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 Oggetto del messaggio: Le sette vite del rock
MessaggioInviato: dom lug 05, 2009 13:45 
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Arriva in Italia il celebre documentario della Bbc
una storia per immagini con testimonianze inedite
Le sette vite del rock
Grande rivoluzione del '900



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IL VIDEO

Fa sempre un certo effetto poter accedere all'anima segreta delle musiche che hanno fatto la storia. Ecco ad esempio come Keith Richards racconta la genesi di Satisfaction, il pezzo che ha improvvisamente proiettato i Rolling Stones ai vertici del mondo rock e che è ancora oggi il più amato e apprezzato degli inni generazionali: "Fu un sogno blues. Mi svegliai all'improvviso e, senza rendermene conto, accesi il mio piccolo registratore a cassette. Suonai e mi rimisi a dormire. La mattina dopo non ricordavo nulla, ma mi accorsi che il nastro era arrivato in fondo. Lo rimandai indietro dall'inizio e c'erano trenta secondi di Satisfaction, in una versione molto lenta, blues, molto intensa. Poi per quaranta minuti c'ero io che russavo". Un sogno dunque, e questa descrizione, detta e suonata dallo stesso Keith Richards, è uno degli aneddoti più gustosi raccolti nella splendida serie intitolata Seven Ages of Rock, le sette epoche del rock, prodotta dalla Bbc con informazioni e interviste di prima mano, direttamente nel cuore degli avvenimenti che hanno portato scompiglio nella cultura del secolo scorso.

La ruggine non dorme mai, come cantava Neil Young, neanche per il rock. Ma se al posto della rugginosa visione del decadimento ci mettiamo l'idea della storicizzazione, allora il gioco è fatto. C'è uno scrigno di tesori da riguardare e riscoprire, con la giusta distanza che oggi il tempo ci permette. Quaranta, cinquant'anni di musica sono un periodo sufficientemente lungo perché si senta il bisogno di approfondire, di capire, di decifrare il senso e la portata di quello che è accaduto. Nel mondo fioriscono musei (ne hanno costruito perfino uno dedicato a Woodstock, ovverosia a un concerto) e si sta sviluppando una editoria senza precedenti: saggi, storie, riflessioni, una vera e propria vivisezione, un frenetico scandagliare in quella che è stata una delle più scintillanti avventure della musica del Novecento.

E sul piano visivo la Bbc ci mette del suo. Certo, la visione è fortemente anglocentrica, e per di più rigidamente rock (al punto che i Beatles neanche compaiono e questo è piuttosto strano in una storia del rock) e come anno zero è indicato il 1965. I giochi si aprono con Roger Daltrey, il cantante degli Who, che avverte: "Eravamo molto, molto pericolosi". E come smentirlo? Un senso di minaccia che poi si è ripetuto più volte negli anni successivi. Johnny Lidon, il cantante dei Sex Pistols dice cose simili quando spiega che la loro musica era "pura rabbia" e che ancora oggi non si definirebbe come un tipo particolarmente raccomandabile.

La prima puntata spiega con accurata precisione (e ovviamente a favore degli inglesi) la genesi del rock nel gioco di sponda tra i due continenti. Eric Burdon, leader degli Animals, non ha dubbi: "Noi, i ragazzi di Londra, Newcastle e Liverpool... siamo stati noi a mettere le mani nella spazzatura dell'America e a tirarne fuori una cultura". Parla del blues ovviamente, ed è una profonda verità. E' vero che ci vollero gli inglesi per far capire ai giovani americani quell'immenso patrimonio che avevano a disposizione. Così come è vero che furono gli inglesi a scoprire l'americano Jimi Hendrix e a rispedirlo al mittente come il profeta del blues psichedelico, di più, come il messia della chitarra elettrica, come lo sconvolgente performer che avrebbe annullato ogni limite immaginabile.

Segue l'art rock dei Velvet Underground e di David Bowie, il punk, il metal, il rock da stadio, il rock alternativo e l'indie rock degli ultimi decenni. E guardando gli spezzoni di concerto, alcuni rari, se non inediti come le prime prove dei Ramones in un club newyorchese, e le interviste, alcune di repertorio altre commissionate per l'occasione, si compone un quadro altamente istruttivo.

Quando arrivò il nuovo verbo punk, si creò di nuovo il gioco di sponda tra America e Inghilterra. A New York, oltre ai Ramones (da molti indicati come i veri capostipiti del punk), c'era Patti Smith, che a un certo punto andò a Londra per una serie di concerti. Jay Dee Daugherty, il batterista di Patti Smith racconta: "Poi qualcuno, credo fosse Chrissy Hinde, ci disse: questi dovete proprio vederli. Erano i Sex Pistols, e mi ricordo di aver pensato che era un nome interessante. Andammo e prima ancora di cominciare a cantare Johhny Rotten se ne uscì dicendo: "L'altra sera sono andato a vedere questi americani con i tamburelli. Horses, horses (che era un pezzo di Patti Smith n. d. r.) horshit!". Insomma mi resi conto che dopo un giorno eravamo già diventati obsoleti".

Era così che andava quando il fuoco del rock bruciava ancora il suo combustile fatto di rivolte e utopie, rabbia lacerante e soprattutto di una visione oggi impensabile: che la musica dovesse e potesse cambiare il mondo.

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Siamo simili in molti modi, tu ed io. C'è qualcosa di oscuro in noi. Oscurità, dolore, morte. Irradiano da noi. Se mai amerai una donna, Rand, lasciala e permettile di trovare un altro uomo. Sarà il più bel regalo che potrai farle.
Che la pace favorisca la tua spada. Tai'shar Manetheren!


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