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 Oggetto del messaggio: Saddam Giustiziato
MessaggioInviato: sab dic 30, 2006 22:20 
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"una vittoria di tutti gli iracheni" "un atto di Giustizia doverosa"

Ma cosa è successo oggi? I Kurdi gasati sono di nuovo vivi? il Kurdistan è indipendente? la vita degli Iracheni è migliorata? i prigionieri i gli assassini politici del regime sono stati cancellati?

no. oggi è solo morto un uomo. un tiranno, un dittatore. ma pur sempre un uomo. e chi l'ha ucciso non è migliore di lui.

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Non so. Solo il fatto di averlo ucciso non lo rende automaticamente peggiore. La sentenza è stata giudicata da un tribunale autonomo iraqeno, e noi possiamo non approvare ma nemmeno avremmo potuto vietare alcunché.

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Non lo so. E' vero solo che la sua morte non ha riparato o risolto alcunchè....

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“E tu lo sai, quello che ho visto aveva di che nauseare ogni dio normalmente costituito. La vostra incompetenza a gestire il mondo è incommensurabile. Mandate in cancrena tutto cio che toccate....ho voluto avvicinarmi agli uomini ma loro sono piccoli....e lo rimarranno eternamente, con i loro nazionalismi, le loro religioni, la loro inattitudine al potere e i loro limiti temporali.... Perche questo è il vostro punto debole.... Non vivete abbastanza per afferrare e misurare il valore delle cose essenziali.... Mea culpa! Noi, gli dei, abbiamo sbagliato!”
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MessaggioInviato: sab dic 30, 2006 23:02 
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Facendo questo ragionamento, ogni punizione per qualsiasi crimine è inutile a prescindere. :wink:

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MessaggioInviato: sab dic 30, 2006 23:04 
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Azrael The Dark ha scritto:
Facendo questo ragionamento, ogni punizione per qualsiasi crimine è inutile a prescindere. :wink:


No, se risolve il problema......un conto è la prigionia, un altro è la pena di morte. Parlo solo della pena massima.

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MessaggioInviato: sab dic 30, 2006 23:06 
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Pensaci bene: una persona uccide un'altra persona. In uno stato la pena è la morte, in un altro il carcere a vita. In entrambi i casi la persona viene eliminata dalla società, ma in nessuno dei due la vittima viene riportata indietro. Quindi, secondo il tuo ragionamento, entrambe le pene sono inutili.
Senza stare a guardare la moralità o meno della pena di morte, che è una cosa comunque soggettiva, dire "non servirà a riportare indietro nessuno" non è un discorso utile né obiettivo, perchè nessuna pena ha mai riportato indietro niente, eppure tutti quanti le riteniamo necessarie.

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MessaggioInviato: sab dic 30, 2006 23:13 
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Mi sono spiegato male.

La pena non è mai inutile ( è necessaria a ogni civiltà sulla faccia del pianeta ) e su questo sono perfettamente d'accordo con te. Ho semplicemente detto che non ripara il male fatto dalla persona particolare che risponde al nome di Saddam ( una osservazione sciocca e scontata, niente di più ), ciò non toglie il fatto che fosse giusto punirlo ( doveroso ).
Il problema è il come punire e in vista di quale prospettiva......

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Ultima modifica di Doom Cat il sab dic 30, 2006 23:34, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: sab dic 30, 2006 23:31 
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Io mi faccio la domanda al contrario... ovvero, il fatto che fosse Saddam ad essere ucciso rende automaticamente meno valide le mie motivazioni contro la pena di morte?

Io sono contro la pena di morte. Per tutta una serie di motivi (che non e' il posto di mettersi ad elencare, e non ne ho nemmeno troppa voglia... poi qualcuno potrebbe accusarmi di essere saccente perche' do dei dati come motivazioni...).
Comunque sia, questi motivi non sono influenzati dall'identita' del soggetto in questione.

Non ha molto senso avere un valore o un principio a cui si trovano continuamente eccezioni.

Prima che ve lo chiediate no, non e' in risposta a niente di quanto detto sopra... e' una riflessione mia, dovuta al fatto che oggi ho sentito un sacco di gente dire "io sono contro la pena di morte pero' era Saddam".


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MessaggioInviato: sab dic 30, 2006 23:40 
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Esiste la variante "io sono contro la pena di morte....mandiamolo ai lavori forzati" :) Capita spesso.

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MessaggioInviato: dom dic 31, 2006 00:57 
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C'e' anche la variante di alcuni dei soggetti che conosco che si professano "cristiani":
"non pena di morte ma ergastolo cosi' soffre di piu'"

All'anima della carita' cristiana!


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MessaggioInviato: dom dic 31, 2006 01:22 
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la pena di morte può avere vari lati negativi, tra cui darei molta importanza anche al fatto che se si scopre di aver sbagliato persona non si puo piu tornare indietro... ed è grave...

certo che anche la prigione, x come è almeno in italia, dimostra (secondo me) che come pena non vale niente: è un ottimo modo x avere un tetto e da mangiare gratis x chi non ne ha (certo non credo che qualcuno che soffre la fame uccida x andare a mangiare gratis in prigione, ma non aiuta come deterrente); e inoltre c'è il lato opposto di quello che ho scritto sopra, cioe si puo tornare indietro... e da un certo punto di vista è un punto debole...basti guardare che disastro ha combinato l'indulto di poco tempo fa...

neanche io amo tanto la pena di morte, ma almeno siamo sicuri che Saddam non potrà piu fare del male (e se non gli fosse stata data la pena di morte non sarei sicuro che un giorno non sarebbe tornato al potere)


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MessaggioInviato: dom dic 31, 2006 02:40 
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Comprendo il punto di vista pratico, ma non riesco a trovare (in generale) giustificazioni all'omicidio legalizzato di Stato. Ma e' un punto di vista del tutto personale, ovviamente.

Per quanto riguarda il particolare "Saddam" anche all'atto pratico, cosi' lo si rende un martire... e mi gira nella testa l'idea insistente che la cosa sia stata fatta per evitargli di raccontare cose "scomode" per qualcuno di potente.

Sensazione viscerale, eh, del tutto personale.


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MessaggioInviato: dom dic 31, 2006 03:00 
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Azrael The Dark ha scritto:
Pensaci bene: una persona uccide un'altra persona. In uno stato la pena è la morte, in un altro il carcere a vita. In entrambi i casi la persona viene eliminata dalla società, ma in nessuno dei due la vittima viene riportata indietro. Quindi, secondo il tuo ragionamento, entrambe le pene sono inutili.
Senza stare a guardare la moralità o meno della pena di morte, che è una cosa comunque soggettiva, dire "non servirà a riportare indietro nessuno" non è un discorso utile né obiettivo, perchè nessuna pena ha mai riportato indietro niente, eppure tutti quanti le riteniamo necessarie.


non si viene incarcerati per ripagare la famiglia, ma per punire il reato e per EVITARE che si compiano ALTRI REATI.
cioe' se una persona e' pericolosa, e lo ha dimostrato uccidendo qualcuno, si allontana dalla societa'.

io cmq sono contro la pena di morte, secondo me se si e' contro non si devono tollerare eccezioni.
oltretutto trovo politicamente inutile questa decisione-oltre che moralmente riprovevole.

credete davvero che saddam sarebbe ritornato al potere? dai ragazzi, evadere dal carcere in cui era non e' come nei film..

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MessaggioInviato: dom dic 31, 2006 07:46 
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Località: shamragon (TO)
Niente tornerà come prima, i morti non torneranno in vita e probabilmente la situazione in Iraq andrà peggiorando...
http://www.repubblica.it/2006/12/sezion ... q-105.html (piccolo esempio) :roll:

Poteva essere quello che volete... ora è sicuramente un martire...
mi trovo d'accordo con questo articolo che segue... :roll:

http://www.repubblica.it/2006/12/sezion ... cconi.html

La strategia della vendetta
di VITTORIO ZUCCONI

CI SAREBBE voluto più coraggio a risparmiargli la vita che a spegnerla, ma la banalità della vendetta è stata ancora una volta più forte dell'intelligenza della politica. La scontata sentenza di morte contro Saddam Hussein al-Majid al-Takriti, prodotta apparentemente da quella parodia di Norimberga che è stato il suo processo e forse già eseguita, è stata scritta tre anni or sono, al momento della sua estrazione dalla tana di topo dove si era nascosto e niente avrebbe potuto più cambiarla.

L'aveva firmata, in quel dicembre del 2003, George Bush, il Presidente della nazione occupante, quando aveva dichiarato alla BBC subito dopo la cattura che soltanto "la pena ultima (la morte)" sarebbe stato il giusto castigo per questo "disgustoso tiranno".

Caso chiuso e Capodanno con il patibolo. Non sono serviti tribunali internazionali, giuristi e giudici di peso e di altre nazioni, come fu appunto a Norimberga. La sentenza era già stata depositata a priori. Tutto il resto, il processo con giudici destituiti e cambiati a piacere dall'immaginario governo di Bagdad, le procedure seguite un tanto a spanna verso il finale già scritto secondo le leggi scritte ancora dal Rais, la sentenza, l'appello farsa che ha richiesto ben 15 minuti di delibere, l'esecuzione, sono pantomime organizzate per dare una parvenza di legittimità giudiziaria alla vendetta finale del vincitore contro il vinto, soprattutto contro l'uomo che aveva "tentato di uccidere il mio papà".

Nella guerra insieme globale e privata che da quasi sedici anni, dalla Tempesta nel Deserto, vede in campo Stati Uniti e Iraq ma senza che mai l'Iraq abbia aggredito gli Stati Uniti, alla fine il clan texano dei Bush ha saldato il conto con il clan sunnita dei Takriti. E il figlio potrà finalmente esibire la testa del nemico al padre.

Nell'entusiasmo voglioso con il quale Bush ha seguito il processo e ha accolto la sentenza, "una pietra miliare" l'ha chiamata, e "una svolta", l'ennesima, nel sentiero di sangue verso la stabilizzazione dell'Iraq (sulla "democrazia" esportata in Mesopotamia oggi si preferisce sorvolare) c'è molto più della oggettiva, dura risolutezza giustizialista con la quale Winston Churchill, nel vertice di Teheran con Stalin e Roosevelt, invocò l'esecuzione sommaria di Hitler, nel caso fosse stato catturato vivo come sarebbe accaduto con Mussolini, contro il parere degli Alleati.

La personalizzazione dei conflitti, che è sempre la forma preferita negli Stati Uniti per definire le guerre e per "venderle" meglio a un'opinione pubblica refrattaria alle astrazioni, aveva chiaramente assunto, in questo duello a distanza fra i Bush e Saddam, un carattere predominante, se non ossessivo. Anche per questo, di fronte alle ultime ore dell'agonia di un tiranno oggettivamente disgustoso, anche se non più ripugnante di altri che sono morti o moriranno nel loro letto riveriti e finanziati, l'America di "main street", delle vie di tutti i giorni, sembra assai meno agitata dell'America della politica e delle elite intellettuali.

In una nazione che sta riesaminando le procedure, ma non la sostanza morale, della forca, non può essere l'impiccagione di un personaggio descritto da un decennio come la incarnazione dell'anti Cristo, come colui che possedeva sterminati arsenali da scatenare contro le città americane ed era stato complice dei massacratori delle Torri, a muovere e commuovere la gente in questa fine anno segnata ancora da notizie di morte e di lutti.

Le contorsioni morali appartengono tutte alla intelligentsija, agli "opinionator", esclusi naturalmente i "boia chi molla" sempre e comunque favorevoli alla violenza risanatrice, dunque felicemente assolti dai dubbi che scuotono i non fanatici.

"Se esiste la pena capitale chi può essere più qualificato di Saddam a riceverla?" si chiede riflessivo il direttore di New Republic, un periodico considerato di sinistra, il professore di Harvard Marty Peretz, che critica Romano Prodi e l'Europa per la nostra opposizione al patibolo. "Non è questione di colpevolezza, che è fuori discussione - lo contraddice il New York Times - ma di una opportunità perduta per creare uno spartiacque morale tra il passato che lui rappresenta e il futuro che si vorrebbe creare".

Invece, l'uccisione per procura del grande assassino di stato decisa dal grottesco remake di Norimberga, lascerà indifferente quell'opinione pubblica americana che si prepara a digerire la "mini escalation" che Bush le proporrà al ritorno dalla fuga natalizia nel Texas e ben difficilmente quella forca potrà essere una svolta in un Iraq che da tempo si suicida in un bagno di sangue settario che con il rais deposto e ridicolizzato ha più nulla che fare.

Un Saddam umiliato dal coraggio civile e dalla lungimiranza di vincitori davvero forti e non soltanto forzuti, cioè da quei sentimenti che lui aveva ignorato nel suo regno del terrore e della, appunto, vendetta, sarebbe stato un segnale forse sconvolgente, nell'universo dei clan e delle sette arabe dominate da quella "legge del taglione" alla quale ora anche il Grande Liberatore venuto da Occidente si è golosamente adeguato.

La sua morte sarà perciò un atto banale, scontato, inutile, superato nel momento stesso in cui accade, un altro cadavere sopra quella montagna di morti che si alza ogni giorno nel caos fra il Tigri e l'Eufrate, come una nuova Torre di Babele. Il clan dei Texani avrà la vendetta che cercava dal 1991 e ora si guarda con inutile sgomento non alle possibili rappresaglie, in un luogo dove immaginare peggioramenti è arduo, ma alla ulteriore dimostrazione di miopia e di ottusità di questa presidenza americana quasi finita costituzionalmente e morta politicamente, ma ancora incapace di uscire da una ostinazione che scambia per "strategeria", come disse George Bush in uno dei suoi celebri lapsus.

"E' affare che riguarda il popolo iracheno" ha avuto l'improntitudine di dire il portavoce di Bush a Crawford, mentre si contavano le ore dell'agonia del condannato sempre rimasto per tre anni saldamente incatenato in un campo militare americano, e mai affidato alle autorità irachene se non al momento dell'impiccagione, a riprova della fiducia che Washington nutre verso il governo e il sistema giudiziario locali.

George W. Bush ha avuto la "pietra miliare" che ha comperato con la vita di 2.992 soldati uccisi, 42 mila feriti e 600 miliardi di dollari, ma anche questa somiglia tristemente soltanto a un'altra pietra tombale.

(30 dicembre 2006)

non penso ci sia altro da aggiungere...

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Come una goccia nel vasto oceano, ognuno di noi causa un'increspatura, percorrendo la propria vita. Gli effetti di ciò che facciamo - per quanto possano sembrare insignificanti - si espandono oltre noi. Non potremo mai sapere quale portata abbiano le nostre azioni, anche le più semplici, in termini di conseguenze sugli altri mortali. :spider_y:

http://shirael.blogspot.com/


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MessaggioInviato: dom dic 31, 2006 10:48 
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Iscritto il: ven ago 12, 2005 23:11
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No, davvero non credo vi sia altro da aggiungere. Zucconi ha la lucidita' e la chiarezza di scrittura di sempre. Ottimo post, Saphira.


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