Il forum dei Drow, dei Vampiri e delle creature dell'oscurità
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 Oggetto del messaggio: I CONCORSO GOTICO
MessaggioInviato: gio giu 09, 2005 15:38 
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Signore di Necropolis
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Ben giunti miei graditi ospiti

Accomodatevi prego sugli intarsiati scranni di questo secolare ed un tempo splendente Auditorium ed apprestatevi a godere della sfida di antico sapore che si prepara ad imperversare in questo erudito angolo decadente di Necropolis.

Prendete posto e, siate voi curiosi spettatori o coraggiosi paertecipanti, lasiate che quale vostro premuroso Anfitrione vi illustri i termini di questa oscura tensone:

Necropoli è lieta di annunciare il
PRIMO CONCORSO DI LETTERE GOTICHE

Tra le antiche pareti dell'Auditorium, tra gli echi dei vegliardi di tempi oramai andati, coloro che desiderano cimentarsi con i segreti della letteratura nera e gotica hanno ora la possibilità di mostrare il lato oscuro del proprio animo, la sensibilità melanconica dello spirito, il terrore partorito dai propri incubi peggiori.

Seguiteci dunque e scopriremo quale tra i novelli scrittori che si nascondono nei tortuosi meandri di Valm Neira saprà far tremare il nostro cuore, accendere la nostra immaginazione più nascosta, colui che sarà insignito della simbolica, ma prestigiosa e potente reliqia conosciuta con il nome di Artiglio Nero di Necropolis, nonchè il vincitore unico del premio che successivamente mostreremo.

Accorrete numerosi pertanto, miei cortesi ospiti, seguite la macabra melodia che saprà guidarvi attraverso le paludi di Necropolis a questo luogo di cultura e battaglia e prendete posto dove più vi aggrada.

La Sfida ha inizio

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What if I say I’m not just another one of your plays
You’re the pretender
What if I say I will never surrender


Ultima modifica di MasterMind il lun dic 19, 2005 18:31, modificato 5 volte in totale.

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MessaggioInviato: gio giu 09, 2005 15:56 
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Signore di Necropolis
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MODALITA' DI PARTECIPAZIONE

- Può partecipare qualunque utente iscritto al forum di Valm Neira

- Ciascun partecipante può postare 1 solo racconto breve

- Il racconto dovrà essere in prosa e breve (max 50 righe - con una fascia di tolleranza estrema di 10 righe - secondo il formato del forum e NON oltre: per visionarne la lunghezza utilizzare l'opzione ANTEPRIMA), essere titolato ed avere ad oggetto un racconto gotico, nero, horror, o, comunque lo vogliate definire, appartenente al filone oscuro.
Qui di seguito trovate un Esempio

- I racconti non conformi o non a tema non saranno ammessi alla votazione finale.

- Sono ammessi solo i post dei racconti: verrà creato un post gemello per i commenti. Tutti i post non contenenti il racconto verranno cancellati

- Il concorso scade il 20 settembre 2005

- Le votazioni si terranno a partire dal 22 settembre 2005 nelle modalità ancora da stabilire

- Il vincitore sarà proclamato il 31 ottobre 2005

Un grandissimo e sentitissimo GRAZIE a Dada senza la quale questa idea sarebbe stata irrimediabilmente diversa o smarrita nelle pastoie del "si farà", o chissà: mai esistita? :wink:


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Ultima modifica di MasterMind il ven giu 10, 2005 15:51, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: ven giu 10, 2005 10:04 
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IL CANE E LA ROSA

Perchè? perchè? perchè l'hai fatto, eri così bella, quei tuoi occhi così splendidi, così unici, quando mi guardavi mi sentivo così, così...bene. La tua gioia di vivere era tutta in quelle risate argentine che giungevano alle mie orecchie, i tuoi gesti così fini così dolci, il tuo infinito amore per il mondo, quella tua infinita bontà. Ed ora guardati, guarda cosa hai fatto, perchè? perchè? il tuo viso ora è così pallido, così spento; sembra che, tu, dorma su quel letto troppo grande solo per te. Mi metto qui, qui accanto a te, ti accarezzo le gote piano, delicatamente, non vorrei svegliarti, sei così bella, i tuoi polsi regali poggiano cauti su un rosso lenzuolo, rosso come il mio amore per te. Sì, quanto amore nel mio cuore per te, quell'amore che tu non hai mai capito, non hai mai apprezzato. Io, io che ti ho sempre amato, che ti ho sempre aiutato, io che ti ho condotto per vie impervie, per vie oscure. Tu, tu che non saresti nulla, non saresti nessuno senza di me, non avresti mai avuto nulla senza che io ti dassi la vita, per me tu vivi; io, ho rinunciato alla mia vita, al mio amore per te e tu. Tu che cosa fai? Mi tradisci, scrivi lettere d'amore ad un altro, tu non mi meriti, non meriti tutto ciò che ho fatto per te. Ti odio, ti odio fin nel profondo del mio cuore non dovevi, non dovevi; chi ti ha amato più di me? chi? chi ti ha dato più di me? eppure tu, non hai voluto accettare ciò che ti ho dato. Nessuno, nessuno ti avrà, nessuno ti avrà se non potrò averti io, nessuno ti parlerà se non potrò farlo io, nessuno ti toccherà se non potrò toccarti io, nessuno ti amerà se non potrò farlo io, nessuno, nessuno...Ed ora guarda, sono qui con le lacrime agli occhi, sono qui accanto a te, e, guarda, guarda cosa mi hai fatto fare. Il tuo corpo, i tuoi abiti, guarda cosa ho fatto, non c'è più nulla di te, il tuo viso è scavato, deturpato dalla mia foga che ha spezzato i tuoi dolci lineamenti, il tuo corpo è segnato da squarti che profondi arrivano alle ossa; sono qui, sono qui con te, sono qui accanto a te, il tuo sangue che lento scivola sulle mie guance, sulla mia bocca fino a scendere giù, giù fino a sentirne il sapere in gola, quel sapore dolce come eri tu. Mi allontano dal letto ed attendo, attendo che tutto si compia, e ti vedo così, distesa sul letto ormai imbrunito, i tuoi capelli biondi incollati dal sangue incorniciano ciò che rimane del tuo viso inscheletrito, il tuo collo, ormai deforme, come il corpo che purulento e bluastro ti rende ancor più livida, le gonne che lacere evidenziano fili di pelle caduta sul lenzuolo. E' ormai giorno e per l'ultima volta, il mio corpo prenderà la sua forma, quella forma che tu hai odiato per tanto tempo, per l'ultima volta perchè ormai l'incanto è spezzato, quell'incanto d'amore che mi ha legato fino ad oggi ad un corpo d'animale, ad una bestia come quella che ero, un mezz'uomo, un mezzo cane, sento il corpo deformarsi, ritrarsi e riprendere la forma canina, quella forma che ha avuto per pochi anni, fino a che non ti ho conosciuta, piccola e debole, gentile e delicata quale rosa eri e lì, lì il mio amore sbocciò e per darti vita, rinunciai alla mia con un arcano segreto, nella speranza del mio amore che alla follia mi portò. Ora lento mi sdraio accanto a te, e mi addormento sognando il mio odio che prende forma in eterno e in eterno ti colpisce.


Ultima modifica di Malyka il ven giu 10, 2005 15:57, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: ven giu 10, 2005 15:38 
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Artiglio Nero
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Iscritto il: dom apr 18, 2004 00:33
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Voci...

“Non poteva permettersi che non funzionasse, si dice che quando si muore tutta la vita scorra davanti agli occhi, e lui non voleva che accadesse, non una volta di troppo.
Erano state loro, loro lo avevano fatto uscire dal suo posto sicuro, gli avevano mostrato la strada, e gliela avevano fatta seguire. Ogni passo che faceva risentiva il martelletto di legno battere forte seguito dalla voce: “Colpevole…”. No.. lui non lo era, erano state loro a farglielo fare, nella sua mente, Mathew era orribile, come aveva potuto chiamarlo amico per cosi tanto tempo?
Era grasso, aveva il collo troppo attaccato alla testa, andavano staccati, era l’unico modo!
Doveva guardare basso mentre correva, sopra c’erano le luci accese, e a loro non piaceva la luce, ogni volta che la vedeva gli facevano riapparire nella sua testa quel coltello insanguinato che facendo leva faceva schizzare via la testa del resto del corpo di Mathew.
Loro, nella sua mente glielo ripetevano, gli apparivano nei sogni e glielo dicevano, e adesso correva via dalla sua stanza sicura, la numero 666 del manicomio criminale, era colpa loro anche questa, le voci nella sua testa, quelle che lo guidavano, quel numero maledetto glielo avevano dato loro. Lo avevano fatto apposta, i medici lo temevano avevano paura, ma lui la notte non poteva fare a modo di urlare, loro dicevano che era maledetto e non si avvicinavano. Tutti tranne lei, lei era affascinata da lui, lo aveva sentito dire da lei stessa, avrebbe giurato su dio di averlo sentito, le voci nella testa non potevano nulla, lui doveva andare da lei, lei non era gentile, ma era l’unica che lo guardava, e le voci nella testa lo sapevano, sapevano tutto, e lo stavano portando da lei.
Lui non poteva essere fermato, glielo ripetevano, la guardia non poteva fermarlo, ma era cosi cattiva, gli puntò la torcia dritta negli occhi, intimandogli di fermarsi, doveva farlo, era armata, se quella guardia avesse sparato, lui… avrebbe rivisto Mathew, non poteva farlo, non doveva farlo!
Le voci nella testa sapevano tutto della morte, gli dissero dove mordere prima che sparasse, doveva mordere e strappare, mordere e strappare, non doveva aprire gli occhi doveva solo mordere e arrivare alla giugulare, morsa quella sarebbe tutto finito.
Era zuppo di sangue e stanco, le voci sapevano tutto sulla morte ma questo non lo capivano, riprese a correre solo per lei, e lei era là, dove dicevano le voci, seduta su una sedia terrorizzata, poteva finalmente osservarla.
Non sapeva fosse cosi bella, le voci avevano ragione su di lei, aveva solo una piccola imperfezione, gli splendidi occhi azzurri erano troppo vicini tra loro, alle voci non piaceva questo.
Doveva sparare, doveva farlo, ecco perché le voci gli avevano detto di prendere la pistola della guardia, erano cosi dannatamente troppo vicini, e poi le voci avevano sempre ragione. Adesso si che avrebbe voluto baciarla, era cosi bella, il colpo di pistola aveva allontanato i due bulbi oculari, non pensava di essere cosi mirato, adesso si che era davvero bella da baciare.
Ma poi vide cosa portava al collo, un pentacolo, ecco perché era affascinato da lui, era ancora colpa delle voci che gli avevano dato quel numero. Non poteva sopportare questo, era un buon cristiano lui, dove sparare ancora, e ancora e ancora, ma furono le voci a fermarlo, gli dissero di conservarsi un solo ultimo colpo.
Lui non sapeva nemmeno dove si trovasse, aveva solo corso tanto alla luce, la luce, era riapparsa all’improvviso, tante luci che lo minacciavano puntandogli addosso armi, dicevano anche loro di fermarsi o lo avrebbero ucciso. Ma lui vedeva solo la luce, e nella luce rivedeva quel coltello insanguinato che accompagnava in cielo il suo migliore amico Mathew. Non doveva, non poteva vederlo un'altra volta, sarebbe diventato pazzo pensava, mirò l’ultimo colpo rimasto alle voci nella sua testa, e premette il grilletto.
Gli riapparse tutta la vita davanti, finche non si rese conto, le voci, non erano da sempre con lui, iniziarono a parlargli solo quando entrò nella stanza, e adesso lui stesso sapeva, non era diventato altro che una voce, una voce insieme ad altre. Parlava animatamente, parlavano tutti insieme, poi il buio.
Era bello il buio, cosi piacevole, quella stanza era la sua casa, la casa sua e delle altre voci. E insieme attendevano, attendevano qualcun altro da suggerire era importante per loro farlo, potevano parlargli nella mente, cosi come era stato per tutti loro, a tutti loro era stato parlato nella mente.
In realtà la stanza numero 666 del manicomio non era maledetta come tutti dicevano, era solo la loro casa.”

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MessaggioInviato: ven giu 10, 2005 17:17 
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Finchè morte non ci separi

Valois - Anno del Signore 1197

E' incredibilmente bella, come il primo giorno che l'ho incontrata, una primavera di tanti anni fa.
Il suo volto è bello, incorniciato da quei capelli castani, ondulati e ribelli, come lei... lei che non ha mai accettato una regola, un'imposizione, una condanna.
Le sue labbra carnose accennano uno strano sorriso, un sorriso che non avevo mai visto prima.
Le sue mani sono bianche, quelle mani che tante volte mi hanno accarezzato, quelle unghie che tante volte mi hanno graffiato... quell'anello, che significa tutto e nulla per noi.
Il suo corpo, immobile, statuario, il suo corpo è bello, culla del mio animo, non solo del suo. Innumerevoli volte ho trovato la pace sul suo seno, altrettante vi ho trovato la dannazione.
Estasi e tormento, serenità e piacere. "Sei un ossimoro, mia diletta, con le sembianze di donna" - quante volte gliel'avrò ripeuto, con un mezzo sorriso torvo? E quante volte si era messa a ridere, davanti al mio stupore per le sue adorabili contraddizioni?
Sono qui, seduto su questo ceppo, a guardare il suo fragile corpo... mi pare di essere fermo da un'eternità ormai, ad osservarla, a parlarle. E' la prima volta che mi presento a lei in queste condizioni. Io, che ho sempre amato la perfezione, e l'ho anelata per poterti piacere sempre di più, illudendomi di poterla raggiungere, un giorno. Invece adesso sono completamente zuppo di sangue, le mie vesti lacere sono ormai scure di rosso. E' mio, o è il loro? Che importa? Nulla ha più importanza adesso che sono nuovamente insieme a te.

Sono tornato dalla Terra Santa oggi, finalmente a casa... finalmente rivedo le Fiandre, la mia terra natale, la terra che ha cresciuto il nostro amore, il mio sconfinato amore per te. Ho servito, ho combattuto, ho obbedito, ho marciato fino allo spossamento.
Avevamo appuntamento oggi, in questa piazza, su questo lascricato. Là, in quella chiesa dai rosoni colorati, finalmente ci saremmo sposati, avremmo coronato il sogno di una vita. "Ho mantenuto la mia promessa, mia diletta, sono tornato oggi,il 10 del mese di Giugno, dell'Anno Domini 1197". Anche lei mi hai aspettato, sempre.

Pensavo che dopo la Guerra Santa non avrei dovuto più brandire questa spada, ora tinta del rosso dei suoi aguzzini. Non avrei mai pensato di doverla usare nel giorno che pensavo sarebbe stato quello del mio matrimonio. Sono arrivato in tempo per fermarli, per evitare che dessero fuoco alla catasta di legna sul quale l'hanno messa, malamente, incatenata. Mi sono coperto del loro sangue, in preda ad una furia omicida, irrefrenabile. Sono qui, giunto per poterle dare l'ultimo bacio, a lei, che ormai è fredda, priva di vita.
Si, sto parlando con una donna morta... morta.
Solo di una cosa sono felice. Le ho risparmiato l'atrocità della morte sul rogo. E' morta tra le mie braccia, sorridendo, sussurrando il mio nome. Solo il Cielo sa cosa le è stato fatto negli ultimi mesi, e perchè.
Tra poco la raggiungerò, già sento squillare le trombe, il rumore degli zoccoli, lo stridere del metallo, gli ordini impartiti affannosamente.

"Oggi giungerà una folla in questo luogo, mia diletta. Avevi tanto pregato Iddio per avere uno sposalizio rumoroso, una piazza gremita di persone, noi due al centro delle attenzioni di tutti. Quanto è stato subdolo il destino, mio amore. Sei stata accontentata, dopotutto, anche se non nel modo in cui avremmo voluto entrambi... "
Queste parole, sussurrate nelle orecchie della mia donna, si perdono nel vento. Mi hanno quasi circondato. Devo solo scegliere come morire... una lunga lancia, una spada lucende, una picca acuminata. Guardo il cielo per un ultima volta. Dov'è Dio in tutto questo? Dov'è colui in nome del quale ho fatto strage di infedeli? Dov'è colui che ho sempre servito fedelmente? Dov'è, dov'è, dov'è, dannazione?! Nessuna risposta. Mai come ora che la mia fede si è incrinata avrei bisogno di qualcosa in cui credere. Ma non mi resta nulla, solo l'oblio.
Morirò qui, accanto a lei. Forse avrò il tempo per pronunciare le mie ultime parole... parole che il sacerdote, oggi, avrebbe dovuto pronunciare durante la nostra Messa: "Io, Jean Lacroix, desidero prendere la qui presente Nadine Achard in sposa, per amarla ed onorarla, in ricchezza e povertà, in salute e malattia, finchè morte non ci separi... "

"Finchè morte non ci separi, mia diletta..."

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Siamo simili in molti modi, tu ed io. C'è qualcosa di oscuro in noi. Oscurità, dolore, morte. Irradiano da noi. Se mai amerai una donna, Rand, lasciala e permettile di trovare un altro uomo. Sarà il più bel regalo che potrai farle.
Che la pace favorisca la tua spada. Tai'shar Manetheren!


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MessaggioInviato: sab giu 11, 2005 17:35 
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Località: L'Abisso
Un lavoro come un altro.

Una macchina fracassata, ribaltata in una rivetta. Quasi non ci sono i segni di frenata. Un corpo troncato in due dalle lamiere contorte dell'auto. sangue sull'asfalto e puzza di mattatoio nell'aria.
Quante volte gli era capitata sotto gli occhi una scena simile negli ultimi anni?
All'inizio poteva anche fare effetto, poteva magari anche essere eccitante... ma ora? Ora tutto aveva perso colore. Tutto era tornato monotono. Beh, che ci poteva fare, d'altronde? aveva scelto lui quell'impiego, e ora era giusto che lo portasse avanti con lo stesso impegno dei primi tempi.
Tra quelle lamiere zuppe di benzina, tra quei frammenti di vetro e quelle pozze di sangue c'era ancora un ragazzo vivo. Lo sapeva, ed era li per quello.
L'uomo si fermò dove la macchina era uscita di strada, e si soffermò un istante ad annusare l'aria pregna di un'odore salmastro... sangue e carburante mischiati assieme. Poi, scese lentamente verso la vettura e si chinò per sbirciare dal finestrino frantumato. Come sospettava: un ragazzotto ubriaco o strafatto di coca... un bulletto da quattro soldi che ora piagnucolava incastrato tra le fauci metalliche dell'Audi deformata dall'impatto.
L’uomo si rialzò sbuffando e s’infilò una mano nella tasca interna del cappotto. Estrasse velocemente un taccuino di cuoio nero, e l’aprì. Sfogliò rapidamente le pagine dell’agendina e arrivò al 22 giugno. Con l’altra mano cliccava nervoso sulla clip della sua penna metallica. Canticchiava un motivetto, mentre richiuse l'agenda e la rimise dove l’aveva presa.
"non ti preoccupare, ragazzo. sono qui per aiutarti" L'uomo si accese una sigaretta e lasciò cadere il suo zippo nel lago di benzina attorno al rottame.
La vampata improvvisa illuminò la notte come un violento fuoco d'artificio.

Tra le fiamme comparve tranquillamente la figura dell’uomo vestito di nero.Incurante del rogo che gli infuriava attorno, con una penna di metallo spuntò un nome dal suo taccuino.
Ripose l’agenda nella tasca del soprabito quando uno squillo vibrò sotto la sua giacca.
Estrasse un cellulare e guardò chi potesse disturbarlo proprio ora.
"Morte".
Rispose.
E’ un piacere sentirti, bella… Sì, il tamarro italiano è a posto… Come?… un’altro? Ma quanti ti sfuggono di mano ultimamente?… Ma si, ma si, lo sai che scherzo… E poi che farei io se non te ne scappasse qualcuno, ogni tanto? Ti dico io che farei: finirei per annoiarmi, e mi ritroverei a lavorare sull’“Apocalisse”, con quei quattro musoni… Hai idea di quanto siano noiosi quelli? Poi anche all’Inferno tutto diventa un po’ ripetitivo, sai?… D’accordo, d’accordo, consideralo già fatto…
Si, un bacio anche a te
.”


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MessaggioInviato: lun giu 13, 2005 14:23 
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Non ho mai scritto niente che si possa definire di genere gotico, spero che quello che sto per scrivere vada bene, anche perché è risultato indispensabile l’inserimento di brevi dialoghi.

Le Pietre Dell'Odio

Alle 19 della prima domenica di luglio del 2024, circa 10 anni dopo la direttiva “sgombero delle carceri sovraffollate”, Cristian camminava mano nella mano con la sua nuova ragazza nei pressi di quello che rimaneva dell’ex carcere Malaspina di Palermo.
Non era stato il caso a condurre i due ragazzi in quel posto; da ragazzino Cristian vi veniva spesso, e quasi sempre insieme al suo fratellino Andrea e suo cugino Walter: purtroppo i tre andavano li, per un unico scopo, quello di placare le loro ire distruttive accumulate dopo tutti i soprusi e le violenze subite nel nuovo aspetto delle città a “potere-anarchico”, per lo più saccheggiavano e tiravano pietre contro le finestre; a quel tempo, avrebbero voluto demolire quell’edificio tranne che per una stanza, la loro stanza. Era una stanza molto grande situata nel secondo piano, forse un tempo l’ufficio del direttore, ma adesso inspiegabilmente arredata come una suite di un costoso albergo. Cristian premeditava già da molto tempo di portarvi una ragazza, perché sapeva che li, nessuno li avrebbe disturbati, e sentiva quel loculo come l’unica sua proprietà.
La ragazza di nome Rosanna, si lasciò trascinare dalla mano eccitata del ragazzo tra le polveri e le penombre dell’edificio senza timori o sussulti, le sue unghia nere stringevano questa, forse alla ricerca del conforto morale che le serviva, mentre i suoi occhi chiari vagavano curiosi ma incerti alla volta del lugubre posto. Aperta la porta della decantata stanza, la luce del giorno d’estate ancora viva, penetrava dall’opaca finestra, illuminando soffusamente.
Cristian:- Che ti avevo detto, non è fantastica?
Cosi dicendo, si girò intorno e prese a sedere comodamente nel letto ad una piazza e mezza, mentre la ragazza guardò la credenza ed il comodino con area familiare, come se conoscesse quella stanza.
Pronunciando un sorriso malizioso, Rosanna spinse il ragazzo a distendersi, e scostatasi, iniziò a stirare delicatamente con le mani, le aderenze del vestitino nero che indossava, dicendo:- Ti piace? Era di mia madre! Come mi sta?
Voltandosi di scatto, la ragazza apri il comodino, estraendo una vecchia foto davanti gli occhi increduli del ragazzo, il quale esclamò:- Chi è la donna nella foto?
Rosanna:- Mia madre, non vedi come stava bene su di lei il vestito che indosso?
Il ragazzo, tra il terrore e lo stupore, alzatosi in piedi, e continuando a chiedersi cosa ci facesse quella foto nella stanza, accennò un movimento verso l’uscita, ma la ragazza gli si fece incontro bloccandolo.
Cristian:- Chi sei veramente?
Rosanna:- Voi l’avete presa, e adesso mi hai portata qui per uccidere anche me!
Cristian:- Ma cosa stai dicendo?
Rosanna:- Da piccola, sentivo le vostre grida, e mi nascondevo impaurita in questa stanza, dove non mi avete mai trovata. Ormai però non mi spaventate più, e presto raggiungerò la mia mamma nel luogo in cui è andata a finire, per colpa delle vostre maledette pietre d’odio.

Detto questo, la ragazza scansò Cristian, spalancò la finestra, e con una spinta si gettò giù, dicendo:- Prova a seguirci!
Il ragazzo impietrito dalla scena, corse alla finestra, si affacciò, e credette di riconoscere i corpi del fratello e del cugino frantumati insieme a quello di Rosanna. Improvvisamente, gli crollo il mondo sulla testa, e nello sconforto provocato dalla morte delle uniche persone a cui teneva e la cosapevolezza dell’impossibilità di poter continuare a vivere da solo in quel presente che detestava, si gettò dalla finestra anch’esso.


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MessaggioInviato: lun giu 20, 2005 18:12 
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Località: Ravenna
Ispirato ad una canzone..



"Apri gli occhi tesoro"
Con un soffio leggero la donna spense il cerino con cui aveva appena acceso le due sole candele che illuminavano la stanza.
La luce soffusa illuminava il suo bel volto, accuratamente truccato, le labbra impreziosite da un rossetto dal colore brillante e intenso, gli splendidi occhi castani circondati da una linea di kajal nera che sottolineava il suo sguardo emozionato, ma ben sicuro di se. Non era più una ragazzina, ma portava con classe i suoi 36 anni.
"Non guardarmi cosi amore mio" sussurrò la donna, fingendo un'espressione imbronciata "Per una volta, per una volta soltanto non pensiamo ai problemi di tutti i giorni, non crucciarti se ho speso troppo per questo vestito e per questa cena"
Sorrise, sinceramente come non faceva da molto tempo; era effettivamente una tavola imbandita, degna del più facoltoso dei re, nulla era lasciato al caso: le posate d'argento, donate per il loro matrimonio, la tovaglia finemente decorata; i calici in cristallo, bordati anch'essi d'argento. Al centro del tavolo, una decorazione floreale accompagnava una coppa sul cui bordo erano delicatamente posati alcuni scampi, sfiorati da una salsa color salmone; accanto un coperchio, probabilmente anch'esso ricoperto d'argento, nascondeva agli occhi qualche pietanza, di certo non meno sofisticata della posateria, delle candele, di quegli scampi pregiati ne della bottiglia di champagne immersa in un cestello pieno di ghiaccio. Champagne, non spumante ne nessun altro vino bianco, perchè quella era la loro serata, e doveva essere perfetta, speciale, indimenticabile... unica.
La donna si avvicinò all'uomo, ondeggiando leggermente, lasciando frusciare le delicata seta del suo vestito sulla pelle. Una seta blu e lucida che contrastava visibilmente con il colore marmoreo della pelle, ma che metteva in risalto le sue forme: i suoi fianchi rotondi, le gambe che seppur nascoste dal lungo vestito avrebbero attratto lo sguardo di qualunque uomo, il ventre perfettamente piatto e il seno che sussultava ritmicamente insieme al suo respiro, lasciandone percepire chiaramente le forma libera da ogni sostegno.
Gli si sedette sulle ginocchia, avvicinando la bottiglia di champagne e i due calici.
"Questa notte, voglio fare l'amore, come non lo facciamo da tempo" sussurrò lasciva "Te lo ricordi? Quando non eravamo ancora sposati ed ogni volta che ci vedevamo, dovevamo trattenerci per non farlo, ovunque fossimo, in qualunque situazione ci "trovassimo. Con passione, ardore.." Mentre parlava gli accarezzava i capelli, un po' scarmigliati, ma in un modo che non faceva che rendere più attraente quell'uomo. "Quanto era bello amore mio, quanto vigore e forza c'era in noi. Voglio che sia di nuovo cosi, lo so che lo desideri anche tu"
Versò un po' di champagne in entrambi i calici, li fece tintinnare e ne bevve un sorso, senza neanche finirlo. Perchè non serviva berlo, non serviva neanche tutto quel costoso cibo; tutto quello era solo un contorno, una bella scenografia. Una cornice, nient'altro.
"Amami" continuò lei avvicinando le sue labbra a quelle del marito. "Ho bisogno di sentirti, di essere amata e desiderata"
Continuava a sussurrare tra un bacio sfiorato e l'altro, e mano a mano che gli dichiarava il suo eterno amore e la sua bruciante passione, i baci si facevano più intimi, più profondi. Teneva le sue mani, con le unghie perfettamente smaltate, sul suo viso, gustando il dolce sapore delle sue labbra. Erano baci che esigevano qualcosa di più, e lei non voleva nient'altro quella notte. Senza esitare prese una mano dell'amato e se la appoggiò sul seno, invintandolo ad accarezzarlo e declinando la testa in dietro cosi da scostare i suoi lucidi e fluenti capelli corvini. Non era più tempo di parole, non c'era più bisogno di quella tavola cosi splendidamente imbantita.
Si alzò improvvisamente in piedi e scostò le spalline facendo scivolare a terra il delicato vestito di seta; sotto non aveva niente, nulla che potesse impedirle ancora di arrivare a ciò cui bramava. Si sedette sopra quell'uomo che amava cosi tanto, e cominciò a baciarlo, sul viso, sul collo, sul petto che stava freneticamente liberando dalla camicia.
Tornò di nuovo a baciarlo sul viso, mentre con le mani armeggiava disinvolta nei pantaloni del marito: voleva averlo subito, non poteva attendere oltre. Loro due erano una cosa sola, nell'anima e lo dovevano essere anche nel corpo. Nessuno li avrebbe mai separati, tutti sarebbero stati sempre invidiosi di quell'unione perfetta e sublime.
Infine la loro intimità fu completa, cosi come lei aveva desiderato, cosi come era una volta, prima che le cose cambiassero.
Prese il volto di lui fra le mani, lo guardò intensamente, con gli occhi tristi e velati di lacrime.
Perchè non c'era gioia? Perchè non più appagamento? Perchè il suo corpo era freddo, e rigido?
Lo guardava ma lui non poteva ricambiare il suo sguardo, i suoi occhi erano chiusi e lei non poteva fare nulla per riaprirli.
Perchè la vita gli era stata strappata via e perchè non aveva preso anche lei? Ma che importava.. lui era li, e nessuno li avrebbe mai potuti separare. Nessuno.


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MessaggioInviato: gio giu 23, 2005 15:32 
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Ludovicus


Ludovicus era rimasto nuovamente deluso. Neanche il terzo dei suoi apprendisti Neonati era riuscito ad apprendere i rudimenti taumaturgici necessari ad aiutarlo nel compito che si era prefissato.
L’ipotesi che egli fosse un insegnante troppo severo non gli balenò in mente neppure per un istante. Ai suoi occhi secolari, l’uomo moderno aveva perso definitivamente il contatto con il magnifico e il misterico, obnubilato dalla droga del progresso.
Il praticante, nel frattempo, osservava stupefatto il legno tra le sue mani: liscio, perfetto, intatto.
Intatto dannazione. Eppure ne era sicuro, aveva recitato le formule correttamente, seguendo la giusta inflessione, dando ad ognuna di esse il suo ritmo esatto, proprio come gli era stato insegnato.
Quella verga sottile ed acuminata sarebbe dovuta andare in pezzi, piegata dalle invisibili mani della sua volontà, eppure era ancora lì, testimone beffarda di un errore che non riusciva a comprendere.
La rabbia e la frustrazione che covava dentro erano grandi, ma modeste, se confrontate all’iracondo disappunto del suo mentore. Sebbene fosse rimasto immobile, infatti, Ludovicus lasciava trasparire una penetrante insoddisfazione. Era visibile dall’impercettibile movimento ritmico delle sue labbra, dal nervoso ed invisibile ticchettare del suo indice contro la credenza alla quale era appoggiato. Perfino i grigi ricci che gli scendevano ordinati lungo il viso aguzzo parevano come la chioma serpentina di una medusa, pronta a scattare strisciante.
Erano gli occhi però a tradire il peggio. Occhi freddi, calcolatori, inumani.
In quel momento, quegli stessi occhi lo guardavano con lo sprezzo di chi osserva il proprio fallimento. Un tuono lanciò il suo urlo di sfida ovattato, lontano, quasi in risposta a quel rancore.
All’apprendista, le pareti della biblioteca non erano mai sembrate così minacciose. I volti impressi con l’olio antico sulla tela lo fissavano come una platea ansiosa di contemplare un’esecuzione. I busti di marmo e gesso lo interrogavano incalzandolo con i loro occhi lisci, mentre si sentiva quasi soffocare schiacciato dal volume dei tomi polverosi. La sala del sapere rispondeva silenziosa alla collera del maestro, l’aria stessa era avvelenata dal suo umore tetro.
“Maestro, io...”
l’apprendista provò a cercare una giustificazione, una scusa plausibile per il suo errore; più la cercava però, più questa gli sfuggiva guizzante come una anguilla nel labirinto della sua memoria confusa.
Ludovicus mosse qualche passo verso di lui.
La pallida luminosità delle abagiour sembrò accarezzare il corpo del magus come mani invisibili desiderose d’attenzioni.
“Voluntas imperat, ut...” il neonato cercò farfugliando di balbettare le parole del rituale, osservando in tralice il suo Sire e Maestro avvicinarsi. Ad ogni passo, ogni centimetro che diminuiva la loro distanza, le parole si facevano ancora più disordinate e caotiche, incomprensibili come formule vergate a gesso su una lavagna e cancellate frettolosamente.
Poi Ludovicus parlò.
“Non cercare l’errore dove non puoi trovarlo, sciocco Figlio. Le formule erano esatte, la postura corretta e le condizioni fauste”.
Quelle parole ebbero la forza bruciante di uno schiaffo, e colpirono nel vivo l’apprendista.
“Il tuo fallo è stato un altro, mi hai deluso sciocco. Nella tua stoltezza credi che la magia sia un rozzo maglio, un utensile da brandire, manipolare con perizia e da riporre su uno scaffale quando hai terminato il tuo compito. Un arnese potente, ma pur sempre un volgare attrezzo.
Inutile dire che ti sbagli.
Essa è viva, possiede una mente propria ed una ferrea volontà, ha la potenza di una tempesta, il capriccio di una donna e la bocca di un diavolo tentatore. Coloro che come te, ne sono attratti solo per cupido desiderio di potere, impazziscono o vengono svuotati, del tutto incapaci di far fronte ai sacrifici che questa richiede”.
Il maestro era ora di fronte a lui, e il neonato non poteva che fissare il terreno, terrorizzato dalla sola vicinanza.
“Hai dimostrato di non saper officiare nemmeno un rito semplice come la Deviazione della Maledizione Lignea”
Ludovicus non sorrise, né sentì di provare perverso godimento, perché la sua ammonizione egli la impartiva come un insegnamento: in maniera fredda, necessaria.
Il maestro accarezzò la superficie liscia del legno con la punta delle dita.
“Ti sei sempre dichiarato pronto ad apprendere le più complesse lezioni sulla Taumaturgia. Ebbene ora, avrai prova di quella che i Magi chiamano legge della Simpatia”
Il maestro afferrò saldamente lo strale ligneo.
“Forse sentendo dentro di te la forza ficcante del legno, imparerai a conoscerlo meglio”
Con un sordo schianto, l’antico Cainita confisse il paletto in profondità, oltre il cuore nero e timoroso del suo stesso Neonato. Gli occhi vitrei dello studente si limitarono a fissarlo per qualche istante, tremando come la fiamma di una candela sul punto di spegnersi.
In risposta ad un silenzioso comando della mente, la sagoma rigonfia e massiccia di un essere alato e deforme si mosse dall’ombra, dove soltanto un attimo prima v’era stata una silenziosa scultura di pietra.
“Come per gli altri, muralo nel seminterrato, e lasciami pensare per quanto tempo potrò far a meno della sua maledetta ignoranza”.

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Non abbiate timore dell'assurdo; non indietreggiate dinanzi al fantastico...
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Noi siamo più che vampiri. Noi siamo il prossimo passo dell'evoluzione cainita. Noi dirigeremo gli altri, se ce lo permetteranno, o resteremo da soli, se dovremo. Ma noi sopravviveremo. "Quando l'orrore avrà preso il sopravvento dovremo sopravvivere alla Gehenna e stabilire i sovrani del nuovo mondo. Se vogliamo aver successo, dobbiamo controllare gli altri Clan. Se non saremo in grado di persuaderli ad aiutarci, dovremo costringerli con la forza


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MessaggioInviato: sab lug 02, 2005 22:05 
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LA METAMORFOSI

Mai ci fu una notte più terribile nello Yorkshire della notte di quel 1 Maggio 2002. Un enorme ammasso di nubi ricopriva il cielo, impedendo alla luce della luna di illuminare la campagna sottostante. Questo era un bene per la giovane anima dannata che, persa e immersa nel fango di un campo di patate, ormai secco dalla pioggia del giorno prima, ansimava sempre più profondamente.
Era ancora adolescente, sui diciassette, e sul suo corpo, logoro e graffiato dalle spine dei roveti del bosco nel quale aveva corso disperatamente solo pochi minuti prima, pendevano i brandelli di quelli che erano stati i suoi vestiti. Non riusciva a capire: mentre stava correndo in preda alla paura, per un attimo la luce della luna aveva penetrato la coltre di nuvole, ed egli era stato assalito da un impulso irrefrenabile, quasi bestiale, di denudarsi, come se maglietta e pantaloni non fossero che un ostacolo alla sua fuga.
La sua fuga…. quella ancestrale della preda dal cacciatore, quel inondante panico che irrigidisce i tendini, copre il viso e il petto di sudore, mozza il respiro e riempie le vene di adrenalina permettendoti di correre come non hai mai corso prima. Lui era la preda, e il panico la sua salvezza, il predatore era invece il più pericoloso in natura, in grado di sterminare intere specie per puro diletto personale: l’uomo. Era un gruppo di cacciatori esperti, composto da quattro elementi, ed erano attrezzati per la caccia grossa; li aveva scorti da dietro un albero e aveva avvertito in loro le sue stesse sensazioni: il respiro pesante, i nervi tesi, il sangue ribollente; il giovane, ormai consapevole di qualcosa dentro di sé, aveva capito che quei bracconieri erano lì per lui; il panico continuava a saturargli il cervello, era preda di forti tremiti e le lacrime si mischiavano con le croste di melma rappresa sul suo volto. Poi d’un tratto avvertì come un brezza sulla guancia, benefica, che placava in parte le sue convulsioni; scese poi lungo la spina dorsale provocandogli un brivido di piacere e spegnendo con la stessa facilità con cui si spegne una candela il panico dentro di lui. Infine sentì accendersi qualcos’altro, improvviso, come il primo tuono del temporale, ed istintivamente si volse verso il cielo: la luna, simile ad un fanciullo che guardingo esce dal suo nascondiglio per raggiungere la tana, apparve lentamente dalle nubi, e investì il giovane con l’effetto di un proiettile; il respiro, che nel frattempo si era acquietato, tornò ad affannarsi più violento di prima, più veloce, sempre più veloce, raggiungendo la stessa frequenza del suo battito cardiaco, anch’esso impazzito. Improvvisamente, la fiamma accesasi nel basso ventre divampò come sotto un getto di benzina, e lo costrinse a piegarsi per il dolore. Quel fuoco era qualcosa di terribile, feroce, primitivo, incontenibile per la sua forma umana, e per questo cambiò.
Lunghi peli, neri come la pece, cominciarono a ricoprirgli la pelle, ora più spessa e resistente, le unghie e i denti si allungarono sempre più fino ad assomigliare a coltelli, le ossa si piegarono e si espansero, seguite dai muscoli e dai tendini, finché il suo corpo raggiunse oltre i tre metri di altezza e la tonnellata di peso; bocca e naso si unirono e avanzarono rispetto alla testa, e le orecchie salirono sul capo; i suoi occhi, che ora vedevano al buio, si riempirono di una rabbia e di un odio tale che brillarono nell’oscurità circostante, gialle fiamme che annunciavano il massacro incombente.
La bestia ruggì, e la cerbiatta nascose il piccolo tra le gambe, i gufi e le civette abbandonarono la caccia notturna per ritirarsi nelle loro tane sugli alberi e persino il lupo, principe della notte, cercò un riparo sottovento.
Allora si alzò sulle zampe posteriori, nero e grandioso contro il disco lunare, annusò l’aria, avvertì la stessa furia predatrice che la pervadeva provenire dal bosco, quindi vi si diresse con strana tranquillità. La notte era appena cominciata, e non le sarebbe servito molto tempo per ciò che aveva in mente.

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URCA URCA TIRULERO


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MessaggioInviato: lun set 12, 2005 10:24 
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Ricordi

Zzzzzzzz... ronzio... un ronzio solo ed unico, incessante quanto fastidioso... un piccolo ronzio mi tartassa la mente ormai in decomposizione.
Ancora non capisco cosa mi ha spinto a fare quella scelta e poi quel gesto inconsulto. E' proprio a causa di ciò che ora questo maledetto ronzio mi infastidisce.
Proviamo a fare un passo indietro e pensare alla mia decisione... Si, la mia decisione... Ma...quale decisione? E cosa ho fatto!? Non ricordo! E' tutto annebbiato, non ricordo gli ultimi eventi.
Provo a muovermi. Nulla. Nessun movimento, nessuna risposta dal mio corpo. Ho il volto intorpidito. Me lo sento appiccicaticcio. Mi sembra tanto lontano; sempre più lontano... E poi inizio a sentire un leggero tepore che mi pervade.
Devo sforzarmi! Pensa, pensa, pensa... Che fastidio! Il maledetto ronzio si è fatto più forte. Devo cercare di sopportarlo. Devo vincerlo ed infine annientarlo, ammutolirlo! Si, ma come? Intorno sembra essere calata la notte. Un'oscurita tale da non permettermi di vedere oltre la punta del mio naso. Eppure mi sembrava fosse giorno. Troppa nebbia pervade la mia mente... Perchè? Il ronzio! Il ronzio è sparito!
Al suo posto ora sento una voce lontana... La voce ulula nella mia mente...
Perchè? E' ancora più insistente e fastidiosa del suo predecessore.
Perchè? E'una domanda; una domanda lecita. Si, ma fatta da chi? Dalla mia coscienza? Non lo so. Una luce. Ricordo una luce... La luna! Ecco. Si. Un pallido occhio nel cielo scuro... Mi scruta.
Una strana sensazione infuoca le mie membra. Il cuore mi pulsa all'impazzata. Ho caldo. Talmente caldo da volermi strappare i vestiti di dosso. Lo faccio. Mi strappo i vestiti. Sono nudo. Non sento freddo. Anzi... Sento il mio corpo fremere. Ogni mio più piccolo muscolo freme. Anche le mie ossa fremono... ARGH!! Inizio a provare dolore... I muscoli si contraggono. Mi stà accadendo qualcosa... ARGH!!! Anche le mie ossa si contraggono... Mi sto trasformando! In cosa mi sto trasformando!? Il mio volto! Sento il mio volto contorcersi. La mia bocca inizia a sporgere dal resto del viso... Il naso la segue, si fondono, formano una cosa sola.
Non ricordo bene cosa è successo... Ricordo un'ululato nella notte. Era molto vicino a me. L'odore del sangue... Corro! E poi?... Nebbia fino a poco fà. Ora...ricordo cosa mi è capitato, cosa ho fatto. E perchè mi trovo qui. Ricordo; ricordo il corpo della mia amata riverso in un lago di sangue... Dilaniato da raccapriccianti ferite. Ferite che nessun essere umano potrebbe mai ordire. Ricordo il senso di nausea nel vedere il suo corpo in quello stato... Ricordo il mio riflesso nello specchio del bagno. Nudo. Sporco di sangue. Il mio volto è una maschera di sangue. Non è il mio sangue. Mi pulisco il volto... Torno dalla mia amata. Accanto a lei c'è un fucile. Lo osservo. Una strana idea mi balena nella mente. Vedo qualcosa di luccicante accanto ad esso... Un proiettile. Un proiettile d'argento!
L'idea ora è più chiara. L'unica soluzione, l'unico modo di ricongiungermi alla mia amata; BANG!! Ora mi è tutto chiaro! La vedo distesa al mio fianco. Ha gli occhi sbarrati dal terrore. Hai ragione. Hai ragione ad avere paura.
Perdonami...
Un'ultima lacrima solca la mia guancia. A presto mia amata...

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...pare che nulla sia eterno...
...io non ne sarei così certo....
aezekiel


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MessaggioInviato: lun set 12, 2005 14:01 
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Signore di Necropolis
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La Triste Storia Di Un' Angelo
(di Bak Kagay: qui l'originale http://drow.muzedon.com/forum/viewtopic.php?t=4213)

Il loro amore era stato osteggiato da tutti. Lei, un Angelo del Signore, una creatura bella e splendida, dalla pelle rosa e gli occhi di un' azzurro brillante e chiaro, follemente innamorata. Lui invece era il Diavolo. Ashael era riuscita ad affascinarlo, a trasformarlo in un amante dolce e premuroso. Agon, dal canto suo, provava un' amore sincero per la sua tenera Ashael, e nonostante le prime incertezze si era poi abbandonato a lei. Davanti all' eternità il loro secolare d' amore non erano che un battito di ciglia, ma lo vissero con un' intensità senza pari. Addirittura parve divenire ancor più solido quando, venuti a sapere del loro sacrilego rapporto, i due massimi capi delle loro rispettive fazioni decisero di separarli per qualche tempo e di rinchiuderli in dimensioni lontane. Passata la prigionia si riunirono in segreto, o almeno credettero di farlo, e continuarono ciò che avevano interrotto. Il luogo dell' incontro aveva orizzonti infiniti, ovunque si guardasse, l' incolore atmosfera che avvolgeva tutto si era fatta stranamente più luminosa. Ashael arrivò per prima e fremeva pensando al suo amato. La veste lunga e bianca le scendeva dalle spalle fino ai piedi e un sottile cordoncino dorato le stringeva l' abito alla vita. Era bellissima, pura e sincera. Attese con trepidazione per parecchio tempo quand' ecco che un sottile odore di zolfo e cenere giunse a lei. Agon era arrivato. Le apparve davanti, bello e fiero come sempre. Non dissero nulla e si abbracciarono, abbandonandosi poi a intimi baci e carezze. Si sdraiarono e parlarono, coccolandosi. Il periodo di esilio non aveva intaccato la loro relazione e si compiacquero di questo. Ma la gioia scemò e l' amarezza circondò i due amanti.
-"Sono triste..."- disse Ashael abbracciando Agon. Lui le scoprì le spalle, scostando la candida veste luminosa. Vi posò un tenero bacio, che provocò piacere all' Angelo e rispose:
-"Temo d' intuire perché, e lo sono anch' io..."-
-"Ti amo, Agon, non voglio separarmi da te...So che hanno intenzione di maledirci e gettarci nell' Oblio, uccidendoci. Non ci hanno dato scelta..."- Guardò davanti a lei, come se riuscisse a vedere la scena della loro cacciata. Poi, cercando conforto, si strinse al petto di Agon.
-"E' terribile, ma preferisco morire con te nell' Oblio, piuttosto che vivere tutto il tempo senza averti accanto..."- continuò.
Si baciarono con passione cercando di allontanare l' irrequietezza che regnava nei loro cuori.
Poi Agon si staccò dalla sua amata e con occhi tristi fece apparire accanto a se due pugnali di pietra violacea. Ashael li guardò intuendo ciò che sarebbe stato.
-"Sono d' accordo..."- disse.
-"Saremo noi a scegliere..."- rispose Agon prendendo i pugnali. Ne diede uno a Ashael e continuò:
-"Moriremo insieme, per mano nostra. Andremo dove nessuno potrà ostacolarci."- Ashael annuì. Si fissarono negli occhi e in pochi attimi rividero tutti i momenti passati insieme. Poi, ad un cenno comune si pugnalarono al cuore. Ashael cadde per prima, la vesta imbrattata di polvere dorata e luce, sgorganti dalla ferita. Agon sorrise soddisfatto. Si era pugnalato poco distante dal cuore, rimanendo illeso. I lineamenti del viso cambiarono, facendosi aguzzi e selvaggi. Il suo sguardo divenne terrificante. Con poca compassione guardò Ashael, morbidamente distesa, bella anche nella morte. Rivolgendosi a lei, come se avesse potuto sentirlo, disse:
-"Mi dispiace...ti amavo veramente Ashael, ma la prospettiva di un' eternità nell' Oblio, non mi andava per niente. Fortunatamente a me la scelta l' hanno data..."- Si alzò, dischiuse le sue grandi ali infuocate e cominciò a levitare. Si voltò un' ultima volta verso Ashael e disse:

-"...e poi sono pur sempre il Diavolo!"-

_________________
ImmagineWhat if I say I’m not like the others
What if I say I’m not just another one of your plays
You’re the pretender
What if I say I will never surrender


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MessaggioInviato: lun set 12, 2005 23:16 
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"Per Sempre..."

Gocce di pioggia...leggere...insinuanti...miste a riccioli di nebbia...in quel grigio mattino d'autunno...
Scorrevano lacrime su quel volto perfetto, occhi che non vedevano quel paesaggio, grigio-azzurri, come il mare che fissavano...i neri capelli incorniciavano quel viso, cosi giovane, quasi quello di una bambina...le labbra appena dischiuse, quasi a richiedere un bacio che non avrebbero ricevuto...era sola, in un mondo che non consceva piu, che forse non aveva mai conosciuto...non importava...
I suoi occhi ricordavano quel cielo estivo...quelle notti di stelle e sogni...si erano conosciuti per caso, si erano amati dal primo istante...lui, angelo nero, bello quasi da far male...l'aveva presa per mano e portata verso lidi sconosciuti...lei, la pelle cosi candida, cosi innocente...un'anima cosi malinconicamente notturna...se ne innamoro perdutamente...gioivano abbracciati nell'oscurita, a entrambe cosi familiare e amica...
Si erano cercati da sempre, dall'inizio dei tempi...si erano trovati, diventando unica essenza, perfetta unione...non vi era stato bisogno di parole...i loro sguardi carichi di emozioni riempivano quei silenzi cosi profondamente sentiti....si erano sempre capiti...avevano trovato la loro felicita...non la felicita nel suo significato eterno, ma quella degli attimi vissuti fino all'ultima goccia...
Il vento gelido le sferzava il viso, tramutando in ghiaccio quelle lacrime...un tempo erano state speranze...che adesso morivano su quel volto di marmo....erano stati giorni in cui aveva vissuto...in cui avevano vissuto...
I loro spiriti liberi avevano danzato intorno a fuochi notturni, si erano nutriti dello stesso nettare...quei momenti erano volati...nulla dura per sempre...
Adesso era li, su quella stessa scogliera, dove tanti tramonti avevano visto il loro amore...in sottofondo il rumore delle onde che si infrangono...in basso...molto piu in basso...
Poi qualcosa in lui era cambiato...i suoi baci si erano fatti piu tristi, il suo sguardo disante...in alcuni momenti stavano insieme con una passione talmente forte che quasi pareva ferirli...ma non era piu stato come prima...qualcosa si era infranto....lei vedeva lui sempre piu lontano, quasi che qualcosa gli stesse succhiando la vita poco a poco....era si ancora bello e oscuro, ma in una maniera quasi malsana,
sbiadita...
Lei soffriva...gli chiese se non l'amava piu, se le stava dicendo addio...gli occhi di lui la guardarono, pieni di amore e di un dolore quasi tangibile...."ti amo piu della mia stessa vita..."
quale significato nascosto celavano quelle parole....lei ancora non poteva saperlo...si strinse nel suo petto, piccola creatura nelle braccia dell'angelo...il volto vicino al suo cuore...vivendo quegli attimi d'amore...celandosi nelle sue carezze...non poteva vedere gli okki dell'angelo...piangevano...lei non avrebbe potuto capire...non questa volta...lei che amava al di sopra di tutto....che aveva tradito in maniera cosi meschina...come avrebbe potuto avere il coraggio di dirglielo?di vedere la sofferenza in quegli okki cosi limpidi, cosi innocenti...nulla dura per sempre...lui avrebbe messo fine a cio, le avrebbe detto addio...era la cosa migliore...non voleva continuare a ferire quella piccola anima...sapeva che la sua presenza le avrebbe causato solo male...
Adesso lei dormiva...bella come non mai, persa in quel mondo fatato....dolcemente la scosto da se...bacio un'ultima volta quelle labbra leggermente dischiuse...accarezzo quella nera chioma..."Amore..." il suo cuore nero era straziato..."Scusami..."
Si allontano, ancora una volta fisso quel piccolo corpo rannicchiato, l'unica cosa che aveva mai avuto senzo nella sua vita, che avesse mai amato...il suo addio si perse nel vento...
Quando lei lo rivide ormai la morte lo stringeva nel suo gelido abbraccio... pallido il volto che tante volte aveva baciato...
Rosse come il fuoco quelle lettere scritte col sangue le spezzarono l'anima..."La droga e vampira...ma non le ho permesso che mi portasse ancora piu lontano da te...adesso ti amo...per l'eternita..."
Non pioveva piu...l'alba stava sorgendo, ma non vi era gioia...solo una luce grigia e fredda...
I capelli mossi dal vento, il volto segnato di lacrime....quel volto cosi giovane, una sofferenza cosi grande...non sarebbe durata per sempre...
"Amore..." si alzo..."in questo modo..." il nero vestito le si avvogeva intorno..."Hai ucciso due anime..."....camminava verso il bordo della scogliera..."ma presto saremo di nuovo insieme..."...i suoi occhi fissavano il mare sottostante, ma non era quello che guardavano....adesso lo vedeva, come quella prima volta...quando si erano conosciuti...."sto arrivando..."...un ultimo passo...."Ti Amo..."
Mentre volava nel vuoto il vestito creo quasi una forma....le nere ali di un angelo....adesso nessuno li avrebbe piu divisi...ora il loro amore sarebbe stato per sempre...

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Dark Spirit


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MessaggioInviato: ven set 16, 2005 12:17 
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Cacciatori dell'Oscurità

Il secolare silenzio del castello in rovina venne bruscamente interrotto da una veloce scarica di spari, poi di nuovo tornò la quiete. Dentro quella che molti anni prima doveva essere stata l’imponente sala dei banchetti, due figure con identici cappelli a tesa larga e ampi spolverini stavano spalla a spalla guardandosi attorno guardinghi, controllando ogni anfratto nascosto dalle ombre sempre più lunghe causate del tramonto.
“L’hai mancato Francis”, osservò perplesso il più grosso dei due portando davanti a sé come protezione la grossa ascia da combattimento “Sei sicuro di poterla uccidere?”.
“Si è nascosta nell’oscurità del soffitto. E’ stata solo fortunata”, rispose Francis con un tono secco che, però, tradì una certa tensione “Non succederà una seconda volta Markus”.
La spalle del compagno s’irrigidirono. Non l’aveva creduto, ma d’altronde neanche lui stesso credeva a ciò che aveva appena detto. Loro erano Cacciatori dell’Oscurità, addestrati ad eliminare mostri, demoni e orrori, ma la preda di quella sera non era stata prevista dal loro addestramento. Un vampiro. Non che non fossero in grado di ucciderlo, ma era il vampiro in sé che li aveva sconcertati.
Francis scosse la testa per concentrarsi meglio e puntò le sue due pistole verso il soffitto, alla ricerca di un qualsiasi movimento. Qualunque avversario avesse mai dovuto affrontare, le sue armi l’avevano sempre colpito. Ma questa volta era diverso. Quando il vampiro aveva fatto la sua comparsa, davanti ai loro occhi si era presentata Valaria, una loro compagna Cacciatrice che credevano scomparsa… che lui credeva aver perso per sempre insieme al suo amore per lei. Aveva sparato per impulso, ma sapeva che se essa si fosse presentata di nuovo, forse non avrebbe premuto i grilletti contro di lei, non ora che era tornata da lui.
Un movimento di un’ombra che si spostava da una trave all’altra lo riscosse dai suoi pensieri. Sparò ancora, ma stavolta mirando di proposito fuori bersaglio. La figura si fermò ed una risata riempì l’ampio salone.
“Immaginavo che una volta scoperto chi ero non mi avresti subito uccisa, Francis”, fece la vampira con una voce suadente “Ti saresti perso un’interessante proposta”.
Markus scattò in avanti con ira. “Cosa vorresti proporci, demone con le sembianze di Valaria?”.
“Di tornare a fare squadra con me. Saremo di nuovo i migliori”.
“Idiozie”, ruggì il Cacciatore lanciandosi sopra un tavolo per poi saltare verso la trave dove era appoggiata la vampira. Lei evitò con agilità il colpo poi si lasciò cadere al suolo dove, appena toccato terra, si lanciò come una furia verso il guerriero. Markus ebbe appena il tempo di alzare l’ascia per parare l’attacco, ma esso tu talmente devastante che venne scagliato contro una colonna di pietra parecchi metri indietro. Il colpo fu tremendo e il cacciatore si accasciò privo di sensi.
A quella vista Francis si riebbe giusto il tempo per alzare le pistole contro Valaria che si trovava già di fronte a lui.
“Tu sei sempre stato il più riflessivo del gruppo. Cosa ne dici della mia proposta? Non vorresti che tornassimo insieme?”. La sua voce era calda e maliziosa allo stesso tempo. Francis faticava a guardarla e a tenere la presa sulle pistole.
“Torna da me”, gli sussurrò dolcemente avvicinandosi a tal punto che le canne delle pistole le toccarono la fronte.
Francis cominciò a tremare. Stava ricordando tutti i momenti felici trascorsi insieme a lei. Non aveva mai accettato l’idea di non poterne più creare di simili con Valaria. Non aveva mai accettato la sua scomparsa. Ma ora tutto poteva cambiare. Doveva solo fare come gli diceva.
Le braccia dell’uomo si abbassarono lentamente e sul volto della vampira si dipinse un sorriso raggiante, un sorriso che lui non vedeva da mesi. Valaria le si gettò incontro, abbracciandolo con forza. Sentiva le lacrime di lei colargli sulla guancia e ne fu felice. Qualunque cosa avesse inteso Valaria, ora erano di nuovo insieme e ciò lo rendeva felice.
La vampira si staccò lievemente da lui. “Grazie!”, sussurrò con gioia, poi tornò a farsi vicina, accostandosi con delicatezza al suo collo. Francis era pronto a qualunque cosa per lei, ma il Fato si dimostrò malevolo. Proprio mentre lei si avvicinava, lui rilassò il proprio corpo e, come gesto naturale, abbassò il capo, scorgendo così il sorriso di lei trasformarsi in un ghigno costellato dai due lunghi canini. Vide anche le sue mani composte da lunghi e terribili artigli. La paura lo colse e, per istinto, rialzò le due armi arrivando al petto della vampira. Sparò.
Il volto della donna si contrasse in una smorfia di dolore, lo guardò perplessa e si lasciò cadere sulle ginocchia. “P...Perchè?", sussurrò con uno sforzo enorme "Io... ti avrei amato come e più di prima. Saremmo di nuovo... tornati tutti... insieme". Un fiotto di sangue sgorgò dalla sua bocca mentre con uno sforzo cercò di tornare in piedi. Ma le forze l'abbandonarono del tutto e, come suo ultimo gesto, si lasciò cadere verso i piedi del Cacciatore. Poi li giacque immobile.
Francis guardò stupefatto il corpo immobile della vampira e poi quello privo di sensi di Markus. Scagliò lontano nelle tenebre le proprie pistole e si diresse a portare soccorso al suo amico. Le lacrime agli occhi resero tutto molto più difficile. Insieme al cuore di Valaria, quei proiettili avevano trapassato anche il suo...

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"Per Paladine, cavalieri... CARICA!".
Grido di battaglia dei Cavalieri di Solamnia.


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MessaggioInviato: mar set 20, 2005 18:01 
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CREATURE DELLA NOTTE-Lacrime dal cielo

Sulla cupola di una piccola chiesetta, abbandonata oramai da anni, sedeva leggiadro con lo sguardo terso perso nel vuoto dell'oscura notte....
La pioggia cadeva incessante, bagnando il giovane dalla pallida faccia e le sue leggere vesti; la camicia di morbida seta nera era largamente aperta e ciò permetteva alla pioggia di carezzare l'esile corpo dell'uomo, che teneva quasi verticalmente il busto grazie alle sue snelle braccia....
Aveva sempre adorato lo scrosciare della pioggia, sentire l'acqua che lo avvolgeva con il suo morbido abbraccio e che contemporaneamente riusciva anche a pulire tutti i peccati che aveva commesso,era una sacralità per lui...e lo era anche questa volta.
Sentiva la dolce carezza dell'acqua che lo cercava, lo sfiorava e ,quando essa si levava delicatamente, che con se portava parte del sangue che gli ricopriva il volto, come se anche questa volta la pioggia avesse accettato di baciarlo, come se volesse pulirlo dalle nefande azioni di cui si era macchiato quella notte...
Adorava la pioggia, ed era felice di poterla assaporare anche quell'ultima notte...
Quell'ultima notte, in qui aveva osato troppo; quell'ultima notte in cui non era riuscito a restare in disparte, in cui non poteva lasciare che la perfezione fluisse così dalle sue mani, senza neanche tentare di tenerla almeno per un poco, in cui non poteva restare nell'ombra ad assaporare il tenero profumo di una creatura si simile a lui e allo stesso tempo così distante e diversa da lui...no, non poteva celarsi dietro inutili fandonie, non voleva e non poteva tenersi lontano da lei ancora per molto...non poteva, nonostante ciò significasse toccare l'unico frutto che iddio gli aveva negato...
Doveva farlo, era giusto così, lei era destinata a lui e solo un malaugurato caso l'aveva concesso all'unica persona che lo aveva accompagnato per lunghi anni nel suo oscuro cammino. Era stato un crudele scherzo del destino cederla alla persona a lui più opposta e così l'unica uguale a se stesso; e dallo stesso beffardo destino lui voleva strapparla...doveva strapparla...doveva....mentre stracciava le vesti della terrorizzata donzella continuava ad avere in mente questa parola, e l'aveva in mente anche quando fece sua la gemente creatura, riuscì a togliersela di mezzo solamente quando, come aveva fatto con altre prima di lei, gettò via il corpo della triste fanciulla, condannata oramai al destino di un eterno oblio, solo allora aveva capito che lei non era nient'altro che un'altra delle sue prede, solo allora si era reso conto di ciò che era successo...comprese veramente chi egli era...
Scappò, fuggì lontano, con il sangue che ancora gli colava dal suo sottile viso, ma sapeva che non poteva più andare oltre...a cosa sarebbe servito? Non poteva fuggire da se stesso...
Rallentò la sua fuga, fino a cessarla del tutto, aveva realizzato cosa egli fosse, quanto meschina ed inutile era la sua vita, o non vita, quanto egli era così uguale a tutti colore che vagavano senz'anima su queste grigie terre, quanto era diventato ciò che non voleva mai diventare...parodia della vita, lasciò alcune lacrime fluire dai suoi scuri occhi...
Si arrestò, sentì la pioggia che iniziava a toccare i suoi lunghi capelli, voltò leggermente il capo, con lo sguardo che rispecchiava la malinconia e la rassegnazione che lo attanagliavano, vide una piccola chiesetta e trovò piacevole l'idea di attendere il suo destino con la pioggia come compagna, facilmente arrivò sulla cupola e lasciò che la pioggia si confondesse con le sue lacrime...Attese così il suo vecchio compagno...

Un lacerante urlo scuarciò la notte, come neanche un tuono avrebbe mai potuto fare; il rumore dell'acqua che veniva scossa dal calpestio irrequito di una selvaggia creatura fece comparire un malizioso sorriso sul volto della figura che era appollaiata sulla chiesetta...sapeva dell'oscura creatura che stava giungendo e la attendeva conscio del suo fato...non poteva fermarlo, non più, oramai che la belva che si celava nel suo cuore era riuscita a trovare un'uscita...non sarebbe bastato ricercare i suoi occhi per trovare colui che non aveva mai abbandonato....
Lo attendeva con ansia....attendeva con ansia qualcuno che potesse liberarlo dalle catene che stavano lentamente logorando il suo oramai putrido cuore...
La creatura balzò sulla cupola così ferocemente da frantumarne una parte...I due si scambiarono un solo ultimo sguardo.... solo per un breve interminabile secondo....
Era quasi felice, mentre sentiva la belva che gli squarciava il petto con le sue zanne e con i suoi artigli...
Se ne andò così anche quell'insana fiaccola nera che gli permetteva di gioire dei suoi peccati....sparì via, ma al suo posto rimase un sorriso..
Era il sorriso di chi non aveva mai conosciuto la gioia, il sorriso di una creatura che mai aveva visto l'amore, il sorriso di chi aveva trovato la pace solo dove non vi era nient'altro....

Lentamente la pioggia cadeva, e portava con sè il sangue di colui che aveva da sempre amato.
Un ultimo ululato accompagnò il giovane nell'eterno oblio....verso il suo macabro desiderio di pace....

_________________
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