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 Oggetto del messaggio: Il Diario di Dracula
MessaggioInviato: mer set 19, 2007 15:25 
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Signore di Necropolis
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per gli interessati segnalo questo volume, il cui autore, se non altro, ha il pregio di essere un "diretto interessato" :wink:

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Romanzo del rumeno Marin Mincu che rievoca la figura storica di Dracula, il "voivoda" Vlad III, sanguinario e dispotico guerriero che Enea Silvio Piccolomini, papa Pio II, incoraggiò e ammirò nella speranza di farne il condottiero della lotta contro i Turchi.

In un insolito affresco fra tardo-gotico e rinascimentale, sullo sfondo lo scontro fra Cristianità e Islam, Dracula in prima persona, racconta le trame dinastiche di cui fu vittima e riflette sull'ambiguità del rapporto tra l'abietto e il sublime nell'azione. Imprigionato sotto il Danubio nella torre di Salomone, il principe valacco rivive i suoi più terribili misfatti, vagliando i documenti storici che hanno nutrito la sua fama sinistra, e «lo può fare, perché il Dracula di Mincu è, come lo fu veramente il "voivoda", un uomo di cultura e un poliglotta, un umanista trascinato all'azione da un destino più subito che voluto» (C. Segre).
«È un libro dunque che si può persino definire edificante, nella riscrittura della degradazione e dell'orrore di fatti reputati come veridici?» (P. Bigongiari).

Buona lettura amici della notte :mastermind:

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MessaggioInviato: gio set 20, 2007 00:02 
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Ci sono poche informazioni in giro riguardo a questo libro ed ahime non sono riuscito a procurarmi una copia.

Cosa intendi quando affermi che l'autore è un "diretto interessato"

Ti porgo i miei più cari saluti e ti ringrazio della risposta che so arriverà prestissimo.

Merovingio

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MessaggioInviato: gio set 20, 2007 14:29 
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Eheheh per "diretto interessato" intendevo solo che essendo rumeno, vale a dire della terra di Papà D., chi meglio di lui può raccontarci con cognizione di causa qualcosa sul Conte (ovviamente era a mo' di battuta :D)

quanto al libro, posso segnalarti la prefazione allo stesso


Il personaggio di Vlad III di Valacchia (morto nel 1478) ha sempre attratto scrittori e lettori. Il suo sinistro soprannome era "l'impalatore", ma aveva pure ereditato dal padre Vlad II (morto nel 1446) quello di Dracula - Dracul cioè "il diavolo".

Ora il romeno Marin Mincu s'ispira a lui per un libro, scritto direttamente in italiano, che non fa leva né sulla leggendaria crudeltà del "voivòda", né tanto meno sul gusto "gotico" o sulle abusate storie di vampiri, giustamente ignorate dato che appartengono a una molto più recente e in genere detestabile letteratura. Al contrario, Mincu resuscita il personaggio storico, il guerriero che papa Pio II incoraggiò e ammirò, sperando di farne il principale condottiero nella lotta contro i Turchi, prima di schiacciarlo, nei suoi celebri Commentarii, sotto una condanna che non nasconde l'iniziale attrazione.
C'è di più: il racconto appare scritto in prima persona da Dracula stesso, che espone lucidamente le trame politiche di cui fu in parte vittima: congiure dinastiche, ma anche il grande scontro fra Cristianità e Islam (incarnato in Maometto II, che combatté e vinse). Vlad III, che era stato messo sul trono da Giovanni Corvino, re d'Ungheria, dovette continuamente difendersi da parenti, come il fratello Radu, e rivali, come Dan, che tenterà di detronizzarlo con l'aiuto dei Sassoni di Transilvania e che egli ucciderà. Ma il suo impegno di tutta la vita sarà la guerra contro i Turchi, di cui emulava la crudeltà, e morirà appunto lottando contro di essi.

Nel romanzo troviamo Dracula rinchiuso da Mattia Corvino, trasformatosi da alleato in persecutore, nel castello di Visegràd, in fondo ad una prigione scavata sotto il Danubio (vi resterà dal 1463 al 1476): una prigionia ambigua, punteggiata dalle visite di una donna un po' tentatrice un po' spia.
Circondato da centinaia di topi, Vlad nel buio perenne smarrisce il senso del tempo e perde persino la consapevolezza precisa del proprio corpo, che nella fantasia gli pare dilatarsi misteriosamente in una tenebra senza visibili confini. In questa condizione che sembra irreparabile, Dracula rievoca con rabbia o con malinconia, e non nasconde affatto, nella sua ansia di confessarsi, alcune delle sue colpe orribili; piuttosto cerca di dar voce ai movimenti d'animo che lo trascinarono quasi a tanta crudeltà, così come, ora che si ritiene un carcerato in attesa di morte, allo scoramento o alla disperazione della clausura.

Più per capire se stesso che per abbozzare una difesa, Dracula traccia freddamente le linee di una teoria della violenza. Nelle ore della depressione egli continua d'altronde a girare col pensiero intorno al trauma umiliante che scatenò la sua perversione, e che solo a un certo punto si decide a evocare, accennando a una contorta ma attendibile spiegazione del sadismo con cui ha biecamente forzato il blocco, patologico, che gli rende ripugnante il contatto con le donne.

Con trovata originale, Mincu ci rappresenta un Dracula già consapevole della propria leggenda nera, ben al corrente dei documenti storici che questa leggenda hanno alimentato. Lo può fare, perché il Dracula di Mincu è, come lo fu veramente il "voivòda", un uomo di cultura e un poliglotta, un umanista trascinato all'azione da un destino più subito che voluto; egli legge Aristotele, cita i classici e gli autori medievali e contemporanei; amico di Gemisto Pletone, di Niccolò Cusano e di Marsilio Ficino, è attratto come loro dall'ermetismo neoplatonico di Poimandres.
Ma succede pure che, per una specie di autolesionismo genialmente immaginata dallo scrittore, Dracula, mentre da una parte intrattiene una corrispondenza con papa Pio II per arrivare a un chiarimento e a un'assoluzione (egli dichiara falsa la propria lettera a Maometto II riportata nei Commentarli, da cui apparirebbe come un rinnegato), dall'altra diffonda volontariamente e manipoli a suo danno le voci più lesive della propria fama.
Nell'attività intellettuale come nella vita, Dracula tende ad amplificare, cercandovi una sorta di grandezza, la scelta del male, cui in parte è stato costretto. In Vlad III si celebra dunque, almeno nell'invenzione di Mincu, l'intreccio sconvolgente di scrittura e realtà: dove la scrittura s'impone anche più energica e "vera" della realtà stessa, e trascina la mano che scrive capovolgendo il rapporto tra lo scritto e lo scrivente, tra l'ideazione verbale e quella mentale. Entrano in questa prospettiva i pensieri sparsi, le riflessioni sulla vita, di estrema modernità e notevole altezza letteraria, che talora s'intercalano alla narrazione o alla rievocazione, resi frammentari da un'immaginaria censura o autocensura.
È qui che Dracula diventa di più un nostro simile, e la sua scrittura, non finalizzata, scava liberamente nell'anima. Il romanzo di cui Mincu lo fa protagonista è originale proprio perché riesce a farci vedere la storia di Dracula nella stessa prospettiva del "voivòda" (naturalmente come lo può immaginare e indagare interiormente uno scrittore d'oggi, conscio di tutti i trucchi della psiche) e ad inchiodare la nostra attenzione.

Cesare Segre


alcune Note sull'autore

Marin Mincu (nato a Slatina nel 1944) è un instancabile, raffinato e intelligente poeta, narratore, critico e operatore culturale. Laureatosi a Bucarest, ha subito assunto posizioni innovatrici in seno alla critica romena, anche attraverso la collaborazione alle principali riviste del suo paese.
Per un lungo periodo ha poi soggiornato in Italia e ha insegnato nelle università di Torino e di Firenze, inaugurando un'intensa attività di divulgazione della letteratura romena in Italia e della critica e della poesia italiana in Romania (dove fra l'altro ha promosso traduzioni dei nostri critici più significativi).
Dopo gli ultimi rivolgimenti del suo paese, ha ottenuto la cattedra a Costanza, sul Mar Nero.

Già autore di un romanzo in romeno (Intermezzo, 1984) e di una decina di volumi di poesie (ne deriva, ma con notevoli rielaborazioni, la scelta di liriche in italiano con prefazione di Mario Luzi, In agguato, Milano, Scheiwiller, 1986), Mincu ha curato, in Italia, le raccolte Poesia romena d'avanguardia (con M. Cugno), Milano, Feltrinelli, 1980, e Nuovi poeti romeni (con M. Cugno), Firenze, Vallecchi, 1986, cui fa quasi da pendant, in romeno, il volume Poeti italiani fine secolo XX, del 1988. Ha tradotto poeti e scrittori romeni (da Eminescu a Blaga, da Ion Barbu a Stanescu); ha pure curato, con S. Albisani, la raccolta di saggi Eminescu e il romanticismo europeo, Roma, Bulzoni, 1990. Né va dimenticata l'antologia di Fiabe romene di magia, Milano, Bompiani, 1989. Al folclore romeno del resto Mincu ha dedicato un ampio lavoro semiologico, Mito - Fiaba - Canto narrativo. La trasformazione dei generi letterari, Roma, Bulzoni, 1986. Si pone nello stesso ambito teorico la raccolta ragionata di interviste con i principali semiologi italiani intitolata La semiotica letteraria italiana, Milano, Feltrinelli, 1982, tradotta, oltre che in romeno, in giapponese.



nonchè e un passo stralciato

Soltanto adesso, a questo punto della mia vita, ho la rivelazione improvvisa e incredibile della superiorità della creatura femminile, della forza tremenda del corpo di una donna. Più complesso, più forte, chiuso ermeticamente attorno al suo segreto, a una vita interiore che nell'uomo non c'è. Creatura ignota nella quale il mondo si memorizza e si ricrea. Ventre, memoria, sguardo di veggente, orrenda creatura con tre membri, il clitoride e i due seni, puntati contro di noi a minacciarci della perdita del nostro potere. Ho visto una volta i seni di una giovane donna, turgidi come due falli in erezione, e mi sono scoperto totalmente privo di forza. Ho eiaculato prima ancora di penetrarla, e allora lei mi ha guardato con un disprerco che non so descrivere, che non avevo mai visto negli occhi di una donna, umiliandomi, come nessuno mai. Solo più tardi è venuta la reazione. Furia. E desiderio di vendicarmi, di distruggere tanta bellezza, tanta sicurezza. Mi è accaduto poi di incontrare a Bucarest una femmina stupenda, la cui bellezza sembrava come concentrarsi in un'unica parte del corpo, la gamba. Troppo viva, quella gamba; il sangue sotto la pelle sottile pulsava con impeto nelle vene, e si vedeva in trasparenza sulle cosce. Quella vitalità era insopportabile; un'energia senza limiti che mi umiliava. Tutti i sensi erano in me raggelati dal soffio rovente che animava quel corpo, così vivo, così indipendente da eccitarmi pazzamente. Senza neppure toccarla, se non con lo sguardo, ho raggiunto l'apice del piacere. Avrei voluto sentirmi altrettanto vivo, rapirle il palpito, il ritmo pulsante del sangue; e allora ne lacerai la carne, e feci zampillare quel sangue in cui mi immersi riempiendomi finalmente di vita: un sangue vivo come una bestia, così pieno della sua forza da traboccarne e da nutrirne anche me. Eiaculai di nuovo, con un piacere ancora più intenso. Ma non sapevo più come giustificare il mio atto. Ovviamente non potevo rivelare nulla della mia scoperta, della mia esperienza così profondamente commossa e turbata; e allora inventai quella storia, molto nota, della donna che aveva cercato di ingannarmi affermando di essere stata ingravidata da me.

tratto da http://www.eracle.it

spero di aver soddisfatto la tua curiosità
i miei neri omaggi :wink:

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MessaggioInviato: gio set 20, 2007 23:20 
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Iscritto il: mer set 05, 2007 22:51
Messaggi: 4
Località: Roma
Mi inchino a tanta oscura sapienza .... ti sono grato per il tuo interessamento ....

Corro a comprare il libro :wink:

:crying: gira e rigira in tutta roma la troverò una libreria che ne ha una copia.

Grazie ancora

,.., Merovingio

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 Oggetto del messaggio: ma...
MessaggioInviato: dom nov 25, 2007 00:35 
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Iscritto il: dom ott 21, 2007 13:58
Messaggi: 11
Località: Reggio Emilia
Io nn l'ho mai letto, comunque vi dico un nome io di un libro il diario del professor abraham van helsing! Aggiungo che nn credo che Vlad l'impalatore sia mai stato un vampiro, ma da come si comportava con i suoi nemici, B. Stocker, abbia preso lui x dare corpo al suo personaggio, d'infatti i transilvani, nn sapevano chi erano i vampiri e tali creature, sono originarie della Siria nn della transilvania!


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