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 Oggetto del messaggio: Siamo figli di Caino
MessaggioInviato: lun nov 26, 2007 19:41 
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Ben Cami
Dalla terra di Nod
traduzione e cura di Jean Robaey
Editore Bohumil

Dalla terra di Nod è il titolo del libro, pubblicato in italiano del poeta fiammingo Ben Cami (1920-2004). Mi sembra ci possa stare ad hoc nella nostra Bibliotheca Tenebrarum.

Riporto dal sito del Gruppo Editoriale L'Espresso questo articolo che ho trovato molto interessante, è un pò lunghetto, ma merita. E' anche l'occasione per parlare del "Male" e di quanto "...ancora arcaica e dominata dalle forze oscure sia la la nostra presunta modernità, di noi discendenti di Caino..."

Cita:
Siamo figli di Caino
di Giovanna Zucconi

Si chiamava Ben Cami. Era un grande poeta fiammingo. Cantore del male e delle tenebre. Ora è tradotto in italiano

Se il nome è destino, il grande e misconosciuto poeta fiammingo Ben Cami (nato nel 1920 e morto nel 2004) non poteva che scrivere quello che ha scritto: versi di solennità biblica sul male che è dell'uomo e nell'uomo. Ben sta per Benjamin, Cami è un cognome brabantino abbastanza diffuso, ma piace pensare che derivi da Cam, il figlio maledetto da Noè, o sia quasi un anagramma di Caino. Perché questo è appunto il paesaggio nel quale Ben Cami costruisce le sue possenti allegorie: la violenza, la ribellione, la paura, l'esilio, la maledizione. Così almeno nella sua raccolta del 1954, scritta dunque sulle macerie della guerra, intitolata 'La terra di Nod': ossia la landa desolata dove secondo la Genesi venne scacciato il primo omicida ("E Caino si allontanò dalla presenza del Signore, e abitò nella terra di Nod, a est dell'Eden"), e dove secondo tradizioni esoteriche da Caino scaturì una progenie di vampiri.

A quel libro, e a quel territorio spirituale, rimanda il titolo scelto per la prima traduzione italiana dell'opera di Cami: 'Dalla terra di Nod', in uscita presso il nuovo editore bolognese Bohumil per la cura del francesista Jean Robaey, include anche versi dalla sua ultima raccolta 'A ovest dell'Eden', del 1998, e una terza sezione antologica 'Nella terra promessa', ma poggia soprattutto sul cupo vigore della voce che dice "Io sono Caino" e traccia un mondo notturno, solitario, errante: "Lasciammo il morto, solo, dove stava, / Fuggimmo dai paesi come ombre / E raggiungemmo già la mattina seguente / Queste contrade, dove le piante lungo le strade / Ascoltano e respirano quando muore un passo, / Dove l'ostile paura di Abele / Torna a nascere di figlio in figlio". È un'epica della disperazione, un viaggio che risale all'origine della vita quando l'uomo e il tempo ancora non esistevano, e poi segue i discendenti di Caino mentre vagano fra brume e fuochi e acque e rocce e sabbie, "nel paese segreto / Che portiamo dietro il nostro viso pietrificato", in uno scenario buio, silenzioso, gelido, reietto, dove anche la vita è "spaventosa di succhi e crescita".


Sembra un film di fantascienza medievaleggiante, che dice per via allegorica quanto ancora arcaica e dominata dalle forze oscure sia la la nostra presunta modernità, di noi discendenti di Caino devastati dalla guerra mondiale. E sembra anche quasi una rivisitazione dell'epica nordica di Beowulf (Ben Cami era di madre inglese, l'inglese la sua prima lingua, inglese la letteratura di formazione). Il destino dei 'cainiti' è infatti bizzarro e crudele. All'inizio dell'era cristiana furono una setta gnostica estremista, adoratrice di tutti i personaggi biblici ribelli al Dio del Vecchio Testamento: Cam, Giuda, gli abitanti di Sodoma e Gomorra, e appunto Caino. Nel primo Medioevo, come rievoca Jorge Luis Borges nelle lezioni di letteratura inglese appena riproposte da Einaudi ('La biblioteca inglese. Lezioni sulla letteratura'), gli orchi nordici erano considerati progenie di Caino. Oggi la leggenda sulla terra di Nod patria dei vampiri sopravvive soprattutto in una serie di giochi di ruolo vampireschi e di siti dedicati. Su cainiti.it, per esempio, il mondo delle tenebre è così riassunto: "Ombra, Comando, Ferinità, Orrore e Sensualità. Questo è il Vampiro, il portfolio di questa figura affascinante tanto amata dalla letteratura, dal cinema e dall'arte".

Oppure, all'estremo colto e sublimemente antilirico e scettico, c'è la poesia di Ben Cami. "Gli uomini tacciono, troppo stanchi per essere disperati", scrive con bel paradosso in 'A ovest dell'Eden', la seconda sezione della raccolta finalmente offerta ai lettori italiani. La terza, 'Nella terra promessa', lascia i territori biblici e divaga sui temi della fragilità, della vecchiaia, della morte: "Essere ancora vivo, e vecchio: / Niente rimane tranne che spalmare unguento / Su muscoli e articolazioni / E prendere pillole per il cuore. / Sapere tutto, e non sapere / Cosa fare del tempo: / Una nebbia, / Che assedia la casa". n

(29 giugno 2006)


http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Siamo%20figli%20di%20Caino/1318227


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