Il forum dei Drow, dei Vampiri e delle creature dell'oscurità
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 Oggetto del messaggio: Incolore.
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Il giornalista scese dall’automobile e si guardò intorno. Appena chiuse la portiera l’auto ripartì, lasciandolo solo in mezzo a una strada sterrata fiancheggiata da alberi rigogliosi. L’uomo consultò il vecchio orologio a cipolla che portava sempre con sè: mezzogiorno esatto. Il sole risplendeva alto nel cielo azzurro intenso, i prati verdeggianti si estendevano all’infinito scomparendo in una scia indistinta. In lontananza si potevano scorgere i profili sfumati e azzurrognoli delle montagne, mentre gli alberi si raggrumavano in piccoli boschi ai piedi delle colline. Un vero paradiso, si disse il giornalista, o almeno così pare. Prese a camminare sulla stradina in salita, fin quando, arrivato in cima a una leggera collina, vide un gruppo di case dai tetti rossi ai piedi di essa. Un fiume argentato scorreva a valle, dividendo in due il villaggio. L’uomo proseguì lungo la strada, ora in discesa. Il gruppo di case si faceva sempre più grande, e lui potè scorgere un maggior numero di particolari: un ponte di mattoni tagliava il fiume da parte a parte, proprio al centro del villaggio, dove sembrava esserci la piazza; le strettissime vie del villaggio erano deserte; e infine una piccola vecchia casa, con un tetto di sottili pietre grigie, era tristemente distaccata dal resto delle case, quasi mimetizzata fra gli alberi. Al giornalista colpì soprattutto quella casa, che sembrava quasi abbandonata tanto era malconcia. Il suo sguardo tornò al villaggio, e si accorse di essere di colpo arrivato vicinissimo a quei tetti rossi così distinguibili nel verde acceso dei prati circostanti. Scese l’ultima svolta e si ritrovò davanti al proseguimento della strada, ora fiancheggiato da case invece che da alberi. Non potè fare a meno di notare il contrasto fra quel luogo vivace riscaldato dalla calda luce del sole e la solitudine che aleggiava per quel paese. Le imposte, dipinte di verde, erano chiuse. Le porte di legno sigillate. E un silenzio tombale si aggirava ovunque, interrotto di tanto in tanto dai canti degli uccelli in volo. Il giornalista riprese in mano l’orologio: mezzogiorno e mezzo. Un leggero venticello gli scompigliò i folti capelli neri. Probabilmente si sono tutti rintanati per il pranzo, pensò. Improvvisamente arrivò al suo orecchio una canzoncina popolare che gli ricordò di dover trovare una locanda dove alloggiare. Seguì instintivamente la musica, l’unico segno di vita in quel deserto. Con sorprendente velocità si ritrovò proprio davanti a una locanda, che evidentemente ospitava anche un’osteria. Bussò. Venne ad aprire un giovane oste con un grembiule bianco in vita.
- Buongiorno! Entrate pure.
Il giornalista gli rivolse un sorriso ed entrò. Abituato alla forte luce solare dovette sbattere più volte le palpebre per abituarsi al buio dell’interno, rischiarato solo da alcuni candelabri. La musica che aveva sentito in lontananza ora regnava in tutto lo stretto ambiente, anche se coperta dal gran chiacchierio di tutta la gente stipata in quella piccola stanza. Sembrava che tutta la popolazione del villaggio si fosse riunità lì. Il giornalista si sentì rinascere. Chissà perchè, appena entrato in paese aveva sentito qualcosa gravare nell’aria, in quel silenzio innaturale. Ma ora che aveva scoperto il nascondiglio di tutta quella vita si sentiva molto meglio, e si lasciò sfuggire un sospiro di solievo. Le persone ai tavoli più vicini gli ammiccarono con un sorriso e lui ricambiò. Si addentrò nella saletta e si sedette a uno dei pochi tavoli liberi mostratogli dall’oste. Il giornalista stava per chiedere da bere, quando un uomo massiccio e dai lineamenti rustici si sedette di fronte a lui.
- Uellà! Sei nuovo di qui?... non ho mai visto un cittadino da queste parti.
- Effettivamente sono appena arrivato.
Rispose il giornalista dopo un’attimo di esitazione, leggermente stupito dall’improvvisa familiarità con cui lo trattava quell’individuo dalla voce burbera.
- Bene! Lascia che ti offri da bere, cittadino:
Si voltò e chiamò a gran voce l’oste.
- portaci due pinte di bira, veloce!
L’oste si allontanò.
- veramente io non avevo intenzione di prendere una birra...
Tentò di dire il giornalista, ma l’altro iniziò a chiacchierare senza dare segni di aver sentito alcunchè.
Il tempo passò lentamente e infine il giornalista riuscì a congedare quell’uomo con cui aveva stretto una piacevole amicizia. A poco a poco la gente abbandonò il locale e il giornalista scoprì che era già pomeriggio inoltrato. Fece per chiedere all’oste di poter aver una stanza per qualche notte, quando notò un gran trambusto provenire da fuori. Sbirciò dalla porta e vide una moltitudine di persone, molte più di quelle che dell’osteria, radunarsi nella vicina piazza. Era increibile che in un paese così piccolo vivessero così tante persone, pensò il giornalista. Dalla piazza provenivano voci e musiche. Una festa. Spinto dalla curiosità il giornalista si avviò nella stessa direzione della folla. Una volta giunto nella piazzetta, la sua ipotesi si concretizzò: una grande festa spuntata dal nulla era in corso. La gente prese a ballare e a cantare. C’era un grande banchetto libero a tutti, e giocolieri e pagliacci intrattenevano tutti con i loro spettacoli. Come sembrava felice quella gente. Forse troppo felice. I sorrisi stampati su quei volti sembravano quasi forzati, notò il giornalista. Ma abbandonò subito quegli assurdi pensieri e si lasciò prendere dal buon umore generale.
I festeggiamenti durarono fino a sera, quando i paesani si dispersero con sorprendente rapidità. I pochi visi che il giornalista potè scorgere però non erano più nè allegri nè sereni. Si sentì scioccato da quell’improvviso cambio d’umore, e decise di tornare alla locanda.
Quando la camera gli venne assegnata non esitò a sistemarsi. Il tempo era volato, ed era già tardi. Il giornalista stava per addormentarsi quando sentì dei rumori provenire dalla stanza accanto. Tese l’orecchio. Pur non volendo ammetterlo a sè stesso, fu costretto a constatare che quei suoni erano singhiozzi. Una donna stava piangendo nell’altra stanza. Normalmente non avrebbe mai fatto nulla di simile, ma leggermente stordito dal sonno e dalla birra decise di andare a controllare. Si infilò le scarpe ed cercò a tentoni la candela. Appena questa fu accesa, uscì dalla camera e bussò piano alla porta da cui provenivano i singhiozzi. Il pianto s’interruppe e dopo un attimo di silenzio si udì il rumore di alcuni passi leggeri. Una ragazza dagli occhi cerchiati di rosso e i lunghi capelli scuri comparve alla debole luce della candela. Come se avesse capito le intenzioni del giornalista dalla sua espressione interrogativa, si chiese se mandarlo via o farlo entrare. Senza dire una parola lo lasciò sedere sul suo letto. Lei si accomodò sulla poltrona all’angolo.
- beh, che cosa volete?
Chiese la ragazza in tono brusco.
Il giornalista non rispose. In effetti, non sapeva nemmeno lui cosa ci faceva lì. Alzò lo sguardo in cerca delle parole adatte. Tornando improvvisamente lucido, si rese conto della pazzia che aveva fatto, ma ora non osava andarsene. Dopo una lunga pausa durante la quale la ragazze rimase perfettamente immobile pronuncio parola:
- volevo accettarmi che staste bene. Vi ho sentita... beh...
S’interruppe quando vide l’espressione assassina sul volto ancora immaturo della giovane donna.
- se la mia presenza vi da fastidio vado subito...
Si affrettò ad aggiungere. La ragazza non proferì una sillaba, ma continuò a fissarlo con due occhi verdi impenetrabili. Il giornalista si alzò e si avviò alla porta, ma proprio mentre stava per uscire la ragazza lo chiamò.
- restate.
Il giornalista si risedette sul letto, sentendosi continuamente scrutato da quegli occhi.
- perchè vi interessa sapere la ragione del mio dolore?
Il giornalista sgranò gli occhi, e decise che quella donna era completamente pazza. Evidentemente lei indovinò le sue impressioni.
- prima di tutto, voglio che sappiate che io non sono pazza. E voglio anche che domattina lasciate questo paese.
- Posso.. posso chiederne la ragione?
- Questo posto non fa per voi.
Il giornalista notò un’ombra di tristezza negli occhi della ragazza e capì che stava mentendo.
- cos’ha questo posto che non va? Mi sembra un paese molto felice...
- non tutto è come sembra!
Lo interruppe bruscamente lei. Dopo un attimo di riflessione riprese a parlare.
- dovete andarvene... qua correte un immenso pericolo...
Si interruppe nuovamente.
- dovete andarvene.
- Ma perchè?
Il giornalista stava cominciando a divertirsi, anche se era leggermente preoccupato per lo stato mentale della ragazza. Lei sospirò.
- siede duro di comprendonio, signore.
Disse con la rabbia negli occhi. Sospirò nuovamente, come volesse prepararsi a un lungo discorso.
- dunque... alcuni anni or sono, alcuni bambini si allontanarono da casa di notte. I bambini si avviarono verso il nord del paese... verso il bosco. Oltrepassarono il fiume e poco dopo si stavano addentrando fra gli alberi. Giunsero a una vecchia casa diroccata con tetto e mura di pietra. In cielo non si vedeva la luna. I bambini stavano forse giocando, fattostà che uno di loro rotolò davanti alla porta. Più tardi i bambini tornarono al villaggio disperati annunciando la scomparsa di uno di loro. Il bambino che era finito davanti alla casa fu cercato per mesi, ma non venne mai ritrovato.
Il giornalista represse a stento un sorriso. Quella storia sapeva molto di una diceria da osteria.
- e potrei sapere come conoscete tutti questi particolari?
Lei lo guardò incredula.
- perchè io ero una di quei bambini.
Il suo sguardo si fece feroce, anche se velato dal dolore. Il giornalista confermò a sè stesso che quella donna era pazza.
- non ho finito. Durante le ricerche, altri bambini capitarono davanti alla porta di quella casa. E non furono mai più visti.
Fece una pausa.
- ma io ero nascosta lì vicino quel giorno e vidi tutto. Dalla porta uscì un vecchio. Non avevo mai visto nessuno di più vecchio. Aveva una lunghissima barba... e dei lunghissimi capelli... e la sua faccia era grigia, come i suoi piccolissimi occhi. E tutto di lui e intorno a lui era grigio. Quando i bambini lo videro si spaventarono, ma non osarono fuggire. Ricordo... che anche loro persero colore, quasi che il vecchio possedesse un’aura di morte intorno a sè. E poi, per quanto mi sforzi di ricordare... non so cosa accadde. Forse svenni. Infine mi ritrovai a casa. Per mesi in tutto il villaggio aleggiò un comune silenzio consapevole.
Un’altra pausa. Aprì la bocca, come volesse continuare, ma la richiuse. Disse invece:
- dovete andarvene, e subito.
Il giornalista alzò al cielo gli occhi.
- bene, le assicuro che domani partirò. Ora stia calma.
Si allontanò lentamente e uscì dalla stanza, senza perderla di vista.
Quando si coricò non potè frenare un leggero risolino. Non credeva a una parola di quella ragazza. Provava anzi un certo senso di pietà per lei. E non aveva alcuna intenzione di andarsene, se non quando avesse concluso il suo compito. Si addormentò in un sonno tranquillo e senza incubi che durò fino a metà mattina del giorno dopo. Appena aprì gli occhi fu accecato dalla luce calda del sole che gli accarezzava il viso passando da una grande finestra. Quella luce trasmetteva tanta allegria che era impossibile non esserne contagiati. Si vestì e scese fischiettando le scale che portavano all’osteria. Qua incontrò alcune persone del luogo, già intente a riempire di fracasso la saletta. Tra questi c’era anche l’uomo del giorno prima, che gli venne in contro. Lo invitò a sedersi e senza chiedere il parere del giornalista cominciò a parlare. Quando il giornalista riuscì finalmente ad aprire bocca, chiese qualcosa di cui lui stesso si stupì. Quando l’uomo sentì nominare la ragazza della stanza e la storia assurda da lei raccontata cambiò lentamente espressione. Ma si affrettò a fingere un nuovo sorriso ancor più forzato del primo.
- è... la pazza dela paese... certo, tutti la conoscono. Non si sa nemmeno perchè abiti in una stanza della locanza... quando potrebbe abitare con la sua famiglia.
Disse con poca convinzione. Il giornalista lo guardò incuriosito.
- ha una famiglia?
- Beh... in realtà no, accidenti, mi ero proprio dimenticato che l’anno scorso sono morti... in un incendio.
- Capisco...
Il giornalista decise che quell’uomo doveva dire la verità, anche se si accorgeva di qualcosa di terribilmente sbagliato nel suo modo d’agire. Ma perchè avrebbe dovuto mentire?
Ripresero a chiacchierare come prima, anzi con più vigore. Dopo poco tempo il giornalista tornò in camera e si dedicò al suo compito. Verso mezzogiorno uscì con un libro sottobraccio. Decise di digiunare: per qualche strana ragione non provava nessun appetito. Il villaggio era nuovamente deserto. Sorpassò alcune case, e si ritrovo nella piazza. Deserta. Guardando meglio si accorse di un vecchio appoggiato alla parete di una casa. Il vecchio lo guardò con un’aria strana. Il giornalista proseguì, e attraversò il ponte. Sotto scorrevano limpide le acque del fiume, mandando riflessi accecanti per via del sole alto. Il giornalista si lasciò trasportare verso il bosco, da cui risuonavano i canti degli uccelli. Raggiunto il margine del bosco decise di fermarsi. Si appoggiò ad un albero e cominciò a leggere. Poco dopo avvertì dei passi farsi sempre più vicini, non sapeva perchè, ma aveva paura. Dalla stradina che aveva percorso pochi minuti prima spuntò il vecchio che aveva visto nella piazza. Senza dire niente il vecchio gli si sedette accanto, senza degnarlo di uno sguardo. Rimasero in un silenzio imbarazzato per un momento, finchè il giornalista non chiese al vecchio se desiderasse qualcosa. Il vecchio si girò lentamente, e finalmente lo guardò. Il giornalista provò istantaneamente amicizia per lui: non vedeva nulla di maligno in quel viso rassicurante che ricordava tanto quello di un nonno. Eppure quello sguardo abituato a sorridere non era felice. Il vecchio aprì lentamente la bocca per parlare, e una ragnatela di rughe gli circondò il volto.
- quello che ha detto la ragazza è vero. In parte.
Il giornalista lo guardò con occhi sgranati. Aveva quasi dimenticato quell’incidente, e ora gli sembrava qualcosa di lontano, sorpassato.
- quella casa c’è da secoli... così come l’uomo che ci abita.
Il giornalista sorrise.
- un uomo... da secoli?
- Ed è sempre stato vecchio... più vecchio di me.
No, non è possibile.
- quando io ero bambino, lui era già vecchio. E anche quando mio nonno e il nonno di mio nonno lo erano.
Non è possibile.
- è possibile, invece.
- Voi... voi non siete normali!
Il giornalista si alzò in piedi di scatto.
Il vecchio lo guardò con aria sconsolata, quasi pietosa.
- voi siete tutti pazzi!
- Devi andartene!
Il giornalista sbuffò esasperato.
- va bene! Mene andrò! Ma non prima di aver visitato la vostra cosiddetta... casa dei fantasmi.
Il vecchio ora lo guardò più seriamente. Parve pensare qualcosa, poi si alzò.
- fate quello che volete.
Scoccò ancora una volta uno sguardo raccapricciante al giornalista e cominciò a scendere la collina.
Il giornalista ridacchiò. Quel vecchio gli aveva dato una gran noia, ma anche un po’ di curiosità. Si girò e improvvisamente vide la ragazza dela locanda, che lo fissava come al solito senza dire nulla. Si mosse disorientato, e fece per correre al villaggio, ma poi si fermò e la guardò con disprezzo.
- va la farò vedere! Vediamo cosa direte dopo che tornerò dicendo di aver visitato tranquillamente la vostra casa infernale.
Si girò e riprese a gridare.
- oh, si, vedrò il vostro vecchio incolore... uuuuuu! E vi posso assicurare che berrò anche un buon tè con lui e che chiacchiererò fino a sera. Non vedo l’ora di conoscerlo!
La ragazza lo fissò per tutto il tempo. Non sorrideva.
Il giornalista imprecò furioso e si avviò con passo tranquillo verso il bosco.

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MessaggioInviato: lun feb 19, 2007 21:51 
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Iscritto il: gio dic 15, 2005 16:15
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Località: TERNI!
Mi permetto di darti qualche piccolo consiglio:
per prima cosa la storia è troppo veloce, ha tempo troppo ristretti fra uno scenario e l'altro, fa intendere poco sul personaggio del giornalista mancando nei prospetti psicologici, si nota che l'idea di fondo c'è, ma manca la calma, prova a scrivere in più riprese, non farti prendere dalla smania di scrivere tutto per paura di dimenticarti qualche scena che ti piaceva in particolar modo, per evitare ciò fatti una scaletta scritta, anche a penna, prima di iniziare a scivere la storia, o il capitolo nel caso di un libro.
Per rendere più reale il tutto cerca di estendere ogni periodo al massimo,senza però renderlo noioso, forndendo i dettagli che sorgono spontanei (fano una festa si, ma che tipo di festa? festa celtica? festa con spumante e trenino? ) in modo da far impersonificare il lettore con il personaggio e cerca allo stesso tempo di lasciare del mistero, o farlo trapelare dal comportamento degl'altri personaggi.
La trama sembra buona sono curioso di sapere come va a finire ;).




p.s.
se ti da fastidio che il mio post "insozzi" il tread spezzando il raccondo,
lo cancello senza problemi, ti volevo solo dare dei consigli per migliorare l'opera. ;)

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ebbbene si ho tolto la mia firma storica :sese:
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Affiliato alla frangia anti D&D4th

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MessaggioInviato: lun feb 19, 2007 21:57 
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Iscritto il: mer ott 11, 2006 16:33
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veramente sarebbe finito così.. nn ho messo troppi particolari xkè volevo lasciare un'ombra di mistero.. cmq hai ragione sul fatto ke le scene sn troppo contrastanti, dovrei amalgamare meglio il tutto

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MessaggioInviato: mar feb 20, 2007 01:02 
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Artiglio Nero
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Iscritto il: dom apr 18, 2004 00:33
Messaggi: 1495
Località: Cagliari credo...
Devo prima di tutto ammettere che ho letto tutto con piacere, è scritto in maniera scorrevole e gradevole, sopratutto per l'uso ricercato degli aggettivi che descrivono alcune parti. :)

Comunque quando ho finito di leggere il racconto ti stavo per scrivere le stesse considerazioni di Lokunos. :P
Prova a spezzare di più il racconto, e importante, inserisci descrizioni più accurate dei luoghi ampi e delle persone, sopratutto sul personaggio principale.
Anche descriverne il modo di vestire, parlare, camminare ecc ecc fa capire se è una persona trascurata, quanto si senta a suo agio ecc ecc e lo fa sembrare più "umano".

Altrimenti sembra tutto troppo precipitoso, sopratutto nelle situazioni calme, nelle quali lui non si sente a proprio agio o sta studiando la situazione soffermati molto sulle descrizioni, insomma mi piace il modo che hai di descrivere, è molto "emotivo", usalo di più senza fretta. :P
A seconda della situazione anche essere un poco prolisso nel descrivere un ambiente aiuta a immedesimarsi, mi viene in mente Alessandro Baricco, bravissimo scrittore italiano che nei suoi libri lascia in certi punti ampi spazi bianchi, per trascinare di più il lettore nel romanzo, dare l'idea di un istante di imbarazzo in un dialogo azzardato o altro.

Mi diceva sempre il mio vecchio prof di lettere che per le parti descrittive può aiutarti molto rileggere quello che hai scritto a distanza di un giorno o di ore, il più delle volte il nostro stato d'animo immediato detta le nostre descrizioni e questo è un bene o un male a seconda di quello di cui scriviamo, in ogni caso rileggere dopo un pò spesso aiuta. :)
Anche per gestire meglio la punteggiatura, magari è un impressione solo mia ma quando non si va a capo dopo un punto mi trasmette un idea di rapida continuità, di un succedersi immediato di avvenimenti, nelle descrizioni degli ampi spazi iniziali forse un pò stonava, ma magari sono solo io malato. xD
E infine mi è sembrato dovessi aggiungere poi un po più di "espressività" alle parti dialogate, anche descrivendo i pensieri e i movimenti delle persone, almeno all'inizio fa capire sensazioni, modo di essere ecc.
Per quanto riguarda l'alone di mistero, inserisci più particolari della vicenda per coinvolgere di più. :)

Nel complesso ripeto che mi è piaciuto e lo ho trovato gradevole. ^_^
E' una mole di lavoro notevole, davvero complimenti dunque. :)
Queste sono solo opinioni da lettore, per nulla esperto, scritte "di getto" dopo aver letto, nulla di più nulla di meno. :)

Come detto da Lokunos, se non vuoi che si insozzi il post possiamo spostare i commenti altrove o levarli del tutto. ^_^
Enjoy. :P

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MessaggioInviato: mar feb 20, 2007 10:00 
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Iscritto il: mer ott 11, 2006 16:33
Messaggi: 494
grazie x tutti i consigli, ne terrò conto! (nn mi piace molto come ho scritto i dialoghi, xkè io ho in mente 1 certo tono ma so ke gli altri magari nn lo percepiscono.. xò x ora preferisco aspettare, anke x il resto delle correzioni, di avere 1 po' + di esperienza)

cmq nn insozzate minimamente il topic, anzi mi fa piacere ricevere delle dritte x migliorare :wink:

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