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Autore Messaggio
 Oggetto del messaggio: The path
MessaggioInviato: ven nov 26, 2010 23:25 
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Visto che stasera sono in vena di menzionare giochi affascinanti e fuori dagli schemi, vi propongo anche The Path.
La recensione, in quest'occasione è tratta da Multiplayer.it
All'inizio non si sa bene cosa fare. Si guarda il limite tra la strada asfaltata e quella sterrata e ci si chiede il significato della scritta apparsa sullo schermo. Rimanere sul sentiero? Proviamo. Fallimento. Era ovvio che finisse così. I divieti vanno violati, altrimenti le favole smettono di insegnare. Osserviamo quello che abbiamo intorno. Davanti c'è il già citato sentiero, mentre alle nostre spalle c'è una città appena visibile attraverso la foschia, e tutt'intorno c'è un bosco che appare tetro e minaccioso. La ragazzina scelta nella schermata di selezione gesticola, forse l'abbiamo lasciata sola troppo a lungo? Non rimane che inoltrarsi nel bosco, abbandonando il sentiero. All'inizio il bosco smarrisce e atterrisce, grazie anche al sovrapporsi sullo schermo di immagini su immagini che graffiano la percezione, come in un'opera d'arte contemporanea, cercando di stimolare delle associazioni mentali automatiche più che dei pensieri razionali. Non sappiamo dove stiamo andando e ci lasciamo trasportare dai suoni, che evidentemente non hanno alcuna pretesa di realismo, come se provenissero da un flauto magico. Dopo un po' che corriamo per il bosco, persa la cognizione dello spazio e del tempo, scorgiamo una luce in lontananza. Ci dirigiamo in quella direzione. Un parco giochi in un luogo così tetro? Lo esploriamo e cerchiamo di far interagire la bambina con gli elementi che lo compongono. In realtà non sappiamo neanche quello che stiamo cercando, ma non è un problema. Siamo coscienti di trovarci davanti a un mistero, ma non nell'accezione tradizionale del termine. Non c'è modo di penetrarlo sparando o usando oggetti, non c'è un appiglio che ci aiuti a capire. Sembra quasi di trovarsi in un non luogo, uno spazio mentale più che fisico. Nessuno ci dice cosa fare, e noi procediamo, in preda a un'angoscia crescente. Cosa stiamo cercando?
Provando le possibili interazioni incontriamo il lupo (in fondo la fonte d'ispirazione principale è Cappuccetto Rosso). Il lupo ha una forma differente a seconda della protagonista scelta. Parte una sequenza filmata e la protagonista si ritrova a terra, sotto la pioggia, davanti alla casa della nonna. Appare distrutta, con il mal tempo che ne sottolinea lo stato d'animo, ma non si può che farla avanzare verso l'ingresso. Entrati nella casa il punto di vista passa dalla terza alla prima persona, in una sequenza in soggettiva in cui al giocatore spetta soltanto di premere avanti per districarsi tra le stanze. Non c'è niente da fare se non osservare lo spazio in cui ci si ritrova, spazio di sogno che non ha nulla di oggettivo. Vengono in mente Magritte e alcuni testi delle avanguardie d'inizio '900. Siamo dentro dei ricordi? Chissà. Arrivati alla fine del capitolo (sei in tutto, più l'epilogo) ci si ritrova di fronte a uno spettacolo strano: una schermata riassuntiva di quanto fatto nel gioco. Si vince se ci si è fatti prendere dal lupo. L'impressione iniziale è quella di una stonatura rispetto al contesto, ma riflettendoci bene siamo portati a considerarla una dichiarazione metalinguistica: siete comunque all'interno di un videogioco, leggetelo in quanto tale e non cercate di cedere alla tentazione di nobilitarlo considerandolo altro, altrimenti gli fareste soltanto del male. Volendo, possiamo leggere nello stesso modo la possibilità di raccogliere i fiori sparsi per il bosco, come novelli Pac-Man.
Parlare di The Path è difficile perché a un certo punto c'è un albero piantato in un letto; come si fa a piegare al linguaggio il senso di un albero piantato in un letto (leggete questo periodo nel senso più ampio possibile, per favore)? Ovvero, il tentativo può essere fatto, ma verrebbe fuori qualcosa di mastodontico che non ci possiamo permettere. Il problema principale che dobbiamo affrontare in questa sede è capire come giudicarlo, ma è difficile perché l'opera dei Tale of Tales sfugge in più di un senso agli strumenti usati comunemente per valutare un videogioco o, meglio, se ne disinteressa. Non per niente durante lo sviluppo non sono stati rilasciati comunicati stampa pomposi su una qualche caratteristica avanzatissima del motore grafico e, tanto per fare un altro esempio, è stato sempre presentato come "a short horror game", ovvero come un videogioco horror breve. Quindi anche sulla longevità non ci siamo, nel senso che siamo abituati a leggere di "esperienze di gioco lunghe e coinvolgenti" o di "più di mille mila ore di gioco". La parole "breve" usata da degli sviluppatori è cosa nuova per la stampa specializzata; al massimo la usiamo noi addetti ai lavori quando ci troviamo in mano quella che, stando ai comunicati stampa, doveva essere un'"intensa esperienza" e che si è rivelata solo una banale passeggiata di quattro o cinque ore. Con The Path non possiamo giocare di contrasto o di assonanza con le promesse iniziali, perché di promesse precise non ne sono state fatte. Anzi, i Tale of Tales hanno mirato a spiegare i perché di certe scelte, piuttosto che ad autocelebrare il lavoro che hanno svolto. La questione rimane quindi aperta: come giudicarlo?
Le tematiche affrontate sono diverse rispetto a quelle tipiche dei videogiochi, non ci sono buoni o cattivi, ma c'è soltanto l'esperienza in quanto tale e la crescita, di cui fanno parte il sesso, il sogno e tutti gli altri elementi che caratterizzano la vita umana. Inoltre c'è lo smarrirsi, ovvero la necessità di perdersi per ritrovare (e accettare) il proprio io. Ma si tratta di temi desunti, visto che non c'è nessuna esplicitazione in tal senso. The Path si presta a letture molteplici ed è in questo senso che si adatta al giocatore, lasciandogli una grande libertà interpretativa. Mettere dei paletti sarebbe sbagliato perché rischierebbero di limitare il coinvolgimento emozionale, inaridendo l'esperienza complessiva.
Avremmo voluto dare un 10 a The Path, come mera provocazione. Ma alla fine abbiamo preferito lasciare incompleto questo giudizio perché The Path si può comprendere e amare solo se si sceglie di abbandonare tutta una serie di pregiudizi che per anni si sono accumulati nella concezione del videogioco stesso. Non è facilmente definibile perché fa dei contenuti il suo cavallo di battaglia, quindi se si è a caccia di divertimento ormonale è meglio rivolgersi altrove. È un titolo fortemente sperimentale e, in quanto tale, richiede la predisposizione mentale giusta per essere apprezzato e vissuto. Non è solo una questione di gusto, sia chiaro, ma soprattutto di cultura personale. Per questo non ha molto senso dargli un voto definito e definitivo. E' il videogioco più "bello" che sia mai stato realizzato, ma allo stesso tempo è il meno divertente perché è difficile anche capire come si fa a considerarlo un videogioco. The Path è diverso e di questo ne fa un vanto, non pretende di affiancarsi a nulla e non chiede confronti perché vuole rappresentare un punto di partenza, magari senza seguito, ma pur sempre qualcosa di nuovo.

_________________
Non siamo che polvere e ombra.
(Orazio)


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