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"Figlio mio, lascia questo Paese"
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Autore:  Muzedon [ lun nov 30, 2009 17:34 ]
Oggetto del messaggio:  "Figlio mio, lascia questo Paese"

"Figlio mio, lascia questo Paese"
di PIER LUIGI CELLI


Figlio mio, stai per finire la tua Università; sei stato bravo. Non ho rimproveri da farti. Finisci in tempo e bene: molto più di quello che tua madre e io ci aspettassimo. È per questo che ti parlo con amarezza, pensando a quello che ora ti aspetta. Questo Paese, il tuo Paese, non è più un posto in cui sia possibile stare con orgoglio.

Puoi solo immaginare la sofferenza con cui ti dico queste cose e la preoccupazione per un futuro che finirà con lo spezzare le dolci consuetudini del nostro vivere uniti, come è avvenuto per tutti questi lunghi anni. Ma non posso, onestamente, nascondere quello che ho lungamente meditato. Ti conosco abbastanza per sapere quanto sia forte il tuo senso di giustizia, la voglia di arrivare ai risultati, il sentimento degli amici da tenere insieme, buoni e meno buoni che siano. E, ancora, l'idea che lo studio duro sia la sola strada per renderti credibile e affidabile nel lavoro che incontrerai.
Ecco, guardati attorno. Quello che puoi vedere è che tutto questo ha sempre meno valore in una Società divisa, rissosa, fortemente individualista, pronta a svendere i minimi valori di solidarietà e di onestà, in cambio di un riconoscimento degli interessi personali, di prebende discutibili; di carriere feroci fatte su meriti inesistenti. A meno che non sia un merito l'affiliazione, politica, di clan, familistica: poco fa la differenza.

Questo è un Paese in cui, se ti va bene, comincerai guadagnando un decimo di un portaborse qualunque; un centesimo di una velina o di un tronista; forse poco più di un millesimo di un grande manager che ha all'attivo disavventure e fallimenti che non pagherà mai. E' anche un Paese in cui, per viaggiare, devi augurarti che l'Alitalia non si metta in testa di fare l'azienda seria chiedendo ai suoi dipendenti il rispetto dell'orario, perché allora ti potrebbe capitare di vederti annullare ogni volo per giorni interi, passando il tuo tempo in attesa di una informazione (o di una scusa) che non arriverà. E d'altra parte, come potrebbe essere diversamente, se questo è l'unico Paese in cui una compagnia aerea di Stato, tecnicamente fallita per non aver saputo stare sul mercato, è stata privatizzata regalandole il Monopolio, e così costringendo i suoi vertici alla paralisi di fronte a dipendenti che non crederanno mai più di essere a rischio.

Credimi, se ti guardi intorno e se giri un po', non troverai molte ragioni per rincuorarti. Incapperai nei destini gloriosi di chi, avendo fatto magari il taxista, si vede premiato - per ragioni intuibili - con un Consiglio di Amministrazione, o non sapendo nulla di elettricità, gas ed energie varie, accede imperterrito al vertice di una Multiutility. Non varrà nulla avere la fedina immacolata, se ci sono ragioni sufficienti che lavorano su altri terreni, in grado di spingerti a incarichi delicati, magari critici per i destini industriali del Paese. Questo è un Paese in cui nessuno sembra destinato a pagare per gli errori fatti; figurarsi se si vorrà tirare indietro pensando che non gli tocchi un posto superiore, una volta officiato, per raccomandazione, a qualsiasi incarico. Potrei continuare all'infinito, annoiandoti e deprimendomi.

Per questo, col cuore che soffre più che mai, il mio consiglio è che tu, finiti i tuoi studi, prenda la strada dell'estero. Scegli di andare dove ha ancora un valore la lealtà, il rispetto, il riconoscimento del merito e dei risultati. Probabilmente non sarà tutto oro, questo no. Capiterà anche che, spesso, ti prenderà la nostalgia del tuo Paese e, mi auguro, anche dei tuoi vecchi. E tu cercherai di venirci a patti, per fare quello per cui ti sei preparato per anni.

Dammi retta, questo è un Paese che non ti merita. Avremmo voluto che fosse diverso e abbiamo fallito. Anche noi. Tu hai diritto di vivere diversamente, senza chiederti, ad esempio, se quello che dici o scrivi può disturbare qualcuno di questi mediocri che contano, col rischio di essere messo nel mirino, magari subdolamente, e trovarti emarginato senza capire perché.

Adesso che ti ho detto quanto avrei voluto evitare con tutte le mie forze, io lo so, lo prevedo, quello che vorresti rispondermi. Ti conosco e ti voglio bene anche per questo. Mi dirai che è tutto vero, che le cose stanno proprio così, che anche a te fanno schifo, ma che tu, proprio per questo, non gliela darai vinta. Tutto qui. E non so, credimi, se preoccuparmi di più per questa tua ostinazione, o rallegrarmi per aver trovato il modo di non deludermi, assecondando le mie amarezze.

Preparati comunque a soffrire.

Con affetto,
tuo padre


L'autore è stato direttore generale della Rai. Attualmente è direttore generale della Libera Università internazionale degli studi sociali, Luiss Guido Carli.
(30 novembre 2009)

Autore:  Ravenard [ lun nov 30, 2009 20:44 ]
Oggetto del messaggio:  Re: "Figlio mio, lascia questo Paese"

Immagine
ravenard produzioni

Autore:  Khelden Tahl [ lun nov 30, 2009 22:35 ]
Oggetto del messaggio:  Re: "Figlio mio, lascia questo Paese"

Che faccia da :-X

Uno che è stato DIRETTORE GENERALE RAI, e al momento è direttore generale della LIUSS che viene a parlare di meritocrazia.
Roba da schiaffeggiarlo ininterrottamente fino al 2012.

Autore:  Mr.Brownstone [ lun nov 30, 2009 23:12 ]
Oggetto del messaggio:  Re: "Figlio mio, lascia questo Paese"

... beh, dopo questa, mi sa che siamo proprio alla frutta... un po' come il capitano del Titanic che ordina il "si salvi chi può!" Fanno solo ridere, papponi.

Autore:  BaronSengir [ mar dic 01, 2009 10:33 ]
Oggetto del messaggio:  Re: "Figlio mio, lascia questo Paese"

Se solo vivessero una settimana da gente qualunque (tipo Mod di Valm).
Secondo me morirebbero di stenti dopo il primo giorno :sisi:

Autore:  Muzedon [ mar dic 01, 2009 13:52 ]
Oggetto del messaggio:  Re: "Figlio mio, lascia questo Paese"

Un precario risponde a Celli
Caro papà, perché non te ne vai tu?
La lettera aperta inviata al figlio dal direttore generale della Luiss necessita di una replica. Magari un po’ colorita, ma sincera.

Caro raccomandato politico,
perché se ha diretto la Rai deve per forza essere stato affiliato, o quantomeno simpatico a qualche partito, nonché attuale direttore della Luiss, che per chi non la conoscesse è la più esclusiva università privata di Roma a cui accedono soltanto i figli di persone facoltose, vista la retta che viene chiesta per l’iscrizione, le scrivo per chiederle se non le sembra stucchevole, ipocrita e in un certo senso crudele propinarci una lettera a suo figlio in cui gli consiglia di cambiare nazione perché la nostra è marcita e dentro non ci troverà opportunità per esprimere il suo valore. Vede, dottor Pierluigi Celli, non solo non riesco a provare la minima empatia per quello che dovrebbe essere un supposto dramma, ma non riesco a vederla nemmeno come vittima e con lei non vedo come vittima suo figlio, sicuramente persona degna di lode che non mi permetto di giudicare, non conoscendolo. Il problema è che, con rispetto parlando, lei e quelli come lei siete la metastasi, il tumore che andrebbe rimosso per ricreare quella speranza ormai patrimonio dei dormienti. Lei vede un’Italia diversa da quella che aveva sognato, ma quanto ha fatto per cercare di renderla somigliante al sogno? Quante volte ha rifiutato il compromesso pur di non tradirla? Oppure, vista la posizione che ricopre, è soltanto uno di quelli che, arrivati a un’età veneranda avendo succhiato il succhiabile, ora sente la necessità di sentirsi un ribelle a un sistema di cui è uno dei mattoni? Perché invece di scrivere una lettera del genere non abbandona il suo posto? Perché ha accettato in passato tutti i compromessi del caso per raggiungerlo? In quanta di quella malattia che oggi denuncia si è imbattuto nel suo percorso professionale o, più semplicemente, di vita? Quante volte ha cercato di essere medicina e ha rifiutato di mettersi dalla parte del virus? Mi dica per favore, sono sinceramente curioso di saperlo. Come sono curioso di sapere perché, compreso il dramma, non fa qualcosa per trasformarsi in simbolo del cambiamento.

In effetti ammetto che potrei sbagliarmi. Non conoscendola direttamente, ammetto anche che lei potrebbe essere la persona migliore del mondo. Magari sono soltanto io il problema e mi sto lasciando trascinare dal rancore. È che vedere le ingiustizie che quotidianamente devo mandare giù e che devono mandar giù persone che mi sono vicine, denunciate da chi sembra tutt’altro che innocente nell’averle fatte diventare sistema, anche solo avendolo accettato in quanto tale, fa male. Come fa male vedere un quotidiano come La Repubblica che le dà voce, quella voce negata a tanti altri nessuno che non possono permettersi di consigliare ai figli di emigrare perché non avrebbero mezzi per aiutarli. Quella voce negata alla vita di tante persone ridotte a un silenzio che sta creando una massa d’odio profondo e non mediato. Sa da quanti anni va avanti quello che lei chiama “schifo”? Conosco grandi persone diventate nulla e delle nullità assurte alla gloria spinte dal cognome. Ma sto diventando banale… e sa perché sto diventando banale? Perché sono anni che sento questi discorsi e sono anni che di tanto in tanto trovo denunce come la sua fatta da gente come lei sulla pelle di persone come me. Ormai la denuncia dello schifo fa parte della retorica dello schifo stesso e non riesco più ad accettarla in quanto tale, perché non produce alcun cambiamento. È un lamentarsi fine a se stesso. O forse è un modo per far notare a chi di dovere che suo figlio è sul mercato e ha bisogno di un lavoro che non sia in un call center a 600€ al mese per otto ore al giorno di lavoro?

Immagino che se suo figlio ottenesse una raccomandazione per qualche posto di prestigio, lei gli consiglierebbe di non accettarla. Immagino anche che farebbe nulla per favorirlo o per fargli ottenere un ruolo di rilievo in questa società che gli consiglia di lasciare, come nulla fanno tanti padri come lei che denunciano per poi farci trovare i loro ‘cari’ in mezzo ai piedi, lasciando agli altri solo le briciole. È piuttosto recente una campagna elettorale in cui si è parlato spesso di meritocrazia e non credo di doverle illustrare com’è andata a finire. Sinceramente non le voglio chiedere lo sforzo eccessivo di tornare sui propri passi e nemmeno voglio chiederle di aspirare al martirio per fare contenti i morti di fame come me. Le chiedo soltanto il silenzio e il rispetto dovuto ai molti a cui la vita non dà accesso a Repubblica per i propri sfoghi familiari.

Autore:  Neruwyn [ mar dic 01, 2009 14:27 ]
Oggetto del messaggio:  Re: "Figlio mio, lascia questo Paese"

Assolutamente si: another brick in the wall.

Autore:  Khelden Tahl [ mar dic 01, 2009 15:59 ]
Oggetto del messaggio:  Re: "Figlio mio, lascia questo Paese"

Quello è simone tagliaferri, se a qualcuno interessa :asd:
Alias Karat45, è un recensore di multiplayer.it :sisi:

Una delle poche volte che sono d'accordo con lui :asd:

Autore:  Skaan Natsaclanee [ mar dic 01, 2009 17:38 ]
Oggetto del messaggio:  Re: "Figlio mio, lascia questo Paese"

un grande, dovrò iniziare a leggerlo pù spesso :D

Autore:  Mr.Brownstone [ mar dic 01, 2009 22:52 ]
Oggetto del messaggio:  Re: "Figlio mio, lascia questo Paese"

La loro compassione è schifosamente viscida...

Autore:  Abraxas [ sab dic 05, 2009 15:07 ]
Oggetto del messaggio:  Re: "Figlio mio, lascia questo Paese"

Perché si rimette in piedi un discorso vecchio di non so quanto e ci si riflette pure in maniera intellettualoide sopra? :D

Le ragioni stanno da entrambe le parti secondo me (escludendo chi le abbia scritte,ora non si può negare che non ci sia un bel po' di verità da tutte e due le parti), ma mi pare andare di moda parlare male dell'italia e dire che fa schifo :sisi:
(in questo caso io personalmente non faccio testo, che sono svizzera :asd: )

Comunque ormai mi pare che sia diventato il nuovo giochino degli intellettuali e non sfidarsi a colpi di retorica et similia :sisi:

Autore:  Azrael The Dark [ sab dic 05, 2009 16:58 ]
Oggetto del messaggio:  Re: "Figlio mio, lascia questo Paese"

Cita:
Le ragioni stanno da entrambe le parti secondo me (escludendo chi le abbia scritte,ora non si può negare che non ci sia un bel po' di verità da tutte e due le parti), ma mi pare andare di moda parlare male dell'italia e dire che fa schifo :sisi:
(in questo caso io personalmente non faccio testo, che sono svizzera :asd: )


Io parlo sempre male della Svizzera e dico che fa schifo. :sisi:
Ma a parte ciò, bisogna vedere le argomentazioni al di là della retorica. E dare maggior valore ad esse rispetto che a quest'ultima, dato che la retorica può averla anche chi ti spiega che la Terra è piatta, ma rimane un geoide. :asd:
L'Italia non fa schifo, ma ha dei problemi. Come qualsiasi altro stato, eh.
Amare qualcosa significa anche criticarla, non chiudere gli occhi e far finta che vada tutto bene.

Autore:  Abraxas [ sab dic 05, 2009 20:51 ]
Oggetto del messaggio:  Re: "Figlio mio, lascia questo Paese"

Quotone :sisi:

È anche vero che i cambiamenti sono difficili da attuare, e non tutti sono purtoppo nella reale posizione per poter fare qualcosa...e quelli che lo sono, non faranno nulla per no perdere soldi e quant'altro (anche loro mangiano ogni tanto :asd: )
Non so, poi magari mi sbaglio, ma penso sia anche questo che continui a supportare i problemi e non a toglierli :sisi:

Autore:  Mr.Brownstone [ sab dic 05, 2009 23:06 ]
Oggetto del messaggio:  Re: "Figlio mio, lascia questo Paese"

Abraxas ha scritto:
Quotone :sisi:

È anche vero che i cambiamenti sono difficili da attuare, e non tutti sono purtoppo nella reale posizione per poter fare qualcosa...e quelli che lo sono, non faranno nulla per no perdere soldi e quant'altro (anche loro mangiano ogni tanto :asd: )
Non so, poi magari mi sbaglio, ma penso sia anche questo che continui a supportare i problemi e non a toglierli :sisi:


:sisi: mi trovi d'accordo

Autore:  rose [ mer giu 29, 2011 10:22 ]
Oggetto del messaggio:  Re: "Figlio mio, lascia questo Paese"

rilancio questo vecchio topic, linkando una galleria di vignette satiriche che fanno davvero riso amaro:
http://www.repubblica.it/cronaca/2011/0 ... 8355693/1/

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