Lei si annoiava.......
Dalla finestra della sua stanza la donna osservava distrattamente la vita della città, il lento scorrere delle attività di quel luogo così diverso dagli altri.
Infatti lei si trovava nella città di Sshamath, la città delle Trame Oscure,una città drow dove sono i maghi e non le sacerdotesse a detenere il potere, la città dove il Conclave regna sovrano.
All'inizio lei non aveva capito perché Vaectorfinyairuxo, il suo signore, l'aveva mandata proprio in quella metropoli, ma ora tutto le era più chiaro.
Nella città drow, infatti, la religione non era ben vista e a quanto pare il drago delle profondità era incuriosito da questa stranezza, per cui lei era stata inviata in quella metropoli con un duplice scopo: ottenere più informazioni possibili sui vari collegi, che sostituivano i casati delle altre città drow, e stringere un piccolo patto con i governanti: Vaectorfinyairuxo avrebbe fornito un piccolo aiuto come guardiano d'avanguardia del territorio esterno alla città in cambio della non ostilità nei suoi confronti da parte degli abitanti della metropoli stessa.
La sua udienza con il Conclave era prevista per quella sera, ‘ovvero dodici ore di noia assoluta’ pensò la donna.
Ma lei non era una femmina qualunque......
E' vero, una creatura qualsiasi, passando nelle vicinanze della finestra della sua lussuosa stanza, avrebbe visto una bellissima elfa scura dai capelli di cristallo e dagli occhi color ametista, vestita solo con degli impalpabili veli neri che le aderivano al corpo formoso come una seconda pelle, lasciando poco o nulla all'immaginazione. In realtà quello non era il suo vero aspetto, lei era una fey’ri, una stirpeplanare, una creatura dannata, discendente di un elfo e di un demone, capace di mutare aspetto a proprio piacimento.
Mentre rifletteva sulla sua missione, la fey’ri sbirciava nella folla, cercando con lo sguardo il suo compagno, il suo bellissimo amante, colui che l’aveva portata al servizio del potente Vaectorfinyairuxo e che l’aveva sempre seguita in tutte le sue missioni.
Lei sospirò, odiava rimanere da sola in locanda, specialmente quando il suo amato Szordrin non era con lei; voleva passare la giornata con lui, ed invece era costretta in quella stanza, senza nessuno con cui divertirsi.
Stufa di stare alla finestra si diresse verso il suo zaino per cercare la lettera del suo signore indirizzata al Conclave quando, ad un tratto, un’ombra più scura delle altre scivolò dalla finestra fin davanti al letto sul quale lei era seduta.
Dalla cupa sagoma appena entrata nella camera uscì una mano maschile, nera come l’ossidiana, che l’invitava ad avvicinarsi.
Lei aveva intuito subito chi potesse essere ed in cuor suo una strana gioia la pervase, non era più sola, però, contrariamente ai suoi sentimenti, assunse un atteggiamento di rimprovero, incrociando le braccia sotto il seno formoso e assumendo un’espressione leggermente imbronciata.
Nonostante la mano tesa, lei non si avvicinò affatto all’ombra ed invece aspettò che il nuovo venuto si facesse avanti.
Dopo pochi istanti dalla macchia di oscurità uscì fuori un drow di una bellezza esotica e pericolosa, con i corti capelli, lasciati lunghi solo sulla nuca, di un insolito color rosso rubino e dagli occhi di un incredibile colore viola scuro che cangiavano al nero e li rendeva profondi e tenebrosi come l’ombra dal quale era appena uscito.
Il nuovo venuto indossava dei pantaloni di pelle nera che evidenziavano le gambe muscolose, una corta tunica di seta di ragno senza maniche. Al braccio destro portava una protezione di adamantio che, dalla spalla, gli fasciava tutto l’arto, le piastre metalliche si sovrapponevano le une alle altre creando una superficie scagliosa.
-Non mi saluti neppure?- le disse il drow, con un sorriso malizioso sulle labbra, avvicinandosi a lei. La fey’ri non poté non indugiare sul corpo atletico di lui mentre questi le si avvicinava, sulle sue gambe non eccessivamente muscolose, sulle sue braccia modellate, sul suo viso dannatamente virile ed attraente.
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Szordrin le si sedette accanto, sul letto, guardandola negli occhi ed aspettando che lei uscisse dal suo silenzio imbronciato e, l’aveva capito fin dal principio, fasullo; la conosceva troppo bene ormai. Infatti era stato lui, il seguace prediletto di Vaectorfinyaruxo, ad introdurla nella corte del drago delle profondità ed a guidarla nelle sue prime missioni.
–Tu non mi consideri mai- iniziò a rimproverarlo la fey’ri -Non pensi mai a me come ad una persona con dei sentimenti a cui non piace starsene da sola tutto il giorno, pensi a me solo come una fonte di piacere da usare a tuo piacimento.- Poi gli fece una boccaccia e gli dette le spalle. Lui non poté trattenere un sorriso, capitava che la sua amata giocasse a quel modo con lui quando non le prestava abbastanza attenzione, più delle volte l’elfo stava al gioco e quella era una di quelle volte.
Szordrin le si accostò ancor di più finché i lunghi capelli di lei non gli sfiorarono il torace e le morse il tenero collo, accarezzandole con dolcezza i fianchi e sentendola rabbrividire di piacere sotto il suo tocco. La strinse a sé, appoggiando la testa di lei sulla sua spalla in modo da lasciarle scoperta la gola, baciandogliela, e fece scorrere le sue mani sotto gli impalpabili veli di lei, fino a sentire la pelle vellutata della fey’ri. Lei sospirò, adorava quel genere d’attenzioni, e passò le dita sottili di una mano tra i capelli di lui, mordendogli giocosamente un orecchio. Szordrin fece scorrere le sue mani in zone sempre più intime, facendo fremere di piacere la giovane stirpeplanare, e ripensando alla prima volta che l’aveva vista, in quella notte di circa un anno fa, tra delle rovine sulla superficie. Anche allora l’aveva trovata bellissima, nonostante il suo aspetto sciupato.
Mentre ripensava a quella notte la fey’ri si girò verso di lui e assunse le sue vere sembianze; la pelle della donna, da nera come la notte, divenne rosso scuro, una lunga coda sottile le spuntò da sotto i veli neri che la cingevano, un paio di grandi ali da pipistrello le spuntarono sulla schiena ed i capelli non assomigliarono più a filamenti di cristallo, ma diventarono neri e setosi come le piume di un corvo.
Solo gli occhi rimasero immutati, due grandi cristalli d’ametista nelle cui profondità ardeva la passione per quel drow che l’aveva strappata ai suoi perfidi parenti e le aveva dato una nuova vita.
Szordrin l’abbracciò, accarezzandole le grandi ali, e la baciò con bruciante passione, quasi con urgenza, quasi come se ne andasse della sua vita.
Infatti gli altri servi del drago pensavano a loro due come ad un maestro ed alla sua allieva, ma le cose stavano diversamente. E’ vero, formalmente lui era la guida della ragazza, ma era anche schiavo della sua bellezza; per lui quella donna era come una droga, non ne poteva fare a meno.
Trasportato dalla passione, Szordrin la distese sul letto e iniziò a spogliarsi, togliendosi la protezione dal braccio e slacciandosi la cintura, quando fu interrotto dall’improvviso e del tutto inaspettato bussare alla porta.
Imprecando contro quell’inaspettato disturbo, il drow si ricompose e la fey’ri assunse di nuovo l’aspetto di un’affascinante elfa scura.
Dopo aver sistemato per bene la protezione Szordrin si avviò alla porta per capire il motivo di tanto fastidioso bussare.
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Sydil il ven dic 29, 2006 20:07, modificato 1 volta in totale.