Al padre di Mio padre


Tu che insulti il tuo stesso seme,
Tu che strazi chiunque t’oda,
Tu che infliggi brucianti pene,
Tu che abbandoni la stanca mente;
per me, si, tu sei indegno de’ vita,
e qui almen ricorda,
Ti maledico,
che tu possa giacer nell’ombra,
senza ricordi, senza rimpianti,
senza lodi ne infamie.
Con i vermi che t’affliggon la carne,
con i corvi che ti beccan negl’occhi,
finché non saran soltanto l’ossa
a giunger marcite nella fossa.
Forse è per paura della mia sorte avverza*
Perché è già per certo, e qui lo scongiuro;
che t’eguaglierò in idiozia e violenza,
senza via traversa ne appiglio sicuro.



*la forzatura della rima accentua anche l’asprezza del tema trattato.

Non conosco chi l'ha scritta , ma di certo amava suo nonno...

Doveva essere davvero una brava persona se il nipote ha scritto per lui un augurio di questo genere...

l'ho scritta io...

qualcosa me l'aveva fatto intuire,magari l'assenza del nome di un autore diverso....

buone rime che portano ad un'accellerazione musicale e costante,una Maledizione Perfetta.

Bella e incisiva.
Nella sua crudezza esprime molto.
Complimenti!