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 Oggetto del messaggio: De Meditatio Collationis
MessaggioInviato: lun apr 21, 2008 17:47 
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De Meditatio Collationis

In parallelo con De Liberi Cogitationis nasce De Meditatio Collationis un luogo in cui potete dire la vostra.
In questo tread verranno raccolti tutti i "saggi" personali, che potranno essere presi come spunto di riflessione nell'altro tread.
Qui potete scrivere tutte le vostre riflessioni, le vostre paure e le vostre gioie, i vostri gridi e i vostri sussurri.
Chi sa, magari potrebbe uscirne un buon libro ;)

a voi miei cari

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 Oggetto del messaggio: Re: De Meditatio Collationis
MessaggioInviato: lun apr 21, 2008 18:01 
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Riesumo un mio vecchio scritto, che marcai più di 2 anni orsono. eccolo a voi:

L’amore, l’amore è una cosa seria, gioiosa, pura e passionale allo stesso tempo.
L’amore è il motore di ogni persona, l’amore fra uomo e donna, fra uomo e uomo e fra donna e donna, non necessariamente intende attrazione fisica, ma indica sempre un attaccamento a qualcosa o qualcuno ma anche l’amore che l’essere umano ha per qualcosa o per qualcuno.
Poeticamente parlando si può trattare d’amore anche per un’ideale, ed è questo che nei più grandi libri, promuove i grandi eroi verso l’estremo sacrificio.
Ed è proprio questo; l’estremo sacrificio, che ci porta a compiere l’amore.
Ciò non deve essere inteso con la morte , ma il distaccamento per una cosa a noi cara, per una cosa che non ci riguarda direttamente ma che ci fa stare meglio.
L’amore fra uomo e donna in questo mondo corrotto da violenza, sesso, e modelli di vita sbagliati si è ridotto drasticamente.
Ciò che è definito amore eterno all’inizio di una relazione, si trasforma il più delle volte, in un appassito braciere di stanche membra dalla noia.
Questa passione spesso, ha breve vita, nei più rosei dei casi può durante decenni, fin quando l’abitudine e la paura di rimanere soli non fanno rimanere i coniugi insieme fino alla morte.
L’amore vero fra uomo e donna a mio parere può essere solo platonico, la passione dell’amore carnale invece, può accompagnarlo, ma non può essere eterna.
L’uomo infatti fin dall’alba del mondo, è condizionato dallo spargere sperma fra varie donne, conducendo al tradimento. La gelosia nasce difatti dalla paura di non avere figli legittimi, e della donna di rimanere sola a crescere i pargoli.
Questo meccanismo immortale ci regola da millenni, è come una delle costanti dell’universo.
Il sogno di ogni uomo saggio è quello di abbattere questo muro.
L’amore per un ideale, più o meno puro, può far fare grandi cose, meravigliose e terribili, ma grandi. Questo ci ricollega all’accoppiamento. L'amore è fine alla riproduzione, o meglio, inconsciamente sin dall’inizio dell’umanità, qualcosa ci imponeva di procreare per renderci immortali, tramite il patrimonio genetico che ognuno di noi ha.
Questa ossessiva chimera dell’immortalità ha portato persone a compiere gesti grandiosi o nefasti, ma comunque imponenti. Ma cosa ci fa anelare l’immortalità? Non è forse l’amore per la vita?
Quindi con convinzione posso dire che tutto l’universo gira intorno all’amore.

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 Oggetto del messaggio: Re: De Meditatio Collationis
MessaggioInviato: lun apr 21, 2008 18:03 
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l'uomo:

L’essere umano, vive per elevarsi, combatte con tutte le sue forze contro le avversità.
Colui che si abbatte non è da considerarsi uomo. È questo che ci eleva verso le stelle.
Ora e sempre, in ogni, epoca, popolo, universo.

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 Oggetto del messaggio: Re: De Meditatio Collationis
MessaggioInviato: mar apr 22, 2008 14:38 
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Come d'accordo con Lokunos, sposto tutti i saggi già postati in questo tread, aggiungendovi un paio di riflessioni.


In un'ora tarda e buia..., Ovvero di come l'Umanità potrebbe accorgersi

...Si può dire che la luce della Luna sia abbacinante anche quando le nuvole la ricoprono? E si può dire che le stelle siano ancora fuochi in cielo quando le luci della città divengono incendi che lambiscono le foreste dell'uomo? Rimangono pochi i segreti che all'uomo sono sconosciuti, dettagli insignificanti, banalità da palcoscenici dismessi. Il vero segreto è quello che celiamo dentro di noi, l'unico segreto ancora oggi inesplicabile ed inspiegabile. Ricominciamo a parlare di magia, di arcani segreti, e vedrete che si scatenerà una nuova Inquisizione, dove non più stregoni dilettantistici, più dediti agli studi filosofici che alla ricerca di magiche pietre o filtri d'amore, ma bensì organizzazioni di fanatici pronti a tutto, armati di determinazione e polvere pirica, un concentrato potenzialmente mortale di odio e fandonie, mix girevole di allucinazioni e pericoli. Attenzione per le strade, non più sufficiente, attenzione nelle scuole, non più sufficiente. Solo nelle nostre case, (e ancora...), possiamo ritenerci, no, dobbiamo ritenerci sicuri? Vogliono rinchiuderci nelle nostre case, bene, avranno ciò che vogliono. La costruzione di nuovi regni, piccole fortezze primigene dove uomini, donne, vecchi e fanciulli si armeranno, dettando il loro disprezzo per il vicino, il lontano e il diverso, e nemmeno il sangue ora sarà sufficiente e riportare la pace, nemmeno il proprio di sangue. Solo un'azione più spregevole di tutte potrebbe ricondurre la ragione nelle nostre menti mezzo bacate e mezza frenetiche. I politicanti attendono solo che la miccia sia ben carica, che la striscia di esplosivo si posizioni giusto dietro le poltrone degli ultimi democratici o sovrani rinunciatari, ed ecco, otterranno ciò che volevano, ciò che dall'antichità si insegue per un nuovo ordine...ecco, sarà di nuovo così, giorni di fuoco e notti di cristallo, i lunghi coltelli saranno nuovamente affilati, il caos...forse il popolo capirà e ricorderà, forse verranno fermati prima che sia troppo tardi, prima che il fuoco norreno torni ad incendiare le fiaccole, prima che il letargico avvenire divenga progresso infuocato, prima che il vetrocemento sostituisca i nostri occhi, impedendoci di mirare quanto più lontano le nostre iridi lo consentono. Un augurio al genere umano, di ritrovare la sua vera strada, magari non alla luce delle stelle, ma alla luce del proprio cuore, poiché, questa è un'ora tarda e buia...

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 Oggetto del messaggio: Re: De Meditatio Collationis
MessaggioInviato: mar apr 22, 2008 14:38 
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In hoc albae vinces, Ovvero di come ci si dimentica troppo spesso

Come se il giorno fosse la naturale sequenza della notte, come se ad ogni stella corrispondesse un raggio del disco d'Apollo, e ad ogni tramonto, corrispondesse inesorabilmente la nuova alba. Cosa direbbe l'umanità se por una volta le tenebre trionfassero? O se il giorno divenisse eterno? Non è mai stato concepibile ciò, l'uomo si basa su certezze, certezze che nel corso dei secoli vennero smontate. La terra sarebbe rimasta piatta, e noi, centro spirituale e materiale dell'universo, saremmo soli in mezzo a miliardi e miliardi e miliardi di corpi celesti, privi di senso dunque, impossibilitati a percorrere le distanze che ci separano dalla conoscenza, quella medesima conoscenza che ci ha dato l'impulso alla vita, alla sopravvivenza e al terrore. Il terrore, sindrome che assale colui o colei che sa di avere colpa, errato, il terrore assale solamente chi non desidera averla la colpa. E in fondo, colpevoli o meno, siamo tutti peccatori di fronte al tutto, chi giudica l'altro migliore di se? Pochi pochissimi davvero sono rimasti a farlo, chi ancora mantiene la consapevolezza di non essere l'unico, ma il risultato di una lunghissima discendenza, quella discendenza che da molti ancora è negata, mentre il loro tentativo di obnubilare le menti dei teneri virgulti riesce sempre più soddisfacente ogni giorno? Come, dico come si può mantenere la calma di fronte a questi problemi, di fronte a questa corruzione dell'animo, dove gli ultimi ideali vengono traviati dalle parole o dalla scrittura di mano ignota, persa nella polvere e nelle ossa di un senza terra, ormai troppo debole per ritornare, troppo deluso per riportare la pace, e troppo inutile per riconquistare la terra. Ma sorge infine un dubbio, mai ha avuto questo piacere, la visita sua in un globo di ferro e fuoco, di acqua che si disperde, di odio che si accentua, e il sangue, in un'ultima alba, ha mai attaccato i sassi corrodendoli del suo amore e della sua gloria?

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 Oggetto del messaggio: Re: De Meditatio Collationis
MessaggioInviato: mar apr 22, 2008 14:39 
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Eternamente mio, Ovvero di come l'Uomo insegue l'Eterno

Arrivarono a prendermi verso l'una del mattino, quando la distinzione tra un giorno all'altro è così delineata eppur poco chiara. Vennero a prendermi senza aver nessuna ragione per portarmi via dal mio letto, dalla mia casa natale, portandomi in quel luogo dove l'alba si mischiava alla notte. Non domandatevi quando verrà il tempo di morire, poiché la morte non attenderà la vostra decisione, e si prenderà il solo anelito di vita che lancerete verso l'infinito spazio del cosmo antico e periglioso. Un urlo lacererà la vostra mente, la volontà di essere partorirà incubi indicibili oltre ogni misura, ma la vostra speranza non si dovrà spezzare. Attenderete l'ultimo desiderio, e non vorrete altro che vivere. Non desideratelo, prendetevelo. Credete nel significato della vita, credete in questo immenso amore, credete di poterlo aggiungere ai vostri sogni, ma non dovete. Non dovete crederlo, dovete prenderlo. Confondendovi alla visione della verità, ditelo, urlatelo con grande foga, urlate il vostro sogno: "Eternamente Mio!" per l'anima e per il corpo, vivetelo nel cuore, amatelo, esso è vostro, la vita è vostra, abbandonate la speranza, ora, poiché non ne avrete più bisogno. Fallirete, di certo, la morte per voi sarà. Ma non la fine, l'inizio piuttosto, l'inizio della vita. Con morte avrete vita, e con vita avrete morte. Circolazione di libera concorrenza tra le due, ma voi avrete entrambe, per ricordare di essere uomini, ne Dei ne mortali, solo uomini, liberi e vivi, liberi e morti. In fondo, Vivi.

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 Oggetto del messaggio: Re: De Meditatio Collationis
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Il Giorno più lungo, Ovvero di come la Vita reca alla Polvere

Dipendentemente dal nostro stato di coscienza, possiamo affermare con assoluta certezza che il giorno più lungo secondo nostra memoria sia quello in cui il disfacimento del corpo cede posto alla magnificenza dello spirito libero. Quando diverremo la polvere che ancor'oggi ci compone, ritroveremo il vero significato della nostra vita, la pura essenza di ogni essere naturale. Assicurazioni di libertà, inutile a dirsi, la libertà è insita nell fine, la totale rastremanza di intenti, il proprio annichilimento esteriore. Atteniamoci alle regole dell'universo, atteniamoci alle nostre legislazioni, in sede di cielo e di mare dichiarate falsificabili alla vista del nostro cuore. Riteniamoci fortunati ad avere l'ascolto di invisibili spiriti, santi o demoni, a seconda della discendenza dell'animo. Cogliamo nella nostra natura perversa e malvagia migliaia di inutili trame sottili come seta, delicate come soffi di vento estatici. Lodiamo il nostro animo animale, scambiandolo per humus naturale, cose che tutti noi diverremo presto, nell'immediato futuro. La morte è un vecchio debito, prima o poi dovremo pagarlo tutti. E quando ciò avverrà, ci scoderemo dei nostri propositi, poiché più è il trapasso che non la fine ad atterrirci. Otteniamo risposte facili dai nostri occhi, ma il nostro cuore è più difficile interrogarlo e renderlo ambiguamente veritiero. Viviamo dunque finché le stelle non ci chiamino, e alle stelle torniamo nel momento esatto in cui esse ci richiameranno. La nostra vita è visione di un unico abisso, una sequela di immagini dure ed estenuanti, un baratro di libertà insita in noi, noi ci rispecchiamo in noi stessi, e libriamo la passione nel cuore dei più, assumendo parafrasi di intelligenza nel solo momento in cui possiamo renderci conto della nostra fragilità. Polvere alla polvere, stella alla stella, e polvere sia stella, poiché nell'universo immenso, due sono le regole. Tutto ciò che crediamo vivo, allora morirà, e tutto ciò che non crediamo vivente, allora un tempo visse, ed ora attende il ritorno, su stella, abisso, cuore o cielo...

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 Oggetto del messaggio: Re: De Meditatio Collationis
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Simulacro di innocenza, Ovvero di come l'insignificante muove il mondo

Assomigliamo estremamente agli Dei devo convenire. Essi possono anche essere immortali, eterni o quant'altro noi desideriamo che essi siano. Ma in fondo sono uomini, grandi uomini e donne, certo, poteri favolosi, ma noi discendiamo dalla razza più nobile, la loro secondo le nostre leggende, Siamo quindi da criticare quando in deliri di onnipotenza godiamo dei nostri privilegi terreni più di ogni altra genia terrestre? Noi non siamo cattedrali di magnificenza in realtà, ne risplendiamo come la luce degli astri, siamo solo granelli di una polvere tanto fine da sembrar luminescente, tagliati in modo da riflettere la maggior luce che il nostro Sole ci inviò nel corso dei secoli e dei millenni ormai. Ritengo perciò doveroso il fatto di rendere tutti partecipi di ciò, noi siamo simulacri di innocenza, avatar del dolore e della rastremazione spirituali. Le nostre città paiono tombe al confronto con le valli ultraterrene, con i laghi di continenti che alla nostra mente paiono vicini e raggiungibili con facilità, senza accorgerci che essi sono all'altro capo estremo del globo terracqueo. Viviamo per vivere, moriamo per vivere, alcuni vivono per morire, ricercando un paradiso erroneo, senza alcuna possibilità di ritrovarsi, di poter assumere falsa sembianza, o vera menzogna. Limitiamoci perciò a ritenere corretto il nostro ragionamento, non cerchiamo verità assoluta, poiché tale verità è insita in noi, noi la possediamo nel momento in cui creiamo la nostra idea, e non un'idea qualunque, ma la nostra, propriamente personale, da noi stessi creata. Unico vero atto di creazione, anche se ogni idea ci deriva da ciò che ci circonda, quindi di creazione realmente non si tratta, ma almeno possiamo avere la parvenza di essere supremi creatori, di rendere al mondo ciò che il mondo ci donò. Possiamo tentare di somigliare a quelle divinità che adoriamo, per cui abbiamo e ancor oggi lottiamo, moriamo, viviamo e poniamo fine ad altre ideologie. Non è giusto che l'uomo sia sottomesso a ciò, egli dovrebbe essere invece sottomosso, ovvero con un neologismo essere mosso da sotto, o meglio commosso da dentro, in modo che possa ritenersi parte del tutto in quanto tutto, e non parte del tutto in quanto minuscolo ingranaggio del tutto insignificante. La visione per cui anche il più piccolo ingranaggio sia indispensabile per il tutto rimane assolutamente insignificante, perché, se è pur vero che senza migliaia di granelli, un diamante rimarrà polvere, allora è anche vero che senza centinaia di granelli, lo stesso diamante risulterà solo più piccolo, ma forse più splendente. Rimaniamo in fondo polvere, la stessa polvere che ricopre i nostri animi, i nostri simulacri di falsa innocenza, poiché mai innocenza vi fu, la stessa polvere che venga tagliata tanto abilmente, da riflettere i raggi del Sole, che riscalda i cuori e rallegra gli occhi.

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La città dei Demoni e degli Angeli, Ovvero l'equilibrio indissolubile

Viviamo liberi senza sapere, che in un antro sotto al cuore, si cela solo una città d'amore. Scaviamo oltre ogni nebbia, e ritroviamo questa città, dove Angeli e Demoni si contendono il predominio di strade e palazzi. Un inverno celerà le loro lotte, le liti che insanguineranno le pareti di ogni casa, di ogni pietra e mattone. La paglia prenderà fuoco grazie all'odio dei loro cuori, e nessun Re, sovrano illuminato o tiranno che sia potrà riportar mai ordine e disciplina in questa contrada abbandonata dalla ragione. La guerra sarà dura, violenta e derisoria per entrambe le parti, ma in un ultimo anelito di vita, l'Angelo e il Demone si riuniranno, oltrepasseranno le porte di un nuovo Paradiso, spazzando via l'Inferno dall'animo umano. Ora l'uomo diverrà ultimo baluardo di forza sulla terra, interponendosi al male e entrando in esso. Così solamente parte del suo iniziale rifiuto verrà smantellato, ma l'ignobile delitto rimarrà macchia perpetua. Troverà chi vorrà il vaso antico nel pozzo di marmo in cima alla scala di mogano, oltrepassando ancora quella cella dell'anima, quell'antica città di valori e di quarzo, dove luce giammai ferì le pietre o distrusse gli ingenui e genuini libertari della virtù. Sappiate però o umani, che mortale è la nostra pietà, e mortale saremo noi con essa, senza oltrepassare la rande porta legnosa, entrar in quella foresta di belve e fiere sarebbe assai meno fiero che seppellir l'animo nostro nell'eternità di un oscuro maniero delittuoso. Incedendo come anatre azzoppate, nel bel mezzo di una parata festosa, si potrà infine comprendere quale sia mai l'umile, unico, inderogabile principium e quale l'omega, la fine interminabile. In quella città regnerà caos frammisto ad equilibrio, e male, e bene, e sangue, e luce, ma laveranno l'onta, l'insulto supremo del mondo all'universo. Granello di sabbia nel cosmo interminabile, l'Angelo sarà Demone, il Demone assumerà forma celeste, ed insieme otterranno il dominio sull'uomo, in quanto egli è, sarà e sempre rimarrà schiavo della passione umana, dell'umiltà e delle inutili trappole che ci incatenano ai nostri troni di beatitudine terrena.

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 Oggetto del messaggio: Re: De Meditatio Collationis
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Qualche scintilla di verità, sopra ceneri di umanità..., Ovvero l'incipit del viaggio dell'anima

All'ultimo arriva dal cielo la pioggia di stelle, che tutto ricopre nel nero antro dell'Apocalisse fremente e febbricitante. Otteniamo dalla nostra presunzione messaggi di povera miseria, di imbibizione in elisir per ringiovanire, in acque assai più nobili di quelle che si possono adocchiare. In questi momenti è bene procurarsi uno scudo per l'anima che sia efficace, in grado di evitare e respingere sia i colpi duramente inferti dai nostri nemici, dalle nemesi più oscure, sia i colpi che noi stessi lanciamo contro il nostro spirito, in grado di reagire con un eterno circolo di perdizione e insanità. Con questo possiamo tranquillamente definire il passaggio dell'umana genia con quella immortale degli dei e degli spiriti, genie senza nomi o definizioni, senza caratteri somatici ne apostrofi o invettive, motti arguti potrebbero forse definirle in brevissimi istanti della loro vita, partendo dal presupposto che nessuno di codesti è esemplificabile nel puro battesimo di vita. Insignificante è l'analisi che ci propugnano, dove ogni singolo segreto viene svelato, mappata è la vita dell'uomo, segregata su carta che diverrà solo cenere, attorniata dalla brillante maestosità del cosmo. Ancora tendiamo ad arrampicarci su bastioni privi di contenuti, errori ortografici punteggiano il nostro cammino, e rendono il nostro saggio disquisire una parabola con sentore di resina e ambra essiccate. Il profumo dell'etere stordisce anche le menti più preparate, ma infiamma in non ultima analisi quelle ceneri che tanto risplendettero al loro bel tempo di vivacità ed ingenio. Adesso, nell'ora dell'Hordo e del Concilio, quando le guerre più che uccidere intrattengono e riportano le finanze al giusto equilibrio, ora che le malattie risultano essere più letali di una caduta nel vuoto, e che ogni piccolo infante conosce più di ogni antico custode, si potrebbe affermare che sia stato raggiunto un equilibrio tra materia ed immagine, fortezza e spirito insoluto. Ma così non è, la verità, Ultima Tule per i mortali, rimane ancora enigmatica, inesplicabile, arroventata di pudore edonistico e di sembiante orgiastico. Inutile, futile, ambiguo, arretrato e simbiotico. Solo alcuni. Un sistema di parassitaggio a regola d'arte, privo di remore o timori, solamente atto al perseguimento di quell'ideale che da sempre, nei secoli bui o nelle epoche del luminoso oro i mortali di questo sasso del cosmo ricercarono, per cui intrattennero gli amori e le lotte, per cui uccisero e rimasero tali, per cui tentarono di rassomigliare agli Dei e sconfissero Fato e Libertà. L'unica verità, è che non esiste alcun miraggio, alcuna scintilla mai più brillerà, alla fine del corpo. Il rogo dell'anima è già cominciato, ora basta attendere il momento opportuno...

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 Oggetto del messaggio: Re: De Meditatio Collationis
MessaggioInviato: mar apr 22, 2008 14:42 
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Il Signore dei Centesimi, Ovvero il Piano per scuotere le Coscienze

Osservando le vite degli uomini, viene da chiedersi quali siano le reazioni della loro mente, le implicazioni psicologiche. In effetti lo scorrere costante del tempo tende ad assopirle, tranne nel caso di eventi eccezionali, durante i quali le nostre menti tendono all'esagerazione spaziale e temporale, ad anacronismi insiti nei recessi delle meningi dall'inizio dei tempi. Penserà dunque il Signore dei Centesimi a riportare tale stato, flagello dell'umana mente e dell'umana indignazione, egli riconoscerà in loro, povere menti depresse dall'apatia, miracoli di natura, in cui specchiarsi, riflettere la propria ambizione, e desiderio di assuefazione. Mostrerà ancora una volta come deboli sono le emozioni umane, a quali sottilissime speranze si appoggiano, i sottili fili della sorte che le sorreggono. Ma mancherà l'elemento fondante...la paura sarà gioco di tutti, il timore abbraccerà indistintamente, mantenendo il metodo e la costanza, con la numerologia che farà da se buon gioco. Poiché giovane è il tempo per la rivolta, e la rivolta mentale prenderà atto quella stessa notte, in cui normalmente tutta la popolazione sarà avvolta dalle tenebre, e in tenebre ancor più fitte di risveglierà. E avvertirà l'ansia della venuta, si domanderà il significato dell'astioso gesto, e ricercando nella sua memoria, non avrà nulla a cui appendersi, se non il timore di aver ricevuto un odio tanto profondo da accumularsi nei secoli. E quando il culmine giungerà, verrà rivelata tutta la verità, verranno riportati i significati alla luce, le tenebre si dissiperanno, e l'oscurità della vergogna coglierà i più delicati tra loro, riversando ondate di conoscenza sulle loro dimore e nelle loro menti. La verità sarà rivelata, il corretto compimento della vicenda, e tutti allora sapranno, sapranno da chi vennero giocati, e da chi vennero sbeffeggiati. Il mio nome è oscuro, e io fui costui, il giocatore del destino, colui che si prenderà gioco delle città, colui che armeggerà con le loro popolazioni. Poiché io sono il Signore dei Centesimi.

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 Oggetto del messaggio: Re: De Meditatio Collationis
MessaggioInviato: mar apr 22, 2008 14:43 
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Possono i nostri sogni influenzare la realtà?, Ovvero la difesa contro la durezza

A dire il vero la nostra realtà prevarrebbe sempre con il suo vortice di perfidia su qualunque sogno noi possiamo crearci. Naturalmente possiamo cercare di compensare con la speranza, ma poco verrebbe nelle nostre tasche, poiché ogni corretto sperare, verrebbe sopraffatto incredibilmente da un nuovo impeto. Per questo comparve, con la maestosità del fulmine e la grandiosità della tempesta l'annichilimento, l'annullamento totale delle nostre emozioni. Il tempo parve poi non più scorrere, e le nostre facoltà divennero semplici enigmi di noi stessi. Lo spazio divenne invece l'unica realtà capace di trasformarci, e in effetti da luogo a luogo mutiamo le nostre capacità. Ma pochissimi mantengono ancora l'antico spirito, quello che permetteva di riconoscersi, mutarsi e ribellarsi alle ingiurie del tempo, dello spazio e della società. Quell'antico spirito di ribellione, quel moto dell'animo, cortese ma risoluto, che potenziava il nostro pensiero, rendendoci schiavi di amore e odio. Tentiamo di riportare questi istinti alla coscienza, tentiamo di renderci vivi, di non abitar mai più quelle dimore iperboree, quegli scogli di desolazione che ci separarono un tempo dal giusto mare. Attendiamoci fatiche e pianti, ma non saremo mai davvero noi stessi, se prima non ricopriremo con le bandiere dell'oro il tempo, o se non riusciremo a ricoprirci noi stessi della gloria sempiterna che dal cielo porta il vento del Nord. Ma renderemo così omaggio alla nostra stirpe, flagello di potenza, sterminatrice della patri naturale, del dominio di Madre di nostra vita, o saremo solamente l'abbaglio della nostra esistenza, perdureremo noi forse in quello che chiamiamo sogno, o il sogno perdurerà nella nostra realtà? Mutiamo noi quindi le idee, o le idee ci mutano? Se questo fosse vero, sia lode al sogno, maestro di illusione, e nel contempo, chiave di ogni miraggio!

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Giudicatamente errato, Ovvero come esprimersi senza fingere

Esprimersi al pari delle proprie possibilità comporta un notevolissimo rischio. Quello di sbagliarsi. In effetti riteniamo troppo spesso che la ragione coli dalle nostre bocche come un caldo elisir magnetico, ma nessun succo d'amore può essere paragonato alla menzogna che ogni giorno proferiamo. Innanzitutto dobbiamo essere coscienti di non sapere nemmeno descrivere noi stessi, e questo probabilmente è il nostro pregio più grande, dando la possibilità al mondo di scoprirci. Secondariamente, otteniamo più fama dall'anonimato che dalla conoscenza, e rendiamo misticamente reale la nostra parvenza illusoria. In fondo, la fama è un pregio che si osserva da lontano, tanto vale ottenerla anche in modo sussultorio dietro maschera e mantello. Quindi possiamo dare un errato giudizio alle nostre parole, quando tentiamo di illudere o conciliare? No, poiché esse derivano dal nostro cuore in ogni caso, e nessun uomo davvero oserebbe dire cose che davvero per lui risulterebbero vane o inopportune, solo la pura verità esce dalle nostre bocche. Al massimo con un pizzico di rigore intellettuale, e una puntina di fantasia teatrale...

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Il destino è nelle nostre mani, ora tocca a noi scegliere...
Il Male è in noi, noi siamo il Male
Quando la Morte verrà a prendermi, non vorrei essere qui


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 Oggetto del messaggio: Re: De Meditatio Collationis
MessaggioInviato: mar apr 22, 2008 14:45 
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Nel nostro cuore sempre siamo soli..., Ovvero come non illuderci con altri


Duro a dirsi, duro a sentirsi, ma la verità sempre ha fatto male. Illusione essere vicini a qualcuno, siamo solamente abitanti dell'utilità di vita, senza che essa veramente possa ritornare a splendere su di noi. Ma lentamente ci accorgiamo ogni mattina che l'ideale speranza di ritrovarci si districa in mille diversi significati. Eccolo, il principio del sole, l'alba che sorge, il tramonto che si dispera per non essere più così sincero. Ma normalmente l'eternità non possiede croci, solo l'infamia ne ha, croci grige, pesanti, bagnate dall'umido pianto di mille vergini, vedove allo stesso tempo dell'onestà. Fra le molte attualizzazioni della memoria, abbiamo anche quella dell'illusione, ma l'illusione di avere qualcuno è povera, nulla a che fare con la verità, la verità della nostra solitudine, della nostra povertà nel cuore, del nostro dispiego di energie per renderci conto di morire interiormente ogni secondo, rivivendo così nell'animo. Ma ancora più lontano è il tempo della vita, dove veramente rimarremo soli con noi stessi, circondati dagli affetti di chi non più può amare, ricordando i bei tempi dell'illusione, e marcendo nel nostro amabile stato di crisi mentale, ascoltando per rinfrancarci il caloroso canto della stelle, l'accorato singulto delle acque, e il luminare parere di sua Maestà il Cielo.

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 Oggetto del messaggio: Re: De Meditatio Collationis
MessaggioInviato: mar apr 22, 2008 14:45 
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Coincidenza, madre di ogni peccato, Ovvero l'approfittarsi dell'Uomo sulla Casualità

Nel mentre di un cammino, capitar potrà di trovarvi un'occasione fortuita, per commetter reato o indulgenza alcuna, che potrebbe modificar la vostra o l'altrui vita. In questi casi, il momento propizio, generato da Sorella Coincidenza, che da Giustizia si staccò nel momento del parto tanto atteso agli inizi di ragion veduta, prestar si dovrà molta attenzione, in quanto ausilio in questi frangenti si potrà domandar solo al senso proprio dell'onore. Se però ovviamente, come ogni uomo o donna che sia mortale, voi desiderate il bene e la felicità, allora la soluzione unica ed inderogabile, (a parte quella triste della prematura fine), risulterà la più semplice. Ottenere il dominio dei sensi e la legalità dell'azione attraverso l'azione meno pura che vi sia. Nessuna profanazione potrà riportarvi alla mente un inganno mai celato, nessun giudizio sarà tanto errato da modificare il vostro temperamento. Voi sarete vivi, e nella vostra vita sognerete di non aver tale azione compiuta. Ma imperciocchè tale fu fatta, allo stesso modo ne ricaverete giustizie e dannazioni, nel momento estremo dell'addio e del superbo esilio dalla vita. La coincidenza non ha madre, ma essa stessa è Madre dell'errore, della perdizione, anche se dolce fu naufragar in quel mare di miseria e di peccato, come ogni peccato è dolce a se stante o contrapposto alle fatiche inutili della vita terrena. E poiché altra vita non vi sarà, prestando la dovuta attenzione, si riuscirà a risollevare il proprio giudizio, dalle tenebre alle stelle, oltrepassando l'oscura porta della nostra coscienza.

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