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 Oggetto del messaggio: Dal libro che mancava. Un elfo narra....
MessaggioInviato: mer nov 17, 2004 20:39 
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Località: Roma *room 69 Piano della Morte*
Metaracconto a quattro mani scritto da Judas Zyrustafer e Milady

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Le ombre della sera avvolgevano ogni cosa nel loro usuale, tetro abbraccio.
L'aria era stranamente calda per quel periodo dell'anno e l'odore delle castagne arrosto aleggiava per strada.
L'elfo lo respiro' a pieni polmoni mentre apriva le ante della vetrata facendo entrare nel salone la pallida luce della luna nascente. Alzo' gli occhi per guardarla e penso' che non mancava molto. Inizio' a chiedersi quanto stava rischiando, ma proprio mentre la domanda gli tornava in mente per la ventesima volta quel giorno, un gatto scappo' rapido nel giardino proprio sotto il balcone e lui capi' che stavano arrivando.
Si avvicino' all'antica libreria e fece scorrere le dita sui dorsi dei libri, quasi ad accarezzarli, fermandosi su un grosso tomo dalla copertina color porpora. Lo estrasse lentamente, dopo molti anni, e tenendolo fra le mani come a volerlo cullare, si diresse verso la sua poltrona.
Il camino era gia' acceso, e la poca luce delle braci sarebbe stata sufficiente. Mentre si accomodava sulla poltrona spero' che questo non irritasse i suoi ospiti.
La stanza divento' ad un tratto piu' buia e sullo sfondo scuro si staglio' una sagoma ancora piu' scura. Con un balzo leggiadro la figura scese dal parapetto del balcone ed entro' nella stanza. Era avvolta in un nero mantello ed anche il volto era nascosto da un cappuccio. Judas la osservo' con un misto di trepidazione e timore.
Subito dopo un'altra figura molto simile alla prima entro' nella sala allo stesso modo, seguita da un'altra e un'altra ancora.... Judas li osservava ed era come se una pellicola rotta ripetesse continuamente la stessa sequenza. Si trovo' a fissare il cielo oltre la finestra e si rese conto che i suoi ospiti attendevano.
Poso' il libro sulle ginocchia e lo apri' scorrendo alcune pagine ingiallite.
Trovo' il punto che cercava ed inizio' a leggere.....


La musica mi sembra tutta uguale, adesso. Sto seduta nello stesso locale affollato di tanti sabati sera, e non me ne frega un cazzo se mettono musica new wave, heavy metal, industriale o qualche merdoso remix tecno – roba che non potrei nemmeno riconoscere più. I soliti ritmi martellanti scuotono le finestre congelate della discoteca, i soliti giovani tirati a lucido si dimenano seguendo il tempo, e mi viene da sorseggiare ancora la mia birra annacquata, osservando la massa dei corpi sudati come qualcosa che ho già visto troppe volte.
Il nero è ancora di moda – e quando non lo sarà ? – e allora sto seduta in un angolo, con una fastidiosa minigonna di pelle nera che mi stringe i fianchi. Quando avevo l’età delle altre donne – ragazzine, direi – che ballano in pista, le gambe erano il mio punto di forza. Ora invece ho un…beh, ve lo potete immaginare…un grosso sedere capace solo di scaldare lo sgabello.
Muovo avanti e indietro il mio paio di tacchi a spillo della serie “sbattimi a terra e scopami” e mando giù un altro sorso di birra. Quando ero più giovane mi sembrava che una notte come questa fosse piena di possibilità. Ora che sto sfiorando i trenta, il gioco è diventato vecchio – come me, del resto. Il maledetto turno del mattino domenicale alla banca, a scambiare fottutissimi assegni, mi aspetta tra meno di sei ore. Sento come una bomba ad orologeria ticchettare dentro la testa.
È ora di darsi una mossa, baby. È ora di passare all’azione.
Sorrido a quel tipo che mi passa davanti…spero che si giri e torni indietro…anzi, spero che non lo faccia. Dov’è che sbaglio? Non fraintendetemi, trovare compagnia per qualche ora di piacere non è il problema principale. Quando si abbassano le pretese, niente è impossibile. Ma tutti quei sabati sera che pensavo di avere davanti quando avevo diciannove anni si sono consumati. Non conta più il genere di locale che decido di frequentare, perché ovunque vada sono fuori gioco a causa della mia età e del mio aspetto – a razzolare quel che posso negli strati più bassi della gerarchia sociale, sul fondo della catena alimentare. Non riesco a competere con le Barbie magre fino all’impossibile che mi stanno intorno.
Oh, curioso. Barbie e le sue amichette sono vestite tutte di nero stasera – abiti retrò che non indosso da quando avevo quattordici anni. Forse adesso sono tornati di moda e non me ne sono accorta. Mioddio, sono così vecchia? Faccio davvero questa figura? Certo che no, con tutta l’impalcatura che mi sono messa addosso. Il trucco è perfettamente sistemato – fondotinta bianco pallido e rossetto nero come la morte. I capelli sono pettinati alla maniera delle regine dark che i ragazzetti qui intorno non possono ricordare. Indosso persino il mio paio di mutandine portafortuna, anche se la loro fortuna è ormai sfumata da un bel pezzo. Non appena comincio a sudare per il caldo e l’energia emanata dalla pista, capisco che è il momento di fare il mio ingresso ufficiale e mettere sul mercato l’unica cosa che mi rimane da mostrare. Il mio corpo che balla.
Bastano pochi movimenti a dissipare tutti i miei dubbi. Me ne frego se è pretendere troppo continuare a ballare ogni settimana in questo e altri terribili locali come se nulla fosse. Non faccio caso alle torme vorticose di scolaretti angosciati che mi stanno intorno.
La musica che mi martella nel cervello ha sonorità vagamente industriali, ma non mi fermo per cercare di riconoscerla. Spero solo che chiunque abbia intenzione di abbordarmi e portarmi via da questo inferno lo faccia al più presto possibile. So già come va a finire quando ballare non funziona: barcollo a casa dai mie gatti, leggo qualche riga di un romanzetto erotico e vaneggio di togliermi la vita. Prego che qualcuno metta fine a tutto questo.
Con la coda dell’occhio vedo che i miei movimenti hanno richiamato l’interesse di qualcuno. Capelli scuri, pantaloni sportivi neri, t-shirt di un gruppo che non riesco a riconoscere, stivali belli da morire. Sta passando attraverso la pista e punta dritto verso di me. Si muove a ritmo per sembrare in sintonia con l’ambiente, ma il piccolo Ankh di cattivo gusto che gli ciondola al collo rivela il contrario. Da quanto tempo non va di moda quel gingillo? E per giunta indossa occhiali da sole al chiuso. Un perdente.
Proprio come me.
Lui passa di fianco a un giovane magrolino molto atteggiato, poi mi gira le spalle per dare a quello stronzetto un bello spavento. Il giovane sobbalza, lasciando il suo drink mentre si precipita verso la porta. Oh, conosco questa mossa a effetto. Si è messo in testa di essere il “Bel Tenebroso”, ma credo che questa recita di gusto gotico sia un tantino eccessiva. Perdente o meno, comunque, devo ammettere che ha un aspetto davvero carino.
Qualche altra Barbie prova a catturare la sua attenzione, ma lui si muove come se sapesse che lo sto osservando. Ti va di scopare? Me lo fai questo favore? No, ferma. Sta venendo di qua. Continuo a ballare disperatamente, e nemmeno ascolto più la musica che mandano – ma chi se ne frega, poi? Santo cielo, mi accorgo solo adesso che fanno passare ancora “Tin Omen”, deve proprio essere serata revival. Lui si piazza davanti a me e sfodera le sue battute d’apertura. Non riesco a sentirlo, mi limito a ridere e ballare. E carino abbastanza da tenermi inchiodata qui fino a quando dovrò aprire la serratura di casa. La casa di chi? Non importa più. Sono intossicata dall’alcool e dalla presenza di questo “Bel Tenebroso” davanti a me. Dietro di me. Abbracciato a me. Gli rendo le cose troppo facili. Lo so, è un errore madornale, eppure desidero che succeda.
Dopo neanche un attimo ci caviamo dalla pista da ballo. Due drink, qualche musichetta revival e già accetto il suo invito ad uscire fuori. Qualsiasi cosa pur di andarmene. Quel genere di passioni che sentivo dieci anni fa ricominciano a venire a galla, ma la cosa non mi sorprende. Ho passato notti di questo tipo talmente tante volte, compiendo gli stessi precisi movimenti, che ora ho tutta l’intenzione di lasciarmi accompagnare alla sua macchina senza fare resistenza. Oh, una macchina sportiva! Questo sì che mi sorprende.
Incespico sui tacchi a spillo e faccio una risata con tempismo calcolato mentre mi accuccio sul sedile ribaltabile. Mi allaccio la cintura di sicurezza e sistemo la mini nera per ottenere il massimo effetto. Lui si è seduto al posto di guida in un baleno – sto decisamente lasciando che le cose succedano troppo in fretta. Ohhh, niente cintura di sicurezza…la usa per legarmi stretta e … una botta d’adrenalina quando si china per baciarmi sul collo e bloccarmi contro lo schienale in pelle. Mi tiene ferma in modo così sensuale…
E’ un sogno. Subito seguito da un incubo. Sanguino...


Judas si interruppe quasi improvvisamente alzando lo sguardo verso le ombre che lo circondavano. Richiuse il libro.
Le creature capirono che l'alba sarebbe sorta prima del termine del racconto e che l'ora di tornare ai propri rifugi era giunta.
Senza una parola, una ad una, silenziose come erano arrivate, uscirono dalla sala oltrepassando il balcone con balzi che ben poco avevano di umano.
Quando anche l'ultimo dei misteriosi ospiti senza nome fu svanito Judas si alzo' a riporre il libro ed a chiudere le vetrate tirando poi i pesanti tendaggi.
Si volto' e cammino' con sicurezza nel buio della sala fino alla porta che richiuse alle proprie spalle con un sinistro cigolio.


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Ancora questa notte...come la precedente...l'arcimago Judas, nel buio inquietante del suo studio, si avvicinò all' imponente libreria in legno di quercia, estrasse nuovamente il grosso libro impolverato, dopodiché si avvicinò alle imposte della grande vetrata che dava sull'esterno della sua torre e con un secco gesto delle mani spalancò le due ante...il gelido ed umido vento autunnale non impiegò molto a far il suo ingresso nella sala.
A quel punto l'elfo accese una singola candela, si avvicinò al camino in mattoni ed intonò alcune parole nell'antico idioma arcano...improvvisamente...un vivace ma piccolissimo fuoco prese a bruciare dal camino.
Si accomodò sulla sua comoda poltrona di pelle che era appena sul lato destro del focolare ed appoggiò la candela su una piccola mensola lì vicino.
Per lunghissimi istanti il mago attese, accarezzò con amorevole dolcezza la copertina del grosso tomo, il tutto in un silenzio irreale. Solo le improvvise folate di vento rompevano la magia di quella quiete.
improvvisamente, Judas si voltò verso l'enorme finestrone aperto, un piccolo sorriso apparve sui suoi delicati tratti elfici ed in un sussurrò esclamò: "Accomodatevi fratelli miei...siete, come sempre, puntualissimi...immagino vogliate ascoltare il resto della storia? Come darvi torto daltronde...prego mettetevi tutti intorno a me".
Quasi come ad accettare l'invito del mago...un numero non precisato di ombre salì dal balcone.
Erano per lo più tutte ammantate e si muovevano con movimenti lenti e seducenti ed in ognuna di loro erano ben visibili i canini estremamente pronunciati.
Tutti i vampiri si accoccolarono intorno alla poltrona del mago e con trepidante desiderio attesero.
A quel punto, Judas con un rapido gesto delle sue sottili dita aprì il tomo esattamente nel punto dove una piccola piuma fungeva da segnalibro...ed incominciò a leggere con un sussuro che però fu ben udibile da tutti i suoi ospiti...


...Onestamente, non mi ricordo di preciso cosa sia successo. Suppongo che i minuti seguenti siano stati carichi di velato erotismo, oppure che abbia avvertito un intensa paura e mi sia arresa totalmente a quella forza travolgente…forse è stato doloroso. No, ero solo inebetita. E meno male. Ho la terribile impressione che ci sia stato un profluvio di sangue. Tanto, tantissimo sangue che scivolava sul volto del mio amante, sulle sue labbra…e sulle mie? Non lo so. Deve essere successo qualcosa di tremendo, perché a un certo punto ho alzato lo sguardo sulla sua faccia e non era più attraente come prima.
Forse è la mia mente che se lo raffigura così orribile. Quando siamo usciti dalla discoteca mi era sembrato che il suo profumo fosse diventato meno piacevole, che quasi non si riuscisse a sopportarlo. E appena sono cominciate le cose, il “Bel Tenebroso” era scomparso nel nulla e rimaneva solo un “Tenebroso” che stava chino sul mio corpo inanimato. La mia mente lo ha associato a uno di quei mostri dei film muti. Pelle grigia, denti affilati, lunghe mani artigliate. E quel fetore insopportabile. Puzzava di cosa morta, un freddo e decomposto cadavere. O forse ero io?
O forse sono io? Adesso, dico. Tengo gli occhi chiusi, e il pavimento sotto di me sembra piuttosto duro. E freddo molto freddo. Ho la sensazione di essere come avvizzita, la pelle mi prude in modo tremendo, e ho la gola secca…assetata. Intorno ci sono delle luci intense. E allora faccio il più grosso errore della mia vita, peggio ancora di essere salita su quell’auto sportiva. Apro gli occhi.
Dovete sapere che quando avevo quattordici anni sognavo che Lestat venisse da me e mi portasse via. Il mio abbigliamento di ieri notte la dice lunga sulle fantasie che ho sempre nutrito per i vampiri, come pure l’attrazione che ho provato per il “Bel Tenebroso”. Non mi sorprende che le sue azioni mi risultassero così familiari. Tuttavia accidenti, non ho mai immaginato che le cose potessero andare in questo modo.
Davanti a me c’è un magnifico specchio largo sei metri. I fianchi abbondanti sono l’ultimo dei miei problemi, adesso. I capelli corvini, su cui mai ho avuto da ridire, sono una sudicia matassa arruffata e separata in flosce ciocche. I denti candidi e perfetti, che ho sempre lavato con cura maniacale almeno quattro volte al giorno, sembrano sul punto di cadere da un momento all’altro. Sono ricoperta da strati di pelle flaccida e grinzosa che ricorda quella di un rettile. Quante volte mi sono specchiata per correggere piccoli foruncoli o macchie appena visibili? Piuttosto inutile farlo adesso. La stupida camicetta di seta che ho messo - quanto tempo fa? - è avvolta intorno a un petto scavato, le gambe rinsecchiscono nella minigonna, gli occhi sprofondano nelle orbite, e tutto questo è davvero troppo.
Poi mi accorgo che non sto respirando. La faccia che ero abituata a guardare ogni mattina, pomeriggio e sera, la faccia che con le sue imperfezioni contribuiva a darmi un senso di identità, ora non c’è più. Le piccole dimensioni del mio naso o il labbro troppo pronunciato o tutti quei pietosi accorgimenti quando mi truccavo per conservare la freschezza della gioventù sono diventati dei fatti irrilevanti.
Improvvisamente sento di essere stata sciocca per aver sprecato tanto tempo per piacere agli altri…a prescindere da quanto apparissi bruttina quando mi svegliavo, non è niente al confronto della figura scavata, squamosa, con gli occhi a spillo e la mandibola cadente che vedo ora nello specchio davanti a me.
Non sono più la stessa persona. Non posso essere la stessa persona. Devo essermi trasformata in qualcosa di diverso. Se non è così, presto sarò completamente matta.
Il “Tenebroso” che stava chino sul mio corpo… non era una mia fantasia. Era reale. E posso vedere nello specchio che si sta avvicinando dietro di me. Sono troppo debole per girarmi. Vorrei dimostrargli il mio odio, sputargli in faccia, prenderlo a pugni, ma la prima ondata di dolore mi raggiunge, e l’incubo ricomincia...


...All'improvviso Judas con un rapidissimo gesto delle mani richiuse il grosso tomo e si voltò verso i suoi ospiti con un sorriso dolce quale mai era solito mostrare con alcuno..."Adorati fratelli miei, vorrei tantissimo continuare con la lettura...ma ahimé l'alba è quasi giunta...e voi dovete andare a riposarvi, ma non temete...domani notte vi delizierò ancora con questo interessantissimo racconto. Sù ora ritornate alle vostre dimore...un lungo viaggio vi attende e dovrete essere a casa prima che i raggi del sole bacino la vostra candida pelle".
Tutti i vampiri, come destati da un sogno incantato, si precipitarono con velocità disarmante fuori dal grande balcone e svanirono rapidamente dalla vista dell'elfo per perdersi nelle ultime ore della notte.
Judas si alzò, ripose il libro esattammente dove l'aveva preso, chiuse le imposte e tirò giu anche la pesante tenda nera, quindi con un delicato soffio spense la candela, dopodiché con passo leggerissimo uscì dalla porta del suo studio...salvo per rientrarvi dopo un brevissimo istante...pronunciò una singola parola arcana, ed il fuoco nel camino si affievolì fino a spegnersi.
Richiuse nuovamente la pesante porta alle sue spalle lasciando il suo studio nel buio più pesto...



Milady atterrò silenziosa sull'erba umida oltre il balcone.
Le altre ombre si erano gia' dileguate mentre lei esitava alcuni attimi, voltandosi a guardare la sottile figura che chiudeva le finestre, quasi a proteggere quei segreti noti solo a pochi prescelti.
In lontananza un indisitinto rumore la scosse dai suoi pensieri e solo un lieve fruscio della lunga veste rivelò il suo confondersi con le ombre della notte.
Fino alla prossima notte.


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...La luna era come un disco pallido in un infinità di buio...sembrava come se un unico glaciale occhio stesse osservando tutte le creature della notte con sguardo indagatore. Era gelida ma altresì talmente bella da mozzare il fiato, nemmeno le stelle avevano possibilità di competere con il suo seducente magnetismo...questo almeno era quello di cui erano convinte le decine di ombre che con passo ovattato si apprestavano verso la spettrale torre...
Giunte in prossimità delle mura, le creature, per alcuni istanti incrociarono i loro sguardi e si squadrarono vicendevolmente, alcune erano leggiadre ed all'apparenza delicate, altre erano più goffe ma decisamente più possenti, altre ancora sembravano deformi sotto le loro pesanti cappe...ma tutte condividevano lo stesso desiderio...ascoltare ancora il racconto del mago...in fondo...nessuno che non fosse un discendente di Caino, sembrava nutrire il rispetto e l'amore che quella scarna figura riusciva a trasmettere quando parlava loro.
Poi, una dietro l'altra le creature iniziarono a scalare rapidamente le mura della torre, fin quando non arrivarono su un'ampia balconata con due grandi finestroni spalancati.
I vampiri entrarono con molta calma all'interno dello studio, e qui si trovarono di fronte la medesima situazione della notte precedente...senza la minima esitazione si adagiarono tutte intorno al mago che, nell'istante in cui l'ultimo dei cainiti si fu accomodato, iniziò con la solita voce soffusa a leggere...

L’ultima settimana è una visione composita di sfocate memorie sensoriali e osceni flashback. Onde di violento dolore, attacchi persistenti di fame, muta rassegnazione alla mia metamorfosi corporea.
Ora darei qualsiasi cosa per superare i trent’anni. Invece, eccomi imprigionata in una sorta di non vita: le unghie appuntite sono sempre della stessa lunghezza, la massa cisposa dei capelli ha sempre quella sgradevole piega che la rende simile a una tana di topi, la faccia sembra essere stata fracassata sempre allo stesso modo a ogni risveglio. Per sempre.
Dopo una settimana trascorsa a contorcermi, strisciare e leccare sangue dal pavimento, dopo che per un’eternità non sono riuscita a allontanarmi da quell’orrore nello specchio, mi sono finalmente risvegliata in un altro luogo: uno spazio sotterraneo, con liquidi in movimento e un forte odore di urina rancida.
Tutta tremante, mi rimetto in piedi mantenendo un precario equilibrio sui tacchi spezzati e avvolgo intorno alle spalle la coperta di lana che il “Tenebroso” mi ha lasciato. Lo ringrazio per questo inaspettato passo avanti. Indosso ancora la camicetta di seta e la minigonna, reminescenze di quello che ero un tempo, ma le curve che mi rendevano inequivocabilmente donna sono appassite. Non posso ancora dire cosa sono diventata. Lontano dal mio sguardo, per l’ennesima volta, avverto che il “Tenebroso” mi sta osservando di nascosto. E fa molto freddo, davvero molto freddo.
Un topo si accorge della mia presenza e sgambetta lontano – per un momento riesco a sentire l’energia viva e pulsante dentro di lui. Mentre i suoi nervi si contraggono e il cuore batte, in me sale nuovamente la fame. Non per la carne o il sangue, ma per la vita, per riuscire a tirare avanti con questo corpo avvizzito che mi ritrovo. Come per istinto, mi abbasso a terra e rilascio dal profondo del cuore un segnale di compassione e misericordia. La bestiolina interrompe la fuga, mi guarda, raggiunge in fretta la mia spalla e poi comincia a sfregare la pelliccia ruvida e coperta di piaghe contro di me.
Denti rapidi e acuminati, disgustosa bile nera che scende nella gola, un fremito della mandibola. Ributto quel che resta della carcassa nel torbido canale di liquami che mi scorre dietro. Da molto lontano, avverto l’approvazione del mio creatore. Ho appena superato la prima prova. La vita è una merda, penso di riflesso, ma ora sono morta...


“Morta"...queste ultime parole furono accentate dal mago con un tono della voce leggermente più alto!
Tanto bastò ai cainiti per comprendere che anche per questa notte il racconto aveva esaurito i suoi capitoli...tutti, con un lieve cenno del capo, ringraziarono l'elfo, il quale si affrettò a ricambiare quel silente ma significativo gesto...in pochi istanti tutte quelle ombre che di solito non lasciano testimoni erano scomparse...allora judas si accinse a chiudere le imposte...ma si soffermò solo per alcuni istanti ad osservare quella che avrebbe potuto giurare essere la sagoma di un'esile figura ammantata in piedi esattamente sul terreno al di sotto del grande balcone...
il tutto durò solo un attimo...poi, scuotendo il capo judas richiuse il balcone e si allontano sorridendo mentre pensava: "Devo essere particolarmente affaticato stanotte, avrei giurato di aver visto uno di loro sotto il mio balcone...e potrei perfino asserire che mi stesse salutando...mah...cosa vado a pensare... non sono di certo già nelle loro grazie fino a questo punto..addirittura un tale cenno di affetto...heheh..meglio che vada a riposarmi"...
...E difatti, così fece...


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La notte era particolarmente fredda e desolata...fuori un roboante temporale sfogava tutta la sua rabbia e la pioggia scrosciava inesorabile da almeno cinque ore. Judas attendeva, per la quarta notte consecutiva, i suoi ospiti con un nervosismo che non gli apparteneva, la strana ombra della notte prima l'aveva indubbiamente turbato...non avrebbe saputo spiegarne il motivo...ma c'era qualcosa che non tornava...
Un improvviso movimento delle pesanti tende nere fece destare il mago dai suoi pensieri e gli annunciò che i suoi ospiti, puntuali come sempre, erano giunti...
Ripetendo movimenti ormai collaudati, tutti i vampiri si accoccolarono intorno al mago...tranne un'esile figura che indossava una pesante cappa nera che ne ricopriva interamente il corpo. Solo il bianco pallidissimo delle guance ed il rosso scarlatto delle labbra trapelavano dal cappuccio. La creatura rimase in piedi a non più di tre metri da Judas. L'elfo perse diversi istanti ad osservare questa enigmatica e solitaria figura, dopodichè scosse lievemente il capo come a scrollarsi di dosso le ultime perplessità ed iniziò la lettura...


Il “Tenebroso” non si mostra mai. Si limita a farmi strada, proprio come quella prima sera in discoteca. Non so il motivo – forse ha tutta l’eternità davanti a se e in questo modo si diverte, forse serba dei progetti sulla mia…ehm…persona. Di solito non sembra fregarsene troppo dei rischi che corro o delle improvvise fermate che il mio rattrappito corpo mi impone, eppure mi osserva sempre con attenzione, come un genitore autoritario. È probabile che io rappresenti qualcosa di sacrificabile, ma chi se ne importa? Passo la maggior parte del tempo a rintracciare una strada praticabile lungo questi tunnel, a tenermi nascosta dal picchiettare dei passi che viene dall’alto, a escogitare nuovi sistemi per ottenere sangue fresco. So benissimo che se dovessi fare un passo falso il “Tenebroso” mi ucciderà. Se non lui, lo farà il primo essere umano che mi capiterà di incontrare.
Stanotte sono di nuovo al vecchio terreno di caccia. Basta col sangue di topo…sono salita lungo la catena alimentare. Striscio nelle ombre di un vicolo, contando i passi che mi dividono dalla grata nel caso abbia bisogno di scappare. L’oscurità mi avvolge – col pensiero mi stringo addosso strati di ombre, quasi fossero le falde della vecchia coperta di lana che non uso più da una settimana. Striscio come un animale, come una bestia, come quel mostro che ora sono, e ancora una volta, sotto la patina di dolore spalanco il mio cuore nero a sentimenti di necessità, compassione e misericordia. Mi sembra di avere un certo talento per questa cosa.
Dopo un singolo battito di cuore (o almeno presumo, dato che non ce l’ ho più), fa capolino nel vicolo un pazzo farneticante che fino a un minuto fa andava avanti e indietro, a circa 15 metri da me, cercando ci scatenare una rissa. Stava sbraitando parole scurrili alle persone che passavano, gente bella e felice che lo schivava velocemente, quasi come fosse invisibile. Non so perché, ma il richiamo di compassione stavolta mi ha richiesto uno sforzo minimo. Il barbone sta avanzando sempre più vicino al mio nascondiglio, e senza dubbio si sta interrogando su come gli sia venuto in mente che qui ci sia qualcosa di utile.
L’oscurità mi avvolge, i miei denti sono rapidi. Con gli artigli mi faccio strada nella sua gola e nel torace e muovo un passo avanti nella catena alimentare. Sono gelida, davvero gelida eppure mentre ingollo il suo sangue e la sua vita comincio a sentire un soffuso calore. E allora continuo a succhiare la gola di questo catorcio puzzolente fino a quando lo svuoto del tutto. Un animale deve uccidere per sopravvivere, e se c’è una cosa che ho imparato nelle ultime settimane è che sicuramente non sono più un essere umano. Sono molto meno che umana. E molto di più...



...L'ultima parola del mago coincise con il rombo di un tuono particolarmente assordante, dopodiché Judas si rivolse ai suoi ospiti asserendo che la storia era quasi giunta al suo epilogo...e diede appuntamento alla notte successiva.
I vampiri si sollevarono dai loro giacigli di fortuna con passo rapido ma sicuro si allontanarono verso l'enorme vetrata sparendo nella tempesta che continuava imperterrita a scatenarsi...tutti tranne uno...
L'esile figura ammantata, invece, si avvicino al mago con un'andatura così aggraziata che sembrava stesse letteralmente levitando sul pavimento. Gli scivolò dietro la schiena ed appoggiò entrambe le mani sulle spalle dell'elfo, le mani sicuramente femminili scivolarono rapidamente verso il collo di Judas...ma non per stringerlo in una morsa mortale, bensì per cingerlo come in una carezza tra amanti. La donna poi avvicinò le scarlatte labbra all'orecchio del mago e sussurrò: "Non sono qui solamente per la tua avvincente storia Judas..anche se non vedo l'ora di ascoltarne la fine...ma ho anche altri progetti...certamente molto più interessanti...". Judas si girò lentamente e guardò negli occhi la vampira che aveva di fronte, gli occhi...erano qualcosa di terribile, ma allo stesso modo meraviglioso...sembravano cambiare costantemente colore ed esprimevano sia dolcezza ma anche una gelida determinazione. Facendo appello a tutto il suo autocontrollo il mago scostò leggermente la donna, la quale non oppose resistenza, e si destò dalla sua poltrona: "L'ora è invero assai tarda...il mattino si appresta e credo che questa discussione possa attendere momenti più propizi" asserì cercando di mantenere la voce il più salda possibile..."Magari domani quando questa novella incontrerà la sua fine".
La donna comprese immediatamente il messaggio...e con calma disarmante scivolò via verso il balcone, ma quando sembrava stesse per lanciarsi nel vuoto, si girò di scatto e con un gesto della mano salutò il mago...dopodichè sparì nella notte. Judas ancora una volta si trovò a riflettere su ciò che era appena accaduto, poi parlò con voce flebile e tremante...quasi come se stesse parlano a se stesso: "Questi vampiri, sono sempre lì pronti a disarmarti con i loro singolari modi di fare...mah...non capirò mai il loro gusto per queste cose teatrali".
Dopodiché ripose il grosso tomo e si avviò verso le sue stanze private...



La notte era più scura del solito e nascondeva ogni ombra, mentre la pioggia battente copriva i rumori.
Non che lei ne avesse bisogno. Era abituata a celarsi agli sguardi ed alle orecchie di chi non apparteneva al suo mondo. Tuttavia quella notte la pioggia sarebbe stata un vantaggio.
Era quasi l'alba, ma voleva correre questo rischio. Si fermò nel giardino e attese che tutti si fossero allontanati ed ancora aspettò per qualche tempo, dopo che tutte le luci della casa si furono spente. Si riavvicinò al balcone e con un salto si trovo' davanti ai vetri chiusi. Avrebbe potuto sfondarli con un pugno, se solo avesse voluto. Invece forzò delicatamente la portafinestra con un leggero 'clack' assorbito dalla pioggia.
Aprì lentamente scostando le tende.....la sala era vuota.
Entrò sfuggendo all'alba che sembrava inseguirla attraverso le nuvole ora più chiare e richiuse la vetrata e le imposte dietro di sè tirando le pesanti tende.
Si guardò intorno, la stanza sarebbe rimasta al buio e l'elfo avrebbe dormito per molte ore, probabilmente fino al tramonto.
Si avvicinò alla libreria e allungò una mano verso il volume non più coperto di polvere....ma la mano restò ferma a mezz'aria. Perchè privarsi del piacere dell'attesa? La sua impazienza la faceva sentire così fastidiosamente umana a volte....
Abbassò la mano ed arretrò fino ai tendaggi svanendo dietro le spesse stoffe.
E lì attese.


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Quell'ultima notte Judas si era preparato al meglio per accogliere i suoi ospiti...aveva indossato una delle sue tuniche più belle e raffinate, aveva addirittura dato ordine al suo servo, il fedele Yxel, di portare alcune coppe contenenti uno strano e denso liquido rosso da offrire ai suoi ospiti. Insomma si era davvero preparato a dovere, ed infatti era già seduto sulla sua poltrona col grosso tomo in grembo quando i suoi ormai abituali visitatori fecero il loro ingresso nello studio...
L'elfo squadrò le figure avvolte nell'ombra una per una e rimase enormemente contrariato ed alquanto deluso nel constatare che la splendida donna, quell'enigmatica figura che l'aveva messo in grosso imbarazzo la notte precedente, non era al suo posto...
Emise un lungo sospiro per lo sconforto, infatti quando incominciò la sua lettura, molti dei cainiti più attenti non poterono non notare una "strana" inflessione nella sua voce...come se questa notte il mago fosse particolarmente triste..


Il “Tenebroso” annuisce dall’altro lato della discoteca. La musica è sempre uguale. Seduta nel locale affollato di tanti sabati sera, non me ne frega un c***o se mettono new wave, heavy metal, industriale o qualche merdoso remix tecno – roba che non potrei riconoscere davvero più. I soliti ritmi martellanti scuotono le finestre congelate della discoteca, i soliti giovani tirati a lucido si dimenano seguendo il tempo, e ancora una volta ho la tentazione di sorseggiare la mia birra annacquata, osservando la massa dei corpi sudati con un uguale dose di desiderio e pietà.
Il nero è ancora di moda – e quando mai non lo sarà? – e allora sto seduta in un angolo, con una fastidiosa minigonna di pelle nera che mi stringe i fianchi. Come ho potuto verificare nello specchio, non sono più avvolta in veli di oscurità. Adesso ho un look nuovo di zecca, non troppo dissimile da quello delle migliaia di notti che mi hanno scortato inesorabilmente fino a trent’anni. Ma ora posso anche fare la Barbie. Ho imparato come darmi quell’aspetto. E indosso persino le mie mutandine portafortuna.
Non capisco nulla delle nuove tendenze, ma con un semplice pensiero posso far credere agli altri di essere al vertice della moda.
Padroneggio facilmente le maschere indossate da questa stupida società.
Un ragazzetto del college molto carino passeggia davanti a me. Sorrido. Istintivamente apro la corrente di compassione che cova nel mio cuore nero, e subito lui si ferma. È come un animale, passa dalla lussuria alla disperazione, una miscela resa ancor più caotica dall’alcool che si è sorbito. Conosco la sensazione fin troppo bene, quasi mi ci specchio. Ken prende una sedia e si accomoda di fianco alla Barbie che sto impersonando. Non gliene frega niente dei pensieri che mi passano per la testa, se ne sbatte dei sentimenti del mio animo, non vuole nemmeno sapere chi sono. Ma io posso avvertire la vita che gli scorre dentro. Proprio adesso una certa quantità del suo sangue sta scendendo all’interno dei boxer. Provo a dire qualche parola, ma la musica è troppo forte, quindi lui si limita a una risata di circostanza. Ho osservato e studiato questo schema nel corso di molti anni. Con un ancheggiare calcolato, mi puntello sui miei stivali della serie “ti stendo a terra e ti ammazzo” e sono pronta a condurlo nel vicolo per un po’ di divertimento. Il mio divertimento.
Dopo le sofferenze, le miserie e gli sconforti, ora conosco questi luoghi per come sono realmente. Esistono migliaia di discoteche come questa. Aprono ogni fine settimana, e io ci vado mese dopo mese facendo sempre le stesse mosse. Ho superato i trent’anni molto tempo fa, e onestamente non me ne sbatte un cazzo. Adesso so cosa sono diventata, cosa sono nel profondo, e finalmente ho scalato l’ultimo gradino della catena alimentare



Quando Judas ebbe finito di leggere l'ultima parola del tomo, vi fu un grande silenzio...tutti sapevano che le deliziose ore in compagnia dell'elfo erano giunte al termine. Questa volta prima di andare via, tutti i cainiti si fermarono a scambiare alcune parole con il mago, lo ringraziarono per il trasporto con il quale aveva narrato le vicende di un loro fratello...quindi...dopo aver terminato di sorseggiare il nettare offerto da Judas, andarono via...sparendo nelle ombre della notte come erano abituati a fare da molto molto tempo...
A quel punto Judas ripose il tomo al suo posto nell'antica libreria di legno e si guardò intorno...era rimasto solo..e probabilmente lo sarebbe restato per chissà quanto tempo ancora, si girò e fece per tornarsene nelle sue stanze...ma...un leggero rumore lo fece voltare di scatto...le pesanti tende nere che coprivano parte della grande balconata si erano mosse.."mah..sarà il vento..." pensò Judas mentre socchiudeva le palpebre per cercare di osservare meglio la scena... poi...all'improvviso..un freddo rivolo di sudore gli solcò il volto...in quella notte...non c'era stato un alito di vento..ma le tende continuavano a muoversi...non era solo....


Di questo si rese conto Judas nel momento in cui candide dita comparivano fra le pieghe dei tendaggi, scostandoli, allo stesso modo in cui le ombre della notte si aprono all'apparire del sole.
La figura ammantata che comparve abbasso' il cappuccio con un gesto lento e misurato svelando il volto pallido come la luce lunare e rimase immobile a fissare l'elfo che aveva in viso una strana espressione composta da un misto di sollievo e piacevole sorpresa, ma anche di nervosismo che, nonostante tutto, non riusciva a nascondere. Lei lo avverti' piu' che vederlo, lo percepiva nel battito del suo cuore, lo sentiva scorrergli nelle vene. Avanzo'.
'Ora il momento e' propizio' gli sussurro' arrivando a sfiorare il suo corpo con il proprio 'La storia e' finita ed e' un peccato, perche' era davvero una bella storia' prosegui' la creatura con un tono allusivo che lasciava intendere ben altro. 'P..urtroppo si' ' si limito' a rispondere l'elfo. Una parte del suo corpo voleva fuggire, ma sentiva i piedi come schiacciati al pavimento. Lei prese a girargli intorno, continuando a parlare 'Ami le storie su di noi, le ombre della notte, i fratelli del sangue. Hai intrapreso una strada pericolosamente affascinante, noi non siamo solo 'storie'...' il sussurro della sua voce si confondeva con il fruscio dei passi. Judas penso' che era strano notare questi dettagli proprio ora. '..noi esistiamo veramente...' stava dicendo la donna di cui si ritrovo' a fissare le labbra improvvisamente cosi' vicino alle sue...come aveva fatto a muoversi cosi' rapidamente? Lei sembro' leggergli nella mente, 'Te l'ho detto, noi non siamo storie', ma forse era solo abituata a fare simili giochetti con i mortali.
Si volto' all'improvviso dandogli le spalle.
'Tornero' ad ascoltare altri racconti se vorrai leggerli. Ed io so che li leggerai' disse alzando il cappuccio 'Non domani forse, chissa' quando. La nostra vita e' lunga e abbiamo la pazienza di attendere, vero elfo?'
Cammino' verso la vetrata senza voltarsi e scosto' leggermente i tendaggi che sembrarono aprirsi al suo cospetto. Li attraverso' lasciandoli ricadere alle sue spalle.
Il battito impazzito del suo cuore era l'unico rumore che Judas sentiva nella stanza adesso. Si volto' guardandosi attorno, tutto era al solito posto, i tendaggi, la sua poltrona, il camino, l'antica libreria...sorrise.
Mancava un libro.



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