In questo articolo mi propongo di fare cenno ad uno dei casi di eterodossia islamica che ha presumibilmente dato adito a leggende, con un minimo inquadramento nel contesto islamico e relativamente al rapporto col Satana. Le notizie che seguono a questa breve introduzione sono liberamente tratte da "Islam, a cura di Giovanni Filoramo - Khaled Fouad Allam, Claudio lo Jacono, Alberto Ventura - GLF Editori Laterza". Agli autori del libro vanno, chiaramente, tutti i meriti del caso; il mio ruolo è di mera sintesi, che spero risulti piacevole ed utile. Per approfondire e comprendere meglio l'argomento invito alla lettura del testo succitato. Per la traslitterazione delle lettere arabe si adotterà qui un'estrema semplificazione.
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La morte di Maometto e la Shi'a.
La prima e certamente più generica distinzione tra i fedeli musulmani nota è quella tra "sciiti" e "sunniti". Alla morte di Maometto (Muhammad), seguì un cinquantennio (il cosiddetto periodo "aureo" dell'Islam) di repentini cambiamenti nella leadership musulmana; i cosiddetti quattro califfi "benguidati" (Abu Bakr, Umar, Uthman e 'Alì) contribuirono grandemente a definire i tratti di quella che oggi è la seconda religione al mondo per numero di fedeli. Tutti e quattro fedelissimi della prima ora, condividevano con il Profeta (ar-Rasul) vincoli di fedeltà e di amicizia, ma tra di essi 'Alì si distingueva per essere l'unico suo parente diretto, sposo di sua figlia Fatima e padre di suo nipote. Ci si aspettava che fosse lui il primo a guidare la 'umma ("comunità dei fedeli", un concetto di appartenenza sovranazionale che presenta caratteristiche intimamente connesse all'Islam ed alla vita musulmana che qui non verranno trattate), mentre invece fu l'ultimo dei quattro califfi. Le congetture a tal riguardo abbondano, una delle più note è che 'Alì fosse mal visto da 'Aisha (l'ultima moglie di Maometto, nota per la sua giovanissima età e tutt'ora elemento storico fulcro delle lotte sull'età matrimoniale minima femminile) da quando lui la accusò di adulterio nei confronti del marito (la vicenda, come quasi tutti gli avvenimenti memorabili della vita del Profeta, costituisce materia di elaborate concezioni della vita musulmana, pertanto non la narreremo).
L'elezione di Abu Bakr al califfato, portò alla nascita della prima, disomogenea, disorganizzata, partizione tra i fedeli musulmani: la Shi'a 'Alì o Partito di Alì. Gli sciiti affermavano la rilevanza della linea di sangue del Profeta e quindi sostennero con forza sempre maggiore i diritti del marito di Fatima alla successione. È doveroso chiarire che le rimostranze non portarono a conflitti su ampia scala fino al termine del califfato di Uthman, terzo califfo, quando Mu'awiya, capostipite dei quella che divenne la dinastia dei califfi Omayyadi durante un secolo (I-II sec. Egira), raccolse ed incanalò tutte le tensioni del mondo musulmano in una guerra aperta contro gli sciiti. 'Alì condusse i suoi in battaglia, ma dopo aver constatato la propria inferiorità bellica decise di firmare un compromesso. Subito dopo fu assassinato, da un kharigita, un appartenente all'ala estrema dello sciismo del tempo, che accolse con evidente disappunto la decisione del proprio leader.
La morte di 'Alì fu il punto di non ritorno, segnando così un definitivo distacco tra "sunniti" e "sciiti", una distinzione che se per certi versi ebbe carattere dottrinale, per molti fu più spiccatamente politica (va precisato che la sfera religiosa e quella politico sociale sono comunque inscindibili l'una dall'altra). I secoli che seguirono videro l'estensione del territorio musulmano (dar al-Islam) fino al Marocco ed alla Spagna ad ovest, oltre il territorio iranico ad est, fino in India.
Le eterodossie.
L'estensione dell'influsso islamico, sunnita e sciita, ha portato a risultanti politico-religiose che si sono sempre discostate in qualche modo dall'Islam degli anni "aurei", ma sempre rimanendo aderenti ai fondamenti della religione. Nei casi di sciismo più lontano dal sunnismo si considerano alcuni capitoli aggiuntivi del Corano (al-Qur'an), che secondo i Partigiani di 'Alì sarebbero stati volutamente eliminati, per ragioni meramente politiche, dai seguaci dei califfi. Ma non si tratta ancora di eterodossia.
La nascita delle eterodossie è un fenomeno che trova le sue radici (e ragioni) nelle specificità delle realtà locali. Spesso ai confini dell'influsso islamico, in Iran, in India, queste vengono totalmente escluse dalla vita religiosa musulmana, giudicate totalmente avulse dal messaggio divino.
Gli Yazidi o Adoratori del Diavolo (shaytan parast).
Gli Yazidi rappresentano un caso di raggruppamento religioso che, a causa della sua assoluta chiusura verso l'esterno, si è a man mano trasformato in un vero e proprio "popolo" (A. Ventura, vedasi introduzione). Endogami, di stirpe unicamente curda, sostengono di discendere dal solo Adamo. La leggenda vuole che in un confronto di superiorità tra Adamo ed Eva entrambi ponessero il proprio seme in un'anfora: dall'anfora di Adamo sorse l'antenato degli Yazidi, da quella di Eva solo parassiti. Le persecuzioni ai loro danni da parte dei fedeli musulmani, ha portato alla loro dispersione in Medio e Vicino Oriente. L'origine del loro nome è incerta; gli Yazidi stessi si rifanno a Yazid, figlio del califfo Mu'awiya, mentre alcuni studiosi collegano il nome, per'altro di probabile matrice araba (y-z-d) all'iranico izad, una sorta di Dio-Angelo. L'appellativo musulmano per gli Yazidi è shaytan-parast, adoratori del diavolo, espressione che poco e malamente inquadra la loro fede, soprattutto se associata banalmente al Diavolo o al Male (shaytan è un termine arabo che si riferisce ad un male puro, assoluto e astratto). Va fatto presente, infatti, che l'Islam è popolato di Jinn (in inglese Djinn, italiano Djinni), geni sia buoni che malvagi (Maometto ne convertì alcuni all'Islam), che hanno le loro radici in epoca pre-islamica, ma non v'è un polo opposto ad Allah, che è al di sopra di ogni dualismo. Questo, come altri termini dispregiativi in voga tra i musulmani prevalentemente sunniti con cui vennero a contatto crociati e pellegrini europei di varia natura, venne fatto viaggiare attraverso le nazioni ed in Occidente, dando origine a miti e false credenze sull'origine di questo popolo. In realtà gli Yazidi non possono essere definiti seguaci del "male", poichè il mito fondatore della loro dottrina non ne concepisce neppure l'esistenza (A. Ventura, vedasi introduzione).
Shaytan nella dottrina yazide.
Procediamo dunque a chiarificare la figura dello shaytan nel credo yazide. Nella complessa leggenda cosmogonica di questo popolo, protagonisti indiscussi sono Dio e l'angelo pavone Malak Ta'us, emanatore e rappresentante della volontà divina. Nei testi yazidi si fa riferimento alla caduta in disgrazia di questo principe degli angeli, ma lo stesso avrebbe poi manifestato 7.000 anni di pentimento, colmando sette anfore delle sue lacrime, con le quali furono spenti i fuochi dell'inferno e cancellata ogni traccia di male dal creato. Dio l'avrebbe dunque riammesso al suo fianco, nella stessa posizione di cui godeva in principio. Gli yazidi evitano di pronunciarne il nome, rifuggendo soprattutto l'epiteto di shaytan; un Satana, tuttavia, che non ha alcun rapporto con il male e che rappresenta quindi una figura positiva, con la quale tutti i credenti possono sperare di identificarsi attraverso la purificazione ed una lunga serie di metempsicosi (A. Ventura, vedasi introduzione).
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