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 Oggetto del messaggio: Il Canto - Prologo
MessaggioInviato: mar lug 22, 2014 15:04 
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Il Canto - Prologo

Nemmeno un alito di vento smuoveva le nuvole bianche sopra Amaranta. Neanche il vociare dei bambini e dei venditori del mercato erano udibili quel giorno, e tutto pareva stranamente immoto, come in fremente attesa. Qualcosa stava mutando nei cieli azzurri di Ydh: il mondo si preparava ad accogliere il Cambiamento.

* * *


In una stanza polverosa e piena di libri consumati e pergamene ingiallite, Imoterius stava seduto accanto ad un piccolo camino acceso. L’uomo era vecchio, più vecchio di qualsiasi altro essere umano che calcasse il suolo della contea di Lerantia, e appariva stanco e curvo. I suoi occhi non vedevano più, da molti anni ormai, così tanti che lui stesso stentava a contarli. Un bastone da passeggio, poggiato accanto allo sgabello su cui sedeva, ne confermava la sua infermità, ma nessuno degli abitanti di tutto il regno di Basaran avrebbe dubitato della sua capacità di vedere oltre l’apparenza materiale delle cose. Egli era conosciuto da tutti come l’Antico. Non aveva altro nome, e nemmeno i vecchi di Amaranta ricordavano di averlo mai sentito chiamarlo con un appellativo diverso. Era già canuto e raggrinzito quando gli anziani della città erano dei ragazzini imberbi e sfaccendati, e questa sua longevità accresceva l’alone di mistero e devozione che lo accompagnava.
In quella sala aveva ricevuto migliaia di persone durante la sua esistenza, contadini e regnanti, pescatori e cavalieri, giovani spose e nobildonne. Tutte le persone che avevano semplicemente bisogno di un suggerimento o che desideravano conoscere il proprio futuro chiedevano di essere ricevute da lui. Quanto era debole e meschino l’animo umano! Tutti speravano di risolvere i propri problemi, spesso materiali e superficiali, rivolgendosi ad un vecchio. Pochi supplicanti si congedavano da lui soddisfatti, dato che i responsi dell’aruspice non erano mai chiari e pienamente comprensibili. Le sue parole non erano mai la soluzione al dilemma, ma erano la chiave con cui esso poteva essere affrontato e risolto. La veggenza non era una scienza esatta, e le sue visioni sul futuro erano indistinte e avvolte nelle nebbie del Caos. «Il futuro non è determinato, ma è il risultato delle scelte di milioni di individui, che singolarmente possono stravolgere la trama e l’ordito dell’Arazzo degli Dei». Lo ripeteva sempre a chi smaniava di conoscere il proprio avvenire e si mostrava insofferente verso le reticenze dell’Antico. Capitava raramente che il destino di una persona fosse così forte da condurre, al di sopra di ogni ragionevole dubbio, al di là di ogni possibile combinazione di possibili futuri, a una sorte precisa e inevitabile. Anche in quei casi eccezionali, comunque, l’Oracolo non raccontava la sua visione in maniera completa. Non avrebbe potuto condannare un uomo a vivere nell’attesa di una morte violenta, ad esempio, perché sarebbe equivalso a infliggergli una pena greve ed intollerabile. Allo stesso modo non avrebbe potuto dire ad un nobile di rango inferiore che nell’arco di dieci anni sarebbe diventato re, poiché nella smania di ascendere al trono avrebbe compiuto delle avventatezze o delle scelte che ne avrebbero modificato il futuro. Il suo compito era semplicemente instradare senza forzature, quelle persone verso il loro destino, indicando loro un punto di partenza, ma mai quello di approdo.
Quella era sempre stata tutta la sua vita, ma ormai si sentiva stanco. Le sue vecchie ossa e il suo corpo mortale chiedevano il giusto tributo. Spesso si era chiesto il perché del suo dono, e per quale motivo gli dei l’avessero condannato a vedere ciò che agli altri era negato. Avrebbe voluto solo stendersi e riposarsi, un lungo ed eterno sonno ristoratore. Tuttavia sapeva che il suo compito, in quella vita terrena, non era ancora terminato. Poteva scrutare nel destino di ogni uomo, e aveva visto anche il proprio, che non era mai stato così chiaro e vivido come in quel giorno. Le dense nubi nere della guerra si ammassavano sopra la città, e la morte tramava nell’ombra. Stavano giungendo tempi terribili, eppure nessun esercito era in marcia lungo i confini, la contea e il regno prosperavano ed erano in pace da oltre un decennio.
Malgrado ciò le sue visioni non lasciavano spazio ad alcun dubbio. Vedeva le case bruciare, la città assediata, campi di cadaveri disseminati attorno e dentro le mura. Al di sopra di questo scenario apocalittico si stagliava una figura oscura e possente, così enorme da occupare tutto l’orizzonte, che tra le mani muoveva i fili di una marionetta dall’aspetto malvagio. Un mare di umanità fuggiva davanti a quella creatura immensa, e il mondo precipitava nel caos e nelle tenebre. Era una visione così inequivocabile e precisa come mai gli era capitato prima di allora, e capì che stava giungendo una nuova era su Ydh. Tuttavia, nel presagio era sempre presente una nota dissonante rispetto al quadro generale. Tre formidabili destini stavano per incrociarsi ad Amaranta, tre esistenze così eccezionali, anomale, straordinariamente mal assortite da avere la forza, o la follia, per riscrivere il futuro e cambiare un domani che sembrava ineluttabile.
Per la prima volta, dopo oltre un secolo di dubbi e domande insolute, l’Oracolo riconobbe lo scopo della sua lunghissima vita.

* * *


Jeerkin giocherellava con una moneta d’oro, passandola abilmente tra le proprie dita sottili, come era solito fare nei suoi momenti di irrequietudine. Era adagiato comodamente su una poltrona soffice, collocata al centro di uno studio arredato con gusto. Vestito con dei morbidi e sofisticati abiti scuri, portava pochi altri ornamenti, se non due anelli, uno per ogni indice. I capelli cortissimi e neri, con una vistosa stempiatura, facevano tutt’uno con una barba curata e di pari lunghezza.
Su uno dei braccioli della poltrona era posato un libro aperto, prelevato dalla libreria in noce che occupava tutta la parete alla sua destra. Anche i restanti muri erano tutt’altro che spogli, essendo rivestiti di eleganti quadri e raffinati arazzi intarsiati. Una coppia di lucide sciabole incrociate era posizionata proprio alle spalle della scrivania, su cui erano sparse diverse pergamene. Soffici tappeti coprivano ogni centimetro di pavimento della stanza immersa nell’oscurità, rischiarata solo dalla fiamma tenue di alcuni ceri. Il fioco tremolare delle candele conferiva a Jeerkin un aspetto spettrale, sottolineato dall’espressione nervosa disegnata sul suo volto. Era teso come una corda di violino, le rughe che ornavano il suo viso parevano ancora più marcate.
I giorni della sua gloria personale stavano infine per giungere, e quando ciò fosse accaduto non avrebbe più dovuto nascondersi all’interno della stanza buia di una città a lui ostile, non avrebbe più dovuto tramare nell’ombra per riuscire ad emergere dal limbo nel quale si trovava. Tutti si sarebbero piegati al suo volere un giorno… o si sarebbero spezzati nel tentativo di resistergli. Quel momento però non era ancora giunto, e Jeerkin sapeva di non poter commettere errori. Un singolo passo falso e tutto il lavoro di anni sarebbe stato spazzato via come un castello di carte al vento. Aveva speso una vita per avere un’occasione come quella che si era faticosamente costruito, e finalmente iniziava a vedere il traguardo, la meta finale dei suoi sforzi.
In più di un’occasione si era trovato sull’orlo del precipizio, a causa dell’inettitudine dei suoi soci in affari. Questa volta però si era circondato di pochi collaboratori fedeli, e si era assicurato la segretezza e il silenzio di quelli precedenti nell’unico modo completamente sicuro: fare in modo che non potessero parlare mai più. La sua strada era segnata da una lunga scia di sangue, che venivano presto accantonate come perdite più che accettabili per un fine più grande.
Il fine era, ovviamente, prendere personalmente il potere, assaporarlo, crogiolarsi in esso, ed esercitarlo su quelle miserabili creature che lo circondavano. Una volta che il suo destino si fosse finalmente compiuto, avrebbe avuto poteri inimmaginabili per i comuni mortali e nemmeno quei vermi delle Nove Torri, quei maledetti maghi senza spina dorsale, avrebbero potuto fermarlo in alcun modo. Sarebbe stato ben al di là delle loro misere forze, oltre la portata dei loro incantesimi da quattro soldi.
Mancava solo un tassello nel suo mosaico e avrebbe eliminato quegli stupidi incantatori e il loro seguito. Deporre quel fantoccio del conte sarebbe stato un gioco, a quel punto. E lui avrebbe regnato incontrastato su Amaranta e su tutta la contea di Lerantia, per iniziare. Poi ne avrebbe varcato i confini alla guida di un esercito e…
I suoi pensieri vennero interrotti bruscamente da una serie di battiti sull’uscio della sua porta, ritmati secondo uno schema a lui familiare.
Jeerkin, rimanendo seduto, sussurrò una parola in una lingua gutturale e con un rumore metallico il chiavistello che isolava lo studio dal mondo esterno si aprì. Gary, un uomo di mezza statura dal fisico asciutto, entrò rapidamente nella stanza, richiudendo altrettanto lestamente la porta alle sue spalle. Jeerkin aveva una strana ossessione, quasi una fobia, per le porte aperte e non voleva di certo suscitare le sue ire, non ora che portava buone notizie. Forse avrebbe avuto una promozione, o un premio in denaro, per l’informazione di cui era latore.
«Mio signore» - interloquì senza aspettare di essere interpellato - «vi informo che abbiamo trovato la ragazza e…»
Il volto di Jeerkin era una maschera impenetrabile.
«Eccellente» - lo interruppe - «dove si trova ora?»
«Il mezzo demone la tiene d’occhio, signore. Alloggia alla taverna del Gufo Bianco, una bettola nel quartiere del porto.»
Il fatto che ci fosse Niirk a pedinare il suo obiettivo lo tranquillizzò. Del resto la ragazza non poteva sospettare di essere spiata e il mezzo demone avrebbe potuto seguire ogni sua mossa fingendo di essere un avventore abituale della taverna.
«Bene, digli di non fare mosse azzardate e di limitarsi a controllare ogni suo movimento per i prossimi giorni. Voglio sapere tutto ciò che mangia, tutto ciò che dice, tutte le persone che incontra. Voglio essere al corrente di ogni suo singolo respiro. Pretendo una lista dettagliata di tutte le altre persone che frequentano attualmente la taverna del Gufo Bianco. Chi sono, da dove vengono, perché sono ad Amaranta. Non possiamo lasciare niente al caso, potrebbe esserci qualcun altro che conosce il valore di quella ragazza. Ricorda che non possiamo scoprirci, tanto meno lasciarcela sfuggire: costi quel che costi.»
Jeerkin fece una lunga pausa, nuovamente assorto nei suoi oscuri pensieri, riprendendo a giocare con la moneta. Gary spostò nervosamente il peso del proprio corpo da una gamba all’altra parecchie volte prima di interrompere quel silenzio opprimente.
«Signore, c’è un piccolo dettaglio che potrebbe interessarvi…»
Jeerkin si limitò a sollevare lo sguardo sull’interlocutore, senza parlare.
«Beh, come dire… la ragazza è… ecco… la ragazza è incinta.»
«Oh, ma è proprio per questo che quella contadinella è tanto importante per noi…»
Il sorriso perfido che comparve sul volto di Jeerkin fece quasi rizzare i capelli sulla nuca di Gary.

* * *


Asmothet sedeva comodamente sul suo trono d’ossa nella fredda e spoglia sala centrale della Fortezza. Aveva atteso per seicentosessantasei lunghi anni il momento della sua vendetta, e quel momento era infine giunto. Sarebbe tornato nel piano di esistenza da cui era stato bandito quasi sette secoli prima, e avrebbe seminato la morte sui discendenti di coloro che avevano osato umiliarlo, imprigionandolo in un mondo buio e privo di vita.
Era riuscito a forzare alcuni dei potenti sigilli che gli erano stati imposti da quei piccoli maghi presuntuosi e aveva tramato nell’ombra, rafforzandosi e pianificando il suo ritorno in ogni piccolo particolare. Aveva ammassato ricchezze, eserciti e schiavi di ogni razza, creando una macchina da guerra efficiente e formidabile.
Ora che la scacchiera era pronta per l’attacco decisivo, Asmothet fremeva d’impazienza, pur senza darlo a vedere. Il suo viso spigoloso e fiero, proprio di un Principe dei Demoni, non tradiva alcun senso di urgenza. Le pedine erano tutte sistemate al punto giusto, e aveva appena mosso l’alfiere in posizione di attacco.
I patetici regnanti di Ydh si sarebbero chinati nuovamente al suo cospetto. E lui li avrebbe schiacciati uno ad uno.

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 Oggetto del messaggio: Re: Il Canto - Prologo
MessaggioInviato: mer lug 23, 2014 00:24 
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Molto interessante come prologo, incuriosisce e soddisfa.

Personalmente nella prima riga toglierei la "e" di «e tutto pareva [,,.]», lasciando il resto invariato. Nella descrizione dell'Antico dici «calcasse», ci sono stati personaggi piú longevi dell'Antico? In caso contrario suggerirei un «avesse calcato» che secondo me aumenta l'effetto vecchionissimo :)
Forse toglierei «[...] e appariva stanco e curvo.» o, al limite, come sopra toglierei la "e".

Nel capoverso di Jeerkin quando lui ripensa al suo passato, c'è una specie di anacoluto: «La sua strada era segnata da una lunga scia di sangue, che venivano presto accantonate come perdite più che accettabili per un fine più grande.», è voluto? Non capisco quale sia il soggetto.

In finale gli anni di attesa del demone sono un rimando serio o puerile? Oppure essendo una storia ispirata alle tue avventure di D&D riporti fedelmente gli elementi delle giocate cosí come la citazione del "numero della bestia"?

In ogni caso non mi dispiace il tuo stile, descrivi bene i personaggi e non ti dilunghi troppo sulle minuzie, anche se la maggior parte dei racconti fantasy cadono sui combattimenti, quindi dovrei vedere come affronti uno scontro :P

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 Oggetto del messaggio: Re: Il Canto - Prologo
MessaggioInviato: mer lug 23, 2014 09:16 
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Ysi, quasi quasi ti assumo come correttore di bozze ufficiale! :elfsmile:

Vedi, questi piccoli dettagli sono quello a cui mi riferivo, quando parlavo di revisioni e correzioni dopo una seconda e terza lettura. Mi servirebbe appunto una terza persona che facesse il lavoro certosino che hai fatto tu. :)

Nessun anacoluto, comunque, mi sono mangiato un pezzo di frase. :goccia:

Per quanto riguarda il 666, è un riferimento voluto al numero del diavolo. Pur essendo un demone (uno dei tanti, seppure non uno qualsiasi) e pur essendo in D&D un demone diverso da un diavolo, ho preferito mettere dei riferimenti noti a tutti in modo da identificare Asmothet come il "Male" senza possibilità di dubbio anche per chi affronta la lettura senza aver letto i manuali di gioco.

Per quanto riguarda la tua domanda sugli elementi delle giocate, ce ne sono tanti, ma chiaramente essendo frutto di 4 campagne differenti e non legate tra loro direttamente, ci sono diversi passaggi inventati ad hoc per rendere l'amalgama coerente e possibilmente piacevole.

Cercherò di postare un particolare scontro, anche se devo dire che in quasi 300 pagine ci sono state poche scaramucce, sto iniziando a scriverle proprio in questi giorni. :rockrulez:

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 Oggetto del messaggio: Re: Il Canto - Prologo
MessaggioInviato: gio lug 24, 2014 00:12 
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Purtroppo le letture e riletture sono fondamentali per correggere gli errori. Spesso non è sufficiente rileggere perché chi ha scritto sa cosa dovrebbe esserci scritto e automaticamente corregge gli errori nella mente. Battendo sul computer io scrivo vagonate di refusi che gli altri neanche mi segnalano, canaglie! :D

Mi sembrava abbastanza strana quella frase lí! :jollone:

Capito, con quest'artifizio hai voluto togliere ogni dubbio sulla natura malvagia di Asmothet, allora hai fatto bene ad usare quel riferimento! :D

Quando ti sentirai pronto a pubblicare uno scontro, io sarò lí pronto a leggerlo! =)

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MessaggioInviato: gio lug 24, 2014 16:40 
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Ysingrinus ha scritto:
Quando ti sentirai pronto a pubblicare uno scontro, io sarò lí pronto a leggerlo! =)


Sicuro di non voler essere ingaggiato come correttore di bozze ufficiale? :P

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MessaggioInviato: ven lug 25, 2014 10:03 
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Non potendo garantire la costanza non me la sento di assentire =)

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 Oggetto del messaggio: Re: Il Canto - Prologo
MessaggioInviato: ven lug 25, 2014 10:29 
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Estratto - Capitolo XVIII

Alias volò su per le scale, correndo come se avesse avuto il Mietitore alle calcagna. Aprì la porta della stanza di Juliet e la vide, seminuda sul letto, bianca in volto e tremante per la paura, incapace di muoversi. Su di lei incombeva una creatura che pareva essere uscita da un incubo.
Zibberlit si voltò di scatto verso l’intrusa, sfoderando i denti affilati con un ringhio ferale. Odiava essere interrotto mentre si nutriva del terrore delle sue vittime, preludio a un banchetto ben più sostanzioso, fatto di carne, sangue e ossa spezzate. Ma sarebbe cambiato poco in fin dei conti, anzi, quella stupida impicciona avrebbe costituito il piatto principale della serata, dal momento che Asmothet gli aveva proibito di uccidere Juliet, almeno per il momento.
L’imp si avventò su di lei, spiegando le sue ali in quello spazio angusto per darsi maggiore slancio, mentre protendeva le mani artigliate verso il volto di Alias, pronto a ghermirla e a strapparle via gli occhi. Assaporò in anticipo l’impatto e il suono delle ossa frantumate, ma abbracciò solo il vuoto. L’assassina era rotolata di lato, toccando il suolo con leggerezza e ammortizzando l’impatto con un’agile capriola. Dopo un secondo fu di nuovo in piedi, con due coltelli da lancio in mano, che partirono immediatamente verso la schiena del demone, centrandola e strappandogli un ululato di dolore.
Zibberlit si voltò, furioso, lanciandosi nuovamente all’attacco, apparentemente incurante del dolore nonostante gli sporgessero ancora dal corpo le else dei due pugnali. Era veloce, ma Alias lo fu di più, schivando quel nuovo assalto e scivolando ancora una volta sotto il braccio proteso del demone, lasciando un solco profondo lungo il suo bicipite. Sangue denso e scuro fuoriuscì da quello squarcio, bagnando il pavimento in legno della stanza.
«Lurida sgualdrina!»
L’imp era rimasto colpito dall’assenza di paura della sua avversaria, che sembrava non temerlo, a differenza degli esseri umani in cui si imbatteva per la prima volta. A parte qualche rara eccezione tutti urlavano, si dimenavano, tentavano la fuga, nutrendo la sua fame di paura e di panico. Quelle emozioni moltiplicavano il suo vigore, rendendolo più veloce e più forte.
Zibberlit leccò la ferita sul suo braccio e attaccò nuovamente, senza dare tregua alla donna, che lo aspettava con le gambe flesse e le armi in pugno, pronta a scattare come una molla. Era rapida nei movimenti, ma non sarebbe riuscita a sfuggirgli per sempre. L’imp abbozzò una finta, simulando un attacco verso il viso di Alias, ma poi cambiò inaspettatamente direzione, tuffandosi verso le sue gambe, protendendo gli artigli affilati come rasoi verso i fragili legamenti delle ginocchia.
L’assassina intuì la mossa del demone e spiccò un balzo, utilizzando la schiena del demone come trampolino per saltargli alle spalle e assestargli una nuova e dolorosa stoccata sulla scapola, aprendo una profonda ferita che lasciava intravedere il bianco dell’osso. Certa di poter chiudere il duello in pochi secondi, fece un passo indietro, roteando i pugnali tra le mani, pronta a scagliarli verso il mostro, che appariva sempre meno baldanzoso. Tuttavia arrivò anche il quarto assalto dell’imp, che corse verso di lei in maniera scomposta e feroce in un ultimo, disperato, assalto.
Alias attese l’ultimo istante prima di eludere l’affondo del demone, pronta a balzare nuovamente di lato e a contrattaccare in maniera decisiva. Le ferite riportate dal suo avversario avevano sortito l’effetto desiderato, costringendolo ad abbassare la guardia. Finalmente avrebbe avuto l’opportunità di infilare una lama dritta nel suo collo scoperto e chiudere il duello in suo favore. Puntò il piede per terra, pronta a evitare le grinfie protese verso di lei, ma non riuscì a fare presa sul suolo reso viscido dal sangue dell’imp, sul cui volto comparve un’espressione di primordiale trionfo.
Quell’attimo parve dilatarsi all’infinito.
Alias registrò inconsciamente tutti i dettagli di quegli istanti, persino i più impensabili in una situazione disperata come quella. Gli occhi piccoli, puntati su di lei. I corni levigati e acuminati. La bocca aperta in un urlo silenzioso, con i canini sporgenti e aguzzi. Gli artigli acuminati e incrostati. Particolari che non avrebbe avuto il tempo di notare, le furono incredibilmente chiari, nella frazione di secondo che la separava dal disastro.
L’impatto fu tremendo. Zibberlit la travolse con il suo peso, lacerandole la pelle sopra le costole e facendola cadere. Atterrò su di lei, sedendosi cavalcioni sulla sua pancia per immobilizzarla. Alias, cadendo, batté con violenza la nuca al suolo. Miliardi di stelle affollarono il suo campo visivo, stordendola e confondendola, ma ebbe comunque la forza di abbozzare un disperato affondo con il pugnale. L’imp bloccò con facilità quel fiacco tentativo, afferrando e torcendole il polso fino a farle mollare la presa.
Alias capì di non avere più scampo, vedendo Zibberlit sollevare la mano libera, preparandosi ad affondarla sul suo collo nudo e vulnerabile.
«Finalmente inizi ad avere paura, sgualdrina! Così va molto, molto meglio!»
Alias vide quelle unghie grosse e affilate calare su di lei e chiuse gli occhi, preparandosi al dolore.

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Ci devo pensare, nel complesso mi piace anche se ci sono punti che non mi convincono, ma devo far sfumare il vino in corpo e quando sarà tutto sfumato credo che dovrò andare al torneo di Magic. Lo rileggo con calma stasera o domani per poterlo meglio commentare :)

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Ysingrinus ha scritto:
Ci devo pensare, nel complesso mi piace anche se ci sono punti che non mi convincono, ma devo far sfumare il vino in corpo e quando sarà tutto sfumato credo che dovrò andare al torneo di Magic. Lo rileggo con calma stasera o domani per poterlo meglio commentare :)


Attendo con interesse le tue impressioni sfumate! :ok:

Giusto per completezza, questo è solo una parte di un combattimento (in realtà il primo che ho descritto con una certa dose di dettagli). Come vedi manca il finale, perché ho concluso il capitolo così, in modo da lasciare il lettore col fiato sospeso (spero) mentre affrontavo un altro evento contemporaneo ma un po' meno movimentato.
In questo modo smorzo un po' la noia del racconto più tranquillo, la cui lettura verrà affrontata nell'attesa di sapere come andrà a finire Alias.

Almeno, queste sono le intenzioni, poi è tutto da vedere se "funziona". :D

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MessaggioInviato: sab lug 26, 2014 15:29 
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Purtroppo non riesco mai ad essere perfettamente lucido. Provo lo stesso:

Il ringhio "ferale" di Zibberlit, all'inizio dello scontro lo farei diventare "ferino"

« Dopo un secondo fu di nuovo in piedi, con due coltelli da lancio in mano, che partirono immediatamente verso la schiena del demone, centrandola e strappandogli un ululato di dolore.» qui invece ripeterei "coltelli" prima di «[...] che partirono [...]» e toglierei «centrandola e». Forse potrebbero addirittura diventare "pugnali da lancio" ma non ne sono sicurissimo, perché dopo ripati la parola "pugnali", potresti in caso sostituirla con "lame".

«L’imp abbozzò una finta, simulando un attacco verso il viso di Alias, ma poi cambiò inaspettatamente direzione, [...]», metterei "cambiando" invece di «ma poi cambiò».

«Tuttavia arrivò anche il quarto assalto dell’imp, che corse verso di lei in maniera scomposta e feroce in un ultimo, disperato, assalto.» metterei invece «Tuttavia arrivò anche il quarto assalto dell’imp, un ultimo, disperato, assalto.»

La descrizione dei dettagli notati da Alias mi piace, cercherei di togliere uno dei due "acuminati", magari il primo potrebbe essere un "appuntiti".

Non so se aggiungerei «come rasoi» nell'affilature delle unghiazze dell'imp.

Cercherei anche di limitare il verbo "protendere" con tutti i suoi derivati perché forse un poco abusato nelle descrizioni di Zibberlit.


Ovviamente queste mie osservazioni vanno prese per quel che sono: chiacchiere :)

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MessaggioInviato: sab lug 26, 2014 22:37 
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Ysingrinus ha scritto:
Ovviamente queste mie osservazioni vanno prese per quel che sono: chiacchiere :)


Chiacchiere utilissime per capire un po' come "arriva" a un lettore quello che scrivo. ;)
In genere mi servono tre passaggi.

1) stesura di getto
2) rilettura e correzione refusi e consecutio a fine capitolo
3) rilettura a distanza di tempo, per notare le parti poco scorrevoli e le ripetizioni

La parte 3 è fondamentale, e direi che funziona decisamente meglio quando il correttore di bozze è una terza persona. :)

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Siamo simili in molti modi, tu ed io. C'è qualcosa di oscuro in noi. Oscurità, dolore, morte. Irradiano da noi. Se mai amerai una donna, Rand, lasciala e permettile di trovare un altro uomo. Sarà il più bel regalo che potrai farle.
Che la pace favorisca la tua spada. Tai'shar Manetheren!


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 Oggetto del messaggio: Re: Il Canto - Prologo
MessaggioInviato: dom lug 27, 2014 00:08 
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A un asimoviano come te non può non balzare agli/le occhi/orecchie l'assonanza con il mio nome diminuito e quello di un altro correttore di bozze :)

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 Oggetto del messaggio: Re: Il Canto - Prologo
MessaggioInviato: dom lug 27, 2014 10:12 
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Ysingrinus ha scritto:
A un asimoviano come te non può non balzare agli/le occhi/orecchie l'assonanza con il mio nome diminuito e quello di un altro correttore di bozze :)


Non ho letto quel romanzo, sai?
Mi sono fermato alla trilogia della Fondazione, un must che dovevo assolutamente fare mio, ma non sono andato oltre.

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 Oggetto del messaggio: Re: Il Canto - Prologo
MessaggioInviato: dom lug 27, 2014 10:53 
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Rimedia presto! È un racconto, non un romanzo, rientra nel ciclo dei robot!

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