Il forum dei Drow, dei Vampiri e delle creature dell'oscurità
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 Oggetto del messaggio: TEORIE ED IPOTESI SULLE ORIGINI DEL VAMPIRO
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Dove, esattamente, la credenza nel vampiro - in senso proprio - si manifesti per la prima volta è materia di notevole dibattito fra gli specialisti dell'argomento. Nel congresso tenuto a Cerisy-la-Salle, in Francia, dal 4 all'11 agosto 1992 - una delle principali occasioni di discussione accademica sul tema - si contrapposero, sostanzialmente, due teorie. Secondo la prima il vampiro è antico quanto la storia umana, e le sue origini risalgono alla notte dei tempi. Un'altra teoria (sostenuta principalmente da Jean-Claude Aguerre) ritiene che il vampiro, come oggi lo conosciamo, nasca soltanto, sulla base di materiale seicentesco, nell'Europa del primo XVIII secolo. La questione, naturalmente, non è nata a Cerisy nel 1992, ed è più complessa. Possiamo distinguere cinque principali teorie: l'origine universale o preistorica, l'origine sciamanica, l'origine orientale, l'origine europea antica o medioevale, e l'origine moderna.

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La teoria dell'origine universale o preistorica

Montague Summers ha sostenuto, con la più ampia dovizia di argomenti, la tesi dell'origine "universale" del vampiro nel suo volume The Vampire: His Kith and Kin del 1928. La tradizione dichiarava Summers è mondiale, e di un'antichità senza data. Lo proverebbero esempi tratti dalle credenze di un buon numero di tribù africane (dai bantù ai buganda) e da resoconti assiri, arabi, cinesi, mongoli così come greco-romani, scandinavi e celtici.
La teoria "universale", secondo cui il vampiro esisterebbe fin dalla preistoria, postula che le origini del mito (ma lo scrittore inglese crede che esistano casi assolutamente reali e autentici di vampirismo) si trovino nella paura dei morti. Essa è più antica di tutte le religioni, e nessuna religione è riuscita completamente a esorcizzarla. La stessa posizione si ritrova - con accenti diversi - negli studi di Ornella Volta, e di Robert Baudry. Mentre Ornella Volta si dedica soprattutto all'inventario dei più curiosi - e macabri - costumi funerari, Baudry sottolinea "il timore reverenziale dei morti" nelle società arcaiche: "nella mentalità tradizionale i morti non sono morti, vivono fra noi. Ci circondano; si aggiranó. A questa teoria si può obiettare che si fonda su un uso piuttosto liberale del termine "vampiro", particolarmente evidente nel volume di Ornella Volta. Se si esamina la maggior parte delle sue storie relative a "vampiri" africani, assiri, greco-romani alla luce della definizione più rigorosa di vampiro che abbiamo proposto, ci si accorge che nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di demoni, divinità, personaggi mitologici, o morti malevoli che però non si cibano di sangue.

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La teoria dell'origine sciamanica  

Che il vampiro trovi le sue origini nell'area sciamanica è stato sostenuto in anni recenti da specialisti ungheresi come Éva Pócs e Gàbor Klaniczay, e - con ampia argomentazione - dall'italiana Carla Corradi Musi, docente di filologia ugrofinnica presso l'Università di Bologna. Secondo questi autori la credenza nel vampiro - e in personaggi affini ma diversi, fra cui il licantropo - nasce in un ambiente religioso preciso. L'ambiente è quello dello sciamanismo, in un'area geografica molto vasta che va dal mondo celtico alla Siberia, e dagli indiani dell'America del Nord alla Germania pre-cristiana, alla Scandinavia, e all'Europa orientale. Nell'area sciamanica il collegamento tra il mondo dei vivi e quello dei morti "non ammetteva soluzioni di continuità, secondo convenzioni del tutto mancanti nelle credenze 'religiose' occidentali". L'aldilà era un mondo parallelo e rovesciato rispetto a quello dei viventi, opposto ma complementare, spesso posto oltre un fiume che poteva essere oltrepassato soltanto al termine di un percorso iniziatico. Giacché questo percorso non era facile, si comprende la tentazione, per il morto, di rinunciarvi cercando invece di ritornare verso il mondo dei viventi. A queste credenze si collegava per esempio - in area sciamanica - l'abitudine degli Ugri dell'Ob di seppellire i defunti lontano dai villaggi. Cospargevano anche la via del ritorno dal funerale al villaggio di oggetti appuntiti che scoraggiassero il defunto dal tentare di ritornare al suo paese. omissis.
Secondo Carla Corradi Musi il vampiro non va confuso con lo sciamano, che pure rappresenta anche lui un'eccezione ai normali rapporti fra i vivi e i morti. Lo sciamano, proprio in quanto figura eccezionale, capace di viaggiare nel mondo delle divinità e in quello dei morti, celebra e garantisce il mantenimento dello status quo, vera personificazione dell'eccezione il cui scopo è confermare la regola. Non a caso, nel mondo sciamanico, lo sciamano "favoriva la fertilità (nell'estasi era in collegamento con l'albero, proiezione di quello archetipo della vita che si rinnovava attraverso la morte)", mentre l'infecondo vampiro provocava la sterilità.
Peraltro, come rileva la Pocs, nel mondo sciamanico la distinzione fra bene e male non è così chiara come nell'area greco-romana e nel successivo cristianesimo o, più esattamente, il male è accolto come in qualche modo necessario all'ordine cosmico. Così lo sciamano è una figura-limite, che può correre diversi pericoli e trasformarsi in qualche cosa di diverso da un operatore positivo del sacro. Questo vale in special modo per gli sciamani che entrano in contatto con lo spirito - individuale o di gruppo - di un animale. La Pócs ha studiato soprattutto il tkltos, una figura di sciamano o, più propriamente, di stregone che era "chiamato" da uno spirito animale che gli conferiva i suoi poteri. A questo incontro il tkltos era predestinato fin dalla nascita da segni come i denti già presenti nel neonato, la "coda" o la "camicia" (tutti elementi che si ritrovano anche nel folklore ugrofinnico a proposito delle persone destinate a diventare vampiri). Dopo la morte il tkltos correva il rischio di rimanere in qualche modo "intrappolato" nell'anima animale che lo aveva chiamato e di trasformarsi in una sorta di lupo mannaro o anche di vampiro.

È interessante notare che Anne Rice - la scrittrice americana che ha creato uno dei cicli contemporanei di maggiore successo di romanzi sui vampiri -, dopo avere incontrato il termine tkltos negli scritti di Carlo Ginzburg (che paragona questo personaggio ungherese ad analoghe figure di altre regioni europee), ha rappresentato i tkltos (parola che scrive senza accento) non come persone umane dotate di speciali poteri, ma come esponenti di una razza pre-adamitica, simile agli uomini ma più grande e potente. I suoi ultimi rappresentanti sono legati all'umanità da un complesso rapporto, i cui poli sono il malvagio Lasher (un tkltos ucciso in Scozia all'epoca della Riforma che, sotto forma di spirito, cerca di ritornare nel mondo attraverso le sue relazioni con una dinastia di streghe, la famiglia Mayfair, e infine vi riesce dopo tre secoli di sforzi) e il benevolo Ashlar, un personaggio tuttora vivente che opera per il bene dell'umanità e che i primi cristiani celtici già consideravano un santo. I tkltos di Anne Rice, accoppiandosi fra loro, producono figli già adulti e autosufficienti (da cui il pericolo che l'incontro fra un maschio e una femmina tkltos possa rapidamente portare al predominio dei tkltos sugli esseri umani). Un tkltos può anche generare un figlio più spesso una figlia - con una donna umana con particolari caratteristiche (una strega), ma l'operazione è difficile ed è molto probabile che la strega muoia nel parto da cui nascerà un nuovo tkltos. Questa mitologia ispira il "ciclo delle streghe" di Anne Rice, che alcuni critici considerano il suo capolavoro letterario. Anne Rice ammette peraltro che i suoi tkltos non derivano soltanto dagli stregoni magiari che ha scoperto attraverso Ginzburg, ma includono anche elementi del folklore celtico e scozzese, e del ciclo arturiano, che hanno poco a che fare con i tkltos ungheresi.

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La teoria dell'origine orientale  

Anche se personaggi simili al vampiro erano stati segnalati in oriente già da Marco Polo, i viaggiatoti occidentali ne hanno iniziato lo studio sistematico solo nell'Ottocento. In Malesia il polong e il pelesit - spesso accusati di succhiare il sangue - non sembrano vampiri ma spiriti creati o fatti apparire con atti di magia nera. In particolare il polong è uno spirito malvagio che può essere attirato in una bottiglia dove è stato raccolto per due settimane il sangue di un uomo assassinato. Il pelesit - che di solito accompagna il polong - gli prepara la strada insinuandosi nel corpo della vittima. Qualche affinità con il vampiro hanno il langsuyar e il pontianak, talora confusi fra loro con buone ragioni. Sembra infatti che in Malesia il langsuyar sia lo spirito di una donna morta durante il parto e il pontianak lo spirito di un bambino abortito. In Indonesia la terminologia è invertita ed è il pontianak a essere lo spirito della donna morta di parto, che attacca soprattutto donne incinte e si nutre delle loro viscere. Sebbene si tratti all'origine di spiriti, essi possono prendere corpo, e - nel caso delle donne morte di parto - perfino risposarsi e avere figli, anche se di solito dopo qualche tempo scompariranno di nuovo.
Certamente più promettente è sembrata ai sostenitori dì un'origine orientale del vampiro l'India. È peraltro difficile districarsi in una complessa mitologia che comprende un buon numero di personaggi mitici che attaccano i viventi e si cibano della loro carne e del loro sangue. Molti di questi personaggi (tra cui i rakshakas) fanno parte del mondo dei demoni e non sono spiriti di persone umane. Più vicini ai vampiri sono i bhutas e i brahmaparusha che - almeno in alcune varianti della mitologia che li riguarda: sono spiriti di morti particolari (che sono stati nella vita dementi o deformi, o che sono morti di morte violenta). Si aggirano fra i cimiteri, possono trasformarsi in pipistrelli e terrorizzano i viventi apparendo loro come fantasmi o ombre. Non sono, dunque, vampiri in senso proprio perché non appaiono con il loro corpo, ma possono entrare nel corpo di persone viventi e possederle trasformandole in assassini antropofagi. Più vicini di tutti ai vampiri sono i vetalas o betails o baitals, spiriti che entrano nei corpi dei defunti e li rianimano.
I vetalas o betails sono particolarmente noti a causa della traduzione, pubblicata nel 1870 dal celebre esploratore inglese Sir Richard Francis Burton (1821-1890), di una selezione di storie dal classico della letteratura indiana Vetala-Pachisi con il titolo Vikram and the Vampire; or, Tales of Hindu Devilry. Nel volume il re indiano Vikram è inviato da uno yogi a cercare un corpo che si rivela posseduto da un betail. Vikrarn convince non senza difficoltà il "vampiro" (così Burton nella sua traduzione chiama il betail) ad accompagnarlo dallo yogi (che è in realtà un mago malvagio e finirà per essere ucciso dal re). Nel corso del tragitto, il "vampiro" gli racconta una serie di storie che descrivono il classico folklore indiano e la problematica religiosa del tempo. Ai vampiri veri e propri o a qualche cosa di simile - si ritorna alla fine del testo, quando il re trova il malvagio yogi intento a evocare la dea Kalì. Questa, non trovando vittime per soddisfare la sua sete di sangue, si taglia la gola in un episodio di auto-vampirismo.  
Trasmessa agli arabi (dagli indiani,ndr), la leggenda del vampiro è arrivata in Grecia e di qui nella penisola balcanica, nei Carpazi orientali, nel bacino ungherese e nelle Alpi transilvane.
Dobbiamo, infine, fare cenno all'ipotesi di una origine non indiana ma cinese del mito del vampiro. Anche le relative leggende cinesi sono state raccolte in Europa soltanto a partire dall'Ottocento, e le storie di kiangshi (o chiang-shih) sono diventate note in Occidente attraverso l'opera monumentale di Jan Jacob Maria de Groot (18541921), The Relìgious System of China. Il mito del kiangshi è collegato all'idea che un residuo vitale può rimanere nel corpo per parecchio tempo dopo la morte (mentre un principio superiore - che non tutti gli specialisti di religioni cinesi accettano di chiamare "anima" - se ne distacca). Questo principio - particolarmente in caso di persone che hanno conosciuto una morte violenta - può animare il cadavere e renderlo capace di muoversi (anche se con maggiori limitazioni rispetto a una normale persona umana: una differenza con il vampiro europeo classico). Il cadavere trasformato in kiangshi - che de Groot traduceva letteralmente in "corpo-spettro" - è, indubbiamente, ancora il corpo nella sua materialità e può andare alla ricerca di sangue umano.
Le leggende sul kiangshi sono state abbellite da una letteratura cinese successiva, ma sembrano effettivamente piuttosto antiche. Come per altre idee religiose e magiche, si può supporre una interazione reciprocamente feconda fra miti indiani e cinesi, senza che si possa dire con certezza quali fra i due siano più antichi. In ogni caso la teoria di un'origine cinese del vampiro è una variante di quella che gli attribuisce un'origine indiana. Il percorso si allunga ma rimane sostanzialmente lo stesso. Prevede un passaggio dalla Cina all'India e dall'India all'occidente, tramite i viaggiatori sulla "strada della seta" o quel tipo particolare di viaggiatori che erano gli zingari al tempo della loro prima grande migrazione. La "filosofia del vampiro" soggiacente, in questo caso, inserisce le origini del mito in un contesto - se si eccettua quello tipico delle credenze più antiche dei Rom - dove i rapporti fra la vita e la morte sono integrati in un sistema religioso piuttosto preciso. Il mito non avrebbe quindi origine tanto da una difficoltà oggettiva di separare il mondo dei vivi da quello dei morti, ma dall'ambiguità soggettiva di certi defunti, particolarmente nel caso di una loro fine prematura o violenta.

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La teoria dell'origine europea antica o medioevale

La teoria di un'origine europea del mito del vampiro è discussa - ma, sembra, non condivisa - da A. MacCulloch nel suo articolo Vampire nel dodicesimo volume della Encyclopaedia of Religion and Ethics curata da James Hastings. In realtà le teorie dell'origine europea del vampiro sono di due tipi diversi. Il primo sostiene un'origine greco-romana della credenza, che si sarebbe poi trasferita dalla Grecia all'area cristiana di rito orientale e poi di religione ortodossa, e (con maggiori difficoltà a causa delle resistenze specifiche della Chiesa cattolica) da Roma all'Europa cristiana occidentale. Gli autori che propongono questa teoria si rendono conto delle obiezioni secondo cui la làmia o l'émpusa antiche non sono precisamente vampiri. Ritengono tuttavia che da queste figure il vampiro si sia sviluppato nel quadro della discussione sui rapporti fra anima e corpo del tardo ellenismo, influenzato dai primi contatti con il cristianesimo. Più che nei brani a cui abbiamo fatto cenno - della Vita di Apollonio di Tiana e delle Metamorlòsi di Apuleio, gli elementi caratteristici della trasformazione della làmia o dello spettro in vampiro possono essere rintracciati in un passo di Flegone Tralliano, liberto dell'imperatore Adriano che regnò dal 117 al 138 d.C. Flegone racconta in un frammento del suo De mirabilibus et longaevis libellus, il cui inizio è andato perduto, la storia di Philinnio, figlia di Demostrato e di Charito, morta in una città che non viene identificata (e che diventerà Corinto nella trasposizione poetica di Goethe, senza dubbio per una fusione con la storia di Menippo nella Vita di Apollonio di Vana). A casa della giovane Philinnio, che era morta da un pò di tempo, capita un giovane di nome Machate. La nutrice di Philinnio, una notte, sorprende Machate a letto con Philinnio che sembrava, da tutti i punti di vista, ben viva. "Fuori di sé per la gioia," racconta Flegone, che afferma di essere stato testimone oculare dei fatti "vedendo la ragazza in apparenza viva, la nutrice corre subito dai genitori implorando ad alta voce di venire ad accogliere la loro fanciulla che è viva e vegeta ed è stata loro restituita da qualche dio benevolo." All'inizio, la nutrice viene scambiata per pazza ma riesce a convincere la madre della fanciulla, Charito, a seguirla e a gettare un'occhiata furtiva nella stanza di Machate, dove scorge un'ombra che le sembra sua figlia. Il mattino dopo Charito scongiura Machate di raccontarle tutta la verità. "Il giovane, che non sembra sia stato informato che il suo ospite ha perso una figlia di nome Philinnio, è molto angustiato, e confessa che una fanciulla seducente ha diviso il suo letto, e che la sua amante ha sussurrato che il suo nome era Philinnio. Inoltre, lei gli aveva raccomandato di mantenere molto segrete le loro carezze. Per confermare questa storia, egli esibì un anello d'oro che lei gli aveva regalato e, inoltre, un nastro del petto della sua vestaglia che era stato dimenticato. Non appena Charito vide questi due oggetti lanciò un urlo lacerante, si stracciò le vesti in segno di dolore, si strappò i capelli e cadde svenuta al suolo. Era stato troppo per lei riconoscere l'anello e il nastro, appartenuti alla sua figliola defunta, che erano stati sepolti con lei nella tomba. Machate si mette d'accordo con i genitori della fanciulla e la notte seguente, quando Philinnio appare, li fa entrare nella stanza. Charito e il marito Demostrato riconoscono la figlia morta, dapprima con stupore e quindi con gioia. Ma Philinnio non sembra con tenta di vederli e afferma: "Oh, miei cari genitori, siete stati davvero crudeli a mal sopportare che visitassi un ospite nella mia propria casa, da tre giorni, senza arrecare male ad alcuno. Ma vi pentirete amaramente della vostra importuna curiosità. Perché presto dovrò tornare nel luogo a me designato. Sappiate anche che, sicuramente, non è stato contro il volere divino che io venni qui". Pronunciate queste parole, la fanciulla cade senza vita, questa volta - sembra - morta definitivamente. La storia si sparge per la città e si decide di riaprire la tomba della ragazza: non vi si trova il suo cadavere, ma un anello e una coppa dorata che Machate le aveva regalato. Ai magistrati della città non resta che concludere che, una volta sepolta, Philinnio è uscita dalla tomba per incontrarsi con Machate per tre volte, e per due volte vi è ritornata, mentre la terza l'inopportuna apparizione dei genitori l'ha fatta "morire' di nuovo. Compare "un profeta e veggente di nome Ryllus, che era tenuto in grande stima e reverenza". Hyllus, "rivolgendosi alle autorità, ordinò loro che per nessuna ragione permettessero che il corpo di Philinnio fosse ricollocato nel sepolcro, ma si assicurassero che fosse immediatamente incenerito in un luogo lontano, fuori dalle mura della città". Suggerì pure di compiere sacrifici a varie divinità e di purificare l'intera città con cerimonie sacre. Philinnio, dopo queste cerimonie, non fu più rivista, ma "Machate, comunque, per l'amore della sua amata defunta, si uccise in preda alla disperazione».  Qui - rispetto ai brani precedenti di Apuleio e della Vita di Apollonio di Vana - abbiamo una giovane che è certamente morta e che altrettanto certamente esce dalla tomba con il suo corpo. L'esito è fatale per il giovane Machate, ma soltanto perché quest'ultimo, per amore della bella defunta, si suicida. Non sembra che Philinnio abbia intenzioni malevole - anzi assicura di apparire con il permesso degli dei -, né attacca Machate per cibarsi del suo sangue.
Restano però due problemi: quando il vampiro classico sia nato, e se si tratti di un mito autoctono dell'area dell'Europa orientale e balcanica, ovvero se - secondo teorie che abbiamo già esaminato - sia giunto da Oriente, secondo le linee maestre della storia dello sciamanismo o con derivazione da miti cinesi e indiani portati dagli zingari o da altri viaggiatori. Secondo lo specialista americano Jan L. Perkowski le origini del mito del vampiro si situano in area slava e ancora una volta derivano da una crisi religiosa: la repressione dapprima del paganesimo e poi dell'eresia dualista dei bogomili da parte del cristianesimo maggioritario. In questo quadro - in cui i rapporti fra il corpo e l'anima, fra i vivi e i morti entrano in una situazione di ambiguità - nasce verso la fine del decimo secolo, secondo Perkowskí, il termine slavo obyrbi. Da esso derivano il serbo-croato upirina, il bielorusso, ceco e slovacco upir e il bulgaro vampìr, con tutta una serie di altre varianti locali.
L'idea che il vampiro assorba il sangue della vittima è slavo-balcanica, ma questo assorbimento è di tipo magico-metaforico. L'idea del sangue caldo che passa dalle vene della vittima nella bocca del vampiro va attribuita soprattutto all'immaginazione di letterati romantici ma ha qualche precedente (peraltro raro) nel folklore tedesco e inglese.  Secondo Perkowski chi ragiona diversamente è vittima del fenomeno della "contaminazione demoniaca", che rende incerto l'uso delle fonti. Perkowski ha dato sicuramente un contributo della massima importanza agli studi sulle origini del vampiro classico nell'Europa orientale. Le incertezze sulla datazione delle fonti non permettono però, a nostro avviso, di ritenere provata la sua ipotesi che fa risalire la formazione del mito del vampiro all'epoca della crisi dei bogomili. Una volta esclusa una datazione così antica, rimangono ampie possibilità per influssi sull'area slava di tradizioni di origine diversa, in particolare attraverso le grandi migrazioni degli zingari nel quindicesimo secolo.

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Ultima modifica di MasterMind il mar ott 19, 2004 18:36, modificato 1 volta in totale.

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La teoria dell'origine moderna

E' stata da ultimo formulata la teoria secondo cui il mito del vampiro è di origine moderna e si forma nel Settecento, sebbene utilizzando materiale in parte già pubblicato nel secolo precedente. La "filosofia del vampiro" soggiacente non manca di fare riferimento a un'epoca di confusione nei rapporti fra corpo e anima, ma si tratta di una crisi moderna collegata all'Illuminismo e alla perdita di vigore della tradizionale rappresentazione cristiana dell'aldilà. È perché si comincia a dubitare dell'immortalità dell'anima - prima a livello quasi inconscio, poi con l'Illuminismo in modo esplicito - che emergono ipotesi di immortalità del corpo. Il Settecento - secondo il principale sostenitore di questa teoria, Jean-Claude Aguerre - vede "il ritorno in forza dei corpi": l'anima, se esiste, è considerata come una parte del corpo che un giorno qualche abile chirurgo riuscirà a estrarre.
Se per vampiro si intende il personaggio che la maggioranza dei nostri contemporanei si immagina - con tutte le caratteristiche del conte Dracula - non si tratta solo di una creatura moderna, ma modernissima. Non nasce neppure nel Settecento, perché - come lo stesso Aguerre nota manca ancora una caratteristica che è diventata un marchio di fabbrica del vampiro così come tutti lo immaginiamo: i denti aguzzi, i fang della tradizione letteraria e cinematografica di lingua inglese. Il vampiro settecentesco - rilevato dalle cronache francesi e tedesche che riprendono episodi dell'Europa orientale - non morde le sue vittime, ma ne aspira piuttosto il sangue attraverso la pelle. Le osservazioni di Aguerre sembrano particolarmente pertinenti se si tratta di spiegare il successo del mito del vampiro nell'Europa occidentale del Settecento, dove invade rapidamente le gazzette e in seguito la letteratura.  
È giusto osservare che figure che precedono il vampiro, e il vampiro stesso, appaiono normalmente nelle epoche e nei contesti culturali contrassegnati da una crisi e da una confusione - ovvero da un conflitto religioso sui rapporti fra il nostro mondo e l'aldilà, fra il corpo e l'anima. A queste crisi l'idea di un corpo animato che sopravvive e aggredisce i viventi fornisce una risposta poco rassicurante ma, da qualche punto di vista, conseguente. Ritenere che il vampiro classico - preceduto da alcune figure molto simili nell'area di lingua tedesca e in Grecia nasca con una serie di episodi del Seicento e del Settecento non significa, tuttavia, trascurare alcuni precedenti che potremmo chiamare di "proto-vampiri" che qua e là emergono nel Medioevo. Si tratta di episodi rari - di eccezioni che confermano la regola secondo cui quello del vampiro non è (ancora) un tema comune nel Medioevo -, che tuttavia vale la pena di esaminare.

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Segnalo per i curiosi e gli appassionati del tema

La stirpe di Dracula
di M. Introvigne

Arnoldo Mondadori Editore
Oscar Saggi, maggio 1997

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Perché la figura del vampiro affascina, più di ogni altra, un pubblico di tutti i paesi e di tutte le età? Perché alcuni sono così ossessionati da questa immagine da voler diventare "vampiri" e sperimentare le sensazioni forti che derivano dal bere il sangue di altre persone? Massimo Introvigne, il maggiore esperto italiano di nuovi movimenti magico-religiosi e di satanismo, è presidente della sezione italiana di The Transylvanian Society of Dracula. Dopo una lunga ricerca in biblioteche e archivi talora aperti per la prima volta, ricostruisce in questo libro con dovizia di particolari le credenze e il folclore del vampiro dall'antichità ai nostri giorni, la discussione teologica sui vampiri nel Settecento e nell'Ottocento, il perdurante interesse per questo mito negli ambienti dell'esoterismo e dell'occultismo. Esamina inoltre le diverse immagini del vampiro nella letteratura, nel cinema, alla televisione, nei fumetti, nella musica, e discute il rapporto tra il famoso romanzo omonimo di Bram Stoker - pubblicato per la prima volta nel 1897, e forse il più letto in assoluto nella storia della letteratura occidentale - e il vero Vlad Dracula storico. Infine - grazie soprattutto al contatto personale e diretto con persone che si considerano oggi "vampiri" può rispondere in modo preciso, al di là dei miti e delle leggende, alle inquietanti domande su chi sono, quanti sono e che cosa fanno i bevitori di sangue contemporanei. Un saggio veramente straordinario, documentato, "terribilmente" avvincente sulla figura del vampiro, che ci accompagna ormai da molti secoli, e che a lungo ancora continuerà ad affascinare e inquietare, come una specie di specchio in cui si riflettono i nostri sogni e desideri più segreti.

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bello! quel libro li sembra molto interessante inoltre apprezzo l'autore del libro... credo proprio lo prenderò.... :giro:

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 Oggetto del messaggio: Re: TEORIE ED IPOTESI SULLE ORIGINI DEL VAMPIRO
MessaggioInviato: mer gen 16, 2008 19:45 
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Cavolo, devo ammettere che sono proprio un ignorantello, c'è un sacco da sapere dui vampiri...Comunque credo che quel libro lo comprerò

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RIDE,Destino;KNIGHT,Mi arrendo, al tuo dominio del tempo!!!

Born in a time of darkness and evil, under the sign of God, glory is my mother, fire is my brother, sword my only law!!!


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 Oggetto del messaggio: Re: TEORIE ED IPOTESI SULLE ORIGINI DEL VAMPIRO
MessaggioInviato: mer gen 16, 2008 20:04 
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Siamo a disposizione per ogni curiosità di sorta :)
Cmq già un ochio agli argomenti in "memo" della sezione è utile per ricevere una rapida infarinatura :d
Ci sono anche molti link a libri o saggi interessanti in tal senso

Saluti Oscuri

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 Oggetto del messaggio: Re: TEORIE ED IPOTESI SULLE ORIGINI DEL VAMPIRO
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Grazie Oscuro Signore, a tal proposito, potrei sapere qualche titolo per farmi una cultura sul meraviglioso mondo dei vampiri?

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 Oggetto del messaggio: Re: TEORIE ED IPOTESI SULLE ORIGINI DEL VAMPIRO
MessaggioInviato: mar mag 24, 2011 15:53 
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Iscritto il: mar mag 24, 2011 15:07
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Il libro di Introvigne è molto bello, io l'ho comprato 8 anni fa e l'ho trovato molto interessante.
Quasi introvabile è invece "I vampiri" di M.D. Cammarota JR. del 1984 edito ai tempi da Fanucci, che ho trovato in un negozio di libri usati 7 anni fa... in questo libro oltre che del folklore si parla anche della figura a livello di cinema, arte, ecc...
Altro libro consigliatissimo è "Il libro dei Vampiri" di Fabio Giovannini.

Sulle origini del mito c'è una bellissima spiegazione nella storia a fumetti di Martin Mistére intitolata "Un vampiro a New York"

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L'uomo s'illude di essere il fautore della propria vita. Ma esistono elementi superiori che guidano e controllano il destino di ognuno di noi. Chiamateli forze soprannaturali, oppure intervento divino. Ciò che è certo è che le nostre azioni non sono il risultato del libero arbitrio.


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