Questo è il background di un guerriero fanatico NM con un prerequisito piuttosto importante.
Saggezza 8, non di più.
Immaginatevi una guardia nera che si fa una marea di seghe mentali sul perchè il dio che serve cosi fedelmente non gli concede potere.
Un metodo un pò meschino che usai per giustificare il fatto che nello shard non erano ancora implementate le classi di prestigio ma solo quelle base. ^^''
BACKGROUND ALARIC GANONDORF:
Immaginatevi un rumore ritmico, continuo, ogni singolo secondo della giornata, in ogni mese:
Hammer, Alturiak, Ches, Tarsack, Mirthul, Kytorn, Flamerule, Eleasias, Eleint, Marpenoth, Uktar, Nightal... in ogni singolo mese lo stesso rumore assordante, come una goccia che cade sulla mente di un ragazzo, per 16 ore al giorno, come se fosse uno schiavo. Ogni colpo di piccone risuonava per quei cunicoli profondi e bui, e poi tornava indietro per colpirmi ancora nella mente, e ancora, ancora… finche stremato non urlavo, un urlo quasi di pazzia, questo facevo all’età di 11 anni, in una miniera.
Portavo i carrelli e mi infilavo nei cunicoli più stretti, mio padre il capo di quei minatori, restava con loro senza battere piccone poiché pagava per oziare, corrompeva la guardia che assecondava la sua pigrizia.
L’odio che tutti i minatori provavano per lui ogni giorno per lui non è nemmeno paragonabile a quello che tutti i quegli idioti credenti in Torm o Tyr hanno per Zenthil keep.
Ma la guardia era armata, e mai lo avrebbero toccato. Era un uomo importante, l’amicizia con il proprietario di quella miniera poco fuori da Zenthil gli garantiva la supremazia con gli altri minatori.
Mio padre era stato uno dei primi a redimersi.. credeva in Cyric adesso, come il proprietario della miniera. Tra i minatori quasi nessuno era rimasto fedele a Bane.
Ma io no, mia madre era ancora devota al Tiranno e mio padre era solo un povero ma ricco cornuto, perfino io, Alaric Ganondorf, lo sapevo, ogni giorno quando lui tornava a casa dalla miniera, lindo e pulito come appena uscito di casa, mia madre aveva da poco finito di sputare sul suo onore, nel suo letto avevano giaciuto in molti, nessuno di loro devoto a Cyric a parte mio padre. E mia madre teneva al Tiranno, le sue ninna-nanne un inno di violenza e tortura.
Ma quel giorno in miniera accadde qualcosa… un urlo squarcio il silenzio, il mio urlo. Quel rumore era finalmente riuscito ad arrivare sino al cuore della mia mente, era penetrato dentro la corteccia celebrale e adesso aveva trafitto il lume della ragione, ma solo per un momento, il momento in cui urlai. Il rumore cesso, l’urlo riecheggiando nelle miniere era giunto sino ad ogni orecchio, compreso quello di mio padre. Io e lui ci guardammo per un attimo, avevo ancora il fiatone per l’urlo e le guance livide di rabbia. Un colpo secco, un pugno in pieno volto, il naso prese a sanguinare, quel bastardo devoto a Cyric aveva osato colpire il figlio. Tutti ripresero a lavorare, tutti tranne me. Mio padre mi ordinò di continuare, mi sollevo e mi fece sedere sopra un carrello in attesa di un nuovo carico, poi se ne andò. Ero solo adesso, accanto a me solo delle pale, picconi e una gabbia con un uccellino, il suo compito era quello di rilevare eventuali fuoriuscite di gas e avvisare i minatori. Un uomo aveva visto la scena, e adesso si avvicinava con passo tranquillo verso di me. “Fa male il pugno di un rinnegato vero?” disse avvicinandosi sino ad arrivare a un paio di metri da me.
“Chi sei?” risposi io perplesso, non avevo mai visto quel minatore, ma da sotto la sua veste estrasse un simbolo di legno malamente intagliato, un pugno che stringeva dei raggi luminosi, questo voleva raffigurare quello scarso intagliatore su quel ciondolo. “Odio questi bastardi, e a quanto pare anche tu, sono stato ieri con quella baldracca di tua madre, e lo so bene…”
A quel punto l’uccellino dentro la gabbia come impazzito inizio a volare da una parte all’altra della grata, a quanto pare vi era stata una fuoriuscita di gas. Non c’era tanto tempo, agì quasi come per
istinto, apri la gabbia e afferrai quell’animale.
Lo stringetti forte nel pugno, e inizia a godere nel vedere i suoi piccoli occhi che quasi uscivano fuori dalle orbite, uno sguardo cosi idiota, quasi come quello di suo padre. Porto l’altra mano sulla sua piccola testa e gliela tronco di netto, era una sensazione splendida, quasi come un brivido, aveva annientato quella faccia idiota, e lo aveva fatto pensando a Bane.
“Andiamo!” disse all’uomo. Il gas li avrebbe presto uccisi e decise di uscire fuori senza farsi vedere, quei minatori si meritavano tutti di morire, tutti.
Uscirono fuori e respirarono l’aria fresca, era ancora eccitato per ciò che aveva fatto, aveva appena condannato a morte suo padre e tutto il suo odiato seguito, sarebbe voluto restare per udire gli ultimi colpi di tosse di quei moribondi ma quell’uomo che aveva trascinato fuori gli afferro un braccio e lo portò sopra un cavallo, poi galoppo senza sosta sino a Zenthil. Lo porto sino a dentro la città e poi gli fece salire una gradinata che sembrò interminabile.
Poi arrivò sino a una immensa costruzione, il tempio di Bane.
“Lo hai fatto per lui vero? Lo hai fatto per lui!” gridò eccitato quell’uomo ancora stanco per la cavalcata.
Una figura apparve sulla soglia, un uomo in armatura osservava la scena esclamando:
”Cosa sta succedendo qua?”, teneva in mano un simbolo d’argento, il simbolo di Bane.
“Si.. lo ho fatto per lui..”, uscirono spontanee queste parole, sia il sacerdote che il minatore si
zittirono, poi il minatore disse: “E’ il figlio di quella troia di Teresa, è sulla buona strada, ha appena ucciso quel traditore di suo padre, avresti dovuto vederlo come ha troncato la testa di
netto a…”
“Basta cosi” lo interruppe il sacerdote… “Vattene.. puzzi..” quell’uomo annui e inizio a scendere le
scale, ero ancora paralizzato per l’eccitazione e non capivo ero fermo la sui gradini..
“Tu entra…” mi prese per un braccio e mi porto sino ad un altare. Poi fece forza, come per spezzarmi il gomito, mi voleva far inginocchiare e io eseguì.
Davanti a me un immenso araldo raffigurante Bane, e l’imponente tavolo di marmo nero macchiato di sangue.
“Cosi lo hai fatto per lui eh?” aveva una voce cavernosa quel chierico ma non era arrabbiato, al
contrario era calmo, vedeva l’eccitazione pulsare nei miei occhi.
“E lo rifaresti?” continuo… io mi limitai ad annuire e lui sorrise. Ormai avevo spiccato il volo, perchè non continuare a volare.
Quel sacerdote mi prese con se, mia madre nemmeno venne a reclamarmi, mi insegno i dogmi di Bane e mi obbligo a seguirli sempre.
Io preferivo agire che pregare, e il mio fisico malato dal poco cibo guarì presto con le sue cure e si rivelò essere un fisico possente e atletico, corti capelli neri corvini e degli occhi blu profondi come il mare, freddi e spietati come l’oceano.
Tuttavia il rapporto col sacerdote andava sempre peggiorando di più, Bane sembrava non volermi concedere alcun potere, io dentro di me sapevo il perché, ma non lo avrei mai rivelato al sacerdote per paura della sua reazione.
Sapevo bene cosa significava diventare un sacerdote, avrei dovuto dipendere unicamente dal mio dio, avrei ottenuto potere vero, ma a che prezzo?
Quando un giorno Bane mi avrebbe voltato le spalle sarei rimasto vuoto, come un guscio di uovo senza nulla dentro, lentamente ogni giorno affidavo le mie azioni a Bane, ma le mie arti alla guerra.
A Zenthil chiamavano quelli come lui guardie nere, ma al contrario di loro io non avrei mai usufruito del potere di Bane, forse incosicamente miravo a qualcosa di più grande, o forse avevo solo paura di dipendere ancora da qualcuno, una paura che Bane stesso rendeva insita nel mio cuore.
Il sacerdote mi allontanò per un periodo, aveva bisogno di riflettere e pregare, e io passai quei giorni a Zenthil Keep nelle sue taverne.
Tuttavia feci un grosso errore, quello di seguire una donna, pensavo fosse una sgualdrina qualunque di Zenthil Keep ma veniva da molto lontano, da Suzail, era una adepta di Tymora.
Presi un cavallo e partii, la segui nella notte, lei galoppava veloce, ma riuscì a pararmi davanti a lei
poco prima di Suzail, nel passo.
Si era presa gioco di me, la avevo pagata come una comune cortigiana e lei era fuggita senza attendermi in camera, ma adesso era davanti a me.
Fu la cosa più eccitante che avessi mai fatto, le afferrai un braccio e la trascinai giù da cavallo, cadde rovinosamente, e si graffio il suo bel viso. Dopo essere sceso da cavallo mi avvicinai a lei e la fissai, avevo i suoi occhi a pochi centimetri dai miei, quello sguardo di puro terrore, mormorai alcune parole in infernale, le stesse che pronunciava il sacerdote che me le aveva insegnate, erano un invocazione a Bane, esse uscivano da sole dalla bocca, spontaneamente,
al culmine di un rapporto sessuale o quando l’eccitazione era tanta.
La sollevai da terra e la trascinai sino a un albero.
Le schiacciai la testa contro di esso, solo per il piacere di sentirla pigolare come quell’uccellino alla miniera, era vestita con i suoi stessi colori. Estrassi velocemente il pugnale e glielo appoggia alla gola. Poi gli sorrisi, e lo affondai con tutta la mia forza sulla giugulare, sentivo il pugnale conficcarsi sino all’interno dell’albero dietro il suo collo e il sangue uscire come un fiume dalla sua gola, non tolsi la mano dal pugnale, la lasciai appoggiata alla sua gola per sentire il caldo sangue sgorgare sino a dentro la mia armatura.
Si chiamava Lisiam mi sembra, non ricordo, a un certo punto girai il pugnale nella sua gola e uno schizzo di sangue mi bagno la faccia.
Aveva un sapore splendido, mormorai altre parole in infernale. E poi lo raccolsi con la mano, direttamente dalla sua gola, gli ultimi fiotti di sangue, e glielo spalmai sulla faccia e sulla bocca. Poi la baciai, sentivo il sapore del suo sangue e la sua anima che fuoriusciva dalla sua bocca.
Altre parole in abissale e lei morì. Non aveva più anima, ma solo gli occhi sbarrati in un espressione di puro terrore. Lasciai là il pugnale e ammirai la mia opera. Affogai un'altra esclamazione in infernale con una risata. Ero contento ed eccitato della mia opera. Mi coprii con un mantello, fu facile spacciarmi per un viandante e imbarcarmi per la prima nave al porto di
Suzail, era meglio sparire per un pò di tempo.
E lo feci, mi diressi a Tirluk, in attesa di tornare nella mia città, per servire Bane.
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Hextar il gio set 15, 2005 10:19, modificato 1 volta in totale.