Notte, fredda e senza luna. Appena imbiancata da una sottile foschia, che confonde le onde e le figure. L’acqua immobile e nera nell’oscurità appare densa come l’olio, illuminata qua e là da bianchi gruppi di fuochi sferici, che immobili sembrano osservare in attesa di qualcosa.
Una sottile onda, sbucata dalla foschia come dal nulla increspa la lucida superficie. In lontananza un tenue ronzare, come il verso di una strana belva marina che si stia svegliando da un lungo sonno interrompe il silenzio della notte. Qualche cosa si agita nell’acqua, e per un attimo tutte le altri luci sospese a mezz’aria paiono trattenere il fiato, come se qualche cosa di grande e possente si stesse per mostrare. Poi, l’urlo.
Improvviso, profondo, scuote la notte che terrorizzata assiste al risvegliarsi del leviatano. Continua ininterrotto, rabbioso, sembra quasi una sfida alla lucida superficie acquatica che nella notte si estende all’infinito, una sorta di promessa ed al tempo stesso di minaccia che con la sua forza fa tremare chiunque si sia trovato nelle sue vicinanze.
L’acqua si agita sempre più mentre ora acute e brevi serie di fischi si odono di sottofondo mentre la grande belva si allontana dalla sua tana, staccandosi lentamente e, affievolendo per un istante la forza del suo urlo, parendo quasi incerta sul da farsi.
Ma l’esitazione dura poco, ora torna ad urlare al cielo la proprio forza e la propria inarrestabile volontà mentre muovendosi lentamente si fa strada verso il mare aperto.
Come per accompagnarla un piccolo gruppo dei bianchi fuochi si muove, seguendone i movimenti in mezzo alle tante altre luci che invece rimangono ferme ad osservare la belva, che ora non sembra avere più nessuna incertezza mentre nuota sempre più veloce.
Una ribollente scia di schiuma luminescente viene lasciata alle spalle mentre le onde vengono tagliate nell’impietoso avanzare, e poi, senza nessuna apparente ragione, le bianche luci che accompagnavano il suo allontanarsi si spengono improvvisamente.
Solo una, fortissima, rimane fedele accompagnatrice nella fredda notte.
Lentamente, mentre la lontananza aumenta, l’urlo pian piano scompare, ingoiato dall’oscurità come la bianca luce.
Un forte vento allora si alza, facendo vibrare piante ed increspare di sottili ondenl’acqua ora tornata calma. Incuriosito alzo la testa dalle carte e nella semioscurità mi sposto verso i vetri della mia torre per osservare l’esterno. Per un solo istante la mia figura vestita di bianco si specchia sulla lucida superficie. All’esterno osservo l’agitarsi delle piante, unico suono nel più assoluto silenzio. Poi capisco…e sorrido…Libeccio
