino.

La fattoria dove andarono ad abitare era molto grande, dotata di sei camere enormi e di un piccolo pezzo di terreno che la donna adibì all'allevamento del bestiame. Il tutto fu fatto recintare con del filo spinato, come a nascondere qualcosa. In realtà, come vedremo più avanti, Belle sapeva già come utilizzare quel terreno e gli animali che accudiva serviranno solo come fumo negli occhi per i curiosi.

Nell'aprile del 1902, Belle conobbe un immigrato norvegese di nome Peter Gunness, agricoltore che sposa quasi subito diventando la signora Belle Gunness.

Ma la Vedova Nera si stancò ben presto del suo secondo marito. Il 16 dicembre del 1902, Peter stava lavorando nello scantinato quando da dietro Belle lo colpì alla testa con una sbarra di ferro fratturandogli il cranio e uccidendolo all'istante.

Alla polizia raccontò che una pesante griglia per cuocere la carne gli era caduta dallo scaffale sulla testa, ma l'assassina dovette subire un processo che però si concluse con un nulla di fatto: la fortuna era ancora dalla sua parte.

Durante la breve unione con il coniuge Gunness rimase incinta e al figlio che nacque diede il nome di Philip, mentre uccise invece con il veleno la figlia adottiva Jennie Olsen che poi tagliò a pezzi e gettò dentro il pozzo dietro la fattoria.

Un giorno i vicini di casa le chiesero che fine avesse fatto la bambina e Belle rispose così: "Ho pensato bene di mandarla ad una scuola di buone maniere in California, perché il suo comportamento non mi piaceva più".

Rimasta ancora una volta senza marito, la Vedova mise degli annunci su vari giornali in cui diceva di sentirsi sola con la disperata voglia di trovare una persona che le facesse compagnia e magari sposarsi nuovamente. Le risposte non tardarono ad arrivare.

Nel maggio del 1904, si presentò alla fattoria un certo Olaf Lindbloe, un immigrato norvegese di trent'anni, eccitato di conoscere una sua connazionale in uno stato straniero. La sera stessa l'uomo fu avvelenato e poi gli furono tagliati piedi e mani, nascosti dietro la casa sotto terra, mentre la testa e il resto del corpo furono gettati dentro al pozzo.
Il Sig. Lindbloe aveva portato con sé una somma in denaro che passò nelle casse della sempre più temibile Belle.
Qualche tempo dopo, un caro amico di Olaf chiese informazioni dell'uomo perché da molto tempo non aveva più sue notizie e un vicino di casa di Belle gli rispose che lo aveva visto lavorare per alcuni giorni nella tenuta della donna per poi sparire da un giorno all'altro. Sulla vicenda non ci furono ulteriori approfondimenti: la "Vedova" si era presa nuovamente gioco di tutti.
Un mese più tardi, si presentò alla porta il sig. John Bunter dalla Pensylvania.
Il giovane rimase affascinato dalla donna e dal suo modo di fare, lavorò anche per lei, ma dopo qualche giorno fu ucciso, decapitato e nascosto nel giardino, mentre piedi e mani furono dati in pasto ai maiali.
Nel dicembre del 1904, una guardia delle ferrovie in pensione di nome Abraham Phillips lesse un articolo su un giornale della Virginia nella sezione "cuori solitari", in cui c'era scritto che un avvenente donna norvegese stava disperatamente cercando l'anima gemella e che desiderava avere vicino un uomo che potesse badare anche alla sua azienda agricola. L'uomo mise al corrente la sua famiglia e partì per quella che doveva essere l'occasione della sua vita. Al suo arrivo, si presentò a Belle con un anello di diamanti, che fece brillare gli occhi della "Vedova Nera", e del denaro in contanti, ma qualche giorno dopo lo sventurato fu puntualmente avvelenato, con un ascia gli furono tagliati piedi e mani, la testa e le gambe furono chiusi dentro un sacco nero e il tutto fu nascosto dentro al pozzo. Alcuni mesi dopo, i parenti, preoccupati dal silenzio dell'uomo, indagarono per scoprire che fine avesse fatto.

Uno dei pochi a salvarsi fu un certo George Anderson, che aveva letto l'annuncio di Belle e andò a conoscerla anche se non del tutto convinto. Belle cercò di convincerlo a vendere il suo podere e ritornare col contante con la promessa che l'avrebbe sposato immediatamente, ma il sig. Anderson intuì che qualcosa di strano si celava in quella donna, perciò declinò l'invito e se ne ritornò al suo paese, una mossa gli valse la vita.

Nel frattempo i vicini di casa di Belle si incuriosirono vedendo arrivare nella sua fattoria un numero elevato di uomini per poi ritrovarla nuovamente da sola nel giro di pochi giorni, ma al momento non c'era alcun sospetto che potesse dare il via a qualche indagine approfondita: quando iniziarono le vere ricerche ormai il massacro era compiuto.

La solita sorte toccò ad un uomo di nome Charles Nieburg, che proveniva da Philadelfia, anche se la vittima in questione aveva con sé pochi contanti ed era attratta dalla possibilità di sposarsi una ricca donna e gestire con essa la fattoria. Per qualche settimana la "Vedova" lasciò che l'uomo si occupasse del terreno, poi lo uccise fracassandogli il cranio con un colpo di scure e lo tagliò a pezzi nascondendone i resti nel terreno dietro casa: l'ennesimo ammiratore sparì dalla circolazione senza lasciare traccia.

Nel febbraio del 1905, rispose all'annuncio un signore di nome Christian Hinckley dal Wisconsin. Anche per quest'uomo l'illusione di sposarsi con quella donna misteriosa cadde nel vuoto poiché fu decapitato e tagliato in varie parti e gettato nel solito pozzo, che ormai si stava trasformando in un cimitero di ossa.

Nel luglio del 1905, George Barry raggiunse la fattoria dell'assassina portandosi con sé una discreta somma in denaro e molte speranze; l'uomo fu avvelenato da Belle dopo circa due settimane, decapitato e chiuso in sacco enorme di plastica e poi nascosto nello scantinato.

Le figlie erano terrorizzate dai forti rumori provenienti dalla cantina, dove la madre compiva le sue mattanze, ma la paura impedì loro qualsiasi tipo di reazione.

Nel mese di agosto dello stesso anno si presentò il sig. Henry Gurholt, che lavorò per qualche mese per Belle, trovandosi a suo agio nel lavorare la terra ed accudire il bestiame. Belle si divertì con lui, facendolo convincere del fatto che presto sarebbero stati compagni, ma come tutti gli altri Gurholt finì senza testa sotto terra.

All'inizio del 1906, un uomo di nome Herman Konitzer, che risiedeva nello stesso stato della Belle, ovvero l'Indiana, disse ad alcuni amici: "Parto per La Porte, dove mi attende una vedova ricca desiderosa di sposarsi, è un occasione che non posso perdere". Prelevò quindi tutto il denaro dalla banca per intraprendere il suo viaggio senza ritorno.

La Belle lo accolse a braccia aperte e per qualche settimana le cose andarono per il verso giusto, poi una sera stanca della sua compagnia lo avvelenò, lo trascinò nella cantina e gli tagliò le braccia le gambe e la testa e lo sotterrò nel giardino di casa. Nemmeno questa volta qualcuno si accorse della scomparsa dell'uomo.

Una delle più giovani vittime fu un ragazzo di diciannove anni di nome Emil, figlio di un vicino, che di tanto in tanto si prestava a fare dei lavoretti nella fattoria della Belle.

Emil non aveva nessun interesse verso la donna, avendo già una relazione con una ragazza di nome Jennie, ma nonostante questo il ragazzo cadde sotto i colpi feroci della "Vedova" che non gli lasciò scampo; forse la vittima rifiutò le avance dell'assassina così finì per essere nascosto anche lui dentro al pozzo. Quando i genitori e alcuni amici chiesero a Belle che fine avesse fatto Emil, lei rispose che senza motivo non si era più presentato alla fattoria e di questo era molta dispiaciuta.

Il 26 aprile del 1907, il sig. Ole Budsberg che abitava nel Wisconsin disse ai figli che sarebbe partito per La Porte per conoscere una donna vedova in cerca di compagnia; prima di andarsene passò dalla banca per prelevare tutti i suoi risparmi, ignaro che già molti uomini avevano la stessa cosa prima di lui.

Come al solito, Belle lo accolse con calore facendogli credere che sarebbero stati insieme per tutta la vita, per poi avvelenarlo, decapitarlo e seppellirlo nel recinto dei maiali.

Dopo alcuni mesi, i famigliari chiesero notizie ad un impiegato della banca che si mise in contatto con Belle per avere delle delucidazioni in merito: senza preoccuparsi più di tanto, ella rispose che l'uomo era partito per l'Oregon, scrollandosi come sempre di dosso qualsiasi sospetto.

Nel maggio del 1907, Belle assunse come tuttofare Ray Lamphere, un coltivatore di trent'anni, che verosimilmente entrò in simpatia alla donna tanto da salvarsi la vita: addirittura passeggiarono spesso per il paese insieme e lui stesso confidò agli amici che Belle lo trattava con tutti gli onori.

Nel dicembre dello stesso anno, Belle ricevette la risposta di Andrew Helgelein, di origine svedese, che aveva letto il solito annuncio della "Vedova". Probabilmente, dopo il rischio che aveva corso con la precedente vittima e la sua banca, la donna decise di scrivere questa lettera ad Andrew prima che lui la raggiungesse: "Non mi inviare i soldi tramite banca, non mi fido di loro, prendili direttamente tu e nascondili nella biancheria intima. Fai attenzione a non dirlo a nessuno, neanche ai tuoi parenti più stretti. Questo deve essere un nostro segreto. Vedrai che tra noi due ci saranno altri segreti".

Saputo dell'imminente arrivo di un altro uomo, il tuttofare Lamphere chiese spiegazioni a Belle, la quale in tutta risposta gli comunicò di trovarsi un'altra sistemazione. La reazione dell'uomo fu molto dura: Lamphere augurò alla "Vedova" tutto il male possibile.
Incurante delle maledizioni ricevute, Belle avvelenò Helgelein nel gennaio del 1908, poi gli tagliò i piedi e le mani; la testa ed il resto del corpo furono messi in dei sacchi di farina e successivamente sotterrati nel terreno dietro la fattoria.

Il giorno dopo, Belle si recò in lacrime dai suoi vicini dicendo loro quanto segue: "Quando finirò di imparare? Che male faccio agli uomini per essere trattata in questo? Tutti quelli che ho conosciuto hanno approfittato della mia gentilezza e vulnerabilità, non capisco quale dove volessero arrivare, forse a loro interessavano i miei soldi e non la mia compagnia".

Nel mese di marzo del 1908, Belle assunse un bracciante di nome Joe Maxon, che cominciò ad occuparsi della fattoria e del bestiame. La notte del 28 aprile dello stesso anno, il sig. Maxon, si svegliò improvvisamente e si accorse che del fumo stava fuoriuscendo dal pianterreno; chiamò a squarciagola Belle e i suoi tre figli ma non ebbe nessuna risposta, perciò uscì frettolosamente per chiedere aiuto, ma dopo qualche ora la fattoria venne avvolta completamente dalle fiamme.

Per questo incendio, evidentemente doloso, fu incolpato il tuttofare precedentemente licenziato, Ray Lamphere: la polizia risalì al suo nome perché la "Vedova" qualche mese prima aveva confidato ad un avvocato che il suo bracciante l'aveva minacciata di morte per il suo allontanamento dalla fattoria.

Ma l'imprevisto era dietro l'angolo.

In seguito alle indagini sull'incendio, nel mese di maggio, gli investigatori trovarono nel terreno della Belle dei corpi smembrati avvolti in dei sacchi e cosparsi di soda caustica, molti dei quali ridotti in scheletri. Nello scantinato furono rinvenuti altri quattro corpi, identificati nei tre figli della "Vedova": Myrtle di undici anni, Lucy di nove e Philip di cinque, oltre che il cadavere di una donna senza testa, che inizialmente si ipotizzò come la stessa Belle. Molti corpi non furono identificati, ma secondo alcuni il numero delle vittime si aggirava intorno alle quaranta unità.

Il 12 maggio, durante le ricerche del cranio della donna senza testa, fu invece rinvenuta la protesi dentale di Belle, il coroner emise quindi il suo rapporto il 20 maggio, dichiarando che Belle Gunness, era morta "per mano di uno sconosciuto squilibrato".

Ebbe così inizio il processo a carico di Lamphere, è il 9 novembre del 1908.

Si susseguono molti testimoni, soprattutto parenti delle vittime che cercavano giustizia e che volevano avere la certezza che la donna decapitata non identificata fosse realmente l'assassina che massacrò tutte quelle persone.

Non avendo prove schiaccianti, il 26 novembre del 1908, il giudice Richter emise il verdetto: "Troviamo il sig. Ray Lamphere colpevole dell'incendio causato nella fattoria, ma estraneo al massacro di quelle genti". Il bracciante riuscì così ad evitare la forca, ma non la galera.

Durante la prigionia, l'uomo continuò a proclamarsi innocente e ad sostenere che Belle fosse ancora in circolazione, raccontò anche ad un suo compagno di cella, di nome Harry Myers, che la "Vedova" si trovava da qualche parte non lontana da La Porte, poi aggiunse: "Non è morta, io so che aveva una grande cicatrice nella gamba sinistra, il corpo della donna decapitata trovata nello scantinato, non ha nessuna cicatrice, non mi hanno voluto credere, è riuscita a prendersi gioco di tutti noi".

Lamphere morirà in carcere nel 1911 dopo aver contratto la tubercolosi.

In effetti ci furono diversi avvistamenti di Belle; il primo fu registrato nei dintorni di La Porte nel mese di aprile del 1909: un agricoltore disse di averla vista seduta in locale a bere. Un'altra volta un amica di Belle raccontò che in varie occasioni la "Vedova" gli fece delle visite. Questa amica d Belle, Almetta Hay, sarebbe potuta essere decisiva per le indagini, poiché quando morì, nel 1916, fu rinvenuto nella casa un cranio di donna nascosto tra due materassi, che probabilmente apparteneva al cadavere decapitato trovato nel seminterrato, ma non fu condotta nessuna indagine.

Nel 1917, un signore riconobbe Belle mentre stava lavorando in un ospedale come infermiere, ma quando arrivò la polizia sul posto la donna era già sparita.

Nel 1931, fu ucciso a Los Angeles August Lindstrom, un ottantunenne di origine norvegese. L'uomo fu avvelenato da una certa Esther Carlson, con le stesse modalità di Belle, ma anche in questa circostanza non si fece nulla per approfondire l'accaduto.
L'ultimo avvistamento fu rilevato nel 1935, nell'Ohio, si dice che una donna che somigliava alla "Vedova" gestisse un bordello, dopodichè non si seppe più nulla.

Come nel caso di Bela Kiss, pur conoscendo l'identità dell'assassino non si arrivò mai alla sua cattura: due vicende parallele, due fantasmi imprendibili che sono riusciti entrambe ad eludere la giustizia.

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 Oggetto del messaggio: Re: I Nuovi Mostri!
MessaggioInviato: sab ago 15, 2009 20:00 
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Il mio plauso a Mirshan per aver iniziato questa serie di articoli criminologici... e agli altri che vi stanno collaborando.

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Who is who in Val Neira ha scritto:
Hoijemondijs Dodgloptris Nyrtjainnen
Sacerdotessa di Lloth del casato minore Nyrtjainnen. Vanta altri titoli come Sacerdotessa dei riti della Tenebra - Maestra del culto della Fertilità - Custode delle Estreme Sapienze, legati alle sue attività magiche
.

rose ha scritto:
Hoijemondijs è dio :sisi:
Mitternacht ha scritto:
Ah allora è con lei che me la prendo di continuo XD


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 Oggetto del messaggio: Re: I Nuovi Mostri!
MessaggioInviato: ven ago 28, 2009 23:29 
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Marti Enriqueta, La strega di Barcellona.

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Degli strani avvenimenti si stavano verificando nella città di Barcellona in Spagna agli inizi del 1900 ed alcuni bambini erano scomparsi misteriosamente.
I giornali non diedero subito molto peso all'accaduto, limitandosi a scrivere solamente qualche piccolo articolo sulla vicenda, ma col tempo questa successione di fatti si rivelò terribile, richiamando alla memoria degli abitanti le brutte storie sulle streghe.
Le voci che circolavano per le piazze e le vie della città non lasciavano presagire nulla di buono, i genitori per spaventare i figli e non farli allontanare da casa, raccontavano loro che in giro c'era l'Uomo col sacco nero che prendeva i bambini.
Anche il Sindaco della città intervenne sulla questione, affermando che si stava facendo tanto rumore per niente, che quelle storie erano false e inventate, ma intanto negli anni seguenti altre scomparse di bambini si aggiunsero alla lista, con grande sconcerto di tutta la popolazione.

All'epoca non esistevano in commercio medicine che potessero assicurare guarigioni da malattie infettive: a volte anche un'influenza rischiava di essere fatale. Non per alcuni personaggi della Barcellona bene, che avevano conosciuto una donna che vendeva loro a prezzi esorbitanti delle fantomatiche pozioni magiche in grado di curare tutte le malattie anche quelle più pericolose.
La donna che illudeva questa gente, nacque nel 1869 in un quartiere popolare di Barcellona, si chiamava Marti Enriqueta e la sua vita era stata legata alla prostituzione fin dall'età di sedici anni, quando frequentava locali malfamati nella zona del porto di Santa Madrona, guadagnando qualche soldo per tirare avanti.
Il padre era un alcolizzato cronico, che trascorreva le giornate nelle osterie dove spendeva nel bere tutto quello che guadagnava, la madre lavorava presso una famiglia come donna delle pulizie, perciò i suoi genitori non erano molto presenti e non erano capaci di darle un'educazione e una vita più dignitosa.
All'età di vent'anni, Marti conobbe Juan Pujalò, un pittore poco conosciuto, che vendeva per poche peseta i suoi quadri raffiguranti nature morte. Qualche mese dopo, i due si sposarono.
La loro relazione durò circa dieci anni, ma non ebbero i figli, cosa che Marti avrebbe desiderato. Ci furono solo delusioni, ma il fallimento matrimoniale si deve principalmente al comportamento della donna, così come spiegò suo marito quando venne interrogato dalla polizia nel giorno dell'arresto della consorte: "Mia moglie Enriqueta era molto attratta dagli uomini e frequentava spesso e volentieri certi ambienti che a me non piacevano, la sera usciva senza darmi nessuna spiegazione, ecco perché ci siamo separati, non potevo più tollerare quell'atteggiamento".

Il 10 febbraio del 1912, scomparve un'altra bambina, Teresita Guitart, di cinque anni.
Quel giorno la piccola stava giocando vicino alla porta di casa, sotto lo sguardo della madre Anna, che chiamata da una vicina si allontanò per un attimo, raccomandando alla figlia di non allontanarsi, pochi istanti dopo passò una donna che disse alla bambina:
"Vieni bella, vieni che ho dei dolci per te."
Quando si accorse che sua figlia era sparita, la signora Anna si mise ad urlare in mezzo alla strada, facendo uscire dalle case tutto il vicinato. Saputa la notizia, i cittadini di Barcellona rimasero col fiato sospeso per delle settimane, ma le ricerche della polizia furono vane.
Teresita intanto si trovava in una casa a lei sconosciuta, perciò di frequente piangeva non vedendo più sua madre, mentre la donna che l'aveva rapita continuava ad intimidirla dicendole di non pensare più ai suoi genitori, perché d'ora in avanti era lei la sua mamma e il suo nome sarebbe stato Felicidad e non più Teresita.
La piccolina non era l'unica sequestrata. Nella casa si trovavano altri due bambini, anche loro terrorizzati, una si chiamava Angelita, l'altro Pepito. L'unico svago che avevano i tre era quello di giocare fra di loro, perché non potevano uscire dall'abitazione.

Era ormai passato qualche giorno dall'ultima volta che le due bambine avevano visto il loro amichetto per l'ultima volta. Probabilmente pensarono che fosse riuscito a scappare da quella casa maledetta, mentre loro erano ancora nelle mani della strega.
In realtà, in una stanza chiusa sempre a chiave, Enriqueta aveva già fatto a pezzi e cucinato dentro un grande pentolone diversi bambini del luogo, compreso Pepito.
Un giorno le due bambine decisero di aprire proprio quella stanza. Aspettarono che la donna fosse uscita da casa, cercarono e trovarono la chiave e poi aprirono la porta proibita.
Dentro quella stanza semibuia c'era un forte odore di carne bollita, guardando in giro scoprirono un sacco che conteneva un coltello sporco di sangue e i vecchi vestiti di Pepito, anch'essi macchiati.
Terrorizzate, uscirono dalla camera e si misero a piangere in un angolo della cucina, fino a quando rientrò Enriqueta, che si accorse che qualcosa era successo. Fece delle domande alle due bambine, ma loro ancora con la paura che le attanagliava non risposero, perciò la donna promise che se si fossero comportate bene, per cena ci sarebbe stata una bella "sorpresa".
La sera la donna posò sulla tavola una pentola piena di carne. I piatti furono riempiti e serviti alle due bambine, pronti per essere consumati, ma la scena che si presentò agli occhi di Teresita e Angelita fu sconvolgente: non si trattava di semplici pezzi di carne, ma erano i poveri resti del piccolo Pepito. Le manine e i piedini del bambino galleggiavano nel brodo. Senza nessuna possibilità di rifiuto, le due bimbe furono costrette a mangiarselo tutto.

Il 26 febbraio del 1912, Claudina Elias, una vicina di casa di Enriqueta, stava bagnando i fiori, quando vide alla finestra di fronte, una bambina con i capelli rasati che stava guardando nella sua direzione, chiamò quindi il marito e gli disse: "Guarda, non ti sembra che sia Teresita, la bambina scomparsa?"
Anche al consorte parve che fosse proprio lei, perciò uscì da casa e andò immediatamente al comando di polizia per informarli di quel che aveva visto.
Il giorno seguente, due agenti si presentarono a Calle de Ponente 29, bussarono alla porta e annunciarono all'impassibile Enriqueta che avevano un mandato di perquisizione.
Una volta entrati in casa, videro due bambine sedute sul divano. Il Brigadiere Ribot si avvicinò a quella con la testa rasata e le chiese come si chiamava, lei rispose: "Mi chiamo Felicidad."
"Sei sicura che non sei Teresita? ", incalzò nuovamente il Brigadiere. La bambina rimase un attimo in silenzio, poi disse all'agente: "In questa casa il mio nome è Felicidad."
L'ispettore, convinto di aver trovato la bambina scomparsa, chiese alla donna chi fosse in realtà Felicidad. Lei disse d'averla trovata il giorno prima, che vagava nel mercato di Barcellona chiedendo un pezzo di pane, ma che l'altra bambina, Angelita, era sua figlia.
Non soddisfatti di quella sua dichiarazione, i due poliziotti la portarono al comando, dove fu identificata come Marti Enriqueta, di 43 anni. Dalle indagini risultò naturalmente che anche Angelita non era sua figlia.
Nel frattempo, le due piccole stavano raccontando all'ispettore che insieme a loro c'era anche un bambino biondo, che furono costrette a mangiarsi per non fare la sua stessa fine. Quello che stava sentendo il poliziotto sembrava avere dell'assurdo, ma i fatti avrebbero dimostrato il contrario.

La donna aveva già avuto problemi con la giustizia tre anni prima, per favoreggiamento alla prostituzione minorile. In quella circostanza il caso fu archiviato grazie all'intervento di un personaggio influente della città, il cui figlio fissava abitualmente degli appuntamenti per passare alcune ore con i ragazzini di Enriqueta.
La stampa il giorno dopo scrisse: "E' stata arrestata la Strega di Barcellona!".
Ispezionando la casa di Enriqueta, gli investigatori notarono che l'arredamento era al di sopra delle possibilità della donna, parecchio costoso. Nella stanza citata dalle due bambine fu trovato un sacco con un coltello insanguinato e un altro contenente clavicole, costole e teschi; in un armadio c'erano invece una ciocca di capelli biondi e due grandi ampolle piene: una di sangue coagulato, l'altra di grasso, gli ingredienti dai quali la strega ricavava le pozioni "curative" da rivendere ai suoi facoltosi clienti.
In un cassetto trovarono un libro antico con delle formule strane utilizzate dalla sedicente guaritrice, in un diario era stato utilizzato un linguaggio cifrato che solo la donna poteva conoscere.
In molti cittadini si spensero definitivamente le poche speranze di riabbracciare i propri figli: qualche giorno dopo Enriqueta confessò dieci omicidi e indicò i vari luoghi dove ritrovare i resti delle piccole vittime. In una casa di Calle de Picalquès, dietro ad una parete segreta, vennero ritrovate varie ossa e quattro manine. In un'altra casa, in Calle de Tallers, ben nascoste furono rinvenute altre ossa e ciocche di capelli biondi. In una vecchia torre di Sant Feliu de Llobregat, furono portate alla luce diverse costole e piedini, poi libri con ricette e flaconi usati. Infine nella casa della Calle de Jocs Florals de Sants, vennero scoperti tre teschi di bambini di tre anni, e una serie d'ossa d'altri bambini di sei e otto anni.
Dopo queste macabre scoperte, i giornali locali scrissero: "Queste ossa parlano di crimini barbarici, sembra di essere tornati nel Medioevo. Siamo davanti ad una delle criminali più tremende e crudeli della storia della Spagna. Per un fanatismo assurdo, ha ucciso dieci bambini in nove anni per estrargli il sangue e il grasso e fabbricare pozioni. E' un caso inaudito, mostruoso, e di questo se ne parlerà per tanti anni con stupore".
Nella sua lunga confessione, Enriqueta affermò che il sangue e il grasso venivano mescolati insieme al midollo che estraeva dalle ossa per fare le pozioni, mentre la carne veniva cucinata. Aggiunse che quella famosa lista che gli investigatori non riuscivano a decifrare, altro non era che l'elenco dei suoi clienti, personaggi conosciuti come politici, avvocati e commercianti.
In carcere la strega tentò una volta il suicidio, ma senza riuscirci.
Durante il processo disse: "L'ho fatto solamente per sperimentare i miei medicinali e guarire le persone da tutte le malattie."
La sentenza fu la condanna a morte, ma prima che questa avvenisse una sua compagna di cella la uccise colpendola alla testa con un arnese di ferro nel giugno del 1912.
Tante volte pensiamo che certi personaggi esistano solo nella fantasia, invece molti non sanno che la fantasia nasce proprio dalla realtà, streghe, mostri, lupi mannari, vampiri e mangiatori di uomini sono tra noi e potrebbero essere anche i vicini della porta accanto.

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Stupito il diavolo rimase quando comprese quanto osceno fosse il bene
e vide la virtù nello splendore delle sue forme sinuose...


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straordinario, interessantissimo, perfetto per quest'angolo di oscurità che annega in Valm Neira
Non conosevo questo personaggio e mi sono goduto d'un soffio la lettura

Grazie milady, questo è un argomento che mancava ed è seplicemente affascinante, trattato com'è da qualcuno che sa come prenderlo e rattarlo per Noi :inchino:

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 Oggetto del messaggio: Re: I Nuovi Mostri!
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Velma Barfield, l'avvelenatrice.


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Velma Barfield, prima donna ad essere giustiziata dopo il reintegro della pena capitale nel 1976, è sicuramente il prototipo dell'avvelenatrice seriale.

Margie Velma Bullard nasce il 29 ottobre 1932, in una zona rurale del South Carolina. E' la seconda dei nove figli del coltivatore Murphy Bullard e della casalinga Lillie Bullard.
La casa dove Velma trascorre l'infanzia è una capanna di legno non verniciata. Mancano anche la corrente elettrica e l'acqua corrente: per procurarsela, i familiari partono a turno per il bosco armati di pentole. Oltre ai due coniugi e ai loro bambini, nella "casa" vivono anche i genitori di Murphy e sua sorella, Susan Ella, che è priva di un braccio e di una gamba a causa della poliomielite.
Nel periodo della Grande Depressione, i soldi incassati dalla vendita del cotone e del tabacco non bastano più, perciò Murphy Bullard si fa assumere come operaio in un mulino tessile di Fayetteville.
Per seguirlo, l'intera famiglia si trasferisce in una casetta appena fuori città dove, nel giro di nemmeno un anno, muoiono entrambi i genitori di Murphy.

La famiglia Bullard è tradizionalmente patriarcale. Murphy è il "re incontrastato" del loro "castello di stracci" e l'intera famiglia, soprattutto la moglie, si deve sottomettere a lui. Il "re" in questione, Murphy, è un uomo facilmente irritabile, alcolizzato e severo con i propri figli.
Velma non sopporta che sua madre si faccia sottomettere da quell'uomo. Rimane sgomenta quando il padre la picchia e la madre non tenta nemmeno di difenderla.
A proposito di ciò, qualche decennio più tardi, la donna scriverà nelle sue memorie ("Una donna nel Braccio della Morte"): "accettai sempre il comportamento di mio padre perché credevo che tutti gli uomini fossero così, ma il comportamento di mia madre mi infastidiva. Le mamme dovrebbero amare i loro figli e difenderli, ma lei non lo fece mai."
In realtà anche la madre di Velma è vittima di Murphy, uomo istericamente geloso e manesco.

Nel 1939, all'età di 7 anni, Velma comincia a frequentare la scuola. E' una ragazza intelligente ed educata perciò i complimenti degli insegnati nei suoi riguardi si sprecano. La scuola inoltre le offre una tregua dalla sua casa affollata, dalla rabbia di suo padre e dalla madre ammalata che richiede di molte cure.
In ogni caso, ben presto per la bambina sorgono dei problemi con i compagni di classe. Lei non può permettersi di vestire bene come le altre ragazze: le sue scarpe sono pesanti e usate, i suoi vestiti sono vecchi. Mentre gli altri bambini pranzano con panini e carne, lei si deve accontentare di alcuni cereali. Così, per evitare di sentirsi a disagio, Velma comincia a derubare gli adulti per migliorare la propria situazione finanziaria. Inizialmente sottrae solo qualche monetina dalle tasche del padre, in seguito si metterà a derubare anche i vicini di casa.
Nel frattempo, a casa, Velma viene assegnata ai lavori domestici, come mantenere la fattoria o prendersi cura dei fratelli e sorelle più piccoli. Ne farebbe volentieri a meno, ma teme che il padre si arrabbi.
Qualche anno dopo, Velma denuncia suo padre ad un reporter del giornale "The Village Voice". La ragazza racconta che il genitore è penetrato nottetempo nella sua stanza e l'ha stuprata. La famiglia litigherà a lungo sulla veridicità di questa affermazione e la stessa Velma contraddirà più volte questo episodio.
Nel 1945, Murphy Bullard decide di mollare il lavoro al mulino e di tornare all'agricoltura. Compra così qualche acro di terra e una piccola casa. Dopo un anno, l'uomo si accorge che l'agricoltura non rende abbastanza per mantenere tutti quei figli perciò torna al mulino. Qualche tempo più tardi trova un lavoro presso un'industria tessile di Red Springs e qui si trasloca con l'intera famiglia per l'ennesima volta.
Velma ha cominciato a frequentare il Liceo, ma non ottiene più i buoni voti che aveva un tempo. Si consola giocando in una squadra femminile di pallacanestro, fino a quando la madre glielo vieta. Lillie ha infatti partorito altri due figli e ha bisogno della ragazza per farsi dare una mano.
Dall'altra parte, il padre le impedisce di frequentare Thomas Burke, il ragazzo che le piace. Nonostante queste difficoltà, i due si sposano a 17 anni. Al contrario di quanto si aspettasse Velma, Murphy Bullard non ricorre alla violenza per impedirle di sposare Thomas, al contrario, saputa la notizia, l'uomo scoppia in lacrime.
Dopo il matrimonio, Thomas e Velma abbandonano la scuola. Burke intraprende numerosi lavoretti, come dipendente di una fattoria o autista di autocarri, mentre Velma, dopo aver lavorato come commessa in una farmacia, decide di fare la casalinga a tempo pieno.
Il 15 dicembre 1951 la coppia ha il primo figlio, Ronald Thomas. Kim, la seconda figlia, nasce il 3 settembre del 1953.
Velma Burke adora prendersi cura dei suoi bambini. E' una madre indulgente e protettiva, spesso legge dei libri ai figli e non riesce a separarsi da loro se non per breve tempo. Regolarmente li porta alla Chiesa Battista, nella speranza che entrambi diventino degli ardenti cristiani protestanti come lei.
Quando Ronald e Kim cominciano la scuola, Velma diventa una delle madri più "impegnate" della città, sempre disposta ad accompagnare la classe in gita, a organizzare feste per gli studenti e via dicendo. Trova anche un nuovo lavoro per aiutare economicamente la famiglia. Thomas, che l'aveva convinta a mollare il lavoro in farmacia, questa volta non si oppone.
Grazie allo stipendio dei due coniugi, la famiglia Burke riesce a trasferirsi in una graziosa casetta a Parkton e a viverci dignitosamente per molti anni.
Nel 1963, Velma comincia ad avere problemi di salute e deve subire un'isterectomia. L'intervento avrà uno strascico psicologico nella donna che diventa nervosa, sgarbata e depressa. E' preoccupata che l'impossibilità di rimanere ancora incita la renda meno femminile e, di conseguenza, meno attraente agli occhi di suo marito. Come se non bastasse, Thomas si iscrive ad un'associazione di volontariato, nota come Jaycees. Ciò significa lunghe assenze da casa, soprattutto la sera.
Quando Velma scopre che l'uomo in realtà va a bere birra con degli amici, ne rimane sconvolta. Ad essere sinceri la sconvolge di più la presenza di alcoli nella vita di suo marito, poiché la sua educazione religiosa le ha inculcato nella testa che gli alcolici sono le bevande del demonio, piuttosto che le bugie che Thomas le ha raccontato.
La crisi familiare peggiora nel 1965, quando l'uomo ha un incidente stradale mentre guida in stato di ebbrezza. I due coniugi finiscono così per litigare furiosamente quasi ogni giorno, spaventando anche i loro figli, ma ciò non farà mai smettere l'uomo di bere. Nel 1967, Thomas Burke viene arrestato, sempre per guida in stato di ebbrezza. Perde la patente e il lavoro e cade in depressione.
Sua moglie invece è sempre più stressata per gli attriti in famiglia e comincia a perdere peso a dismisura, fino a svenire per la debolezza. Durante un ricovero ospedaliero, i dottori le prescrivono il Librium, un leggero sedativo. Un altro dottore da lei consultato le prescriverà il Valium.
Questo "giochetto" verrà attuato da Velma fino al giorno del suo arresto: ogni volta che si sente male, la donna consulta più dottori contemporaneamente, a loro insaputa e si fa prescrivere diversi tipi di medicine per lo stesso problema. Naturalmente le prende tutte insieme.
Un giorno di aprile la casa dei Burke prende fuoco. Velma è in lavanderia, i figli sono a scuola, Thomas invece muore intossicato dal fumo.
Rimasti senza casa e senza capofamiglia, Velma e i figli si trasferiscono dai genitori di lei, Murphy e Lillie Bullard.
Velma conosce un altro uomo, Jennings Barfield. Barfield è un uomo pieno di problemi fisici e di salute, tanto che ha da poco ricevuto il pre-pensionamento. Soffre di diabete, enfisema e di malattia cardiaca e ha perso anche lui la moglie.
I due "sfigati" si sposano il 23 agosto del 1970 e vanno a vivere nella casa dello sposo, a Fayetteville, nella quale vive anche la figlia teenager di Jennings, Nancy.
Il matrimonio non dura molto: Velma finisce ben due volte in overdose da farmaci in brevissimo tempo. Jennings non approva questa sua dipendenza da farmaci e, visto che la donna non riesce a smettere, le chiede il divorzio.
Non arriverà mai alla sentenza del tribunale, perché il 21 marzo del 1971 muore di infarto. O almeno così sembra.
Rimasta nuovamente vedova, Velma si fa assumere come cassiera presso un grande magazzino. I suoi sbalzi di umore e la sua grave dipendenza dai farmaci sono però fin troppo evidenti ai clienti, perciò viene spostata precauzionalmente a lavorare nel deposito come magazziniera.
Ad aggravare ulteriormente lo stress della donna ci si mette l'Esercito degli Stati Uniti che arruola l'amato figlio Ronnie per la guerra in Vietnam.
Le cose possono però andare in maniera ancor peggiore, e lo faranno. La casa di Velma infatti va nuovamente a fuoco e lei cade nell'isterismo. Rimasta senza casa, si trasferisce con la figlia Kim un'altra volta a vivere dai genitori. Qui Velma apprende che suo padre è malato di cancro al polmone: Murphy morirà pochissimo tempo dopo, all'età di 61 anni.
Malgrado non fossero in ottimi rapporti, questa ennesima perdita spinge Velma verso la depressione più profonda. Non si riprende nemmeno quando Ronald l'avvisa che non partirà più per il Vietnam poiché si è sposato. Al contrario, Velma dà in escandescenze e insulta pesantemente il figliolo per averla sostituita con un'altra donna.
Nel marzo del 1972, Velma Barfield viene arrestata per aver contraffatto una prescrizione medica.
In questo periodo lei e la madre litigano di frequente. La donna anziana pretende che la figlia le dia una mano nelle faccende domestiche, mentre Velma è stufa di fare da schiava a Lillie e continua a prendere farmaci su farmaci (cosa che naturalmente contraria la madre).
Durante l'estate del 1974, Lillie Bullard si ammala gravemente. Il suo stomaco è tormentato da dolorosi crampi, soffre di diarrea e di crisi di vomito. Per fortuna la donna si riprende in seguito a un ricovero in ospedale.
Il 23 agosto di quell'anno Velma ottiene un premio assicurativo di 5000$. Il suo fidanzato attuale l'aveva infatti nominata beneficiaria della propria polizza sulla vita e un incidente stradale lo ha stroncato.
A Natale, Lillie Bullard si ammala nuovamente. Ricominciano la nausea e la diarrea. Si sente come in fiamme e vomita sangue, le braccia si agitano in preda agli spasmi. Morirà due ore dopo essere arrivata in ospedale.
All'inizio del 1975, Velma finisce nuovamente nei guai con la legge, sempre a causa di prescrizioni mediche contraffatte. Questa volta il giudice decide di non convertile la condanna in una multa e la donna è costretta a farsi sei mesi di carcere.
Dopo esser tornata in libertà, Velma si mette alla ricerca di un lavoro e lo trova come badante e domestica per persone anziane. Si trasferisce così a casa dei coniugi Montgomery e Dollie Edwards. Lui è un 94enne diabetico e incontinente, costretto a letto perché gli sono state amputate entrambe le gambe. Lei è un'84enne abbastanza sana, ma appena uscita da un cancro al colon.
Montgomery muore nel gennaio del 1977, perciò Velma rimane nella casa ad aiutare Dollie, con la quale litiga molto frequentemente.
Il 26 febbraio Dollie si ammala, sembra una forte influenza caratterizzata da diarrea e vomito. Morirà due giorni dopo.
Dopo il fallimento di questo lavoro, Velma comincia a frequentare la chiesa e le riunioni protestanti. In una di queste incontra Stuart Taylor, un uomo divorziato che la donna comincia a frequentare.
I successivi "datori di lavoro" di Velma sono i coniugi Lee. Lui, John Henry, è un ex coltivatore 80enne mentre la moglie, Record, ha 76 anni. La donna necessita di un'assistenza speciale, perché si è rotta la gamba e cammina con le stampelle. Per Velma è un lavoro molto conveniente: la casa è ottima e i coniugi le lasciano il mercoledì e la domenica liberi, affinché lei possa partecipare alle riunioni religiose e alle messe.
Anche quello che sembrava il lavoro perfetto mostrerà presto delle "macchie". I Lee, per esempio, litigano spesso e Velma non sopporta sentire le loro urla. Record, inoltre, ama molto chiacchierare e la sommerge la badante con la sua parlantina.
Il 27 Aprile, John Henry Lee si ammala gravemente. Il suo stomaco è sconvolto dai crampi e non fa che vomitare. Dopo qualche giorno, l'uomo comincia a soffrire anche di diarrea. Ricoverato in ospedale, il signor Lee viene rilasciato solo il 2 maggio quando, secondo i dottori che l'avevano in cura, è ormai guarito dal virus che lo aveva afflitto nei giorni precedenti.
Al contrario, l'uomo non è per niente guarito. Sta male tutto il mese di maggio, in preda ai crampi, al sudore freddo, alla nausea e alla diarrea. Perde peso a dismisura, mentre Velma si prende amorevolmente cura di lui fino a quando, il 4 giugno, John Henry Lee muore.
Al termine del funerale dell'anziano, Velma è di buon umore, tanto che si dirige a casa di Stuart Taylor per fargli uno "scherzo". Approfittando del fatto che l'uomo sta schiacciando un pisolino sul divano, Velma lo mette in una posa da morto, con le braccia incrociate sul petto, e gli scatta una fotografia. Nei giorni seguenti, regala quella foto ad Alice, la figlia di Stuart.
Il macabro "gioco" diverte molto entrambe le donne. Se solo Alice sapesse cosa si prospetta per suo padre...
È una sera marzolina del 1978. Il grande e grosso Stuart Taylor ha deciso di accompagnare la sua opulenta compagna, la 46enne Velma Barfield, ad un meeting del "risveglio" (movimento della Chiesa Protestante risalente al sec. XVIII), tenuto dal famoso predicatore Rex Humbard.
Stuart non è molto religioso, ma sa che la sua "ragazza" è una devota Cristiana e gradirebbe molto ascoltare le parole del noto religioso evangelista.
Ha una personalità contraddittoria la sua Velma. Nonostante la sua forte religiosità convive con Stuart, cosa che sgomenta i suoi due figli, Ronnie e Kim. Tempo addietro è stata condannata per falsificazione, lui lo ha scoperto per caso, ma è bastato a convincerlo di non sposarsela.
La coppietta è vestita con degli abiti della domenica nuovi di zecca e siedono in due sedie del Cumberland County Civic Center di Fayetteville, North Carolina.
Stuart non sta bene, gli gira la testa e ha la nausea: "Deve essere qualcosa che ho mangiato" – sussurra alla fidanzata.
Appena il reverendo Humbard comincia la sua predica, le condizioni di Stuart peggiorano, prova fitte profonde allo stomaco.
"Torno alla macchina e provo a sdraiarmi per un po'"
Uscito dalla sala soffocante, il contadino 56enne si dirige al suo furgoncino e si siede comodamente al posto del guidatore, ma le cose peggiorano ulteriormente, il dolore fisico è insopportabile.
Quando Velma entra nell'auto, al termine del meeting, trova Stuart sdraiato, in preda agli spasmi di dolore, pallido, sudato e nauseato.
Velma lo trascina fuori dall'auto, dove l'uomo si mette a vomitare in mezzo ad un mucchio di immondizia.
Stuart passa la notte in bianco, contorcendosi per il dolore allo stomaco.
Alle prime ore del mattina, Velma telefona alla figliastra Alice per informarla sulle condizioni del padre. Matrigna e figlia discutono a lungo della situazione e alla fine stabiliscono che si tratta sicuramente di una forte influenza.
Nelle ore successive, le condizioni di Stuart peggiorano. Vomita di continuo, torace, stomaco e braccia sono lividi e doloranti. Tra un lamento e l'altro, l'uomo dichiara di sentirsi come se stesse andando a fuoco.
Il giorno seguente, Velma accompagna il "fidanzato" all'ospedale. Dopo qualche ora e qualche telefonata la raggiungono i figli di lui, Alice e Billy.
Non passa molto tempo prima che i dottori diagnostichino a Stuart la gastrite. Dopo la prescrizione di alcune medicine, il paziente viene rispedito a casa. In effetti, degli amici che passano nel pomeriggio trovano il degente decisamente migliorato: è seduto sul letto, chiacchiera con loro e fuma una sigaretta.
Ma il giorno seguente, venerdì, alle 20.00, le condizioni di Stuart precipitano. Velma chiama i vicini e insieme chiamano un'ambulanza.
I paramedici trovano l'uomo in condizioni pietose: nella stanza c'è un odore nauseante perché l'uomo ha subito un attacco di diarrea mentre dormiva. Le braccia e le gambe si muovono a scatti in tutte le direzioni mentre Stuart, madido di sudore, urla cose senza senso.
Dopo una difficile operazione per legare il paziente, i paramedici partono in direzione dell'ospedale a sirene spiegate. Li segue Velma, a bordo del camioncino di Stuart.
Stuart Taylor muore un'ora dopo del suo arrivo in ospedale. Nemmeno i dottori riescono a capire quali siano state le cause e chiedono alla famiglia il permesso di ricorrere ad un'autopsia.
"Se non la fate, ci chiederemo in eterno cosa sia stato ad ucciderlo" – è la risposta della donna.
I funerali si tengono la domenica successiva. Partecipa anche Ronnie Burke, il figlio preferito di Velma.
Mentre i parenti e amici di Stuart Taylor partecipano alla messa, il Detective della Polizia di Lumberton, Benson Phillips, riceve una telefonata anonima. L'interlocutrice urla frasi sconnesse, sembra spaventata e confusa. Le uniche cose che l'agente di polizia riesce a cogliere sono:
"E' stato un omicidio!!... Io so chi è stato!! ... Lei deve fermarla!! ... Vi prego, fermatela!!!"
Non essendo al corrente di omicidi recenti nella piccola città, l'agente pensa immediatamente alla telefonata di uno squilibrato. Il modo peggiore per cominciare la giornata.
Poco dopo, come tutti i giorni, Phillips si reca al lavoro e non ci mette molto a dimenticare lo spiacevole inconveniente mattutino.
Ma la "squilibrata" richiama. Questa volta però è più calma e coerente.
Chiama dal South Carolin, ma non può fornire il proprio nome. Nessuno deve sapere nemmeno che lei ha fatto quelle chiamate. E' stato ucciso un uomo, afferma, il fidanzato di Velma Barfield. L'assassina è proprio Velma, che ha ucciso anche la propria madre. Non può fornire prove, ma sicuramente ci sono state delle altre vittime: vicino a Velma sono morte troppe persone.
"Come fa a sapere tutte queste cose su Velma Barfield?" – incalza Branson
"Perché sono sua sorella..." – e la telefonata si chiude bruscamente.
La telefonata pseudo-anonima confonde alquanto l'investigatore. L'esperienza gli dice di non dare peso a certe asserzioni, ma la donna al telefono sembrava così sincera e spaventata...
Phillips decide di mettersi in contatto con l'ospedale di Lumberton e chiede informazioni sui decessi avvenuti nel fine settimana appena trascorso.
E' morto solamente Stuart Taylor. La cause della morte sembrerebbero essere naturali, ma il Dott. Bob Andrews non ha ancora ricevuto il referto dell'autopsia.
Il Detective è intrigato, ma allo stesso tempo scocciato: Taylor era della campagna di St. Paul e ciò metterebbe Phillips fuori gioco, poiché quella zona fa parte della giurisdizione dello Sceriffo Lovett.

Nel frattempo, il Dott. Andrews, ignaro che il Detective Phillips lo abbia cercato, riferisce allo Sceriffo Lovett i risultati dell'autopsia.
Stuart Taylor è apparentemente morto di gastroenterite, ma l'autopsia ha messo in risalto delle anomalie nel tessuto del fegato. Al momento, i campioni di tessuto di Taylor sono ancora presso l'esaminatore medico della Contea e i risultati non sono ancora disponibili.
Quando, sollecitato dai figli del defunto, il Dott. Andrews telefona all'esaminatore medico principale del Nord Carolina, Page Hudson, riceve questa risposta:
"Dove lo ha comprato l'arsenico quella donna?"

Date queste supposizioni piuttosto gravi, la polizia decide di investigare sulla morte di tutte le persone che hanno avuto rapporti con Velma Barfield. Dalle autopsie non è mai emerso molto, anche perché non è mai stato compiuto il test di verifica per i veleni, però risultano alcuni morti di gastroenterite. E' ormai chiaro che Velma non è una semplice uxoricida, bensì una vera e propria serial killer.
Non avendo prove, la polizia è costretta a trovare un modo per strappare alla donna una confessione.
La prima "chiacchierata" con l'indagata viene tenuta in maniera colloquiale e amichevole dal Detective Phillips e dallo Sceriffo Lovett, ma Velma non la prende bene. Dopo essersi arrabbiata e indignata, la donna si allontana dalla Centrale di Polizia senza salutare. Prima di lasciarla andare, lo Sceriffo riesce comunque a convincerla a prenotarsi per un test alla macchina della verità.
Il sabato successivo, Velma telefona al figlio Ronnie.
Ronnie Burke è ormai un 26enne con tantissime responsabilità. E' sposato e ha un figlio di 3 anni, lavora a tempo pieno e studia Economia Aziendale all'Università. Burke tiene soprattutto allo studio perché vuole diventare il primo membro della sua famiglia con un titolo di studio importante.
La donna spiega la situazione e chiede aiuto al figlio prediletto.
Il giorno dopo perciò Ronni si reca dallo Sceriffo, con il quale avrà un dibattito piuttosto acceso. Al termine dell'incontro, il giovane si reca presso l'abitazione di Mamie Warwick, dove la signora Barfield è ospitata in cambio di faccende domestiche.
Ronnie coglie sua madre mentre schiaccia un pisolino, ma la sveglia. Vuole avvisarla che, secondo lo Sceriffo, è ormai questione di tempo e poi l'arresteranno per presunto omicidio. Lui ha provato ad aiutarla, ma non ha potuto fare niente.
La donna scuote la testa e comincia a singhiozzare. Quando smette finalmente di piangere, le sue parole colpiscono Ronnie Burke come un pugno nello stomaco.
"Io volevo solo farlo ammalare"
Demoralizzato e sconvolto, Burke convince la madre ad andare dalla polizia con lui, a spiegare che si è trattato solamente di un incidente. Velma in cambio gli fa promettere di non assumere avvocati per difenderla.
Le cattive notizie per il povero Ronnie non sono ancora terminate.
Il giorno successivo, quando l'uomo è al telefono con il Detective Parnell per informarsi sulle condizioni di sua madre, viene a sapere che Velma ha confessato altri due omicidi, tra cui quello della propria madre, nonché nonna di Ronnie, Lillie Bullard.

EPILOGO

Nel processo a Velma Barfield, l'accusa è rappresentata dal focoso avvocato Joe Freeman Britt. Un uomo iroso e grande sostenitore della pena di morte. La pena di morte è stata ripristinata solo da 2 anni, nel 1976, ma Britt ha già ottenuto la condanna a morte per 13 assassini.
La difesa è invece affidata a Bob Jacobson, un avvocato d'ufficio inesperto, basso, impacciato e lentigginoso.
Velma Barfield è accusata di omicidio di primo grado, quello di Stuart Taylor, poiché non esistono prove certe né per gli altri presunti omicidi commessi dalla donna né per i due che lei ha confessato dopo l'arresto. La difesa è basata sulle intenzioni della donna, che voleva solamente ammalare il suo "fidanzato": Stuart spendeva molti soldi e lei intendeva tenerlo malato per un po' di tempo, come punizione. Nel caso in cui la giuria dovesse approvare questa versione dei fatti, la condanna sarebbe per omicidio di secondo grado, reato per il quale non esiste la pena di morte.
Il processo entra sin da subito nel vivo. Britt esige che vengano riconosciuti anche gli omicidi di John Henry Lee, di Dottie Edwards e di Lillie Bullard. L'avvocato accusatore si chiede inoltre come mai l'imputata non abbia somministrato l'antidoto dell'arsenico al suo fidanzato, una volta accortasi che la salute dell'uomo precipitava.
Nonostante gli sforzi della difesa di dimostrare che Velma Barfield è solo una donna spaventata e confusa, schiava di farmaci che ne rallentano le capacità intellettive, il Giudice Henry McKinnon emette la sentenza di colpevolezza e condanna l'imputata alla pena di morte.
Secondo la giuria dunque Velma Barfield è, come sostiene l'accusa, una donna vendicativa, una spietata assassina a sangue freddo che nasconde le sue cattive intenzioni dietro a una maschera di donnicciola innocua e religiosa.
Come per tutte le sentenze capitali, il Processo d'Appello è obbligatorio. Nel caso di Velma Barfield i Processi d'Appello si susseguiranno per ben sei anni, ma il massimo che gli avvocati riusciranno ad ottenere è la modifica della data di esecuzione. Al termine dell'ultimo Processo d'Appello, il Giudice Esaminatore decreta che l'avvelenamento con l'arsenico e i dolorosi supplizi a cui sono stati condannate le vittime di Velma Barfield sono da considerarsi come torture, perciò non ci sono speranze che la pena comminata alla donna venga mai ridotta.
Nel North Carolina, e in quasi tutti gli Stati Uniti, non sono molte le donne condannate a morte, di conseguenza non esiste la sezione femminile del Braccio della Morte. Per questo motivo, Velma sconta la sua pena presso la sezione della Central Prison del North Carolina dedicata ai detenuti ritenuti più pericolosi ed aggressivi.
Nonostante soffra dei comuni malesseri del condannato a morte (inappetenza, insonnia, nausea, sudore freddo, mal di testa, depressione e ansia), Velma riesce a dare un tocco di personalità alla propria cella: appende mensole e le riempie di suppellettili vari, appende quadri e fotografie di parenti alle pareti, lavora all'uncinetto delle stampe con motti religiosi che dispone un po' ovunque. Per coprire l'odore dei propri escrementi, di cui si vergogna tantissimo, la donna non si fa mai mancare un pacco di sigarette al mentolo (nonostante non fumi) che accende a mo' di incensi ogni volta che utilizza il bagno (nel carcere in cui si trova il WC è praticamente a fianco del letto).
La sua radio è perennemente sintonizzata su di un programma cristiano. Ben presto sventolerà ai quattro venti la sua conversione al cattolicesimo e la sua illuminazione in Cristo, nella speranza di essere graziata, come la maggior parte dei Serial Killer. Evidentemente le carceri americane hanno degli strani effetti mistici...
Per ingannare il moltissimo tempo libero di cui dispone, l'avvelenatrice decide di alfabetizzare gli altri carcerati, gran parte dei quali è appunto analfabeta. Le vengono dati anche dei permessi speciali di interazione con gli altri detenuti, solitamente non concessi ai condannati a morte, quando risulta evidente che la donna ha un'influenza molto positiva su di loro: li ascolta, li rassicura e ha sempre buone parole da distribuire. Ben presto sarà nota a tutti i carcerati come Mamma Margie.
Nel frattempo, Velma scrive la propria autobiografia: "Una Donna nel Braccio della Morte" (Woman on Death Row).
I figli Ronnie e Kim sono gli unici parenti che le recano visita di tanto in tanto.
Durante una di queste visite, Ronnie decide finalmente di affrontare l'argomento della morte di Stuart Taylor:
"Lo hai ucciso veramente?"
"Penso proprio di si.." – ha risposto malinconicamente Velma.
In seguito, la donna ha finalmente raccontato tutta la storia, ammettendo anche (così come farà sul libro delle proprie memorie) di aver ucciso Jennings Barfield, il padre di Ronnie e Kim.
L'ultima telefonata prima dell'esecuzione Velma le riceve dal famoso reverendo Billy Graham: "Ti invidio Velma, perché tu entrarai nel Regno dei Cieli prima di me. Immagina la camera di esecuzione come l'ingresso del Paradiso."
Tornata nella sua cella, Velma riceve l'estrema unzione e indossa un pigiama di cotone e l'accappatoio con i quali ha deciso di morire. Dopo essersi sistemata i capelli allo specchio per l'ultima volta e dopo aver pronunciato le ultime parole concesse (una serie di scuse per il male provocato e ringraziamenti agli avvocati, agli amici e a chiunque le sia stato vicino in quegli ultimi sei anni), la donna è pronta per essere condotta nella camera della morte della Central Prison.
Il suo "ingresso del Paradiso" è una piccolissima stanza asettica con al centro una lettiga sulla quale la donna viene fatta sdraiare.
Nel braccio sinistro le vengono infilati due grossi aghi di piombo: il primo le inietterà una sostanza per farla addormentare, il secondo porterà in circolo nelle sue vene un potente veleno in grado di fermare il cuore in pochi istanti.
I boia sono tre. Ognuno di loro premerà un bottone, ma solo uno di questi bottoni libererà il veleno. E' un "trucchetto" psicologico: in questo modo nessuno dei tre carnefici avrà mai la certezza di aver tolto la vita al giustiziato.
"Velma, per favore, cominci a contare all'indietro partendo da 100"
"Cento…novantanove…novantotto…novantasette…"
Ben presto la voce della donna si spegne e lei comincia a russare.
La sua respirazione si fa sempre più debole, fino a quando la sua pelle non diventa grigia come cenere. A questo punto, il monitor connesso al suo cuore mostra una linea piatta.
Sono le 2:15 del mattino del 2 novembre 1984, Velma Barfield, donna pia e madre amorevole nonché assassina, è morta.

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Stupito il diavolo rimase quando comprese quanto osceno fosse il bene
e vide la virtù nello splendore delle sue forme sinuose...


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 Oggetto del messaggio: Re: I Nuovi Mostri!
MessaggioInviato: gio set 09, 2010 11:29 
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Da Wikipedia (C'è un mare di materiale in Rumeno su di lei.... se e quando avrò tempo e voglia di tradurlo, lo posterò)

Vera Renczi
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Vera Renczi (Bucarest, 1903 – ...) è stata una criminale e serial killer rumena. Ha avvelenato trentacinque persone durante il decennio 1920 - 1930, compresi i suoi mariti, amanti e un suo figlio tramite l'arsenico.

Nata in una ricca famiglia le cui radici risalgono alla piccola nobiltà ungherese a Bucarest, Romania, la famiglia si trasferì nella città di Berkerekul quando lei compì 10 anni di età. Con il compimento dei quindici anni diventò sempre più ingestibile da parte dei suoi genitori ed era solita scappare da casa con numerosi amanti, molti dei quali erano significativamente più anziani di lei. Gli amici della prima infanzia dicono che lei avesse un quasi patologico e costante desiderio di sesso e compagnia maschile, inoltre era molto gelosa e possessiva.
Il suo primo matrimonio avvenne a Bucarest con un ricco uomo d'affari molto più anziano di lei, dal quale ebbe un figlio di nome Lorenzo. Lasciata a casa ogni giorno mentre suo marito era al lavoro, cominciò a sospettare che il coniuge le fosse infedele. Una sera, durante un attacco di gelosia, versò l'arsenico nel vino del consorte e successivamente raccontò a famigliari ed amici che lei e suo figlio erano stati abbandonati.
Dopo un anno circa di "lutto", dichiarò che alcuni estranei le dissero che suo marito perse la vita in un incidente automobilistico.
Poco dopo aver dichiarato la morte del marito per "incidente automobilistico", convolò nuovamente a nozze, questa volta per un uomo più vicino la propria età. Tuttavia, il rapporto fu molto tumultuoso e la Renczi fu nuovamente colpita dal sospetto che il suo nuovo marito avesse delle relazioni extraconiugali. Pochi mesi dopo il matrimonio l'uomo sparì e la donna raccontò poi gli amici e alla famiglia che il coniuge l'aveva abbandonata. Dopo un anno, affermò di aver ricevuto una lettera dal marito il quale proclamava la sua intenzione di lasciarla per sempre. Questo fu l'ultimo matrimonio della donna.
La donna ebbe negli anni seguenti diverse storie d'amore, alcune clandestine con uomini sposati, altre vissute alla luce del sole. I suoi amanti appartenevano a diversi ceti sociali e tutti erano destinati a sparire nel giro di mesi, settimane o, in alcuni casi, addirittura giorni dopo essere stati "romanticamente" coinvolti dalla donna. Quando veniva coinvolta dalle indagini sulle sparizioni, recitava la classica sua scusa di essere stata abbandonata.
Le autorità furono istigate a indagare sulla Renczi dalla moglie di un suo amante, il quale, pedinato dalla consorte fino alla casa della rea, successivamente svanì nel nulla. Quando i poliziotti ispezionarono la cantina della donna rinvennero trentadue bare di zinco allineate, le quali contenevano i resti dei suoi amanti in vari stadi di decomposizione.
Vera Renczi fu arrestata e tenuta in custodia dalla polizia, dove confessò di aver avvelenato i trentadue uomini con l'arsenico quando sospettava che le fossero stati infedeli o quando non interessavano più la donna. Confessò anche alla polizia che spesso amava sedersi con la sua poltrona in mezzo alle bare, circondata da tutti i suoi ex amanti.
Vera Renczi confessò di aver ucciso i suoi due mariti e suo figlio Lorenzo. Questo, infatti, durante una visita alla madre, aveva accidentalmente scoperto le bare nella sua cantina e aveva deciso di ricattarla. Successivamente fu avvelenato dalla madre che si disfò del suo corpo.
La Renczi fu condannata per trentacinque omicidi con il carcere a vita. Si dice che la sua storia può avere ispirato a Joseph Kesselring la pièce teatrale Arsenico e vecchi merletti.


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