ok, l'ho finito, ecco a voi!!
Così fu, e il giorno dopo Kerenal salì a cavallo seguita dalla sua scorta personale, cavalcarono tutto il giorno e la notte si accamparono in una radura a meno di mezza giornata dalla ex capitale dei Revdy, Silen.
La regina si era addormentata da poco quando fu destata da un fruscio non lontano dal suo viso, si alzò, cercando di vedere attraverso la fitta oscurità dell’umido bosco che la circondata, sussurrò il nome dei suoi compagni più fidati, Gerein e Trenv ma non ottenne risposta, parlò a voce più alta, chinandosi a raccogliere la sua spada mentre una voce le sussurrava, vicino all’orecchio: “Temo siamo vittima di un’imboscata, le sentinelle non rispondo ad alcun richiamo e la notte sembra più buia...”
La regina annuì e rispose, alzandosi: “Radunate tutte le guardie che trovate fate loro formare una linea compatta, qualsiasi cosa sia accaduta non ci coglierà impreparati!”
L’uomo si allontanò e in breve tempo tutte le guardie erano presenti, furono accese varie fiaccole e al loro chiarore si capì che erano stati uccisi almeno dieci uomini; i soldati si disposero a cerchio intorno alla regina, ognuno con una fiamma in mano e altri fuochi tutto attorno.
Il silenzio era totale, opprimente e angoscioso; improvvisamente un suono leggero, appena un fischio, come di un piccolo flauto spezzò l’incanto e molti uomini vestiti di verde si riversarono sulle fila della donna, avendone ragione in poco tempo, non avevano pietà, uccidevano e basta, in breve della piccola armata non rimasero vivi che Kerenal, spada in pugno e sguardo fiero e Trenv, sanguinante ma pronto a dar la vita per la sua sovrana.
Dal gruppo di attacanti uscì un uomo, alto e sottile, il viso coperto dal cappuccio del manto nero, si avvicinò al soldato e con un rapido colpo di pugnale alla gola lo fece stramazzare a terra, morto; la figura incappucciata si portò di fronte alla donna, la guardò a lungo, poi constatò, parlando nella lingua della sua prigioniera con uno strano accento musicale: “Voi dovete essere la regina di quel regno maledetto che ci ha invaso senza motivo...bene, davvero impavido tentare di raggiungere il vostro esercito, impavido ma terribilmente stupido, evidentemente la cautela non è la vostra dote migliore...”
“No, direi di no, così come la vostra non è chiaramente il coraggio! Attaccare solo con le tenebre, imboscarsi e sferrare colpi fuggendo come lepri subito dopo...i miei complimenti...”
L’uomo sorrise appena e tirò indietro il cappuccio, scoprendo capelli nerissimi di media lunghezza e due occhi viola e penetranti, quindi mormorò: “Lascio a voi il coraggio e l’avventatezza, per me tengo la capacità di capire di quante forze dispone il nemico e...sconfiggerlo!” aggiunse strappando di mano alla donna la spada.
“Davvero? Sono stupita, allora, dal fatto che vi siate lasciati portare via la vostra capitale così facilmente...”
Gli occhi del suo interlocutore scintillarono di rabbia ma non ribatté, così Kerenal proseguì: “Mi dispiace di aver fatto un viaggio tanto lungo per essere accolta in questo modo, evidentemente neppure la cortesia è nota in questo luogo- s’interruppe, osservando le reazioni dell’uomo che aveva di fronte, che aveva gli occhi bassi e dardeggianti, soddisfatta di aver colpito nel segno, continuò, con un sorrisetto di scherno disegnato sulle labbra- Suvvia, non guardatemi così, non vorrete mostrare che ho ragione, no?”
Il giovane scrollò il capo, si voltò e gridò qualcosa ai suoi uomini che scoppiarono a ridere, poi si rivolse nuovamente alla regina: “Nemmeno il vostro re è stato particolarmente gentile a invaderci, senza alcun motivo, e senza prima dichiarare guerra...”
Toccò a Kerenal chinare il capo, senza sapere che dire, al che, la figura continuò, con un dolce tono canzonatorio: “Se mi è lecito chiederlo, cosa ci faceva la cara regina dei nostri nemici, con un gruppetto di contadini armati, incapaci perfino di resistere ad un elementare incantesimo di sonnolenza, nelle terre del mio popolo?”
La donna lo guardò dritto negli occhi con uno sguardo di fuoco e rispose, senza perdere la calma, ma con voce dura e glaciale: “Mi pare che tu sia un po’ troppo giovane e focoso per essere il capo di questi briganti, ed io intendo riferire il motivo della mia venuta a colui che comanda questa gente!”
L’uomo rispose, ridendo: “Eccolo qui il comandante di questi valorosi soldati; io sono Oron Palin, re del glorioso popolo dei Revdy; e adesso potete illuminarmi sulle vostre misteriose intenzioni?”
La giovane continuò a guardarlo e finalmente disse: “Sono venuta perché, ora che mio marito è morto, speravo di iniziare a negoziare una pace, o almeno una tregua, poiché questa guerra non ha portato nulla di buono ne a voi ne a noi, ma, visto il modo in cui sono trattata inizio a cambiare idea...”
“Siete mia prigioniera e come riscatto per voi posso chiedere la pace, non mi ci vorrà molto...”
“Ecco, è qui che sbagliate: io non conto più di tanto e nessuno dei burocrati esiterebbe a tentare il tutto e per tutto pur di avere il trono a la pace è comunque un prezzo troppo alto per chiunque, figuriamoci per me, i nobili non sognano altro che di continuare questa folle lotta e solo con me riuscirete ad ottenere una pace duratura.”
Oron la osservò ed annuì: “Ciò che dite è ragionevole...e quali sono le condizioni che ponete?”
“Poche e semplici: i miei eserciti si ritireranno dalle vostre terre, fino a cinque miglia dal confine odierno, la vostra capitale vi sarà resa ma dovrete firmare dei trattati commerciali con il mio popolo, che siano vantaggiosi per entrambi...non chiedo altro” rispose prontamente la regina, iniziando a rilassarsi.
L’altro annuì e disse, pensoso: “Devo consultarmi con i miei uomini, la decisione non può essere solo mia, ma se lo fosse, sarebbe un si senza esitazioni.” Si inchinò alla donna e si volse verso i suoi uomini lanciando ordini, in breve tempo i cadaveri furono buttati lontano e alcuni fuochi accesi, i luogotententi di Oron si sedettero con lui attorno ad uno di essi e iniziarono a parlare fitto – fitto .
Kerenal appoggiata ad un albero, vicino ad una fiamma, ora che non doveva più mostrarsi forte, sentiva la nausea assalirla per gli orrori che aveva visto e la tensione salire fino a farle lacrimare gli occhi; ma subito si scosse, non volendo dare a nessuno la possibilità di considerarla debole.
Il tempo passava, lento e inesorabile, e ancora nessuna decisione era stata presa, la regina stava perdendo le speranze, quando Oron le si avvicinò, porgendole un foglio di pergamena e uno stilo intinto di inchiostro, la donna si portò più vicina al fuoco per leggere meglio e vide scritte queste parole:
<<Al fine di stipulare una pace duratura fra i Reami di Revdy e Asxen stabiliamo che:
le terre a meno di tre miglia dal confine siano date al popolo della regina Kerenal EarthWater e alla sua gente , la capitale Silen, invece sarà resa a re Oron Palin e al suo popolo, i due sovrani giureranno altresì che i loro due Paesi non si attaccheranno vicendevolmente per un periodo di 300 anni; a testimoni di questo patto sono Elone, Dea della pace e della salute e Kirm, Dio della guerra e delle armi.>>
Poco sotto vi era la firma di Oron, la regina notò che la sua richiesta di un trattato commerciale era stata respinta, ma non le importava più di tanto, sapeva che col tempo l’avrebbe ottenuto, constatò anche che le miglia di terre conquistate si riduceva da cinque a tre miglia, ma non se ne ebbe a male; così firmò rapida e disse:
“Spero che questo sia l’inizio di una collaborazione fruttuosa fra i nostri due Paesi, le morti da ambo le parti non saranno facili da perdonare ma mi auguro che col tempo un’alleanza possa unirci.”
L’uomo sorrise appena e disse semplice: “E’ anche la mia speranza.” Poi estrasse un pugnale dalla cintola e si fece un piccolo taglietto sulla mano e fece colare qualche goccia di sangue vermiglio sul foglio, poi porse il pugnale a Kerenal che fece altrettanto, mentre il loro sangue si univa sulla pergamena.
“Sarete scortata alla nostra capitale per ordinarne lo sgombero e vi garantiremo di attraversare incolumi le nostre terre.” Disse il sovrano inchinandosi appena, la sovrana annuì inchinandosi a sua volta: “Vi ringrazio mio signore.”
Due giorni dopo l’intera guarnigione di Silen partì a cavallo verso Asxen, la regina, cavalcando in testa alla cavalleria, pensava che molto nella sua vita futura sarebbe dipeso da quei due giorni, aveva ottenuto una pace vantaggiosa per entrami i contndenti ed era certa che da quella pace sarebbe nato altro. Mai nei suoi 20 anni di vita si era sentita così improvvisamente, meravigliosamente padrona di se stessa; fece accelerare la cavalcatura, i lunghi capelli al vento, il riso sulle labbra, inseguita da uomini fedeli e amici.