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 Oggetto del messaggio: Biografia di Paul Chain
MessaggioInviato: gio apr 08, 2010 23:26 
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Dopo il caloroso benvenuto che mi ha dato il moderatore della sezione ho deciso stasera di revisionare la biografia che avevo redatto tempo addietro sull'uomo delle stelle e farne omaggio alla sua sezione.
Si ringraziano numerosissime fonti web, interviste, recensioni e fansite per le indispensabili informazioni raccolte sulla vita di questo grande artista pesarese.

Biografia
"Non mi sono mai interessato a questioni di business, e questo mi è costato parecchio ad ogni livello, per la mia scelta di restare nell'underground, che ritengo fonte inalienabile di ispirazione.”
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Paolo Catena in arte Paul Chain, nasce a Pesaro nel 1962 e inizia a suonare la chitarra giovanissimo già a dieci anni formandosi musicalmente sin dalla prima infanzia tramite l’atmosfera live dei locali anziché mediante gli studi di conservatorio che trovava terribilmente noiosi.
La sua carriera artistica vera e propria comincia nel 1977 all’età di quindici anni, quando insieme a Steve Silvester fonda i Death SS, un gruppo storico che non ha certo bisogno di presentazioni.
Sin da subito cominciano a sfornare demo e singoli tra cui ricordiamo il mitico Evil Metal,
un pezzo che se non avete vinto al super enalotto vi sconsiglio di cercarlo, viste le alte quotazioni presso i collezionisti.
“Tutti e due eravamo amanti dei Kiss, di Alice Cooper, del cult, dell'horror in bianco e nero. Io ho inventato il nome dei Death SS. Avevo quindici anni, Steve era bravo a disegnare, aveva confezionato un logo bello, con le ali attorno al nome Death SS. Mi propose di inventare dei personaggi horror. Io dissi: "sì, questa è, un'idea giusta ". Dei Black Sabbath avevo sentito qualche pezzo, ma il mio background musicale che proveniva da mio padre erano Le Orme, Tommy degli Who, Jesus. Christ Superstar, mio zio ascoltava e Pink Floyd. Subito dopo vennero i Budgie.”
Riguardo al nome della band Steve Sylvester sostiene di esserne lui l’artefice e in seguito tra i due nasceranno diverse controversie:
“Con Steve abbiamo pensato che potesse essere una buona idea quella dei personaggi, lui prese quello dei vampiro e lo ha anche dimostrato perché poi mi ha rubato il nome con il copyright, etc..”
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Paul e Steve

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I Death SS

La band si sciolse a metà dell’82 per motivi di ingestibilità extra-musicali, Paul Chain perse un occhio a causa di un puntale maledetto.
“Eravamo troppo coinvolti in pratiche "strane" ed avevamo perso il controllo della situazione. Qualcuno ci lasciò anche la pelle. Presi quindi la decisione di dare uno "stop" al tutto..."
(Steve Sylvester)

Paul riformò i Death ss, ma dopo pochi anni cambiò il nome della band in Violet Theatre. Motivi che Steve spiega così:
“Quando Paul continuò a chiamare con quel nome la sua nuova band commise un grave errore..! I DEATH SS erano indissolubilmente legati alla mia persona da vincoli "sub-umani" e non potevano esistere con altri.... Probabilmente lui lo fece in buona fede ma io all'epoca non fui in grado di metterlo in guardia sui pericoli al quale sarebbe incorso, perchè ero molto lontano sia fisicamente che mentalmente.
Lui e i suoi compagni di avventura dovettero pagare un prezzo molto alto, nel tempo, per questo fatto....”

Nell’84 esce The Story of DeathSS 1977-1984 che ripercorre la carriera artistica di questa band: ha una registrazione pessima dovuta alla perdita dei master originali, tuttavia questa "qualità" dona al disco un aura davvero malsana e sulfurea. L'album contiene in sé tutte le caratteristiche di un cult: vi sono pezzi di storia del metal italiano, canzoni come Terror, Cursed Mama, Zombie ecc… questo disco è diviso in due parti, la prima dove canta Steve più metal oriented e l'altra dove canta Sanctis Ghoram più orientato su sonorità anni '70.
Da qui in poi dunque nascono i Violet Theatre che debuttano con Detaching From Satan di cui il nome lascia presagire un risoluto distacco dalla precedente identificazione con il Satanismo e la Magia Nera, non rinunciando tuttavia alla esplorazione di un mondo occulto, misterioso e inquietante.
“Il concetto principale su cui è impostato il Violet Theatre è l'antica filosofia della morte o magia viola di cui io sono da sempre più o meno inconsciamente un cultore fedele.
Paul Chain Violet Theatre è una continua ed evolutiva ricerca nel dark, essendo l'evoluzione fondamento della nostra ideologia. Il continuo mutare della mia androgina personalità mi costringe a dividere lo stesso concetto in diversi settori e formazioni musicali senza alcuna limitazione di generi anche per dimostrare che lo stesso può essere detto in diversi modi cosa che molta gente finge di non sapere o ha scordato da tempo.”

Successivamente escono In the Darkness, l’EP Picture disc e Opera 4th. Tutti lavori importanti di cui vi rimando lietamente alla discografia che segue questa biografia.
Nel 1986 in ritorno da un concerto incorre in un tragico incidente stradale nel quale riporta serie conseguenze che lo costringono ad una lunga convalescenza.
Ma la sua musica non si ferma, anzi cambia, si evolve scoprendo mille e più forme.
Nell’88 Sfornerà King of the Dream assieme ad Ash e l’anno successivo il maestro dimostra di essere una vera e propria miniera creativa con il doppio album Violet Art of Improvisation di cui al riguardo dirà:
“Questi pezzi sono stati registrati in un periodo che va dal 1981 al 1986 e sono da me ritenuti particolarmente importanti. Essi sono la sintesi, insieme a "War", "Our Solitude", e "Abyss" dell'anima musicale parallela a quella più conosciuta incisa fino ad oggi. “

Si ritroverà a lavorare per otto anni in un ente pubblico:
“Alla fine degli anni ottanta ho sofferto un brutto periodo di stress. Suonavo oltre che con il mio gruppo anche con i Boohoos e¬ravamo tutte le sere in giro ero stanco. In quel periodo, poi, morì un mio amico Giuseppe Cardone, fotografo e artista, autore della copertina di "King Of The Dream ", con il quale, collaboravo sin dal 1981, incompreso anche lui. Poi, mi sono sposato con una mia fan, dopo tre mesi che la conoscevo. Mi è capitato di poter lavorare presso la Camera di Commercio, ho accettato, anche come sorta di sfida, per dimostrare che potevo fare il musicista, avere la mia identità, senza rubare niente a nessuno. Però sono stati otto anni d'inferno. Ho mollato tutto e ho investito tutti i soldi per lo studio e per mantenere mia moglie, dalla quale poi mi sono divorziato.”
Nel 1990 esce il superbo Opera Decima - the world of End, dedicato a J. S. Bach.
Lentamente si legherà a numerose etichette discografiche e collaborerà con musicisti celebri (lavorerà anche nuovamente con Steve Sylvester nella carriera solista di quest’ultimo, a testimonianza che malgrado le divergenze passate i due abbiano da sempre un legame curioso).
Insieme a Marco Melzi, Paul Chain è fondatore e produttore artistico della Minotauro Records di Pavia, una delle più importanti case discografiche indipendenti italiane.
Nel 1993 fonda la cult promotional label Day Records, studio di registrazione produzione nonché organo distributivo rivolto al circuito strettamente underground.
Uno dei suoi maggiori successi a livello di vendite è Alkahest ispirato in parte alla musica dei Budgie:
"Quel disco è stato molto importante, purtroppo dopo la sua uscita la Flying fallì e "Alkahest" si fermò a 10.000 copie vendute. Un album realizzato insieme a Lee Dorrian che aveva venduto 300 mi¬la copie con i Napalm Death e 150 mila con i Cathedral avrebbe potuta vendere benissimo 30 mila copie. E' stato distribuito internazionalmente, ho cura¬to la registrazione nei minimi particolari, e ho realizzato con meno di dieci mi¬lioni un disco che altri avrebbero fatto con cinquanta. Questo grazie alla mia esperienza di musicista/produttore, agli anni trascorsi in studio di registrazione, dopo essere cresciuto al Koala studio recording di Paolo Cingolani nella se¬conda metà degli '80s. Quando la Flying ha aperto la Godhead sono stato il primo artista ad essere messo sotto contratto, ho fatto un disco con pochi milioni e ho fatto guadagnare all’etichetta un sacco di soldi."
Alfine Chain sviluppa il geniale sistema dei Container, strettamente legato all’improvvisazione, elemento fondamentale di molte sue opere in particolar modo quelle più recenti quali: Park of Reason, Sign From Space e il bellissimo Master of all times.
"I containers prendono forma dal sistema Violet Theatre del lontano 1985 con il quale gestivo 10 bands che proponevano generi diversi, una sorta di comune artistica. I containers sono l’evoluzione di questo sistema, proprio per non far confusione, dato che ogni esperienza comporta un genere differente di musica."
Una produzione imponente per un artista spesso incompreso, tra i più grandi del nostro paese; egli si definisce un artigiano della musica guidato dall’interpretazione degli influssi celesti. Non ha soltanto fatto la storia ispirando molti artisti, ma ha indicato a tutti una nuova via, lontano da tutto quello che finora è stato comunemente creduto.

"Lo studio lo vedo come un piano stellare, cosmico, per me il mixer è un piano cosmico, le operazioni che faccio con il mixer sono spirituali, sono legate al cielo. Passare la tua vita a guardare il cielo è capire. Io non ho mai voluto imparare a suonare, non ho mai studiato. Non imparo quando suono. La mente è troppo impegnata, la mente impara nelle pause, quando non suoni. Quando non suoni impari e quando suoni è come se tu ti fermassi, capisci. Molti mi chiedono "ma quanto hai studiato per imparare a suonare così?» lo non ho mai studiato. Io do la mia interpretazione alle cose, per questo mi piace sperimentare, provare a suonare tutti gli strumenti."
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 Oggetto del messaggio: Re: Biografia di Paul Chain
MessaggioInviato: gio apr 08, 2010 23:33 
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Discografia Violet Theatre
1984 - Detaching From Satan
EP, Minotauro
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Paul Chain - lead vocals, guitar, organ, chorus
Paul Dark - bass
Eric Lumen - drums
Guest vocals on track 4 by Gilas (Sanctis Ghoram).

1. Occultism 05:42
2. Voyage to Hell 05:55
3. Armageddon 03:53
4. 17 Day 07:52
Ristampato in CD il 2 Febbraio 2010, con due trace bonus.
5. Pentagon Society (1984) (30:40)
6. Vivid Eyes in the Dark (1984) (18:27)

Recensione:
L'alternanza di brani veloci e potenti come Armageddon ad altri dalle tenebrose cadenze, come Occultism e Voyage To Hell mostrano, ancora una volta, la perversa genialità di Chain nel confezionare un'incisione, unica nel suo genere, destinata a raggiungere un pubblico molto vasto. Un autentico gioiello Dark made in Italy che ha molto da insegnare anche all'estero. Dopo avere ascoltato questo disco, nella vostra stanza, guardatevi bene attorno... potreste scoprire, con raccapriccio, di non essere più soli...



1986 - Highway to Hell (Picture Disc)
EP, Minotauro
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Personnel:
Paul Chain – guitar, keyboards, organ, synths, vocals
Laura Christ - vocals
Paul Dark - bass
Claud Galley - bass
Sanctis Ghoram - vocals
Eric Lumen - drums
Tomas “Hand” Chaste - drums
Milena Lanciaprima - vocals

1. Highway to Hell 04:52
2. Never Cry 05:14
3. The Evil, The Sorrow 09:31
4. Way to Pain 07:39

1986 - In the Darkness
Full-length, Minotauro
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1. Welcome to My Hell 04:06
2. Meat 06:01
3. War 07:07
4. Crazy 04:31
5. Grey Life 06:21
6. Woman and Knife 04:55
7. Mortuary Hearse 06:27
8. In the Darkness 06:40

Recensione: Apre il disco la bellissima "Welcome To My Hell", introdotta da un arpeggio acustico, poi nel prosieguo cadenzata e, si potrebbe dire, carica di una macabra allegria: in poche parole un pezzo azzeccatissimo, tanto che il suo ex-socio Steve Sylvester la riprenderà, mantenendone inalterato il titolo, nel suo "Black Mass" del 1988. L'atmosfera si appesantisce parecchio con la seguente "Meat", che ci riporta a parametri e sonorità più Black-Sabbathiani: è un altro brano fantastico, dove la fa da padrone la chitarra sulfurea ed evocativa del nostro eroe, che crea qui uno dei picchi del disco, a mio avviso, facendo scaturire dai suoi oscuri accordi un'atmosfera carica di apprensione per un destino inevitabile e già intrisa dei fetori della tomba. La successiva "War" è un lentissimo pezzo psichedelico eseguito da Paul all'organo, mentre la sua voce pare giungere vaga e distante, come dall'Oltretomba. Dopo questa immersione in un'atmosfera ammorbante, l'artista ci propone "Crazy", pezzo più allegro e sempre di stampo sabbathiano, nel quale il nostro ci rivela divertito di essere essenzialmente un pazzo, come già ai tempi di "Schizofrenic" (1983), di Death SS-iana memoria. "Grey Life" è più decisa, grintosa, e introduce l'ascoltatore ad un suono più Heavy Metal, con riff più veloci e quadrati e cavalcate di chitarra inframmezzate da brevi assoli. La successiva "Woman And Knife" ha invece un incedere più sinistro e rinuncia alla velocità del brano precedente, pur rimanendo in lidi Hard e Heavy.

"Mortuary Hearse" ci riporta verso il Metal e ci ricorda vagamente il suono di una delle più vecchie canzoni dei suoi Death SS, "Black Mummy", della quale possiede il ritmo trascinante; verso la fine del pezzo Paul si concede anche un assolo da manuale, evocativo come al solito è il suo stile, mentre la cavalcata finale è accompagnata dall'organo. Un rincorrersi furioso e caotico degli strumenti, spezzato da un improvviso silenzio, ci porta alla vera highlight del disco, la title track "In The Darkness", lenta come i passi inesorabili della morte, cesellata da una chitarra sulfurea e malinconica che supporta la voce sperduta e riverberata di Paul, che sa invece farsi aggressiva nel refrain, dove anche la sua chitarra decolla in un riff deciso ancorchè lento ed evocativo: insomma il Doom Metal di Paul Chain nella sua essenza più pura, una canzone superba, conclusa da un sussurro morente dell'autore e che non a caso sarà ripresa, come anche "Welcome To My Hell", da Steve Sylvester in "Black Mass", che non ne altererà il titolo e presenterà così entrambi i pezzi come degli omaggi al suo vecchio socio.

Concludendo, ribadisco che questo è un ottimo disco, in grado di evocare atmosfere ferali e malinconiche e di trascinare l'ascoltatore veramente nell'oscurità, un'oscurità pesante come le nostre paure quando sentiamo sulla nostra spalla il freddo della mano ossuta della Morte ghignante, e tutto attorno diventa nero e guardando la nostra vita vediamo solo una teoria di immagini e ricordi senza significato. Lo consiglio ad un pubblico molto vario, come del resto è il genere proposto dall'autore, ma soprattutto a tutti gli amanti del Rock in stile Black Sabbath e in particolare del Doom, ricordando ancora una volta che Paul Chain è un talento italiano da riscoprire e conoscere, un vero artista, ma soprattutto un artista VERO.


1987 - Opera 4th
Full-length, Minotauro
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1. Our Solitude (Birth, Life, Death) 29:57
2. Evil Metal: Obscurity of Error 04:18
3. Bath - Chair's Mary 08:42
4. Resurrection in Christ 05:38
Ristampato nel 2010 con 4 tracce bonus:
5. Time of Life (1986) (08:11)
6. 3 Organ, Part I (1992) (02:25)
7. 3 Organ, Part II (1992) (03:28)
8. 3 Organ, Part III (1992) (02:53)

Recensione:
La prima canzone Our Solitude (Birth, Life, Death) si porta via mezz’ora d’ascolto fra sintetizzatori ed effetti musicali strani, creando un baratro artistico dal suono malvagio e inquietante. Affascinante, senza dubbio, ma di difficile digeribilità. Il cambio di ritmo e genere avviene già con il pezzo numero due, dal titolo Evil Metal: Obscurity of Error. Inevitabile, a questo punto, una serie di domande riguardo una scelta del genere. Paul Chain ebbe modo di spiegare che le parole “Evil” e “Metal” furono appositamente messe per dedicare il brano all’omonimo, maledetto, 45 giri del 1983 ma nello stesso tempo per affermare fortissimamente il disprezzo che lo stesso Chain provava, nel 1987, per l’Evil Metal in generale.
Chain, nel 1987, asserì che Opera 4Th sarebbe stato l’ultimo disco dei Violet Theatre della storia e così fu. Si chiuse un’epoca, un monicker che a proprio modo segnò a ferro e fuoco il movimento metallico degli anni Ottanta italiano, che da sempre e per sempre, volente o nolente, resterà debitore di un personaggio atipico come l’uomo venuto da Pesaro…

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 Oggetto del messaggio: Re: Biografia di Paul Chain
MessaggioInviato: gio apr 08, 2010 23:46 
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Discografia Paul Chain
1987 - King of the Dream / Welcome
Split, Minotauro
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Paul Chain
1. King Of The Dream
Sabotage (Ita)
2. Welcome

1988 - Ash
EP, Minotauro Records
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Line-up:
Paul Chain - Guitar, Organ & Electronic instruments
Lü Spitfire - Drums and percussion
Laura Christ - Performers
Maury Lion - Bass
1. Eternal Flame 04:35
2. Image Down 05:56
3. Electroshock 06:36
4. Abyss 05:36
5. I Remember A Black Mass 06:20

1989 - Mirror
Single, Minotauro
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1. Obsession 04:37
2. Headroom 05:45

1989 - Life and Death
Full-length, Minotauro
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Line up:
Paul Chain - guitars, organ, vocals (on tracks 1-5), bass (on track 2)
Claud Galley - bass (on tracks 6-9)
Klaus Rosental - bass (on tracks 1-5)
Thomas Hand Chaste - drums (on tracks 6-9)
Lux Spitfire - drums, percussion (on tracks 1-5)
Sanctis Goram - vocals (on tracks 6-9)

Guest:
Laura Christ - chorus on track 6
Sylvia Chain - organ on track 4
Aldo Polverari - vocals on track 1

1. Steel Breath 02:53
2. Antichrist 05:38
3. Kill Me 07:24
4. Ancient Caravan 03:43
5. My Hills 04:24
6. Alleluia Song 04:51
7. Spirits 04:06
8. Cemetery 07:53
9. Oblivious 03:58
Recensione: Eccellente album, eccellente copertina, eccellente formazione, "Life And Death" è il capolavoro di Paul Chain, un disco senza il quale, ad esempio, il sabbathiano Lee Dorrian non avrebbe mai potuto creare i suoi Cathedral. Sull'onda del piacere derivatomi dall'ascolto dei Death SS acquistai questo sinistro ed inquietante vinile. In copertina un serafico ed incolto "backyard cemetery" evocava con sottigliezza le tempeste dello spirito che, dopo aver colto Paul (ricordiamo quel "Detaching From Satan", 1984), si sarebbero riversate anche sui malcapitati ascoltatori di tanta rassegnata e mesta apocalisse dell'uomo. Un senso di abbandono alla morte pervade tutte le tracce, una percezione di contiguità con l'arcano, le tenebre, l'ignoto. Male e bene, cristianesimo e satanismo, sono concetti manichei e superati da quest'opera (cantata in lingua fonetica); esiste solo l'essere (in vita) ed il non essere, la presenza e l'assenza, la luce e l'oblio. La testa è piegata al potente dominio del tristo mietitore, pifferaio macabro di anime schiave e vinte, esecutore del disegno dei disegni. Il nulla, la trascendenza, poco importa chi sia il nocchiero finale, la vana ed effimera beltà del transeunte intrappola ed inganna gli sciocchi involucri di una vita mendace. Paul fonde sonorità dark, folk, rock ed heavy metal in un sublime capolavoro di arte nera. C'è perfino spazio per il blues di "My Hills" o per il Medioevo di "Ancient Caravan". Questa è la bibbia dell'ansietà, della pena, dell'affanno del vivere umano. Molti ex Death SS alla corte del signore della morte (Claud Galley, Thomas Hand Chaste, il discusso Sanctis Ghoram), oltre ad Aldo Polverari (scomparso nel 1997) autore dell'intro "Steel Breath", suggestionata dai Goblin di "Suspiria". Sebbene sia un paradosso in presenza di una (non) lingua fonetica, l'album potrebbe ritenersi una sorta di concept, poiché è il mood di fondo a mantenere l'omogeneità necessaria, ovvero il topos della morte. "Antichrist", "Kill Me", "Alleluja Song", "Spirits", "Cemetery", sono preziose gemme, tele pittoriche che hanno acquisito ancor più valore col passare del tempo, divenendo un testamento spirituale per ogni artista che voglia cimentarsi nei territori della musica dark. I Posteri? Quali posteri, non esistono i posteri ...
1989 - Violet Art of Improvisation
Full-length, Minotauro
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Disc 1
1. Tetri Teschi In Luce Viola 31:09
2. Emarginante Viaggio 05:08
3. X-Ray 22:53
Disc 2
1. Old Way 09:08
2. Hypnosis 07:01
3. Casual Two Your Mister 06:47
4. Celtic Rain 06:12
5. Dedicated To Jesus 05:57
6. End By End 06:23

1990 - Klein Circus
Split album, Circus
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1. Sfoglio I Miei Giorni 02:57
2. Moment Of Rage 03:50
3. Life’s A Joke 03:36
4. One Way 02:50

1990 – Opera Decima
Full-length, Minotauro
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Disc 1
1. Dogma (Part 1) 21:15
2. Dogma (Part 2) 21:15
Disc 2
1. The Face 23:19
2. Domino 23:03
Disc 3
1. Sx Nevrosi 09:45
2. Sickness Radio 13:35
3. Jungle City 04:54
4. Get Down 08:41
5. In The Days Of Snow 10:15

Recensione:
Recensire quest'album non è molto facile, qui il maestro ha dato il meglio di se stesso, ha attraversato per noi tutti la frontiera di spazio-tempo, ci illustra con "strani" rumori la fine del mondo, in tre atti (tanti sono i dischi di Opera Decima) dove ci illustra pianure desolate, gli ultimi attimi di vita degli uomini, sempre alla ricerca di un qualcosa, di una pace mai raggiunta, una disperazione che raggiunge il suo apice nel secondo disco. Parlare poi delle sensazioni che mi ha procurato questo disco è cosa alquanto impossibile, l'ascolto mi ha fatto molto riflettere su alcuni attimi particolari della mia vita come non mai. Credo che, a differenza di tanti (molti) che l'album si possa comunque ascoltare tutto d'un fiato, nonostante le sonorità ambient-rumoristiche troppo pesanti. Ascoltare quest'album è un esperienza che a mio parere debba esser fatta da tutti, l'importante è ascoltarla veramente rilassati e senza molte distrazioni, un album fondamentale se volete conoscere bene la carriera musicale di Paul Chain. Abbandonate tutte quelle stupidaggini che circolano in giro troppi gruppi ora mettono insieme quattro rumori, li mixano e li spacciano per rumorismo artistico e lasciatevi avvolgere nel gelido abbraccio del mondo della fine...


1991 - Les Temps du Grand Frère
Single, Flight Nineteen
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1. Violence Of The Sun 07:09
2. Paradise Of The Poor 08:05

1991 - Whited Sepulchres
Full-length, Minotauro
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1. Whited Sepulchres 20:54
2. The Fox In The Park 08:28
3. Traffic 07:43
4. Two Minutes 02:15
5. Are You Ready? 08:04

1993 - Red Light
Split, La Bande A Bonnot
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1. Vampire
2. Red Light 04:01
1993 - Sangue / Fammi Sorridere
Split, Chansons d'Amour
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1. Sangue
Eversor (Ita)
2. Fammi Sorridere

1993 - In Concert
Live album, Labyrinth
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Line up:
Paul Chain - guitar, vocals
Baka Bomb - bass
Eric Lumen - drums
Sandra Silver - “live entertainer”

1. Jumpin' Jack Flash Improvisation 18:52
2. The Last Concert In The Summer 11:40
3. Black Night Improvisation 09:22
4. Eric Lumen Solo/Paul Chain Solo 04:53
5. Help Me 08:58
6. Does Improvisation 06:05

1994 - Dies Irae
Full-length, Minotauro
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Line up:
Paul Chain - All instruments
Sandra Silver - Vocals

Disco dedicato alle vittime della guerra.
1. Years Of War 21:10
2. Presence Of The Soul's Forest 13:39
3. Life Down 06:45
4. The Hope 04:42
5. Dies Irae 06:29
6. Organ Well 15:40
7. Red Lander 05:26
8. Noise In The Brain 02:04

1995 – Alkahest
Full-length, Flying/Godhead
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Personnel:
Paul Chain - guitar, organ, synths, keyboards, vocals (on tracks 1-4)
Lee Dorian - vocals (on tracks 6-9), backing vocals (on track 3), poem (on
hidden track)
Erik Lume - drums
Lux Spitfire - drums
Fabrice Francese - bass
Robert Jacomucci - bass
Mario “Broz” Mariani - keyboards
Andy Rosati - keyboards
Nembo - cymbals (on track 2)
Paul Dark - acoustic guitar (on track 9)
Andrea Seki - lute (on track 9)

1. Roses Of Winter 04:57
2. Living Today 04:48
3. Sandglass 05:45
4. Three Water 07:27
5. Reality 08:20
6. Voyage To Hell 04:31
7. Static End 06:07
8. Lake Without Water 04:50
9. Sepulchral Life 20:38

1996 - Yellow Acid
Single, LM
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1. Yellow Acid 04:48
2. Needful 05:20

1997 - King of the Dream / Ash / Picture Disc
Best of/Compilation, Minotauro
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1. King of the Dream 13:30
2. Eternal Flame 04:35
3. Image Down 05:56
4. Electroshock 06:36
5. Abyss 05:36
6. I Remember a Black Mass 06:20
7. Highway to Hell 04:52
8. Never Cry 05:14
9. The Evil, The Sorrow 09:31
10. Way to Pain 07:39

1997 - Mirror
Best of/Compilation, Minotauro
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1. Train of Illusion 04:50
2. The Machine 05:30
3. Violence of the Sun 07:09
4. Paradise of the Poor 08:05
5. Obsession 04:37
6. Headroom 05:45
7. Sangue 03:41
8. Red Light 04:01
9. Moment of Rage 03:50
10. Loveless 04:41
11. Luxury 06:35
12. Needful 05:20
13. Electric Funeral (Black Sabbath cover) 06:51

Recensione:
Dopo il classico "Alkahest", che ha destato una eco internazionale grazie alla collaborazione di Lee Dorrian, Paul Chain è tornato a produrre nell'oscurità, in sintonia con il suo carattere schivo e difficile, riallacciando i vecchi legami con la Minotauro, la label più adatta nell'assecondarne gli estrosi umori. Sono così venuti altri due album, il cerebrale "Emisphere" ed il nuovo "Mirror" che riaffermano, se mai ce ne fosse bisogno, come l'artista pesarese sia perennemente posseduto dal demone della creatività. "Mirror" è un'antologia di rarità: 45 giri, splitsingle, partecipazioni a compilations (fra cui "Eighties Colours" di Rockerilla, 1985) che nella sua vulcanica carriera, Paul Chain non ha mai lesinato; si tratta di materiale che non ha certo goduto di grosse distribuzioni, dunque è davvero interessante, per i fans del chitarrista, ritrovare i molti, frammentari contributi raccolti in un'unica antologia. Anche perché si tratta, come sempre, di materiale di primissima qualità. Non vedo ad esempio come il nuovo pubblico dello stoner rock possa rimanere indifferente di fronte a valorosi saggi di psychedelia heavy quali "The Machine" e "Violence Of The Sun" (che titolo, e che assoli!). Proprio grazie al prepotente ritorno di questo genere, che riveste di nuova intensità lo spirito dei primi Seventies, Paul Chain è personaggio da riscoprire assolutamente, un vero maestro di chitarra lisergica, più attuale oggi che negli anni '80, nei quali maturò la sua fama. É perfettamente superfluo che vi illustri le qualità di ogni gemma sotterranea del diadema di "Mirror". Vi basti sapere che ognuna vive di luce, ed arte, propria. E concediamo a Paul una piccola astuzia: la bonus track di "Electric Funeral" (Black Sabbath), che nelle sue mani è qualcosa di più di un semplice tributo. L'underground rock italiano, e non solo, ha sempre bisogno di Mr Chain.


1998 - Fucktotum
Split, Path Of Experiences
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1. Glove And Sun 10:04
2. Zingara 04:35
3. Terzo Piano 04:14
4. Paura 03:15

1998 - Emisphere
Full-length, Minotauro
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Disc 1
1. Open (Judgement Comes From The Past) 04:22
2. I Want You 07:25
3. Transformation 06:18
4. Lack Of Balance 05:47
5. Oblivion Dimension 16:33
6. Gist Man 01:21
7. Emisphere 18:55
8. The Cave Of The Puppets - Part 1 06:18
9. The Cave Of The Puppets - Part 2 07:58
Disc 2
1. Easter Day 23:16
2. Beginning Of The End 15:53
3. Litany 10:00
4. Disease 14:25
5. Closed (Destiny Has Been Fulfilled) 03:51

1999 - Official Live Bootleg
Live album, Minotauro
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Sotto il nome "Paul Chain - The Improvisor".
Line-up:
Paul Chain - guitar, vocals
Sandra Silver - vocals
Alexander Scardavian - bass
Danilo Gabanelli “Hey Savanas" – drums

Disc 1
1. Intro Improvisation - Transpose I 25:42
2. Voyage To Hell 13:13
3. Transpose II Part 1 06:47
Disc 2
1. Transpose II Part 2 07:41
2. Evil Metal 05:21
3. Welcome To My Hell 04:39
4. Meat Improvisation 11:29
5. Presentation Of The End Part 1 07:22

2000 - Full Moon Improvisation / Window to Hell
Split, Southern Lord
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1. Full Moon Improvisation
2. Window To Hell

2000 - Solitude Man
Single, Beyond Productions
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1. Solitude Man 04:34
2. 8 String Sweep 04:45

2001 - Sanctuary Heve
Single, Beyond Productions
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1. Sanctuary Heve 04:06
2. Continuous Fix 04:13

2001 - Demo with Wino
Demo
1. Nyabinghu Moon 08:21
2. Bloodwing 05:29

2001 - Experimental Information: Container 47
Full-length, LM Records

1. Expression 1 11:54
2. Expression 2 00:56
3. Expression 3 00:40
4. Expression 4 01:20
5. Expression 5 02:59
6. Expression 6 01:38
7. Expression 7 02:47
8. Expression 8 06:30
9. Expression 9 03:02
10. Expression 10 05:42
11. Expression 11 08:01
12. Expression 12 07:21
13. Expression 13 02:58
14. Expression 14 04:10
15. Expression 15 05:13

2001 - Master of All Times
Full-length, Andromeda Relics
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1. Strange Philosophy Of Life 18:28
2. Spiritual Way 09:16
3. Inexplicable Inwardness 04:39
4. Water Of The Verity 04:38
5. Hoping For Better Things 03:07

Recensione:
Mi sono ritrovato ad ascoltare un album ambient, senza l'ausilio di chitarre, estremamente sperimentale e con una (la solita di Paul Chain) attitudine underground. L'aggettivo che per primo mi viene in mente per descrivere questa rehersal è “Intrippante”. Psichedelico fino all'eccesso basato su loop infiniti che mandano in paranoia l'ascoltatore: il vero stoner rock è qui signori (anche se l'ispirazione delle composizioni sembra essere stata aiutata più da un acido che da una canna d'erba). Ho adorato l'album sin dal primo ascolto, anche se non molto attinente con il metal in senso stretto.
Le canzoni sono cinque, tutte simili tra loro: molto lente ed atmosferiche, con una base di basso e batteria, una voce che viene da lontano (come se il microfono fosse in linea in un mondo parallelo), suoni synth di tastiere a fare da tappeto ad inserti di violino elettrico e di flauto.
Le caratteristiche originali di quest'impresa sono: il fatto che è stato tutto improvvisato in studio e che il linguaggio usato da Paul non deriva da alcuna lingua conosciuta.
L'appellativo "the improvisor" che Paul adotta (e che adotterà in ogni esperienza di questo tipo) sta a significare che sia in sala che in sede live la musica è completamente improvvistata. In questi progetti non esiste una vera e propria line up, ma una serie di personaggi ruota intorno alla figura del gran maestro.


2001 - Sign from Space
Full-length, Beard of Stars Records
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Line up:
Paul Chain - bass, keyboards, synths, vocals
Alex Vasini - guitar
Danilo Savanas - drums

1. Sign From Space - Part 1 01:52
2. Sign From Space - Part 2 06:28
3. Sign From Space - Part 3 12:20
4. Sign From Space - Part 4 20:26

2002 – Park of Reason
Full-length, Beyond Productions
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Paul Chain - all instruments (on tracks 1, 2, 4 & 8), guitars, vocals, synths,
bass
Danilo Gabanelli “Hey Savanas” - drums (on tracks 3 & 11)
Alexander Scardavian - bass (on track 3)
Maw Ear - drums (on tracks 5 & 9)
Matt Bordin - bass (on tracks 5 & 9)
Paul Podretti ´´Red Crotalo´´ - special effects on track 6
Lux Spitfire - drums (on track 7)
Alex Savelli - bass (on track 7)
Terence Todaro - keyboards (on track 7)
Claudia Esp - percussion (on track 10)

1. Solitude Man 04:40
2. 8 String Sweep 05:13
3. Sanctuary Heve 04:00
4. Continuous Fix 04:08
5. War Abysses 05:00
6. Stajness Klaus 05:00
7. Let The End Begin (Saint Vitus Cover) 06:58
8. Wings Of Decadence 11:40
9. Ascension Of Any Pound 09:45
10. Ways Of Changes 04:37
11. L - Logical Slow Evolution, R - ...In Time 29:41

Recensione: Paul Chain ha confezionato 11 tracce per un totale di circa un’ora e mezza di musica introspettiva ed ermetica dove alle inquadrabili manifestazioni doom si alternano deliri di improvvisazione e sperimentazione, come in “Continuous Fix” o “Stajness Klaus”, dove nessuna regola musicale sembra ad un primo ascolto dirigere il flusso sonoro che dalla mente di Paul si trasmette direttamente in quella dell’ascoltatore.
A questi episodi onirici e carichi di enorme pathos, fanno eco brani come “Solitude Man” o l’ottima “Let The End Begin", vere perle di oscuro doom metal, guidate da lentissimi e quasi esasperati riff di sabbatthiana memoria, arricchiti della particolarissima e unica voce di Paul. L’apice emozionale viene raggiunto nelle lunghissime “Wings Of Decadence” e “Ascension Of Any Pound”, nelle quali si fondono numerose influenze ed esperienze musicale, per un risultato assolutamente unico, per una musica che sembra starsene al di fuori del tempo e lontana da qualsiasi banale e stereotipata catalogazione.


2002 - Relative Tapes
Boxed set, Quasar Records

CD 1. Vol. 1
CD 2. Vol. 2
CD 3. Vol. 3
CD 4. Vol. 4
CD 5. Vol. 5
CD 6. Vol. 6
CD 7. vol. 7

2003 - Johar / Paul Chain
Split album, Quasar
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Johar (Prog. Rock, tracks 1-6) line-up:
Fabrizio Monadi - flute, vocals
Massimo Esposito - guitar
Davide Leoni - keyboards, synths
Loris Testori Ferri - bass
Mirko Morri - drums, percussion, vocals

Paul Chain (tracks 7-9) line-up:
Paul Chain - guitar, organ, mellotron, violin, vocals
Danilo Gabanelli “Hey Savanas” - drums
Simon Giannotti - bass
Anna Auer – vocals

1. 7 02:58
2. China 03:14
3. Ire 04:17
4. Funk Wha Cafe' 02:17
5. Franz 03:21
6. X Circle 04:04
7. Before The War 14:22
8. Listening To Chaos 20:54
9. The End Of The Love Conflict 07:30

Recensione:
Rispetto al precedente Master Of All Times queste tre nuove canzoni sono più prog e meno psichedeliche forse, più dark (soprattutto la prima veramente bella “Before The War”).
“Before The War” ha un incedere che direi quasi industrial con delle voci femminili in sottofondo, una base ritmica identica per dieci dei quattordici e passa minuti di canzone sulla quale si alternano voci femminili e maschili ed un violino (a là My Dying Bride per fare un esempio), dopo di che si passa ad una colonna sonora da film horror(…veramente pauroso questo pezzo…sotto tutti i punti di vista) in cui la fa da padrone l’ormai consolidato violino. Il brano si conclude acquistando velocità: una batteria in mid tempo sostenuto, Anna Auer che parla in un linguaggio incomprensibile e il violino in risalto assoluto.
La seconda “Listening Chaos” è più simile a Master Of All Times, un trip di circa venti minuti, in cui l’improvvisazione è la chiave di lettura della composizione…originale e psichedelica.
Il cd si conclude con “The End Of A Love Conflict”, in cui si ascolta finalmente una chitarra che tesse un accompagnamento che supporta una voce proveniente da trent’anni fa, un violino che sforna melodie tristi ed un synth straniante. Forse la song più classicamente prog. Davvero uno split convincente, per padiglioni auricolari senza tempo: I Johar sono una band da tenere d’occhio, anche se il filone prog ha fatto la sua stagione; Paul Chain, in qualsiasi situazione musicale si barcameni, possiede una classe unica.


2003 - Cosmic Wind
Full-length, Beard Of Stars Records
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Paul Chain - bass, keyboards, synths, vocals
Alex Vasini - guitar
Danilo Savanas - drums

1. Cosmic Wind - Part 1 25:53
2. Cosmic Wind - Part 2 22:15




2004 - Unreleased Vol. 1
Best of/Compilation, NLM Records

Una raccolta di brani inediti mai usciti prima

1. Song Of Estafan 03:09
2. Cosmic Collision 06:04
3. Mindblower 05:07
4. R. 10 04:56
5. Secret Voice 05:01
6. Short Fly 01:37
7. Terror In Air Lines 09:08
8. Momentary Lights 06:55
9. Bubble Gum Of Psychedelic Man 04:26
10. Trouble Trumpet 02:55
11. She Tomy My I 07:15
12. Bridge Parts 01:58
13. Space Travel 12:59

Recensione:
I settanta minuti di Unreleased Vol.1 sono accostabili ad un girone infernale all’interno del quale vengono esplorate tredici grotte buie e gelide, corrispondenti ad altrettante tracce musicali pregne di mistero, sacralità, momenti d’estasi e altri di follia.
Accanto a episodi classici e “doomeggianti” come Cosmic Collision, R. 10 e Secret Voice trovano spazio escursioni psych come Song of Estefan e Terror in Air Lines. Bridge Parts, Space Travel e Bubble Gum of a Psychedelic Man sono tanto sperimentali quanto inquietanti mentre in Trouble Trumpet, oltre alla tromba, l'ex Death S.S. lascia spazio a Danilo Savanas e al proprio Didgeridoo, un antico strumento musicale australiano a fiato. Inquietante She Tomy My I, grazie all’interpretazione vocale di Sandra Silver, che ben si destreggia fra i vari effetti speciali. Da menzionare, inoltre, i vari special guest presenti all’interno dei vari pezzi: Kevin “Hell” Throat e Red Crotalo dei Revenge, Claud Galley dei Death S.S. , Lux Spitfire e Alexander Scardavian, tanto per citare i maggiori.
Paul Chain è un risorsa nazionale, questo è fuori dubbio. In certe occasioni autoindulgente e capriccioso ma sicuramente inimitabile. Unreleased Vol. 1 costituisce la pietra tombale orizzontale del Suo passato. Quella di testata è rappresentata dal Vol.2, con “Wino” dei Saint Vitus come special guest, ma questa è un’altra storia...


2004 - Unreleased Vol. 2
Best of/Compilation, NLM Records

1. Traffic Lights 20:42
2. Wrong Woman 04:21
3. So Low Far Again 02:56
4. Guitar Voices 04:33
5. Bloodwind 05:19
6. Nibiru Dawn 08:17
7. Full Moon Improvisation 06:52

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 Oggetto del messaggio: Re: Biografia di Paul Chain
MessaggioInviato: ven apr 09, 2010 00:40 
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Concludo infine con qualche ultima immagine:
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I Violet Theatre

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Paul Chain

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Paul Chain

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 Oggetto del messaggio: Re: Biografia di Paul Chain
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Ma che bel lavoro enciclopedico! Soprattutto perchè raccoglie tutto il lavoro di Paul Chain al di fuori dei Death SS, che ormai hanno riacquistato la loro popolarità.

Gruppo che amo tantissimo, in ogni modo e che trovo spettacolare per il panorama italiano. Temo sinceramente che l'Italia del metal abbia perso un ran treno a causa dell'esterofilia... il buono è che la musica è rimasta più sicenra e meno commerciale.

In ogni caso mi fa piacere un vicino di casa del genere (io sono di Chiaravalle e lui vive a Falconara Marittima, se non erro... ci separano un decina di km appena)

premio questo lavoro linkandolo a Music Hystory!


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 Oggetto del messaggio: Re: Biografia di Paul Chain
MessaggioInviato: ven apr 09, 2010 12:14 
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A proposito di vicinato gli altri due membri dei Death SS, Alessandro Scardavi (Alexander Scardavian) e il fratello Sante sono miei compaesani, nonchè zii di una mia cara amica. Purtroppo non posso contribuire al topic visto che Alex non ha mai voluto parlare della sua storia con i Death SS, probabilmente essendo stata piuttosto traumatica. Sante non si è mai ripreso, lo si può trovare seduto al bar a parlare con amici immaginari :(

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 Oggetto del messaggio: Re: Biografia di Paul Chain
MessaggioInviato: ven apr 09, 2010 19:19 
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Si, specialmente sul piano del rock progressivo in italia abbiamo avuto una scuola invidiata da tutto il mondo, ma col tempo il nostro paese si è andato sempre più globalizzando e la nostra cultura è stata per buona parte uccisa.
La maggior parte delle band italiane odierne mancano di personalità.
Alukane ha scritto:
Purtroppo non posso contribuire al topic visto che Alex non ha mai voluto parlare della sua storia con i Death SS, probabilmente essendo stata piuttosto traumatica.

Dovremo aspettare che Steve Sylvester si decida a scrivere la sua autobiografia (sono anni che ne parla).

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 Oggetto del messaggio: Re: Biografia di Paul Chain
MessaggioInviato: lun apr 12, 2010 10:05 
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Già... nel frattempo si è fatto un marchettone dall'Ispettore Coliandro :asd:


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 Oggetto del messaggio: Re: Biografia di Paul Chain
MessaggioInviato: ven set 10, 2010 17:42 
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Anche qui è necessario fare qualche piccolo aggiornamento sul Catena di oggi.
La carriera dello pseudonimo Paul Chain termina nel 2003 per svariate ragioni, tra cui i conflitti interiori dell'artista.
Oggi egli preferisce essere chiamato con il nome d'arte di Paul Cat (in virtù del suo amore per gli animali, in particolar modo per i gatti).
Fonda il progetto P. C. Translate in cui riesce a spaziare tra i generi musicali più disparati al punto di rendere i suoi tre principali lavori (Lo-Fi Lovers, Collage Creation e Metropolis, tutti autoprodotti) degli album incatalogabili all'interno di un genere. In passato rese scaricabili gratuitamente dal sito http://www.paolocatena.it molti brani della sua moderna produzione, ma il sito in questione sembra non esistere più.
In compenso ci sono i seguenti myspace in cui si può ascoltare parecchia roba:
http://www.myspace.com/pctranslate2
http://www.myspace.com/paulcatforambientalism

Si è inoltre dato ad un ampia sperimentazione creativa extramusicale che va dalla pittura astrattista, alla scultura, alla poesia. Da segnalare anche i suoi interessanti esperimenti di videoarte per i quali ha costruito un apposito studio battezzato Av Lolacat.

Tralascio le dicerie alquanto dubbie secondo cui si sarebbe recentemente convertito ai testimoni di Geova (giacchè per loro il metal, il rock, il punk è tutta musica satanica e dunque vietata da ascoltare).

Ritornando al discorso dei primi Death SS: vi riporto un intervista allo stesso Catena risalente al 1996 che illustra più dettagliatamente del solito quella leggendaria epoca oscura (e del perchè di tanti dissapori con Steve Sylvester).

Intervista a Paul Chain del 2 Aprile 1996
2 Aprile 1996; una macchina Ritmo rossa parcheggia nel piazzale della stazione dei treni di Pesaro; al suo interno, un uomo tutto vestito di nero fa un cenno al sottoscritto di avvicinarsi. Salgo dentro, gli stringo intimorito la mano, e insieme ci dirigiamo in Via Cadore, al civico 3. Ho appena conosciuto PAUL CHAIN, il guru della scena dark/doom italiana. Quello che segue è un sunto del pomeriggio trascorso nell'arcana casa dell'artista marchigiano.

Come hai iniziato a suonare?
Mio padre era un fisarmonicista e mio zio un chitarrista; sono cresciuto in una famiglia di musicisti.
Ho cominciato a suonare la tastiera a sei anni, due anni dopo scoprii la batteria, ma siccome era troppo rumorosa mia madre mi regalò la mia prima chitarra. Così, verso i dieci anni ho cominciato a suonare sia la chitarra che il basso. Nel 1972 avevo già un gruppo mio col quale facevo covers ed anche pezzi miei nati da lunghe improvvisazioni.
Gli ultimi anni '70 erano i più belli, perché c'erano ancora gli strascichi della cultura seventies; nel 1979 ho fatto il mio primo concerto a nome Paul Chain (coi Death SS esordimmo sul palco un anno dopo). Suonammo in un parco chiamato, allora, "Parco della Vittoria" qui a Pesaro. Era una serata di gruppi prevalentemente jazz e appena iniziammo a suonare noi scoppiò una grande rissa, la gente diceva che la nostra musica li incitava a sfogarsi.

Quali furono le tue influenze iniziali?

In principio Le Orme, i Pink Floyd, i primi Skid Row, i Kiss (per il look) e soprattutto i Budgie, una sorta di mito per il sottoscritto; se non li conosci posso descriverteli come dei "Black Sabbath più solari". Poi nel 1977 arrivò il punk e quasi contemporaneamente scoprii i King Crimson; ascoltavo anche i Led Zeppelin, gli Who, i Goblin e molta musica classica. Io sono un bachiano; Bach è uno che finchè è vissuto è passato inosservato, però era il pioniere della nuova musica. Anche se la gente non se ne accorge, sullo stile di Bach è stata fondata la musica moderna, anche quella leggera. Al suo tempo era troppo all'avanguardia, troppo serio, troppo vero. L'immagine di Bach mi piace molto; l'idea del musicista che viene capito dopo la morte.
Comunque, ascoltando tutte queste cose apparentemente lontanissime tra loro, ho maturato un mio stile, forse perché sono partito con un'accordatura aperta di stampo medioevale/indiano. La mia accordatura ha fatto sì che non partissi come tanti altri chitarristi; ho fatto un paio di anni di conservatorio ed il direttore diceva che avevo un gran talento, ma per me la chitarra con l'accordatura tradizionale non "suonava", non la sentivo mia. Allora ho cominciato a lavorare su composizioni ed improvvisazioni mie, trovando piano piano la tonalità giusta che cercavo.

I primi, gli unici, originari DEATH SS; puoi raccontarmene dettagliatamente la vera storia?
I Death SS nacquero originariamente come gruppo punk nel 1977; come ti ho detto prima, in quell'anno per un periodo fui rapito da quel suono e dall'attitudine del suo movimento. Casualmente seppi che proprio nella mia città, Pesaro, c'era una radio che trasmetteva canzoni punk e volli andare a conoscere il tipo che lavorava per questa emittente. Conobbi così Steve Sylvester, un quattordicenne che oltre al punk nutriva, come il sottoscritto, una passione smisurata per il cinema ed i fumetti horror ed una certa predisposizione per l'occultismo. Eravamo due mosche bianche in una città come la nostra, e ciò ci rendeva maggiormente consapevoli della nostra diversità da tutto il resto.
Il nome Death SS fu creato e scelto da me; "Death" per il fascino della morte e "SS" come provocazione tipicamente punk; il periodo punk fu breve, massimo 4/5 mesi, poi io e Steve sentimmo che era giusto trasportare in musica la nostra passione per l'horror e l'occulto, e da allora i Death SS cambiarono filosofia. Tenemmo il nome Death SS, in quanto andava benissimo, rappresentando le due SS le iniziali di Steve Sylvester e decidemmo di dichiarare che il nome significava che tutto avrebbe avuto fine con la morte fisica di Stefano Silvestri.

Chi ebbe l'idea delle maschere horror e dell'unione fra occultismo e musica?
L'idea dei Death SS come horror band è nata da me e Steve insieme; un pomeriggio a casa mia lui fece uno schizzo su un foglio di carta con dei personaggi tipici dell'horror e disse "Pensa come sarebbe bello se ci fosse una band coi membri truccati da personaggi da film dell'orrore". Io rimasi folgorato da questa sua frase/idea e risposi immediatamente "Questa è una cosa che faremo noi". Da quel momento i Death SS cambiarono filosofia, reclutavamo i musicisti non solo in base alle abilità tecniche ma anche, soprattutto, in base alla loro predisposizione verso l'occulto.
Lentamente il legame con l'occulto diventò sempre più stretto, fino ad arrivare alla creazione di una setta dedita a "certi rituali e pratiche".
Non eravamo solo un gruppo musicale, eravamo molto di più; la ricerca delle lapidi, delle croci e dei giusti luoghi per le foto sessions, i riti svolti di notte nelle colline intorno a Pesaro, le frequenti visite ai cimiteri e alle chiese sconsacrate in cerca di ispirazione e materiale da usare poi sul palco; tutto questo, unito alle "presenze" e agli "umori" che circondavano in quei tempi il gruppo, rendeva i Death SS qualcosa di unico ed irripetibile nella storia del rock.

Scusa se t'interrompo ma non posso non pensare che all'epoca avevate meno di 18 anni; come facevate a considerarvi occultisti ad una così giovane età, senza la dovuta esperienza in un campo così vasto?
Hai mai conosciuto o praticato l'occultismo? No? E allora stanne fuori, è molto meglio. L'occultismo è materia per pochi; non sei tu che devi/puoi addentrarti nell'occultismo, è l'occultismo che viene a chiamare te. Sono pochissime le persone che possono essere definite occultisti nel vero senso del temine. Queste persone, fin dalla più tenera età, sentono di avere un qualcosa non permesso agli altri (o meglio, a tutti); io fin da bambino sentivo delle voci che tracciavano il mio cammino e le mie azioni, sentivo delle presenze accanto a me atte a darmi il loro insegnamento invisibile agli occhi degli altri. E lo stesso accadeva a Steve; non eravamo dei ragazzini che giocavano col bicchierino sul tavolo e cose simili; le nostre esperienze erano figlie di una profonda conoscenza della materia.

Torniamo ai Death SS degli anni con Steve Sylvester; mi dici che cominciaste nel 1977 come gruppo punk. Eppure "Terror", il vostro primo pezzo mai scritto, è a mio parere il brano pìù "doom" mai concepito dai Death SS; come spieghi l'arcano?
"Terror" è stata scritta nel 1977, ma la versione che senti su "The story of." è quella registrata nel 1981 (dal primo demo "Horned God Of The Withces"). Comunque anche nella sua primissima versione era un brano molto più lento della media di quelli composti in quel periodo. Forse perché nacque in condizioni particolari, durante i nostri primi passi verso l'ignoto. "Terror" fu scritta da me in una notte di temporale, sia la musica che il testo; Steve poi lo riadattò, ma l'idea dei morti che venivano fuori dalla tombe era mia.
"Terror" fu anche la rovina, il punto di rottura definitivo fra me e Stefano; come ti ho detto, era un pezzo completamente mio, ma quando fu pubblicato sulla compilation "Gathered" (1981) Steve mise il suo nome come autore nelle note di copertina. Questa cosa mi fece incazzare come una bestia e da lì a poco (nei primi mesi del 1982) ci fu il suo allontanamento; lui ha sempre detto che fu lui ad andarsene , ma la realtà è che fu cacciato senza tanti complimenti.
Nel gruppo Steve era quello che teneva i (pochissimi) contatti che avevamo con la stampa (soprattutto con Beppe Riva), quindi all'esterno si credeva che fosse il leader della band mentre invece era semplicemente il cantante, niente di più.

Conoscendo la tua prolificità trovo strano che in ben cinque anni componeste solo i brani contenuti nel primo lato di "The story of."; esistono inediti di quel periodo? E ci sarà la possibilità di ascoltarli un giorno?

Coi primi Death SS passammo tre anni consecutivi in sala prove senza fare concerti (il primo fu nel 1980); Steve diceva che bisognava uscire dal vivo alla grande e quindi ce ne stavamo chiusi in studio a provare e riprovare infinite volte gli stessi brani.
La cosa buffa è che poi, quando si andava a suonare dal vivo, passavamo prima molte ore per truccarci ed entrare nel personaggio, e poi alla fine dei conti, non suonavamo mai più di venti/massimo trenta minuti per concerto.
Alcuni inediti di quel periodo sono stati inseriti nella cassetta "The story of..part 2" (rilasciata anni fa dal mio fan club); c'è da dire che avevamo qualche bozza di canzone e soprattutto molto materiale strumentale, visto che spesso, invece che presentarsi in sala prove, Stefano andava in discoteca, lasciandoci da soli a jammare; passavamo le notti a suonare le cose più disparate e in un certo senso lì può essere vista la nascita dell'improvvisazione, che è alla base di Paul Chain.
Tornando ai primi Death SS, ci sarebbero i "falsi" pubblicati l'anno scorso come "The Cursed Singles".

Cosa è questa storia dei falsi?
Quel Box, "The Cursed Singles", pur nella sua qualità, è un falso. Roberto Mammarella (titolare dell'Avantgarde Music, etichetta che ha stampato il Box) da anni ci dichiarava il suo amore per i primi Death SS e si diceva altamente interessato alla pubblicazione di nostro materiale. Steve ha quindi approfittato della situazione per farsi i comodi suoi. Nel 1993, come sai io e Steve ricucimmo i rapporti e tornammo a suonare insieme. Durante le registrazione del suo solo album "Free man" registrammo in amicizia anche dei brani più sullo stile Death SS, ripescando anche qualche riffs composto negli anni '80 e rimasto nel dimenticatoio negli anni seguenti. "Profanation" e "Spiritualist seance" (registrate, ripeto nel 1993/94) contengono alcune idee/soluzioni inizialmente concepite nel lontano bienno 1980/81, poi mai registrate per i motivi che ti ho sopra elencato.
Sono comunque a tutti gli effetti dei pezzi nuovi, ma Steve ha spacciato in giro la voce che siano ristampe di fantomatici singoli pubblicati nei primissimi anni di vita del gruppo; ma chi può credere ad una roba simile? Le hai sentite la registrazione e la produzione? Come si può farle passare per cose dei primi'80, soprattutto pensando a come, in Italia, si producevano i dischi metal in quegli anni?
Steve ha sfruttato ancora una volta la mia fiducia e amicizia per mettere sul mercato l'ennesimo falso targato Death SS.

Torniamo ai "veri" Death SS ed all'anno 1982; entrò alla voce Santcis Ghoram.
Sì, anche se posso dirti che lui non era la nostra prima scelta. Noi volevamo sostituire Steve Sylvester con Gilas (canterà la mitica "17th Day" sul primo mini album di Paul Chain "Detaching from Satan") che era la persona perfetta per noi; grande voce e reale interesse e conoscenza dell'occulto. Ma era un ragazzo perennemente strafatto di anfetamine, psicofarmaci, sempre in giro alla ricerca di droghe, alcool e simili. Non potevamo fare affidamento su una persona così e quindi optammo per Sanctis Ghoram.
Il periodo con Sanctis Ghoram va dal 1982 al 1984 e fu molto prolifico dal punto di vista compositivo; oltre ai brani presenti sul secondo lato di "The story of.." ne avevamo altri molto belli, come "The bones and the grave", "Death And love", "The evil and the sorrow" , ma non furono mai registrati per la mancanza cronica di soldi.
Tre anni dopo, nel 1987, ho pubblicato "The story of." per porre fine alla storia dei Death SS e tributarli comunque per quel grande gruppo d'avanguardia che erano stati; Steve Sylvester si è preso il successo di quel disco ed ha riformato la band a Firenze con nessuno dei membri originali, registrando il monicker a nome suo. Registrare un nome alla Siae voleva dire, in quell'epoca, spendere cinque milioni per un gruppo che, a mio avviso, era morto e sepolto e quindi io non lo feci; lui invece aveva interessa a farlo, lo fece e da allora i Death SS sono un progetto esclusivamente suo, e tutta la stampa e la gente lo ritiene tale.
A mio parere, invece, i Death SS si erano sì sciolti, ma avevano comunque continuato in un certo senso come Violet Theatre; facevamo concerti con la stessa formazione, con la stessa scenografia, suonavamo spesso i pezzi vecchi; ma questa cosa la stampa, soprattutto quella italiana, non l'ha capita, o meglio, non l'ha voluta capire.

Alla luce di quanto mi dici, deduco che il tuo rapporto con la stampa italiana non sia idilliaco.
In passato quando facevo le interviste e dicevo le stesse cose che sto dicendo oggi a te, i giornalisti me le tagliavano o cambiavano; in Italia c'era la mafia giornalistica.
I giornalisti devono fare i giornalisti, punto e basta; se io dico una cosa devi trascriverla tale e quale, perché devi essere di parte? La guerra dei mass media mi fa ridere, soprattutto fra i metallari; a parte il fatto che io non sono un metallaro; io sono nato prima dell'HM e sopravviverò anche all'HM; non sono un metallaro in questo senso.
Se i giornalisti metal dicono che non è possibile che Paul Chain faccia un giorno un disco doom e il giorno dopo faccia un disco di musica elettronica, mi spiace per loro, ma io purtroppo esisto, sono una realtà; all'estero vendo molto più io degli Extrema, quindi vuol dire che forse sono i giornalisti che si sbagliano.
Mi ha veramente stufato la gente che mi viene a contestare quello che faccio perché non lo capisce; perché mai io non dovrei fare più cose insieme? Nessuno mi deve venire a dire quello che devo fare; nessuna etichetta deve dirmi "fai un disco così, coi suoni così, con le canzoni così", non esiste assolutamente. Perché dovrei limitare la mia creatività? Se a un fan non piace un determinato disco che non lo compri; esca dalla mentalità del fan e compri l'album solo se gli piace, non perché c'è scritto sopra "Paul Chain" ma il disco gli fa schifo.
Io non faccio disco all'esclusivo scopo di venderli; sono sempre stato fuori dal giro nazionale, perché in Italia abbiamo sempre avuto al potere la DC, la Chiesa, la mafia; la musica rock non doveva andare avanti perciò gli hanno messo i bastoni fra le ruote, l'hanno uccisa. Quello che ci ha rimesso di più sono stato io che avevo un gruppo avanti quindici anni rispetto agli altri.
Questo è sempre stato il problema principale coi giornalisti italiani; la censura che hanno fatto in tutti questi anni alle mie interviste/parole. Ho avuto uno scoglionamento e li ho mandati affanculo in blocco; non ho tempo da sprecare con gente che cambia partito e bandiera a seconda di quanti soldi gli mostri.
Io lavoro con la gente in gamba; io dico una cosa e tu, per serietà professionale, me la trascrivi tale e quale; se non lo fai io taglio, mi freghi una volta soltanto.

Parliamo dell'ultimo disco "Alkahest"; anzitutto, come è stata la collaborazione con Lee Dorrian?
E' stata ottima, sotto tutti gli aspetti. Lee è una grandissima persona e ci siamo trovati subito alla perfezione; abbiamo le stesse idee e lo stesso approccio. La differenza, come dice lui, è che lui è nato in Inghilterra e io sono nato in Italia. Ecco che allora lui può andare in tour, vendere dischi, non avere problemi di soldi al contrario di me. Può sembrare una sfortuna, ma dall'altro lato è lui ad invidiare me, perché io non ho schemi e regole da seguire, sono libero.
Il doom è una musica profonda, molto più profonda degli altri generi metal, e quando io gli ho fatto ascoltare e capire che l'elettronica dell'album "Dies Irae" ne è la continuazione, l'ulteriore approfondimento dello spirito doom, lui è rimasto stordito. Perché in questo senso lui ha paura, timore di sconfinare verso altri orizzonti musicali non tradizionali che vorrebbe invece approfondire. Io invece sconfino liberamente, fregandomene di come va il mercato.

"Alkahest" è il disco più doom della tua carriera.
"Alkahest" non né un disco di solo doom, è più aperto, è un insieme di umori e stili diversi; possiamo parlare di dark sound, suona molto meglio. Conosco molto bene lo stile doom, ma in questi ultimi anni mi ero dedicato a cose più sperimentali. Una cosa ci tengo a sottolinearla; se "Alkahest" suona doom non è certo perché il doom è tornato ora di moda ed ha recuperato interesse. Ci sono stati degli eventi, come l'incontro con Lee Dorrian, il contratto con la Flying Records, che vorrebbe continuassi su questa linea, ma ora non me la sento proprio.
Io in passato ho fatto molte cose vicine al doom solo che il più delle volte non c'erano i soldi per produrle o registrale; la gente deve sapere che quello che ha potuto ascoltare è il 30/massimo 40% di quello che doveva essere; senza soldi io più di così non potevo fare, anzi ci ho rimesso parecchio in termini di salute.

"Alkahest" è dedicato ad Aldo Polverari, deceduto lo scorso anno; come mai dedichi sempre i tuoi dischi a persone scomparse?
Forse perché mi piace il ricordo della memoria; è un tributo molto importante dedicare i dischi ai morti, anche perché i morti sanno la verità delle cose e di ciò che accade nel mondo. E' come un elemento propiziatorio.
Riguardo Aldo Polverari, posso dirti che era un mio grandissimo amico; ci conoscevamo fin dai tempi dell'asilo, quando andavamo insieme a caccia di lucertole nei giardini della scuola. Mi è sempre stato accanto nella mia vita privata ed artistica; nonostante sia comparso solo in qualche disco in vesti di ospite è sempre stato invece un elemento importantissimo nell'economia del suond dei Death SS prima, e del Paul Chain Violet Theatre poi.
Nei primi anni di attività "extra musicale" dei Death SS era sempre al nostro fianco, potremmo quasi considerarlo come il sesto membro aggiunto della band; fu uno dei primi ad appoggiare con entusiasmo l'idea mia e di Steve di vestire i personaggi dell'orrore.
Negli ultimi giorni di vita lo sentivo spesso e mi diceva di sentirsi vicino al trapasso, anche in virtù di certi errori commessi nel cammino esoterico iniziato con noi nei primi anni di attività della band.

Quali ritieni essere i capitoli più riusciti della tua lunga discografia?
A loro modo tutti sono importanti; ti posso citare "Detaching from Satan", il principio di tutto e registrato in "particolari" condizioni nel Settembre/Ottobre 1984.
L'anno dopo, il 1985, sono entrato a lavorare come usciere alla Camera di Commercio di Pesaro e questa cosa mi ha annientato come un lutto; la cosa che mi faceva più star male è il fatto che dovevo lavorare invece che dedicarmi completamente alla musica. E nel disco dopo si sente; "In the darkness", nel buio più totale; in origine non doveva essere così scuro quel disco, ma gli eventi lo portarono ad essere un disco nero, un disco da lutto appunto, basta vedere la copertina originale (mi fa vedere l'originale in vinile, totalmente nero sul fronte - nd. Marco).
Sono legato a dischi come il "Picture Disc" e "Withed sepulchres", dischi dalla storia travagliata, in quanto all'epoca non venivano considerati ufficiali; col tempo questi dischi, diciamo "semiufficiali", sono quelli a cui sono rimasto più legato. "Withed sepulchres" parlava del tessuto sociale disgregato e qui in Italia non fu capito e quasi nemmeno recensito; adesso dopo tutto il casino che è successo con tangentopoli viene capito, ma prima di allora nessuno parlava di quel disco, recepito invece subito benissimo in America. Fu stampato in sole 500 copie, volutamente mai distribuite, perché io era veramente sprofondato sotto terra e ho tentato il suicidio parecchie volte in quel periodo.

Infine, in un'intervista a PAUL CHAIN, non posso esimermi dal chiederti quale è il tuo legame con la morte e l'aldilà.
Per me la morte è la base di tutto. Sono vivo ed in questa vita ho capito molte cose; da un lato sono triste di essere vivo, dall'altro però sono contento. Se penso alle persone che mi vogliono bene e mi sono vicine penso che tutto sommato la vita ha un senso, a qualcosa deve servire. Vivere serve a capire delle cose e, attraverso gli errori, a capire quello che non si deve sbagliare. Ma se uno nella vita non capisce niente e guarda solo ai soldi e al piacere, allora quello è un vivere inutile. Io vedo il piacere fine a sé stesso come un'inutilità, la mia vita è invece ciò che è pensiero.
Il mondo è oscuro per me, lo vedo storto, la gente non sta bene, c'è questa energia negativa che io sono in grado di percepire. Mi interesso di filosofia, vivo insieme a delle presenze in forma di spirito da quando ero piccolo, con questi spiriti ci parlano, mi danno l'ispirazione. Qualcuno dall'esterno traccia la mia strada, c'è una mano occulta che guida la mia.
L'aldilà è qua, intorno a noi; mentre io e te stiamo qui a parlare, in questa casa ci sono altre presenze che ci ascoltano e ci indicano la via da seguire, nel caso siamo in grado di percepirne i messaggi.
Anche il cimitero è un luogo molto importante per me; di esso ne ho sempre sfruttato tutto. Ai tempi dei Death SS lo sfruttavo in senso "materiale", andandovi a prendere croci, lapidi, corone funerarie; poi col passare degli anni l'ho usato come luogo di riflessione. La gente ha un'opinione distorta del cimitero, crede che sia la porta dell'aldilà o chissà cosa; invece esso è solamente il posto dove vengono deposti i cadaveri, mentre l'energia si è già trasferita da un'altra parte. Quindi nel cimitero c'è questa assenza d'energia che col tempo sono riuscito a percepire e grazie alla quale ho capito molte cose.

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Non siamo che polvere e ombra.
(Orazio)


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