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 Oggetto del messaggio: Il Vampiro Nella Letteratura
MessaggioInviato: lun ott 18, 2004 22:05 
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Signore di Necropolis
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Tra le figurazioni di origine mitico-folklorica che si sono imposte e diffuse nella moderna narrativa (ma anche nella poesia, come vedremo), quella del vampiro è certo la più sfruttata, con gli esiti contenutistici e artistici più diversi. Per restare al piano letterario, che ci compete in questa sede, i romanzi ispirati alla figura del vampiro si contano a decine, e a svariate centinaia i racconti. L'elenco, poi, si allunga a dismisura se prendiamo in considerazione - come sembra legittimo fare - le storie di vampirismo psichico , in cui il nutrimento del vampiro non è la tradizionale emoglobina, ma la totalità delle energie psicofisiche delle vittime. L'indiscusso primato del vampiro, la sua onnipresenza è confermata, quindi, dalla sua capacità di contaminare le altre figure, di sovrapporsi ad esse, imponendo il proprio spessore semantico e immaginifico. E' il caso, per esempio, della belle dame sans merci, la donna pericolosa in virtù della sua bellezza e capacità di seduzione, sotto cui si nasconde una voracità sensuale ed emotiva che si esprime, per naturale osmosi tematico-figurativa, nella creatura vampirica.

Ma il vampiro, nella sua connotazione letteraria, e successivamente cinematografica, delineata perfettamente dal Dracula di Bram Stoker è mito moderno; trae certo alcuni dei suoi caratteri dal mito classico, ma per altre caratteristiche rinvia al differente contesto socio-culturale. Quali sono, innanzitutto, i miti moderni? Ci stiamo riferendo, beninteso, al contesto artistico, e letterario in particolare, come quello capace di far rivivere, e anzi di rinnovare, un'antica - o meno antica - narrazione mitologica.

Oltre a Dracula il vampiro, ci sembrano degne della qualificazione di mito moderno anche le storie di due famosi dottori: Faust e Frankenstein. Questi temi acquistano grande diffusione in seguito alle fondamentali opere, rispettivamente, di Stoker, Goethe e Mary Shelley; ma tutt'e tre hanno un ben preciso retroterra nel folclore e nella tradizione popolare.

Questi miti moderni, dunque, si richiamano a un retroterra popolare che ne conferma la carica archetipica, espressa nella capacità di queste narrazioni di toccare profondamente il lettore o ascoltatore, di portarlo (ci permettiamo di spostarci nell'area delle categorie estetiche di Burke e di Kant) nelle regioni del sublime, che si trovano "al limite del desiderio umano", rispondendo cioè alla volontà dell'uomo di trascendere i suoi limiti, di giungere a un superamento di sé che si esprima nelle forme di una nuova capacità demiurgica, pressoché divina (Frankenstein), nella realizzazione terrena di tutte le proprie potenzialità artistiche o scientifiche (Faust), ovvero nel superamento stesso della morte, sia pure in una forma aberrante e sostanzialmente portatrice di infelicità (Dracula).

Il mostro di Frankenstein, il dottor Faust, Dracula il vampiro sono eccezioni nell'ordine morale, capaci di suscitare scandalo presso i benpensanti, di mettere in crisi l'intero sistema di valori su cui si fondano le società moderne.

Ebbene, il vampiro letterario, come e forse meglio degli altri miti moderni da noi citati, incarna magnificamente la volontà di sfuggire alla massificazione, di distinguersi dalla folla amorfa, vivendo un'esistenza eccezionale, ricca di un'esperienza preclusa alla comune umanità.

È il momento di iniziare una breve panoramica storico-letteraria, quasi una carrellata, che ci porterà dalle prime apparizioni del vampiro nelle letterature europee (ci riferiamo, beninteso, all'ambito creativo, cioè narrativo e poetico, e non alla saggistica), attorno all'Ottocento o poco prima, attraverso le molteplici trasformazioni di questa figura, fino ai giorni nostri. La straordinaria diffusione di casi di vampirismo tra il sedicesimo e il diciottesimo secolo si rifletté nella letteratura creativa solo verso la fine del Settecento (mentre interessò, sul piano saggistico, pensatori dell'Illuminismo come Rousseau e Voltaire).

Le prime apparizioni consapevoli e di una certa consistenza si trovano nel poemetto Chirstabel (1795), di Samuel Taylor Coleridge, e in un'opera, minore ma affascinante, del grande Goethe, La fidanzata di Corinto (1797). Sia Coleridge che Goethe si ispirarono alla tradizione greca dell'oltretomba, innestandovi quella che fu definita "una orribile idea slava". Anche Keats, Chateaubriand e Novalis, per citare solo i più importanti tra i poeti del primo romanticismo, fecero balenare nei loro versi la cupa figura vampirica.
La prima vera trasposizione narrativa si ha invece nel racconto Il Vampiro (1819), di John William Polidori.

II tema si diffonde dunque, inizialmente, in area anglosassone, dove peraltro non darà, per almeno un cinquantennio, risultati di rilievo, se non nell'ambito del feuilleton e della narrativa di puro consumo, come per Varney il vampiro (1845), di Thomas Prest, romanzo-fiume di oltre ottocento pagine. Ben diverso sarà il riscontro letterario in area francese: già nel 1820 Charles Nodier trae una pièce teatrale proprio dal racconto di Polidori; Prosper Mérimée pubblica nel 1827 una raccolta di ballate, La Guzla, in gran parte ispirate al vampiro; e Théophile Gautier ne fa il protagonista di alcuni suoi racconti, il migliore dei quali è forse Clarimonde (1836), storia di un prete tormentato, nei suoi sogni, da una donna conosciuta il giorno della sua consacrazione, che si rivelerà essere una vampira.
La trasposizione al femminile della figura vampirica era però già apparsa nell'unico grande scrittore tedesco che, dopo Goethe, si occupò del tema: Ernst Theodor Amadeus Hoffmann, in Vampirismus (1821). Questo racconto, oscuro e sanguigno com'è tipico del suo autore, ha anche un suo interesse teorico, in quanto i personaggi, prima di introdurre la narrazione vera e propria, dissertano sulla valenza estetica della figura del vampiro. Il tema non lascia indifferenti, beninteso, gli scrittori dell'area d'origine folklorica della figura stessa, cioè l'area slava. Possiamo ricordare, in particolare, il contributo dato dagli scrittori russi, come il grande Nikolaj Gogol (il più estroso e originale tra gli scrittori russi dell'Ottocento), con Il vij (1835) e Alexei Tolstoj (solo omonimo del più grande Lev Nikolaevic), con I vurdalak (1847). Sono due magnifici racconti in cui la figura del vampiro è ricondotta alla sua matrice popolare, con la connotazione che le era propria, quella cioè di un essere rozzo e primitivo. In queste storie, peraltro, il fantastico, come elemento connaturato a una certa mentalità popolare, alla tradizione folklorica, non si esprime più come rottura della coerenza e dell'ordine del mondo: tende, invece (senza che il valore letterario ne sia sminuito), a una dimensione fiabesca, in quanto si inserisce senza attriti particolari in un mondo già disposto a credere nel soprannaturale, anzi, a imbattervisi nella realtà stessa della vita quotidiana dell'uomo.

Spostandoci alla seconda metà dell'Ottocento, è d'obbligo tornare all'area francese, per parlare innanzitutto del contributo offerto dal capostipite dei poeti "maledetti", Charles Baudelaire, nella sua fondamentale raccolta i Fiori del male (1861). Oltre a vari accenni sparsi in altri testi, Baudelaire dedica specificamente al tema due poesie, Il vampiro e Le metamorfosi del vampiro. La figura orrorifica è qui congiunta a quella della belle dame sans merci, della donna fatale e pericolosa. Una nuova e sottile interpretazione è presente nel racconto Le Horla, scritto da Guy de Maupassant nel 1866 ma pubblicato solo nel 1887. Si tratta di una storia che intreccia il tema del vampirismo con quello del doppio, condotta con particolare intelligenza e precisione psicologica da quel maestro del dettaglio che è Maupassant. Il protagonista del racconto è accompagnato da una creatura invisibile, appunto le Horla, che lo domina e ne risucchia completamente le energie: ecco apparire la variante del vampirismo psichico. Questa storia risente, in positivo, dei contemporanei studi sul mesmerismo, e apre sorprendenti finestre sulla scoperta dell'inconscio, che sarà definita scientificamente dalla psicanalisi solo attorno alla fine del secolo. Né l'elenco degli insigni francesi affascinati dal vampiro termina qui: mette conto citare ancora poeti come Lautréamont e Verlaine, e narratori come Alexandre Dumas.

Nulla ci proviene, invece, dalle penne italiane.
Il Novecento assiste infatti a un autentico fiorire di opere sul vampiro, straordinariamente disomogenee sia per valore artistico sia per differenza di angolazione nella trattazione del tema. Possiamo cominciare la panoramica sul Novecento con un racconto italiano (!), Il dottor Nero (1907) di Daniele Oberto Marrama, scrittore napoletano vissuto a cavallo del 1900, autore di un buon numero di validi racconti fantastici, sconosciuto al di fuori di una ristretta cerchia di specialisti, in omaggio alla convinzione accademica che il fantastico moderno (quello di Poe e del Dottor Jekill e Mister Hyde, per intenderci) sia sostanzialmente estraneo alla tradizione letteraria italiana. Il dottor Nero è la storia di un matrimonio tra un nobile irlandese e una ragazza italiana; tra i due si insinua un vampiro, che ha già posseduto la fanciulla, e che arriva a reclamarla di nuovo... E' un racconto pervaso da una sensualità sottile e decadente, sospeso a metà strada tra le suggestioni di una Capri solare, pienamente mediterranea, e quelle della bruma che aleggia attorno ai manieri irlandesi.
Una sottile rielaborazione è data da Mary Wilkins Freeman in Luella Miller (1918), storia, osservata con occhi esterni, quelli dei vicini di casa, per intenderci, di una ragazza buona, placida e in salute, i cui conviventi, genitori, zii, amici di famiglia, uno alla volta deperiscono e muoiono. Non capiamo se Luella è veramente un vampiro, ma lo sospettiamo, e questa incertezza rende il racconto particolarmente intrigante.
Originale anche la versione prodotta da Arthur Conan Doyle, creatore del celeberrimo Sherlock Holmes ma anche autore di una raffinata produzione fantastica, con Il vampiro del Sussex (1927). Si tratta di un'ingegnosa novella che costituisce un tentativo di razionalizzare la figura vampirica: quest'ultima è una donna che, contrariamente a tutte le apparenze, succhia il sangue da una persona per eliminare un veleno. Ma già tre anni prima era apparso un interessante racconto di razionalizzazione della storia, Il sangue della vita di Tom Hilbourne, in cui i presunti vampiri non sono altro che donatori di sangue, che combattono contro un autentico "demone succhiatore"; è chiaro che la valenza metafisica, qui, non è scomparsa, ma è stata proiettata su un altro personaggio. Verso la fine degli anni 20, il tema diventa di moda anche sulle pagine della mitica rivista Weird Tales, che si specializza in un genere sospeso tra l'orrorifico e il fantastico, in un ambiguo ma affascinante equilibrio semantico e immaginifico dove ben si colloca la figurazione del vampiro. Tra i racconti apparsi su Weird Tales possiamo ricordare Il vampiro della brughiera (1929), di Robert Erwin Howard (il creatore di Conan), in cui Solomon Kane, protagonista di molte avventure howardiane tra il mistero e l'occulto, si imbatte nella trascendente potenza vampirica; il classico Rivelazioni in nero (1933), di Carl Jacobi, in cui il manoscritto di un pazzo segregato in manicomio diventa l'allucinante premonizione della comparsa di una donna vampiro e delle sue temibili imprese; Oltre il fiume (1939), di P. Schuyler Miller, che offre un'interessantissima novità, cioè la narrazione della storia dal punto di vista del vampiro (con le conseguenze sconcertanti e rabbrividenti che si possono immaginare, come la gioia e il piacere del bere il sangue, o il terrore della croce); Un Vampiro spagnolo (1939), di E. Hoffmann Price, in cui un vampiro femmina raccomanda agli uomini che incontra di starle alla larga... primo, intelligente tentativo di ironizzare e di demistificare la figura; e Vampiri e affini (19491), di Seabury Quinn, nuovo intrigante episodio delle imprese di Jules de Grandin, placido e sottile investigatore dell'occulto. Un discorso a parte merita Catherine Lucille Moore, sensibile scrittrice americana che ottenne uno straordinario successo negli anni 30, a partire dalle pagine di Weird Tales, con una serie di avventure ai confini tra fantascienza e magia, imperniate sulla figura di un fuorilegge spaziale, Northwest Smith, e del suo amico venusiano Jarol. Nelle sue peregrinazioni tra i pianeti, Smith si imbatte in orrori innominabili, la cui caratteristica costante e più temibile è quella di nutrirsi dell'energia psichica delle creature che incontrano. Tra i migliori racconti della serie, ricordiamo Sogno scarlatto (1933), Yvala (1936), e soprattutto l'indimenticabile Shambleau (1933), in cui l'alieno ostile assomiglia alla mitologica Medusa, la creatura dai capelli viperini e dallo sguardo che impietrisce, manifestando nello stesso tempo un micidiale vampirismo psichico. A partire dalle opere di Catherine Lucille Moore assistiamo al tentativo, difficile e non sempre riuscito, di collocare la figura del vampiro, dandone una spiegazione in qualche modo razionale e scientifica, nel genere della fantascienza. In alcuni casi la natura d'oltretomba propria del vampiro viene semplicemente affiancata a qualche tipica figura fantascientifica, come l'extraterrestre; ne nascono storie azzeccate e divertenti, come Il marziano e il vampiro (1952), di Edward Everett Evans, e Vampiri (1957), di Randall Garrett. Più schiettamente fantascientifico è il romanzo breve La città dei vampiri (1946), né l'impostazione del suo autore, Alfred Elton Van Vogt, poteva essere diversa. Ne La città dei vampiri Van Vogt immagina l'esistenza di una dimensione parallela, che viene scoperta ad opera di un uomo con tre occhi (il terzo occhio appare in seguito ad un incidente d'auto). In questa dimensione, il vampirismo è realtà, in quanto il sangue è considerato una specie di droga, di raffinato nutrimento fisico ed emotivo. Il protagonista, l'uomo con tre occhi, paga il suo tributo in termini di sangue, ma finisce per adattarsi e inserirsi nella nuova dimensione, dove troverà anche l'amore... è un romanzo complesso e denso di colpi di scena, com'è tipico di Van Vogt, ma particolarmente interessante nella descrizione del bisogno di sangue visto come nuova droga.

Per tornare al filone del vampirismo psichico, esso è stato oggetto, in questi ultimi decenni, di nuove e riuscite elaborazioni. È il caso di I parassiti della mente (1967), di Colin Wilson, liberamente ispirato alla mitologia aliena creata da H. P. Lovecraft, il pantheon dei Grandi Antichi cui decine di scrittori fantastici hanno dedicato almeno un racconto. A questo filone appartiene anche Danse macabre (1989), di Dan Simmons, storia di una associazione segreta di uomini dotati di poteri psichici paranormali, primo fra tutti quello di impossessarsi della mente altrui, muovendo di conseguenza i corpi come fossero burattini; e il nutrimento di questi superuomini è proprio l'energia psichica, le emozioni delle persone che essi terrorizzano e asserviscono. Il romanzo di Simmons si complica e si dilata in maniera eccessiva, disperdendo l'iniziale carica di fascino.

Un altro romanzo degno di nota è certo Intervista col vampiro (1976), di Anne Rice. E' un testo certo originale, anche per il sontuoso e intrigante sfondo storico; ad esso sono seguiti Scelti dalle tenebre e La regina dei dannati , che pur mantenendo un più che dignitoso livello di scrittura, scivolano quasi inavvertitamente nel seriale.
Lo sfondo storico è l'aspetto più rilevante anche di Fiamme su Bisanzio, di Chelsea Quinn Yarbro (apparso in Italia nel '91), ambientato tra Roma e l'Impero d'Oriente verso l'inizio del Medioevo. Il tema vampirico appare qui in maniera un po' episodica, e rimane sullo sfondo degli intrighi politici e amorosi di una turbinosa Bisanzio, in un romanzo comunque interessante. Merita ancora qualcosa più di un cenno un recente romanzo del grande Brian Aldiss, Dracula signore del tempo (1991). Quest'opera - il cui titolo originale suona Dracma unbound, cioè "Dracula liberato-, va idealmente affiancata a un altro testo di Aldiss, Frankenstein unbound. Nei due romanzi, i personaggi del mito letterario prendono vita nello stesso periodo storico in cui vivono i loro creatori, Mary Shelley e Bram Stoker; ma solo un uomo del futuro, Joseph Bodenland, che si sposta nel tempo con un'apposita macchina, conosce l'ambiguo rapporto tra autore e personaggio, e può prevederne l'esito.

Un altro importante testo di recente apparizione in Italia è il racconto breve Popsy, che porta la firma del maestro dell'orrore: Stephen King. È la storia di un uomo che, per pagare un debito di gioco, si adatta a uno squallido commercio di bambini. Ma la sua ultima vittima è tutt'altro che indifesa: per essere un bambino di sei anni, ha una forza straordinaria, e i suoi morsi sono dolorosissimi. E le cose peggiorano ancora quando a salvarlo interviene suo padre, cioè Popsy: che non è altro che un tremendo vampiro. Come sempre King aggiunge un tocco di originalità ai temi più scontati; qui l'elemento nuovo è dato dal cambiamento di prospettiva, per cui quella che sembrava la vittima si rivela appartenente a un'antica stirpe di aggressori, e il ladro di bambini fa una fine ben peggiore di quella che meriterebbe.

Un ultimo testo degno di nota è Il regno di Dracula, di Kim Newman (1995). E' una storia collocata in un universo alternativo, in cui Dracula ha vinto la battaglia con Van Helsing, Harker e gli altri suoi nemici, e ha sposato addirittura la regina Vittoria, naturalmente contagiandola, ed estendendo il suo dominio all'intero Regno Unito. Ma la stirpe degli uomini sopravvive, ponendo alla dominante razza vampirica il problema di una convivenza per quanto possibile pacifica. Il tema proposto è qui quello della normalizzazione, della ricerca di una coesistenza e di una cooperazione tra due stirpi così intimamente differenti. La sorpresa, in questo caso, sarà che i vampiri riveleranno dosi sorprendenti di umanità, che saranno più forti della loro natura maledetta. ...omissis......

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Ok, ammetto che è un mattone, ma lo inserisco per completezza, per gli interessati, eventualmente per chi necessiti una ricerca puntuale

8)

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