Villaggio Crespi D'Adda (Bergamo)
La fabbrica e il villaggio operaio di Crespi d’Adda, per lo stato di conservazione complessivamente assai buono e le minime alterazioni dell’impianto originario, si presentano come un monumento esemplare di archeologia industriale.
Il villaggio, situato sulla sponda sinistra dell’Adda alla confluenza con il fiume Brembo, fu voluto da CRISTOFORO BENIGNO CRESPI, primo capostipite di una lunga generazione di industriali cotonieri di Busto Arsizio. Egli acquistò il terreno lungo l’Adda e vi impiantò un cotonificio moderno e tre grossi palazzotti per alloggiare le maestranze specializzate, trasferite direttamente da Busto Arsizio. Questo primo nucleo del villaggio fu inaugurato il 25 luglio 1878
Il figlio Silvio, con l’aiuto degli architetti E. Pirovano e G. Moretti., diede a Crespi un volto urbanistico più organico di quanto non avesse previsto il padre. Silvio Crespi aveva compiuto numerosi viaggi in Inghilterra e aveva visto le terribili condizioni di vita dei lavoratori delle fabbriche di Manchester che creavano scontenti, scioperi, ribellioni, e le migliori condizioni di vita nei villaggi operai di recente costruzione, dove il controllo padronale rendeva praticamente impossibile qualsiasi reazione particolare dei lavoratori.
Il villaggio di Crespi crebbe, sulla base di queste esperienze, nel giro di 15 anni; gli ultimi edifici furono aggiunti nel 1923-25. Esso è organizzato secondo un tracciato di assi ortogonali; il maggiore attraversa tutto il. paese e si conclude nel cimitero; l’altro incrocia il primo all’altezza dell’ingresso della fabbrica, creando la piazza, luogo d’incontro degli abitanti.
L’ubicazione della fabbrica rispondeva a determinati requisiti, primo fra tutti il reperimento dell’energia motrice (l’acqua) derivata direttamente dall’Adda, poi la disponibilità di manodopera rurale a basso costo, la felice posizione geografica da e per Milano e soprattutto la possibilità di imporre il libero arbitrio economico e sociale su tutto il paese, abitanti inclusi.
Per poter esercitare un più rigido controllo sugli operai, in modo che non venissero ‘contaminati’ dalle idee degli operai della città, il padrone costruiva vicino alla fabbrica anche le abitazioni.Inoltre faceva costruire la scuola, la chiesa, l’ambulatorio, lo spaccio, il luogo di ritrovo. Con questi servizi egli filantropicamente dava ai “suoi” operai tutto quello dì cui avevano bisogno; in cambio, chiedeva loro fedeltà e dedizione totale alla fabbrica. Come in un feudo, i figli degli operai erano destinati a diventare a loro volta operai della fabbrica del signore-padrone con la mentalità a cui erano stati educati dalla maestra che egli aveva assunto.
Entrando nel villaggio si trovano sulla destra i tre palazzotti che sono stati costruiti per primi. Sono edifici a pianta rettangolare di tre piani, costruiti in cotto ed intonacati.
Lungo l’asse principale, parallelo al corso dell’Adda, vi è l’opificio, costituito da parecchi corpi di fabbrica realizzati in anni diversi. Elementi caratteristici sono le due altissime ciminiere in cotto con motivi decorativi neoromanici della tradizione lombarda, i capannoni con tetto a shed (capannoni affiancati a costituire ampi spazi di lavoro su un piano unico), i rosoni dei capannoni, sempre di gusto neoromanico e i cancelli di ferro battuto di A. Mazzucotelli, singolare figura di artista-artigiano del Liberty. La base di una ciminiera reca in mezzo l’orologio, simbolo della nuova scansione meccanica del tempo. In un’area, alle spalle dei tre palazzotti, prospiciente l’Adda, si trova il Castello, l’abitazione dei Crespi, costruito dall’architetto Ernesto Pirovano (l894) mescolando con libertà elementi romanici e gotici. L’alta torre svetta sul paese ed è uno degli elementi subito evidenti. Annesse al castello sono le scuderie.
La chiesa (1893) è la copia esatta, in scala minore, della chiesa rinascimentale di S. Maria delle Grazie di Busto Arsizio, un omaggio di Crespi alla città natale. Sulla collinetta che sovrasta la piazza della chiesa si trovano i villini del parroco e del medico. Sulla piazza, si affacciano anche l’asilo, la scuola, il teatro, il bar; a fianco del bar c’è il lavatoio.
La scuola è costituita da due aule grandi e da due piccole; al piano superiore c’è l’abitazione dei maestri. Crespi interveniva personalmente nell’istruzione dei bambini, stabilendo programmi, finalità e metodi e lasciando poco spazio d’intervento alle maestre. L’orario di studio era pesante: dalla mattina al pomeriggio inoltrato, senza nessuna concessione alla creatività, proprio come in fabbrica.
Vi erano insegnate le tre abilità “leggere - scrivere - far di conto”, per la formazione di una manodopera generica, e poi si davano informazioni più dettagliate sulla lavorazione del cotone per una manodopera più specializzata. Le maestre rispondevano direttamente al padrone dell’andamento degli alunni e della disciplina scolastica. Frequenti erano le visite di Crespi alle scolaresche: il buon profitto scolastico si traduceva per i padri più fortunati in avanzamenti di carriera, il che voleva dire alle volte esenzioni dal pagamento della luce e dell’acqua.
Le case operaie (1890-1915) sono raggruppate a tre o a cinque. Ogni casa ha sul davanti un piccolo giardino e sul retro un orto, recintati. La cura dell’orto e del giardino doveva, secondo Crespi, tenere gli operai lontani dagli schiamazzi, dall’osteria, dall’ozio. Crespi controllava di persona che fossero ben tenuti. Nel 1925 furono costruite le palazzine per gli impiegati e i dirigenti. Sono case più ornate, con più verde, più giardino che orto; gli spazi interni sono ampi e meglio articolati.
Contrariamente agli operai, il parroco e il medico non pagavano l’affitto e così pure i dirigenti dello stabilimento, vista la diversa posizione sociale che queste persone occupavano all’interno del villaggio. Il “ricatto” dell’abitazione era fortissimo e su di esso Crespi giocava bene le sue carte, che andavano dall’assegnazione delle case in base ai turni, benemerenze, meritocrazie varie all’espulsione immediata dalla comunità per scarso rendimento o mancanza di disciplina.
Il villaggio si chiude con il cimitero (progetto di G. Moretti, 1896), nel quale viene ribadito l’ordine gerarchico: dalle semplici tombe degli operai segnate da una croce, alle tombe dei capi con targhe e scritte celebrative, al faraonico mausoleo di Crespi che domina il cimitero. Moretti è anche il progettista della centrale idroelettrica Taccani di Trezzo, bellissimo esempio di archeologia industriale, la cui architettura ricorda, per certi aspetti, quella del cimitero.
Notizie tratte da : I SEGNI DEL PAESAGGIO LOMBARDO, Itinera edizioni, pp. 56 - 69;
Ho visto le immagini di questo luogo che vorrei visitare qualche studioso afferma che Crespi è costruita con una freddezza quasi imbarazzante.
Il luogo è di un inquietante perfezionismo e ordine e trasmette angoscia, da vedere le immagini del castelletto, il mausoleo di famiglia nel cimitero dove spiccano i posti dai bambini che morirono durante un epidemia mai accertata. I vecchi del paese parlano di strane morti avvenute nei primi '60, dove i corpi di povera gente veniva trovata tra i boschi rivolti a pancia sotto con il volto sfigurato. Perfino Dario Argento ha girato qualche scena qui. Il luogo è diventato patrimonio mondiale dell'UNESCO.
L'ordine e la perfezione danno spesso l'idea che dietro si possano celare misteri e segreti. Chi volesse visitare questo posto anche solo virtualmente può trovare INFO nel sito http://www.villaggiocrespi.it/
Il Cimitero e il Mausoleo/Tomba di famiglia
La Villa/Castello