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 Oggetto del messaggio: EMO
MessaggioInviato: ven giu 23, 2006 16:24 
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Iscritto il: gio mar 31, 2005 15:02
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Mi è capitato di sentire sempre più spesso questa parola legata all'ambito musicale, Emo-core, ScrEmo... Ma che razza di genere è??
Io ho il Cd degli AFI e alcuni mi dicono che è Emo, ma sinceramente non colgo la sfumatura...

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"Ci sono centinaia di modi di morire... ma io rimango comunque il più probabile." Logan

"In nome di Dio sono state commesse le più ignobili atrocità dell'umanità. La Fede e la Religione corrompono la mente, offuscano la vista. Se fossimo veramente onesti con noi stessi e guardassimo dentro di noi non troveremmo l'anima. Bensì un abisso.
Ovvero il luogo dove risiede il nostro demone, il nostro figlio di Lilith, divenuto tale per opporsi alla dittatura celeste.
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MessaggioInviato: sab giu 24, 2006 01:37 
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Iscritto il: gio mar 18, 2004 16:30
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non so di preciso, ma quando sento un punk parlare di emo-punk significa che sta parlando con disprezzo di bands come avril lavigne o commercialate del genere, quindi dev'essere un ramo commerciale, un po' come il nu metal per i defenders, ovvero visto come roba da mtv per fare soldi...
cmq non so, ho abbastanza sparato a caso ^^

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PERCHE', STE?!
Ha Det Stefano, R . I . P . (08-09-1988 / 22-11-2004)


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MessaggioInviato: ven lug 07, 2006 17:54 
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Iscritto il: sab feb 28, 2004 21:16
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http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cron ... /emo.shtml
:sisI:

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 Oggetto del messaggio: Re: EMO
MessaggioInviato: gio lug 24, 2008 11:24 
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Iscritto il: sab mar 27, 2004 18:27
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ok... faccio il solito link.... ma amo questo sito... l'ho detto? lo ribadisco!

http://nonciclopedia.wikia.com/wiki/Emo

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 Oggetto del messaggio: Re: EMO
MessaggioInviato: mer ott 22, 2008 13:59 
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Un articolo serio che cerca di far luce sulla cultura emo tratto da XL Repubblica (lo posto per intero... è lungo, ma interessante: buona lettura ;) )


Vita da Emo

di Valeria Rusconi
Punk e metallari li odiano. Vengono picchiati, insultati, derisi. Accusati di essere depressi, di infliggersi ferite. Sessualmente ambigui, cultori del suicidio. XL li ha seguiti per una settimana. Ecco cosa ci hanno detto. E nel prossimo numero Joe Lalli dei Fugazi vi racconterà i primi veri Emo

L’errore lo faccio subito, quando mi presento dicendo di voler scrivere un articolo sugli emo. Una decina di adolescenti, raggomitolati l’uno accanto all’altro, mi fissano perplessi. Poi, una ragazzina con le punte dei capelli verdi scatta con tono aggressivo: «Se cerchi gli emo non venire da noi. L’emo è una merda». Sghignazzano. Un ragazzo smilzo, con una maglietta del gruppo death metal Cannibal Corpse, fa un rutto. La sua amica non mi guarda in faccia. Dice solo: «Sentito cosa ne pensiamo degli emo?».

La perdita dell’etica emo delle origini (quando si chiamava emocore per distinguersi dal punk hardcore) è uno dei tanti motivi per cui, oggi, i fan di questo genere musicale vengono denigrati un po’ ovunque; persino dai coetanei che si ritrovano negli stessi luoghi e si vestono in modo simile, ma si sentono diversi: “veri” rispetto a come vengono raccontati dai media. Per questo abbiamo voluto stare con loro tutti i giorni per una settimana intera e non limitarci alla breve durata di un’intervista.

Ma non solo: la curiosità di conoscere le storie dei ragazzi che ogni pomeriggio, tra le 15.00 e le 20.00, s’incontrano alle chiese gemelle Santa Maria dei Miracoli e Santa Maria in Monsanto di Piazza del Popolo, a Roma, è nata soprattutto dopo aver appreso gli episodi di violenza di cui gli emo sono stati vittime in varie parti del mondo. Era dai primi anni 90, quando ci furono scontri tra fazioni avversarie di black metal in Svezia e Norvegia e, in Italia, tra paninari e punk a metà anni 80, che nel panorama delle sottoculture giovanili non si verificava un’ondata di odio di tali dimensioni.

Le prime avvisaglie emergono già nell’aprile del 2006: l’Encyclopedia Dramatica, l’enciclopedia statunitense di satira online creata sul modello di Wikipedia, istituisce il “National Emo Kid Beat Down Day”, la “Giornata Nazionale di Abbattimento del Ragazzo Emo”. La data prescelta è il 6-6-06. Poi, agli inizi del marzo scorso, in Messico sono cominciati i pestaggi veri. Nelle principali città del Paese sono spuntate ronde organizzate per dare la caccia agli adolescenti con il ciuffo e i jeans attillati.

Dopo una serie di megarisse e di arresti, la sera del 21 marzo scorso, a Città del Messico, Nayeli è appena scesa in metropolitana. Ha 15 anni. Sei giovani la buttano per terra e la riempiono di calci. Se non fosse intervenuta una donna di passaggio, probabilmente l’avrebbero uccisa. In Messico, gli adolescenti emo sono visti come una minaccia alla virilità del Paese, a causa della loro corporatura esile e del look. Vengono accusati di essere sessualmente ambigui. Si dice che si taglino i polsi. Che siano sempre depressi, che amino isolarsi, che si droghino.

I genitori sono spaventati dal modo in cui si vestono, dalla musica che ascoltano. Un pensiero che coincide con quello che i media ci hanno propinato da quando il rock esiste. Ed è successo di nuovo il 7 maggio scorso. Hannah Bond, una ragazzina inglese di 13 anni, viene trovata impiccata dai genitori. Ha usato una cravatta. Il suo gruppo preferito erano i My Chemical Romance e frequentava una community emo online. Il 31 agosto, i fan dei My Chemical Romance si riuniscono sotto gli uffici del Daily Mail per protestare dopo che il quotidiano aveva definito gli emo come «una setta che pratica l’autolesionismo e ascolta band che predicano il culto del suicidio».

Il 12 maggio, in un quartiere popolare di Bucarest, in Romania, Andrada Mocanescu viene trovata riversa sul marciapiede. Aveva 12 anni, il suo gruppo preferito erano i Tokio Hotel. I giornali scrivono che si è suicidata a causa di una loro canzone, paradossalmente intitolata Don’t Jump, “Non saltare”. Qualche mese più tardi, in luglio, la Duma di Stato, la camera bassa del Parlamento russo, annuncia una proposta di legge per contrastare la cultura emo e goth, bandendo la loro presenza dai pubblici uffici. La legislazione include l’emo tra i trend giovanili «portatori di ideologie negative» e «pericolosi per la società russa», alla stregua di naziskin e gruppi politici organizzati.

Infine, l’Italia, dove il 7 maggio scorso, l’onorevole Antonio De Poli dell’UdC presenta un’interrogazione parlamentare per bandire gli emo, in cui si parla di «una sorta di tribù che online esalta l’autolesionismo», citando però come fonte la poco meno che attendibile Nonciclopedia, parodia grottesca di Wikipedia.

Quando, il giorno successivo, torniamo in Piazza del Popolo, i ragazzi sono sempre lì: sulle gradinate delle chiese gemelle, anche se una recente ordinanza del sindaco Alemanno proibisce di bivaccare nei luoghi di culto. Kenzo, detto anche Kitty, ha 19 anni, lavora in una ditta di pulizie e, tra poco, trasformerà la Mini di sua madre in una macchina-emo, «a scacchi bianchi e neri». Poi mi racconta qual è la differenza tra i due gruppi che stanno “a piazza”: «A destra ci stanno i brutal e anche le zecche; a sinistra quelli nuovi: gli emo, gli alternativi, le “scene queen” e “scene kid” e le “gothic lolita”. Però spesso ci mescoliamo».

I giardinetti davanti all’Accademia di Belle Arti di via di Ripetta, invece, sono il territorio dei metallari che si sentono “puri”, qualche dark, punk e naziskin, che qui stranamente convivono con i redskin. A loro non piace stare con quelli di Piazza del Popolo e, di tanto in tanto, ci sono degli scontri. Considerano gli emo solo una deriva modaiola, dei poser (“finti”), dei “montati”.

Sabrina ha 16 anni, il viso minuto e gli occhi luminosi. Mi spiega come riconoscere un finto emo: «Si veste come te, ma non ascolta la tua stessa musica. Per noi è un insulto perché crediamo in questo stile». «C’è chi è emo mentalmente e chi ha il ciuffo e basta», aggiunge Kenzo. Come tutti i ragazzi del mondo, anche quelli di Piazza del Popolo non vogliono essere “etichettati”. «Qui siamo solo in tre a sapere veramente cos’è stato l’emo e cos’è ora. Oggi il vero emo è morto. Negli anni 80 portava avanti temi etici come la non violenza, la nobiltà d’animo, il romanticismo e valorizzava le emozioni. Poi si è diviso in tre movimenti: l’emocore, il romance e l’effimeral. L’effimeral è la branca dell’emo più pura. Rifiuta l’evoluzione del suono che c’è stata e l’aspetto simile a quello degli skater, per rimanere fedele a ciò che l’emo era negli anni 90: esaltazione della tecnica del musicista, più che del look. Gente come Jimmy Eat World», racconta Saverio, di 17 anni, che studia per diventare pilota aeronautico.

«I veri emo odiano quelli che oggi si considerano tali perché credono che i My Chemical Romance e band costruite come dARI, Finley e Tokio Hotel appartengano al genere. Però odiare è diventata una moda. La vita dei minorenni oggi si basa sulla necessità di fare a botte». «Meglio non darsi definizioni, altrimenti ti perseguitano», dice Sabrina. Però le differenze esistono: mi raccontano che i brutal/deathcore/grindcore ascoltano vari generi derivati dal metal, che le zecche sono «quelli di sinistra con calzoni larghi che sentono musica militante». Poi ci sono gli emo e gli alternativi, ma alternativi a cosa, non si capisce bene. Semplicemente, «vogliono essere diversi dalla massa».

Le “scene queen” e i “scene kid”, detti anche “king”, si vestono invece in modo più appariscente rispetto agli emo: il loro stile deriva da alcune modelle statunitensi che dominano il web. Le più famose hanno nomi d’arte come Audrey Kitching e Kiki Kannibal. «Le “scene queen” non sono altro che veline, se la tirano troppo!», racconta Sabrina. Giulia, di 16 anni, è proprio una di loro. Ha capelli lunghissimi grazie alle extension e una frangia rosa shocking. Gira sempre con altre due sue coetanee. Mi spiega che è da pochi anni che gli emo si incontrano qui, ma i gruppi si sfaldano e il ricambio avviene dopo pochi mesi. Una “scene queen”, solitamente, ascolta «Millionaires, Medic Droid, ma anche techno, pop giapponese e i Tokio Hotel».

Giulia si rende perfettamente conto che le “scene queen” non sono viste di buon occhio: «Non siamo veline, né ragazze facili. Non siamo “emo più colorate”, come è stato detto. Una scene queen è la “regina della scena”, ma solo i vip se la tirano, come Sakon Lightning o Vicky Moss...». Altrove, non va meglio: «Mia madre mi ha anche bruciato le scarpe perché erano troppo vistose. I professori, poi, hanno in testa questo stereotipo che se ti vesti strano ti tagli. Come fanno a non capire che arriva un momento in cui ci si sente diversi da tutto e da tutti e questo è l’unico modo per stare bene? Mia madre quando vede la tv mi dice: “Guarda che bella quella, perché non diventi anche tu una velina? Perché non sei come tutte le altre?”. Noi vogliamo differenziarci dal modello della ragazza che sogna di diventare velina. E i ragazzi qui non vogliono diventare calciatori».

Sakon, che con Kenzo è uno dei pochi maggiorenni qui, è il più famoso “scene kid”, ma lui naturalmente dice che non è così. Non vuole farsi intervistare né fotografare, ma poi anche lui si mette in posa davanti all’obiettivo e chiede al nostro fotografo se gli può mandare qualche scatto. Sakon si chiama così per via di un ninja della serie anime e manga giapponese Naruto. «Per molte ragazze, a Roma ma anche in tutta Italia, è un essere irraggiungibile. Ha persino dei fan club, ma in realtà è solo un anoressico che non sa mettere in fila due parole di italiano. Si dice che in borsa abbia addirittura cinque spazzole diverse. Probabilmente è diventato famoso solo perché nelle foto su Netlog somiglia al cantante dei Tokio Hotel. Ma tanto oggi i ragazzi usano tutti photoshop per farsi più belli...», mi confida una ragazza.

Netlog: il territorio virtuale in cui tutti si conoscono prima di incontrarsi dal vivo. Oggi, tra i 15enni, è il più popolare. MySpace o Facebook sono già vecchi. A 15, 16 anni, l’età media dei ragazzi della piazza, tutti hanno sviluppato un forte culto della persona fisica. Più che in ogni altra sottocultura giovanile passano ore a curare l’aspetto, un rituale che, in altri movimenti, era principalmente riservato alle ragazze. I personaggi preferiti da entrambi i sessi sono Hello Kitty, SpongeBob e i toys di tokidoki. Le borsette e gli zaini di femmine e maschi contengono quasi sempre un oggetto indispensabile: la spazzola.

«Facciamo tutto in casa. Anche i capelli ce li tagliamo da soli, perché non abbiamo soldi. Le extension sono sintetiche; ci sono anche quelle di capelli veri, ma costano troppo. Le altre puoi trovarle anche a un euro l’una: le compri in negozio e poi te le fai mettere dal parrucchiere, così risparmi», spiega Veronica. Pochissimi possono contare su famiglie benestanti, quasi tutti provengono da quartieri periferici, molti da fuori Roma, da paesi distanti ore di autobus, il mezzo più usato perché nessuno ha la patente.

C’è addirittura chi viene appositamente da altre regioni: del resto in Italia questo è il cuore della scena. Ma i generi e i sottogeneri, in piazza, sono moltissimi e pare che ogni giorno ne nascano di nuovi: «Alla fine non esiste uno stile vero e proprio: se mi piace una cosa, la metto. Ma c’è gente che questo non lo accetta, come i truzzi», spiega Sabrina. Appunto, i truzzi: i ragazzi di borgata rasati con la tuta da ginnastica, la canottiera aderente e il cappellino da baseball. Ascoltano musica house. Qui alcuni sono stati aggrediti da loro ma niente di davvero grave è accaduto.

I problemi più seri di intolleranza, oltre che a scuola e “al paese”, avvengono in famiglia. «Io sono stato cacciato dalla comitiva perché mi vestivo da emo e mi facevo gli spike (i capelli a punta, ndr). Non seguo nessuna ideologia, mi piace solo lo stile. Ecco perché sono alternativo», afferma, deciso, Kenzo. «Io sono originaria del sud», confida Sabrina, «e ogni volta che torno “giù” la gente rimane scioccata. Mi chiede se ho dei problemi. Ma ne ho come tutti. Quando mi deprimo, ascolto musica “screamo” (la corrente più epica e “urlata” dell’emo, ndr): è come se anche tu urlassi al mondo».

La depressione. La sofferenza. In pochi sanno spiegare perché si sentono così. E quasi tutti negano di essere emo. Dicono che esserlo oggi è «infamante», per via dell’autolesionismo, del fatto che gli emo vengono considerati omosessuali. Una ragazza, però, arriva al punto più degli altri: «I genitori si spaventano se il figlio compra una cintura con gli spuntoni, però non gli parlano mai. Ci sono genitori che sono sempre fuori casa. Più della metà dei ragazzi che stanno qui sono bisex o gay, ma non lo dicono perché per loro è ancora troppo difficile ammetterlo».

L’unico a non aver problemi è Marco, 16 anni. Ha appena fatto il piercing alla lingua e fa fatica a parlare: «In metro mi hanno insultato, mi hanno urlato “emo di merda, frocio, dammi una lametta”. I ragazzi hanno paura a dire la verità. Io stesso ho passato una fase in cui facevo finta che mi piacessero le ragazze: temevo che mi giudicassero e poi ci sono persone che, se lo dici, ti picchiano». Marco racconta anche che a scuola qualche insegnante si è interessato a lui e lo ha indirizzato allo psicologo dell’istituto. «Un’ideologia di fondo non c’è: l’emo è più sensibile degli altri, prova le emozioni in modo amplificato, più profondo e le prende più seriamente. Le canzoni dicono “quella stronza mi ha lasciato”, oppure “ti amo, vieni da me”», spiega.

Sakura, di 15 anni, alza le spalle quando le si chiede se sia vero che i ragazzi, qui, siano bisex o gay. «Parecchie volte mi è capitato che mi piacessero le femmine. Embè? Se non provi non puoi sapere cosa sei: etero, gay, bisex...», dice. «Il messaggio dell’emo è principalmente la tolleranza, l’amicizia, ma non c’è veramente altro sotto», aggiunge Cristina. Niente politica o temi sociali, insomma. «La politica?», rispondono, quasi tutti, con un po’ di titubanza, «non è interessante».

Riguardo all’autolesionismo, nessuno prende troppo seriamente l’argomento. «Alcuni si tagliano e se ne vantano. Pubblicano le foto con le ferite su Netlog. Ormai è una moda, ma non si fanno male davvero. Di autolesionisti veri ce ne sono pochissimi e hanno seri problemi. Gli emo autentici si mettono i guanti per coprire le ferite, non ne fanno sfoggio. Hanno paura di essere discriminati. L’emo, invece, non discrimina nessuno», racconta Nicoletta, di 15 anni. «La musica non c’entra: se così fosse, qualsiasi messaggio potrebbe influenzare una persona a commettere atti stupidi. Ma come puoi vedere, qui c’è più di un emo allegro...».

Nicoletta dice il vero. Solo un’esigua minoranza, però, è al corrente degli episodi di intolleranza che hanno colpito gli emo in altri paesi, dei suicidi, dei provvedimenti nei loro confronti. Quando gli fai vedere le notizie stampate da Internet, guardano i ragazzi nelle foto e fanno commenti su chi è carino e chi no. Non sembrano preoccupati, né sanno spiegarti bene il perché di tanto odio. Le giornate degli adolescenti di Piazza del Popolo scorrono veloci. Stanno seduti sulle gradinate, passeggiano per il Corso, vanno a comprare Coca-Cola al negozio che chiamano “99”, perché tutto costa 99 centesimi.

Ogni tanto qualcuno arriva di corsa gridando, con un enorme sacchetto di caramelle gommose che offre a tutti. Scherzano e ridono, come ogni ragazzo di quell’età dovrebbe fare. Solo in pochi pensano al futuro, ma c’è chi sogna già di diventare avvocato, «perché così si possono guadagnare tanti soldi e mettere la gente con le spalle al muro», chi vuole fare il fotografo e chi vende scaldabagni ed è soddisfatto così. E quando gli domandi che cosa succederà quando tutto quello che stanno vivendo ora finirà, ti rispondono che «ci sarà sempre qualcuno che si sveglierà alla mattina e deciderà di diventare qualcosa. Magari non saranno emo, ma qualcos’altro».

Poco prima, Saverio aveva detto: «So che un giorno dovrò cambiare. Non potrò lavorare vestito così. Ma non sono triste, perché quando avrò trenta o quarant’anni sarò una persona tollerante. E se vedrò una ragazza con i capelli tinti di fucsia, sorriderò». Intanto, nei bagni del bar accanto al cinema Metropolitan, in via del Corso, le pareti si riempiono ogni giorno di più di scritte. La più grande dice: “Emo Is Love”.

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Gruppo Editoriale L’Espresso Spa - mercoledì 22 ottobre 2008


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 Oggetto del messaggio: Re: EMO
MessaggioInviato: mer ott 22, 2008 18:52 
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Iscritto il: sab mag 22, 2004 11:22
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è una delle rare volte in cui mi ritrovo di fronte ad un articolo frutto di giornalismo e non di scandalismo del cazzo(scusate il termine, ma ben esprime il mio disprezzo profondo per un certo tipo di (dis)informazione). Mi è piaciuto leggerlo. Chi l'ha scritto partiva con dei pregiudizi ma poi, man mano che indagava imparava a capire quello che si muoveva in quei gruppi. Non apprezzo l'emo che siamo abituati a vedere noi. Continua a non piacermi. Ma ora capisco un po' di più(e non tutto quello che ho capito mi ha aiutato a migliorare il mio giudizio, anzi) e questa sensazione mi piace molto(quella di aver capito). In fondo questo non è che uno spaccato dell'epoca vuota in cui viviamo, Metal, emo punk che sia non conta davvero, è una scusa per riempire il tempo e sfogare(in modo sciocco e deleterio) quel senso di vuoto che soffoca un po' tutti, perchè chi ama davvero una corrente, musicale o meno che sia, "fa il pieno" con quello.

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 Oggetto del messaggio: Re: EMO
MessaggioInviato: gio ott 23, 2008 09:40 
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Iscritto il: sab mar 27, 2004 18:27
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Località: Ancona
ottimo commento phar, da incorniciare. e aggiungerei che la musica e l'appartenenza ad un genere musicale è solamente uno dei modi per "colmare il vuoto"... c'è poi così tanta differenza col tifo estremo per il calcio che si vede in questi tempi? e gli ideologismi politici estremi ed anacronistici infilzati ovunque?

il fatto è che tutti hanno bisogno di sentirsi parte di qualcosa... qualunque cosa sia. probabilmente aiuta all'autodeterminazione


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