Il forum dei Drow, dei Vampiri e delle creature dell'oscurità
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MessaggioInviato: mer set 21, 2005 15:49 
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Signore di Necropolis
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ATTENZIONE

A grande richiesta, come nelle migliori tradizioni, il I CONCORSO GOTICO viene prorogato eccezionalmente fino a GIOVEDI' 13 OTTOBRE

Chi è ancora interessato a partecipare pertanto si affretti, la sorte non bussa due volte alla casa della pigrizia.... :mastermind:

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MessaggioInviato: sab set 24, 2005 16:23 
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UN RISVEGLIO NELLE BRACCIA DELLA MORTE

Mi svegliai di soprassalto…Ne io ne la mia mente riuscimmo a ricordare cosa fosse successo ne tanto meno a comprendere il perché ci trovassimo in quel luogo. La notte era scesa,inevitabilmente del resto,e aveva portato con se anche un leggero freddo che la mia pelle scoperta incominciava ad avvertire insistentemente. Mi guardavo attorno senza capire dove diavolo fossi ma era inutile sfidare le tenebre,di certo loro non mi avrebbero dato nessun aiuto. Decisi di alzarmi e fu allora che mi resi conto che i miei abiti erano tutti strappati. La cosa stava diventando sempre più strana anche perché non era di certo mia abitudine girare in luoghi a dir poco sconosciuti e addirittura conciata in quel modo. Quante domande cercavo di pormi senza trovare la ben che minima risposta. Avanzavo nell’ombra e tutto ciò che riuscii a trovare fu un locale.. Una specie di discoteca oserei dire, ma la musica che vi proveniva da dentro era molto calma ma allo stesso tempo tetra. Mi decisi ad entrare. Le luci erano soffuse e nel locale aleggiava una strana atmosfera… Non era molto grande ma ben distribuito:ai lati vi erano dei divani mentre per il resto del locale vi erano solamente tavoli e cuscini sparsi in modo irregolare. Nessuno si accorse della mia presenza però…Cercai di farmi strada nella speranza di trovare aiuto, qualcuno che mi sapesse dire come tornare a casa. Mi sentivo a disagio in quel posto… Nessuno sembrava essersi accorto della mia presenza ma allora per quale motivo continuavo a sentire due occhi insistenti su di me? Non capivo da dove ma ne ero certa! Mi feci sempre di più strada tra la folla con molta difficoltà e arriverai al bancone del bar ma nulla,nessuno rispose… Perché venivo così ignorata? Certo mi rendevo perfettamente conto di essere del tutto fuori posto così conciata e la diffidenza era del tutto comprensibile, ma fino al punto di non ricevere risposta alle mio domande? Ad un tratto però avvertii quegli occhi di cui vi parlavo in precedenza vicinissimi. Mi voltai di scatto! Rimasi esterrefatta, forse ero riuscita a catturare l’attenzione di qualcuno.. Ed era così! Di fronte a me vi era un bellissimo ragazzo dai capelli lunghi e corvini ma ad essere sincera,la cosa che catturò subito la mia attenzione furono gli occhi! Occhi oserei dire di ghiaccio. Ebbi quasi paura… Un brivido attraversò il mio corpo ma nonostante questo, non riuscivo a togliergli i miei occhi di dosso… Ero come ipnotizzata!-“Posso sapere per quale motivo si trova in questo posto?”-mi disse guardandomi dall’alto verso il basso.-“Vorrei saperlo anche io…-“Risposi guardandomi spaesata. Mi guardò perplesso:-“Vorrebbe saperlo? Non mi dica che non sa dove di trova!”-Disse quasi prendendosi burla di me-“Se sono entrata qui dentro è solo perché non so minimamente dove mi trovo. Sarebbe così gentile da aiutarmi almeno lei?”-Il suo volto diventò ad un tratto serio:-“Deve ammettere che non sia normale come cosa,anzi. Comunque credo che sia meglio che lo scoprisse da sola in fondo penso che lei sia una ragazza abbastanza sveglia.”- Lo guardai con aria attonita e l’unica cosa che riuscii a farmi uscire in quel momento fu un sorriso isterico! Mi indicò di voltarmi e ciò che vidi mi inquietò ancora di più! Il posto in cui credevo di trovarmi non era più lo stesso… mi trovai d’un tratto in mezzo ad un bosco completamente vuoto e spoglio. La natura non esisteva più da tempo ormai era come se fosse stato tutto abbandonato a se stesso. Cosa stava succedendo, dove era finita la gente, che cosa ne era stato del locale! Tornai a volgere il mio sguardo verso l’unica persona che fosse con me in quel momento, il misterioso ragazzo… Il suo volto era ora divenuto triste… Si voltò e con lui anche io:-“Non può essere vero!Che diamine di scherzo di poco gusto è questo??”-Fu tutto quello che riuscii a tirar fuori tremante.-“Non è uno scherzo”-mi disse-“Ciò che finalmente puoi vedere è il tuo vero mondo,un mondo dal quale ormai non potrai più fuggire!”-Le lacrime affioravano dai miei occhi e nel frattempo continuava impietoso-“Per troppo tempo hai ignorato la tua vera natura ed io sono venuto a far si che tu possa finalmente giungere a noi,tra i tuoi simili… anime dannate per l’eternità con la sola colpa di voler scappare da una falsa felicità… Hai scelto ciò che hai creduto fosse meglio per la tua salvezza,la Morte…”-Dicendomi questo prese la mia mano e solo in quell’istante ricordai il perché mi risvegliai con i vestiti rotti e lontana dalla mia casa… Avevo deciso di non vivere più… Avevo deciso di cercare una via più semplice che mi restituisse gioia!Smisi di piangere e strinsi la sua mano convinta,finalmente, di aver trovato le risposte che chiedevo da tempo.

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Immagine "Tu,come lama di coltello
sei entrato nel mio cuore in lacrime!
Tu,forte come una torma di demoni,
folle ed in ghingheri,
sei venuto a fare del mio spirito
umiliato il tuo letto ed il tuo regno!"


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 Oggetto del messaggio: la croce del lago
MessaggioInviato: lun set 26, 2005 09:37 
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LA CROCE DEL LAGO

Rihanna viveva sulle rive di Loch Ness ormai da sempre. Lei, e la sua piccola locanda in legno profumata del verde della Scozia erano parte di quel mondo ovattato, fantastico, velato delle nebbie grigie del nord delle Highlands.
Fu una notte, una di quelle notti stellate e fredde di mezzo inverno in cui sembra di poter percepire il respiro dei mondi, che lui entrò.
Era un giovane dai capelli neri e lucidi come l’ala di un corvo, dagli occhi verdi come le Highlands. Vestiva un gualcito impermeabile e un piccolo orecchino d’argento brillava al suo lobo sinistro.
“Posso avere una stanza?” chiese, mentre Arsenio, il fulvo gatto persiano di Rihanna gli si strusciava contro le caviglie. Lei non ebbe problemi ad accontentarlo: nessuno risiedeva lì in quei giorni, e parte un vecchio professore tedesco venuto forse a fare quattro chiacchiere con Nessie.
Ma quella notte Rihanna non riuscì a dormire, perché non riusciva a liberarsi dalla sensazione di aver già visto quegli occhi. Uscì in piena notte, e camminò scalza sulla verde erba di Scozia, fino alla Croce del Lago. La Croce sorgeva su di un piccolo promontorio poco distante dalla sua locanda, e a dispetto del nome non era affatto una croce, ma un alto pilastro in pietra completamente ricoperto di rune e simboli arcani. Fu lì che li vide.
Il giovane e il vecchio professore si fronteggiavano sotto la luce brillante di Cassiopea.
“Ti attendevo” disse il vecchio, protendendo una pistola, la cui canna brillò ai riflessi del lago.
“Lo so” replicò quieto l’altro, allargando le braccia.
Ci fu uno sparo, e lui cadde abbracciando la pietra. Il suo sangue corse in rivoli lungo il pilastro, riempiendo di rosso brunito le lettere ivi incise.
La Croce avvampò di luce verde, e il lago s’incendiò in risposta: non uno, ma decine di mostri emersero creando vortici e cascate con i loro lunghi colli sinuosi e i dorsi mastodontici.
Rhianna corse in avanti, fissando attonita il professore e la canna della pistola che ancora fumava.
“Perché l’hai ucciso?” gridò, poi, d’un tratto, ricordò tutto “Lui è mio fratello!”
Il vecchio la guardò e sparò anche a lei.
“Allora muori con lui, e adempi la profezia”
Rhianna cadde addosso alla croce, vicino a suo fratello, mescendo il suo sangue con quello di lui. Allora seppe.
Erano mille anni che lei e suo fratello correvano per raggiungere quel luogo…la porta verso casa, da cui erano stati banditi perché avevano commesso il peccato che nessun dio avrebbe potuto perdonare. Si erano amati, amati come mai un fratello e una sorella avrebbero dovuto.
Avevano dovuto camminare scalzi su migliaia di cocci di vetro prima di ritrovarsi e trovare la pace, ma ora la luce verde che trafiggeva il cielo mostrò loro il modo di tornare, spalancando le porte di un luogo colmo di delizie…
Il professore li guardò morire, e i loro corpi svanire come non fossero mai esistiti. La profezia era compiuta: gli amanti avevano bagnato con il loro sangue, sangue dello stesso padre, la pietra della croce, e adesso la magia era di nuovo libera. Era finita l’era cristiana. Ora sarebbero tornati gli dei pagani, e nessuno più sarebbe stato bandito dalle porte dell’Eden.


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 Oggetto del messaggio: "Fiumi di porpora come battiti d'ali dell'Animo"
MessaggioInviato: mer ott 12, 2005 16:51 
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Iscritto il: dom set 18, 2005 19:36
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"Fiumi di porpora come battiti d'ali dell'Animo"

Buio… l'oscurità opprimente e tetra avviluppava i contorni delle cose rendendoli sfocati e inconsistenti, come immateriali ai suoi occhi resi velati dalla polvere della strada su cui giaceva. Sentiva un caldo opprimente, nonostante la scura caligine che la sovrastava con quella sua pesantezza quasi palpabile. Da quanto tempo era lì? non rammentava, le uniche cose chiare e tangibili erano l'amaro sapore ferroso del sangue misto alla terra di quella impervia stradina dei Carpazi centrali. Il corpetto di morbido raso tenuto stretto da quella miriade di laccetti, come la moda parigina imponeva in quel tempo, la stringeva così tanto da renderle difficoltoso anche solo respirare; e mai come in quel momento si rammaricò della sua frivolezza nel sperimentare le nuove tendenze dell’epoca. Come una dolorosa pugnalata fu strappata dai suoi pensieri dal pungente bruciore agli occhi allorché tutto attorno cominciò a schiarirsi nuovamente e il silenzio che fino a un istante prima aveva gravato imperioso su ogni essere vivente ora stava abbandonando lentamente la terra dal suo freddo abbraccio, come la vita che lentamente scorre via lasciando dietro di sé soltanto un senso di gelo implacabile. Socchiuse gli occhi quel tanto che bastava a far defluire le copiose lacrime lungo le gote ormai sempre più terree fino a sfiorare le labbra un tempo carminie che tanti uomini avevano fatto fremere per gli arditi pensieri che sapevano ispirare. L’abbraccio della terra si faceva sempre più prepotente, sentiva già qualche ragno di passaggio sfiorarle i lucenti capelli del colore del miele ora sparsi scompostamente sul terreno aspro. L’ineluttabilità della situazione annichiliva ogni paura del suo essere, sentiva anzi, quasi un febbrile desiderio che quella condizione non finisse. La sua carrozza giaceva inerme come un relitto sparuto ormai privato di ogni sua regale prestanza, le assi rotte penzolavano tetramente lungo il fianco divelto per l’impatto, del cocchiere non v’era ombra se non la lugubre traccia di sangue lasciata dal suo corpo strascinato sul selciato dai cavalli imbizzarriti che avevano continuato la loro corsa portandosi al seguito l’inerme piccolo uomo che nulla aveva potuto. Solo ora si era soffermata a pensare a quel essere per più di qualche istante che non fosse stato quello di impartirgli un ordine, da quanto tempo lavorava per lei?, o meglio da quanto tempo subiva i suoi dispotici ordini? Non rammentava, così come non ricordava neppure la sua faccia ora che ci pensava, non era stato null’altro che uno dei tanti servitori che si erano avvicendati nella sua regale villa nella Baviera del nord. La sua vita le sembrava così meschina resa nuda dalla cruda realtà della morte che l’attendeva, come aveva potuto permettersi di diventare quel che era stata?
-“Mmmmmm” fu l’unico rantolo che le sfuggì dalle labbra sempre più esangui sentendosi sollevare con vigore da terra. Non riusciva ad aprire gli occhi, non riusciva a sentire nulla se non il freddo, che ora le attanagliava le membra sempre più prepotente e intenso mano a mano che il calore vitale l’abbandonava. Ora il ricordo ricominciava a prendere forma con la stessa prepotente veracità e dolore di uno schiaffo; ricordava ogni cosa, come se l’avesse vista dall’esterno. Rivedeva i cavalli impennarsi appena il disco del sole si era oscurato in pieno giorno e la carrozza non aveva retto la loro folle corsa sbandando alla prima curva finendo divelta contro il secolare tronco del pino che imperturbabile sovrastava ancora i suoi resti, e lei impotente era stata sbalzata fuori come uno straccio era finita pesantemente a terra spezzandosi l’osso del collo. Si ora ricordava ogni cosa e assieme al ricordo si fece largo la consapevolezza e con esso il timore reverenziale per l’oscura meta che l’attendeva. I suoi arti pendevano scomposti verso il polveroso terreno come le fronte degli alberi, quasi a voler trattenere un contatto con la nuda terra, con il mortal respiro della vita che lentamente sentiva scorrere via dal suo corpo.
-“Pallido riflesso del mondo mortale che indomito percorre i sentieri dei secoli ignaro di cotanto stupore e bellezza nel mirare la vita che v’abbandona, come fiumi di porpora sono i battiti del tuo animo che stringo sì fedelmente tra le mie dita e di cui il destino potrei carpire con un singolo bacio”- sentì pronunciare da una suadente e calda voce nella sua mente, come un rombo di tuono e una cascata d’argento l’aveva scossa dal suo fatale pensiero.
-“Come sei bella nella tua fragilità umana, labile come un petalo di fiore nella brezza dell’inverno, potrei distruggere questo tuo misero involucro di carne e consacrarti nella vita eterna donandoti una forma incorruttibile nei secoli, al mio fianco potrai mirare in eterno lo sbocciare dei fiori che tanto ami, senza timore dell’imbrunire delle foglie ad ogni autunno” udì ancora carezzarle la mente scossa ora dal vortice di pensieri e di dubbi. Non sentiva più nulla di ciò che la circondava, anche il freddo l’aveva abbandonata, così pure il dolore e la paura, ora c’era solo quella voce e i propri pensieri. Non s’accorse nemmeno di aver formulato un eco in risposta, che, come ardente ed accecante fluidità, sentì scorrerle lungo la gola qualcosa dal sapore immensamente dolce ed appagante eppure così prepotentemente familiare.. sangue… il suo stesso sangue.. ma non aveva più quello sgradevole sentore ferrino, anzi, più delicato del sidro e più soave dell’idromiele le sembrava ora, e al contrario di quanto si sarebbe aspettata non avvertiva il senso di soffocamento che avrebbe dovuto. Con vigore sentì le sue viscere contrarsi spasmodicamente e dolorosamente mentre qualcos’altro le scivolava lungo la gola riarsa ora dalla sete, qualcosa dal sapore più intenso e chiaro, altro sangue ma non il suo, emanava vita e vigore unito a saggezza e conoscenza, ma non era dolce come il suo ne altrettanto caldo eppure sentiva di volerne ancora, lo anelava ora con struggente desiderio, quasi con passione sensuale. Con rinnovata energia si avvinghiò con le braccia attorno alla figura che la stava sostenendo rispondendo liberamente ad ogni suo desiderio come se il suo corpo non fosse mai stato intaccato da nessun danno. Aprì gli occhi nell’estasi di quel momento sentendo le braccia di quello sconosciuto stringersi attorno al proprio corpo flessuoso che rispose a quell’abbraccio regalandole una scossa di piacere mai provato. Affondò il viso in quei capelli scuri come l’ebano che profumavano di vigore e di potenza inebriandole lo spirito e il corpo come mai aveva creduto possibile. Il suo volto era un ovale, di perfezione tale, da parer scolpito nel più pregiato dei marmi. Ed i suoi occhi ferini color ambra, il cui sguardo le pareva così intenso e penetrante da scorgerle fin nell’animo ogni suo più recondito desiderio, erano appuntati sui propri. Si sentiva stordita da tutta quell’estasi di piacere che le stava innondando le viscere con la stessa intensità di un uragano ma vi si abbandonò lasciva assaporandone ogni singola goccia.


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Si svegliò di soprassalto completamente madido di sudore, che come una coroncina gli imperlava la fronte e il bel viso dai lineamenti delicati arricchiti da un accenno di barba. Ansimava ancora sentendo dentro di sé gli ultimi sentori di quel piacere così violento da spaventarlo. La pelle nuda luccicava mellifluamente alla tenue luce della luna che filtrava dalla finestra lasciata aperta in quella notte d’agosto. Gli sembrava quasi di sentire ancora quel gusto così delizioso seppur non fosse stata la sua bocca a berlo. Respirò a fondo passandosi una mano sul possente petto mascolino che da qualche anno non era più quello del ragazzino che tutti ricordavano come goffo e insignificante. Ora era un uomo prestante il cui fisico aveva conquistato innumerevoli ragazze e suscitato pensieri impuri in più di qualche madre delle stesse, e non poteva concedersi il lusso di essere così spaventato per un incubo. Ma in realtà non era spaventato da ciò che aveva visto ma da quanto consapevolmente stava vedendo ora nel consueto limite del suo appartamento. Nel suo stesso letto, dove la sera prima non v’era altro che le lenzuola intonse, giaceva ora una ragazza splendida di cui però non riusciva a ricordare il nome. La sua pelle diafana e immacolata sembrava quasi evanescente ed era morbida come la seta sotto il tocco delle sue dita, i morbidi capelli dorati le giacevano attorno alla testa, sparpagliati sul cuscino come una corona regale esaltandone il bel viso dai lineamenti tanto simili ai suoi, eppure non riusciva a ricordare chi fosse, ne cosa era accaduto la sera prima e come fosse finita lì; eppure gli pareva di conoscerla da sempre. Passò le dita lungo tutto il suo corpo indugiando sulle sue forme femminili come a cercare di riportare alla mente i ricordi che sicuramente aveva vissuto godendo di quel corpo così generosamente ben fatto, ma questa aprì gli occhi nel mentre strappandolo alla sua concentrazione. Due fari ambrati lo fissarono così penetranti da far male mentre le sue vellutate labbra si schiudevano in un accenno di sorriso che metteva in risalto i candidi denti perfetti come un filo di perle. Ad un tratto ebbe una consapevolezza che lo colpì in pieno stomaco come un macigno; quella era la ragazza del sogno, la donna che lui stesso era stato nel suo incubo. Inconsapevolmente si portò due dita alle labbra, le stesse che poc’anzi avevano sfiorato quel corpo perfetto. Quando le ritrasse erano umide e appiccicaticce di sangue… ora comprendeva ogni cosa, aveva vissuto i suoi ricordi, l'aveva vista rinascere ed aveva bevuto il suo sangue….
…prima che questa lo avvolgesse nuovamente nel suo sensuale abbraccio ebbe il tempo per formulare un ultimo pensiero mortale...
...ora era suo.

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MessaggioInviato: gio ott 13, 2005 00:50 
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OLTRE IL LIMITE UMANO

L'uomo cammina per la città deserta e buia come la pece, in cui non c'è nulla da vedere all'infuori dei lampioni;tutto tace,la gente dorme;solo l'incedere dei suoi passi inquieti riecheggia nel sacro silenzio.Si ferma davanti a un cancello imbruttito dal tempo,angusto ingresso del regno dei morti.L'uomo adora contemplare le anonime lapidi sulle quali invisibili epitaffi sono scolpiti a ricordare la storia di anime dimenticate.Solo una di queste tombe,però,pare dominare il piccolo cimitero e richiamare su di sè le attenzioni del solitario viandante.E' il letto dove il corpo malato di sua moglie fu seppellito tempo fa e,come ogni sera,viene bagnato dalle lacrime dell'uomo in cerca di pace.I capelli ramati,la delicata fragranza di rosa sulla pelle...La porta era aperta:lei voleva sentire la voce del marito.Piangeva nel suo letto sciagurato.Il forte respiro rauco e rantolante mentre il figlio pregava in ginocchio.Gli occhi vitrei tristemente fissi sul soffitto vuoto.Si fa giorno e l'uomo torna a casa;attraversa la strada che da sul mare,perchè il calmo respiro delle onde sembra regalargli un momento di innocenza:ben misera illusione.
Pochi sguardi distratti a tutta la casa,dettatipiù che altro da una monotona abitudine.Rapidamente si immerge nell'oscurità della sua camera,sigillando accuratamente la pesante porta di legno.Accende una candela consuta sul tavolo,che scopre i libri sui quali stava studiando.Un attimo di esitazione prima di riprendere il lavoro interrotto dalla malinconica notte.Sentiva il pesante e irritante respiro del figlio,che,giorno dopo giorno,aspettava sconsolato anche una sola parola del padre.Ahimè Il povero sventurato troppo somiglia alla madre defunta,tanto da essere rifiutato e forse odiato.
Non appena riconosce di essere nuovamente solo,torna a consultare gli antichi testi di magia nera,che si è procurato compiendo neffandezze di ogni genere;l'animo corrotto e impuro si volge ad attuare quella compenetrazione tra il mondo dei vivi e quello dei morti,tanto aspirata dagli intellettuali romantici del suo tempo.I Mani avrebbero così varcato i lugubri cancelli di Dite per tornare ad assaporare il gusto dell'armonioso giorno.Avrebbe ripreso sua moglie..avrebbe avuto il perdono,la pace.
Malvagità ed egoismo,però,lo portano ad avventurarsi oltre i limiti dello sciibile umano e,come l'eroe di colui che cantò le fatali acque,sarà condannato a peregrinare tra i lamnti dei templi acherontei.Troppo a fondo ha indagato il lugubre arcano,così che una delle più perfide figure demoniache si è svegliata:Lilith.Improvvisamente colto da un torpore fatale,l'uomo si abbandona fra le braccia dell'oblio.Pelle candida come la neve,lunghi capelli corvini,rosse labbra di peccaminosa passione:il male in tutta la sua bellezza.I sensi sconvolti da luttuose parole d'amore;intrepidi baci di morte vibrati per tutto il corpo;eccitazione fremente;ebbrezza furiosa.Si sveglia spossato e psichicamente labile.Il profumo degli inferi dimora nella stanza;la porta è misteriosamente aperta e il corpo esanime del figlio giace,con le carni straziate,sul pavimento ai piedi del padre.Una smorfia di dolore pietrifica l'ultimo sguardo del ragazzo,e negli occhi risiede la medesima solitudine della cara madre.Cieca follia si impadronisce dell'uomo;urla disperate si infrangono sulle pareti ammorbando l'aria.Lui è il colpevole e lo sa.Scappa,corre in strada,ancora solitaria,ancora buia.Pazzo iniziò ad errare verso il suo destino.
Sul tramonto della sua esistenza umana,si trova a strisciare ansante di follia sulla scogliera,rifugio prediletto per gli animi sconvolti da dolori e rimorsi.Dirimpetto il mare,prima dolce dispensatore di benessere,ora cupo messaggero di una fine imminente.Si scaglia con impeto furioso contro le rocce,quasi fosse disgustato anch'esso dalla presenza dell'uomo.La terra trema e e compone squarci sgraziati e profondi,dai quali il mondo sofferente vomita orde di creature innaturali e feroci.Mostri senza volto;corpi deformi che liberano risate sguaite di piacere e avvolgono lussuriosi l'uomo immobile,sbavante inconsapevole paura.Le membra strappate e contese dagli immondi avviluppati al corpo ricoperto di sangue.Non un gemito,solo lo sguardo fisso verso un orizzonte ancora vuoto.Ecco,luce e tenebra si incontrano per un attimo senza confonderis,si trapassano e si lasciano,raggi infuocati annunciano il sorgere di un sole maestoso,antico Dio di un'umanità sepolta.L'uomo risanato dalla sublime visione,ammira per l'ultima volta l'alba fulgida,che tante volte gli ha riempito il cuore di luminosa immensità,ma pra è il beffardo saluto della vita al dannato.Gli occhi oramai coperti da un velo di morte sciolgono calde lacrime:effimero conforto per un'anima destinata sofferenza.Le creature divertite trascinano quel che rimane dell'uomo nella voragine dalla quale sono usciti,per incatenarlo al tormento infinito.
Un sole funebre appare imperioso;la vita si diffonde per le strade e neanche il passante solitario sarà in grado di udire il grido che la Natura manda dall'invisibile sepolcro dell'uomo.


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MessaggioInviato: lun ott 31, 2005 20:55 
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L'ora è giunta miei pazienti Anfitrioni

L'appassionata battaglia si è appena conclusa e non ancora spento negli animi è l'eco delle tetre storie udite....

Gli scranni sono gremiti di avventori e curiosi, la voce si è sparsa nelle lande oscure di Necropolis, travalicando i confini della Nera Città dei Morti e suscitando attesa nei reami dell'Oscura Valm Neira

Una domanda, sussurrata con palpitante eccitazione, con muta speranza, con nero timore, serpeggia tra la folla bisbigliante

CHI!

Ebbene tacete, o miei preziosi ospiti, placate il vostro demone interiore; che il Silenzio, scacciato Signore di tali luoghi, torni per un istante a sfiorare questo antico auditorio con le sue dita nebbiose, tessendo la sua ragnatela ovattata e senza tempo.

Osservate le ombre che prendono il sopravvento sulle fiamme tremolanti dei vecchi braceri di bronzo, sussurri antichi, spettri danzanti di esseri che furono, invidiosi di ciò che non potranno mai più essere e ciò nonostante schiavi della Necropoli.

Ascoltate il muto sussurro, lasciate che vi carezzino suadenti i sensi e le orecchie, mentre chiaro, nella vostra palpitante mente, il nome di colui che ha espugnato i cancelli dell'Auditorium prende forma e risuona all'unisono tra le mura di questi luoghi antichi.

L'artiglio Nero, Magister Rerum Occultarum,

Hextar...


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MessaggioInviato: lun ott 31, 2005 23:08 
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Purtroppo molti erano i racconti interessanti; tutti, inevitabilmente, non potevano essere premiati

Ma non scoraggiatevi, l'Artiglio Nero è un premio ambito, ma per sua natura sfuggente e arduo da conservare.

Un Anno esso permarrà in compagnia del legittimo vincitore.
Quindi esso tornerà presso la dimora del Signore di Necropolis, in cerca di un nuovo padrone, ed allora, l'Auditurium tornerà a popolarsi di narratori e sogni, in attesa che qualcun altro si dimostri meritevole di possedere il prestigioso Artefatto

Preparatevi dunque per la sfida oscuri cantatori dell'Incubo

Menzione speciale della giuria va infine al racconto di Lady MURIEL, secondo classificato, le cui note delicate e tristemente raffinate hanno saputo incantare l'Auditorio, nonchè gli Occulti Giudici di Necropoli

Complimenti Milady, a Voi e a tutti i Partecipanti

In attesa della premiazione (assente il Vincitore a LUCCA), custoditevi nel migliore dei modi, se potete, ed alla prossima disfida, signore e signori....

Al prossimo anno
Il Vostro Anfitrione si congeda e riconsegna, in attesa, l'Auditorium al suo legittimo Signore, il Silenzio!

Oscuri Saluti
MasterMind :mastermind:

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