Il forum dei Drow, dei Vampiri e delle creature dell'oscurità
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 Oggetto del messaggio: Drystar Iymrar Ssylirr
MessaggioInviato: gio ago 20, 2009 14:07 
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"...e così nacquero gli Elfi. I figli primigeniti della creazione divina, coloro che dalla più alta mente ebbero luogo e ivi risiedono ancora, nei pensieri e nella guida della fede che li contraddistingue, cultori della società e dell'armonia, protettori d'ogni forma di vita sebbene nessuna sia ad essi superiore, eterni guardiani d'ogni cosa che risiede nel creato, furenti combattenti, sebbene mai una vita sarà spezzata con leggerezza, poichè la vita stessa risiede nella crezione ed essi stessi ne fanno parte..."

Dalle Cronache della creazione. Biblioteca Elfica.


"Ebbene..." la voce cupa e suadente si insinuò sinuosa e letale, come il danzare d'un serpente, nella penombra della stanza, malamente illuminata da una torcia a muro.

"...è con queste stolte credenze che la vostra civiltà finirà in rovina..." gli occhi vacui e ardenti, come due braceri si accesero all'improvviso nell'angolo più lontano suscitando un sussulto di catene dall'altra parte della stanza.

Le dita esili color dell'onice sfiorarono le pagine un'ultima volta chiudendo seccamente il tomo rilegato, d'evidente elegante fattura.
Un lieve moto di ribrezzo increspò le labbra sottili, rimarcando lo sdegno sul volto che a malapena risaltava nella tenebra.

Si alzò dal tavolo, evitando il cono di luce compiendo un mezzo giro intorno ad esso, portando nella destra il libro e gettandolo poi a pochi passi da un mucchio di cenci che lungo il muro sembrava pendere come da tempo dimenticato.

A quel gesto si scosse, in un tintinnio freddo di clangore, la chioma dorata che ricadeva inerte e scomposta lungo il viso roseo, la pelle un tempo luminosa, ora smunta e opaca, lasciava spazio al colore scuro di percosse e punture, piccoli segni simmetrici di coloro che di quel corpo al tempo vitale si erano cibati, iniettando i loro sieri sull'orlo della morte.

Pochi stracci logori a coprire il petto florido, i seni candidi che a tratti balenavano tra le pieghe ormai sgualcite, chissà quali feste alla luce delle stelle avevan visto quelle belle vesti, ora sudario e debole coperta che lasciava intravedere una bellezza ormai sfiorita.

Sorrise appena dal basso il drow, fissando con orgoglio quell'opera compiuta, ma quasi subito scosse il capo, constatando con rammarico che nemmeno questo, era bastato a svilire la bellezza di quella creatura prigioniera.
Così dannatamente sublimi, così ostentatamente perfetti.
Digrignò i denti rabbioso, mentre lo sguardo azzurro ormai spento dall'alto si fissava nel suo.

"perchè ti ostini a voler soffrire..." il tono più cupo simile ad un sibilo sembrava voler tentare quell'animo già piagato dalle torture.

Si mosse la figura avanzando di un passo, l'armatura pesante e scura rilucette un istante d'un bagliore opaco nello sfiorarsi freddo di metallo.
La mano si protese al viso levigato sollevandolo appena con l'indice all'altezza del suo

"...perchè preferisci tutto questo a svelarmi l'entrata segreta dell'avamposto?"

L'elfa si scosse scostando il capo di lato svincolandosi alla presa, l'espressione sofferente, per cui ogni movimento le provocava dolore.

"...i tuoi "fratelli" continuò l'oscuro in un moto di disprezzo "...ormai ti hanno abbandonata...potrebbe finire qui e ora se solo fossi ragionevole..."

"si fidano...loro contano su di te..." diceva una voce nella mente dell'elfa, non li avrebbe traditi, scosse il capo.

L'oscuro si mosse ancora con lentezza verso quella che sembrava una teca nell'ongolo vicino la mano sembrò scivolare con delicatezza all'interno traendone qualcosa nel palmo che stette qualche istante ad osservare.

Si avvicinò porgendo il palmo alla luce, e la creatura al suo interno in uno stridio si ritrasse come infastidita.
La prigioniera sgranò gli occhi e tentò di divincolarsi trattenuta dalle catene in uno sferragliare patetico.

"...loro sono come noi..." iniziò l'elfo scrutando la creatura e sollevandola all'altezza degli occhi "..una bellezza e una forza che solo pochi possono comprendere...che gli altri disprezzano non potendola arrivare..."
sorrise appena avvicinandolo al collo candido della prigioniera, lasciandolo scivolare silenzioso sulla pelle liscia, la zampe nere si mossero piano, come tastando il nuovo terreno, gli occhi inespressivi sembravano non provare pietà nè timore.
Come quelli del drow che impassibile fissava, il tremito forsennato e a malapena contenuto, gli spasmi di paura, e il terrore che a vampate saettava negli occhi fissi sulle movenze lente, delle zampe e i chelicheri informi.
Il petto ansante si empiva a malapena trattenendo i movimenti nel tentativo vano di sembrare inerte, di non infastidire l'indesiderato ospite.
L'avrebbe attaccata? Ancora quei dolori lancinanti che prendevano ogni centimetro delle membra, di nuovo le urla a rimpire il silenzio solitario di quella cella umida.
"Si fidano..loro contano su di te..." e la voce era sempre più debole nella mente dell'elfa che già vedeva l'ombra sovrastarle il viso.
Gli occhi, quegli occhi azzurri, la guancia, dove avrebbe colpito?
Le labbra rosee e lungo il collo, nell'incavo dei seni le piccole zampe sussultarono ad un moto del respiro che sembrò incuriosirle, si bloccò.
Solo il sibilo del respiro forzato, la paura, l'odore forte della paura che impregnava l'aria.

"Dunque?" chiese l'elfo, come interrompendo quell'attimo di stasi, come non concedendole nemmeno un istante, strappandola dalla pazzia che poco a poco inesorabile avanzava.
Gli serviva, gli serviva ancora.

In un gesto lento distese l'indice a sfiorarle il petto, scendendo piano tra i lembi strappati delle stoffe leggere, permettendo alla creatura di lasciare la pelle candida e quietarsi nel palmo dell'oscuro che con occhi vitrei la fissava.

Si mosse piano, nel tintinnare cupo dell'armatura voltandole le spalle all'improvviso, dirigendo al tavolaccio scarno, su cui la prigioniera probabilmente consumava i pochi pasti, prese lo sgabello malfermo sedendovisi con eleganza, scostando il mantello di lato e restando qualche istante in silenzio a contemplare quella figura.

Ancora quella bellezza, quella maledetta grazia che niente aveva piegato, niente aveva distrutto.
I tratti nobili si torsero in un moto d'ira subitaneo che ben presto lasciò spazio all'espressione impassibile e silenziosa.
Stava pensando.

"un tempo...vivevamo in superficie.." iniziò con un tono apparentemente diverso, posando il gomito sul tavolo e abbandonando il capo sul palmo aperto.
"...la nostra cultura e la vostra si completavano, convivevano, erano parte della stessa immensa creazione..."
una vena di malinconia sembrò attraversare un momento quelle parole, anche se nella figura che nell'ombra del tavolo a malapena si distingueva non v'era nulla fecesse pensare ad un sentimento differente dall'odio.
"...ci avete scacciati...uccisi.." fece una pausa "...mandati a morire nelle tenebre..." questa volta la vena di disprezzo era tangibile come quelle parole, non fossero solo un ricordo di storia tramandata, ma di vita vissuta e sofferta, la prigionera reclinò il capo da un lato non riuscendo a sostenerne lo sguardo.
"...persino ora i "nobili" elfi, stanno tentando di resistere all'avamposto di superficie, ma nessuno di loro lascerà vivo il campo di battaglia quest'oggi.." pronunciò in tono duro e come un triste monito, la battaglia rumoreggiò cupa, in alto oltre l'oscurità, laddove sulla superficie imperversava furiosa.
"puoi ancora mettere fine a tutto questo...a noi interessa solo l'accesso all'arsenale.. "si sollevò in piedi muovendosi lento verso l'elfa.
"è una perdita di poco conto, in confronto a tante vite ancora da spezzare..." sorrise sincero, sollevandole il viso con l'indice e carezzandole il mento, ma quel sorriso era terribile alla vista, per quanto affascinante ed etereo, sembrava un'espressione grottesca d'una maschera senz'anima.
"...e tu non vuoi che altri muoiano non è vero?"
L'elfa scosse il capo senza rispondere.
"crediamo in te..." tutt'a un tratto quelle parole sembravano prendere un altro significato, e se proprio grazie al suo intervento molte vite si sarebbero salvate?
"crediamo in te...aiutaci" erano le voci, quiete, la chiamavano? No forse era solo la pazzia, che lentamente si stava insinuando in quella prigionia, quanti giorni erano passati? Uno? Dieci? Non poteva saperlo, le sembrava d'essere lì da sempre.
Un sorriso stiracchiato si dipinse sulle labbra riarse dell'elfa, un'espressione riconoscente verso il suo carceriere che tutt'a un tratto le sembrò essere l'unica salvezza.
"Sono cresciuto qui.." iniziò quello senza alcun nesso logico, come seguisse alcuni pensieri nella sua mente, ragionandovi ad alta voce.
"...primogenito di un'antica casata, Vaerlyss.." fece una pausa non potendo ignorare lo sguardo meravigliato della prigioniera, e compiacendosi in un lieve sorriso di come evidentemente i fasti delle antiche casate dovevano aver raggiunto perfino la superficie. "...ho sempre vissuto nell'agio grazie alla mia posizione, ma fin da bambino mi fu insegnato com'è che girano le cose in questo mondo, sono due i fattori dominanti che muovono gli ingranaggi del tempo. Il potere, e la Morte." tacque, cercando di cogliere le reazioni nello sguardo della sua ospite, quella scosse il capo come rifuggendo quei pensieri che a quel punto sembravano prendere un altro significato, lontano dagli scritti dei suoi severi mentori, lontani eoni dalle parole del vecchio Adantiel all'accademia, "...ormai avrai imparato..." riprese l'oscuro scostando un ciuffo di capelli dal viso, che gli adombrava l'occhio destro, scoprendo solo in quell'istante una profonda cicatrice che l'attraversava dalla fronte alla guancia, e che per fortuna non aveva scalfito l'occhio, segno indelebile di una, cento, mille battaglie tutte uguali. "...che spesso potere e Morte, vanno di pari passo, poichè potere, è anche poter decidere della Morte, quando e come elargirla, e per quale scopo..."
Sorrise appena da un lato, un sorriso amaro.
"mi chiedevo come mai avevo l'impressione, quando ci spostavamo dalle stanze della casata, di vedere ombre sgattaiolare oltre le nostre spalle, li sentivo, li intravedevo, brandelli di tenebra e nient'altro."
sospirò.
"una notte, mia madre mi svegliò, non era mai stata amorevole con me, come nessuna madre drow del resto avrebbe fatto, mi aveva portato ad odiarla con i suoi continui rimproveri, con il suo disprezzo velato, da ogni parola, da ogni gesto, non ero mai abbastanza, forse...avrebbe voluto una femmina, così che potesse diventare una sacerdotessa, proprio come lei a causa mia, non aveva potuto fare. Coloro incinte, sono impure, non più pronte ad accogliere il frutto di Lolth, ed è per questo che fino ad allora, non ero stato che un peso, per quanto da sempre, avessi tentato di dimostrare quanto valessi negli studi, nelle armi, nella devozione...Inutile..." sputò fuori le parole con un gesto di stizza, serrando la destra nel pugno, pulendo il labbro con la lingua dal quale un rivolo scuro colava, la ferita tormentata che si era procurato, mordendolo ripetutamente.
"ad ogni modo, la casata era in fiamme..." lo disse con pacatezza, quasi la cosa non lo riguardasse.
"...mi svegliai di soprassalto, e lì capii che era già la fine, tutti i membri della casata erano stati catturati nel sonno e radunati nella stanza principale, mia madre fece appena in tempo a gettarmi in un baule che due figure entrarono colpendola al costato e trascinandola di sotto...avevo paura, ma scesi ugualmente, mi nascosi osservando ciò che accadeva...
Erano tutti là, il vecchio patriarca, le ancelle unite in un angolo che piangevano e si tenevano strette, le sacerdotesse fiere e impassibili, avevano paura anche loro, ma erano brave a non darlo a vedere, io però ne percepivo l'odore, lo sentivo.
C'era anche la matrona...fu lei che si fece avanti, parlando a voce alta e con disprezzo verso coloro che dovevano essere gli assassini mandati da chissà quale rivale..."

"Sporchi vermi..." disse semplicemente, squadrandoli coi suoi occhi color dell'ametista, con tanto odio e disprezzo che un colpo di spada probabilmente li avrebbe feriti in maniera meno dolorosa, sapeva perfettamente ciò che stava per accadere, eppure per un momento vidi i loro occhi colmi di determinazione cedere, di fronte a quella figura maestosa, indietreggiare un passo, come all'istante la convinzione gli fosse venuta meno.
Era solo illusione, tutti ben sapevano quali sarebbero stati le sorti in caso di fallimento, e la morte non era la cosa peggiore cui potevano andare incontro.
Uno di loro si fece avanti prendendo coraggio gli altri lo seguirono, si disposero in cerchio attorno ai membri del casato. Li fecero inginocchiare tutti, tutti tranne la matrona che invece restò in piedi, lo sguardo fiero pregno di potere superiore, cui nessuno osò avvicinarsi o intimarle di ubbidire.
Sollevarono all'unisono le armi, i dardi nelle balestre scintillarono sinistramente alla tenue luce delle piccole lampade, ma gli occhi allenati dai secoli di buio, fendevano la tenebra come il giorno, e il bersaglio era così vicino..." portò la mano color dell'ebano alla fronte come a voler bloccare quei ricordi che prepotenti invece affioravano.

"...ricordo ancora l'odore del sangue, le grida mute dei loro sguardi senza vita, mia madre, non un rumore, un tentativo di fuga, sapevano che altri li attendevano alle porte, sulle scale, non v'era via di scampo, erano stati traditi, e il nome del traditore era ormai noto. Tutto si consumò nel silenzio sotto lo sguardo attonito d'un bambino, senza più legami nè guide..."
Sorrise appena.
"...ero troppo piccolo per potergli nuocere, dissero quando mi trovarono, ancora rannicchiato nell'angolo da cui avevo visto l'esecuzione, ancora troppo giovane secondo loro, per poter capire, avrebbero potuto mettere fine alla mia vita, ma mi presero con loro, mi portarono al casato, il trofeo vivente della loro vittoria."
Digrignò i denti rabbioso.
"...il casato fu distrutto, gli stemmi divelti ed ogni proprietà confiscata o venduta...non avevo più niente, niente oltre me stesso...forse per questo vollero istruirmi. Forse è per questo che il mio vecchio mentore, il traditore, volle fare di me il suo strumento più pericoloso. Perchè non avevo legami da difendere, ordini da eseguire, possibilità di fuga o di salvezza. Ero solo ciò che loro avrebbero voluto fossi.
Un assassino, un comandante, un combattente..."

Fece una pausa rivolgendosi di nuovo all'elfa che fino ad allora sembrava interessarsi a quel racconto del quale senza alcuna ragione apparente, aveva voluto metterla a parte.

"...lo uccisi..." riprese l'elfo scuro dopo un breve silenzio "...lo uccisi una notte utilizzando le stesse tecniche che egli stesso mi aveva insegnato...avevo atteso una vita per portare a termine la mia vendetta, ed ora che l'avevo compiuta con le mani ancora sporche del suo sangue che dalla gola recisa sprizzava a fiotti copiosi, mi sentivo vuoto, mi sentivo inutile, era la disperazione che fino ad allora mi aveva sostenuto negli allenamenti estenuanti, nelle notti insonni, nelle missioni pericolose, ed ora...non mi restava neanche quella...mi catturarono, non tentai la fuga, non ne avevo bisogno, non me ne importava, mi portarono al cospetto della matrona ed ella mi avrebbe giudicato.
mi gettarono a terra di fronte ad essa e mi fu intimato di non sollevare il viso, udivo solo la sua voce, e sentivo perfettamente il suo sguardo freddo su di me, lo avvertivo che mi scrutava, mi soppesava, sarebbe bastato un suo capriccio a mettere fine alla mia esistenza..."

sospirò appena.

"...non fu così...avevo ucciso il comandante, il maestro d'armi, uno degli assassini più importanti e abili del casato, l'avevo fatto per vendetta e per me stesso, ma a loro questo non importava...ero stato il migliore, ero un potente strumento che potevano usare a loro vantaggio. Mi diedero il suo posto e la mia vita tornò ad essere quella d'un tempo. Nell'agio e nello sfarzo, il comando, il potere, la benedizione della matrona e il favore delle sacerdotesse, delle ancelle che aspirano al maschio più forte..."

Un'espressione quasi di disgusto attraversò i tratti scolpiti e ferrei mentre lo sguardo glaciale, si fissò immobile sui lineamenti ora smunti ma ancora belli dell'elfa.

"mi temi ancora?" chiese l'oscuro inclinando il capo da un lato, non sembrava più il suo carceriere, ora era un elfo, un elfo scuro alla ricerca di una salvezza.
L'elfa scosse il capo due volte.
"allora sai cosa voglio da te..."
mormorò ancora il drow, avvicinandosi d'un passo.

"dietro la cascata..." disse allora l'elfa, una voce minuta, quasi titubante.
"dietro la cascata?" ripetè l'elfo soppesando quelle parole nello sguardo della fanciulla, veritiero e puro, abbandonato nel suo color del ghiaccio.

Sorrise, un sorriso tetro che la fece sobbalzare.
"povera sciocca..." mormorò l'elfo facendo un cenno alle sue spalle, quattro uomini avanzarono in un saluto militare.
Erano sempre stati là, silenziosi e attenti, invisibili.
"avete sentito, preparate le vostre armate, voglio l'attacco immediato, nessuno deve sopravvivere..."

i quattro si mossero all'unisono in un cenno d'assenso sparendo oltre il portone mentre l'elfa si dimeneva tentando di liberarsi in urla e strepiti che rimbombavano cupi.

"avevi detto che volevi l'arsenale, l'arsenale!!" urlava disperata.

L'elfo la fissò un momento, intimandole il silenzio col solo moto degli occhi e quella tacque, ancora ansante colta da improvvisa rabbia.

"avevo detto che ci serviva l'arsenale e che avremmo risparmiato delle vite..." disse avvicinandosi e sciogliendo le catene che la tenevano legata.
"...ma non ho specificato di quale fazione sarebbero state..." sorrise divertito mentre lo sguardo torvo e spaesato della prigioniera gli si rivolgeva osservandolo allontanarsi verso l'uscita della stanza e chiudere la porta alle sue spalle.
"...non preoccuparti comunque piccola mia..."
dall'altra parte delle sbarre oltre la fessura ad altezza giusta del viso l'oscuro la fissava per l'ultima volta, mentre un rumore roco dapprima e poi stridulo si risvegliò alla destra della stanza, laddove l'oscurità non permetteva di discernere cosa al suo interno vi albergava.
"...ben presto tu e i tuoi fratelli vi ricongiungerete..." sorrise da un lato voltandole le spalle e allontanandosi mentre otto enormi zampe fuoriuscivano dall'ombra ghermendo l'elfa in un urlo alto e prolungato che si perse ben presto nei corridoi freddi della fortezza.

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Stupito il diavolo rimase quando comprese quanto osceno fosse il bene
e vide la virtù nello splendore delle sue forme sinuose...


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 Oggetto del messaggio: Re: Drystar Iymrar Ssylirr
MessaggioInviato: gio ago 20, 2009 16:48 
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Iscritto il: gio mag 03, 2007 02:05
Messaggi: 14507
Località: Manduria - Roma (molto poca)
Molto ben scritto. Ritengo sia difficile scrivere una cosa "fantasy" senza renderla una noia mortale per la ripetizione degli archetipi del genere. Inoltre trovo sommamente complicato creare un background per cui... Complimenti all'autore :D

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