Fugazi
di Piero Scaruffi
Nell'arco della loro carriera i Fugazi sono una delle formazioni piu` importanti dell'intera storia del punk-rock, oltre che il faro della scena di Washington. Per un decennio sono stati un baluardo di onesta` e devozione (oltre che intelligenza e ispirazione) per tutta la scena rock. Il loro contributo etico e politico e` pari a quello artistico. Hanno trasformato l'hardcore in un veicolo espressivo tanto malleabile quanto potente e hanno in tal modo compiuto un'operazione non troppo diversa da quella che Jim Morrison opero` sul rock psichedelico. La teatralita` del loro sound non ha eguali negli annali del genere che era nato per reagire alla teatralita` del rock. Asceta morale e artista dissoluto, Ian MacKaye e` una delle intelligenze piu` lucide del punkrock tutto.
I Fugazi sono di fatto il traguardo della lunga carriera underground di MacKaye, che proveniva dall'esperienza dei Minor Threat, un gruppo durato una stagione brevissima ma che lascio` un segno indelebile sulla scena hardcore di Washington. Nel 1983 il gruppo si sciolse. Ian MacKaye raccolse i resti dei Faith, un altro dei gruppi storici della zona e diede vita agli Embrace. I brani registrati nel 1985, e apparsi postumi su Embrace (Dischord, 1987), mostrano un performer sempre piu` trascinante e sempre piu` proteso nelle sue prediche esistenziali. Posseduto da spiriti soprannaturali come Jim Morrison, MacKaye da` fondo a tutte le sue risorse, come un attore consumato di teatro impegnato in un assolo shakespeariano.
MacKaye registro` ancora un singolo sotto lo pseudonimo di Egg Hunt, poi si uni` a Guy Picciotto, ex leader dei Rites Of Spring, e formo` i Fugazi (espressione slang per "fucked-up situation"), un quartetto con due cantanti completato da Brendan Canty (altro ex Rites Of Spring) alla batteria e Joe Lally al basso.
L'EP Fugazi (Dischord, 1988) e` un'opera miliare dell'hardcore. L'inquietudine adolescenziale dei Minor Threat e` diventata una febbre esistenziale che brucia e corrode. La pantomina di MacKaye e` ora ambientata in uno scenario apocalittico, dove le emozioni sono esasperate in maniera bestiale e tensioni mostruose lacerano la psiche. Di pari passo l'hardcore primitivo e naif dei Minor Threat e` diventato un rock complesso e variegato, le filastrocche tutte d'un fiato si sono spezzate nel lamento affannato di un'agonia senza fine.
Lo shout sarcastico di MacKaye e il coro guerrigliero compongono un singolare call-and-response nel pandemonio generale di Waiting Room dopo che la sezione ritmica ha creato un clima di tensione con lo staccato martellante del basso e le sincopi a singhiozzo della batteria (rimarra` uno dei loro capolavori). Si intuisce una qualche influenza dei Clash, ma il sound e` infinitamente piu` violento e frammentato.
Bulldog Front sposa l'emotivita` dell'"emo-core" con i muri del suono degli MC5, ripetendo un verso con tono psicotico come se fosse una formula magica e poi esplodendo con un'enfasi assordante.
Il momento piu` sereno dell'album e` Bad Mouth, condotta a un passo quasi reggae su una melodia e un riff da powerpop.
Ancora diversa e` Burning, uno dei brani piu` sinistri e misteriosi, in cui il testo viene cantato in maniera vibrante con l'accompagnamento surreale di un basso che ripete sempre la stessa sinistra figura e un batterista che tiene il ritmo con le bacchette, mentre la chitarra si limita ad emettere di quando in quando qualche distorsione casuale.
Essendo fondato sul dualismo dei due cantanti, il sound del quartetto e` debole talvolta di chitarra, e, paradossalmente, cio` infonde al sound una carica e una dinamica senza precedenti. E` la chitarra invece a dominare con le sue dissonanze, le sue ripetizioni e i suoi "raga" Give Me The Care, un brano rock influenzato dai Sonic Youth, e Suggestions, un blues in sordina che aggiorna Led Zeppelin e Cream al punkrock e al reggae.
Il successivo EP, Margin Walker (Dischord, 1989), e` appena piu` timido: un rigurgito di hardcore nella title-track e in Lockdown viene attenuato da And The Same, un esperimento fra Sonic Youth e Gang Of Four. L'essenza dei Fugazi e` comunque quella di una musica profondamente urbana: le litanie nevrotiche e il chitarrismo dissonante contrastano con l'agilita` e la fluidita` della sezione ritmica, e in tal modo ben rappresentano l'alienazione, la rabbia e la violenza dell'individuo nell'apparente ordine della societa`. In tal senso l'apice drammatico del disco e` Promises, uno spiritual per zombie urlato meccanicamente sull'incalzare metodico del basso in un'atmosfera apocalittica.
I due EP verranno riuniti sull'album 13 Songs (Dischord, 1990).
Il terzo EP preparatorio, Three Songs (1990), contiene un altro dei loro classici, Song Number One, in cui e` evidente la maturazione di MacKaye come chitarrista: i due cantanti si contrappuntano gloriosamente, MacKaye gutturale e sgolato, Picciotto selvaggio e reboante, mentre la chitarra s'infiamma e delira in riff sempre piu` epici fino a ricordare Jimi Hendrix. Lo strumentale Joe Number One e` una danse macabre alla Fleshtones in linea con la loro visione apocalittica di un individuo sempre piu` schiacciato dalla societa`. E Break-In e` un modello di partitura strumentale veloce, feroce, trascinante, un concentrato di staccato a rotta di collo e di riff epidermici.
"You are not what you own", "Never mind what's been selling, it's what you're buying" e cosi` via: questi furono gli slogan di Repeater (Dischord, 1990), il primo album vero e proprio (la cui edizione su CD comprende Three Songs), uno dei dischi piu` rivoluzionari della musica rock. Non solo l'album si scagliava contro la societa`, ma lo faceva con un atteggiamento quasi zen. Non solo l'album invento` un sound dirompente e catastrofico che non esisteva prima, ma ne fece la colonna sonora di quell'umore rivoluzionario e catartico, e diede pertanto una dimensione non solo esistenziale ma anche metafisica a un genere musicale. I Fugazi si affermarono, insomma, come l'equivalente di Bob Dylan per la generazione degli anni '90 (mentre, per esempio, i Nirvana si erano fermati alla dimensione esistenziale).
Tecnicamente, l'album e` il capostipite dell'intero post-punk, il riferimento a cui si ispirera` tutto l'hardcore degli anni '90. I Fugazi accentuano ulteriormente la drammaticita` delle atmosfere, indulgendo in pause, accordi glaciali, scampanellii di chitarra, urla furibonde, e soprattutto continui cambiamenti di scena. I brani formalmente piu` regolari sono Merchandise, che oscilla fra heavymetal e reggae, e lo strumentale tribale Brendan Number One. Il piu` accattivante e` forse Turnover che, dopo un inizio concitato, si lancia in un boogie a perdifiato.
Dove i leader trovano la misura giusta e` pero` nei brani che meglio rendono musicalmente il senso catastrofico di spavento e solitudine dell'individuo: in Sieve-Fisted Find, con una concitazione degna dei primi Pere Ubu, in Styrofoam, tutta urlata come in uno spasimo mortale, e in Blueprint, fra Velvet Underground, Stooges e AC/DC. Le sincopazioni telluriche di Greed, il cupo rimbombo heavymetal di Two-Beats Off formano la grammatica di un linguaggio della tensione drammatica. Se qua e la` la confusione e` eccessiva, la veemenza regna ancora sovrana e redime anche i baccanali piu` gratuiti (per esempio nella title-track). L'album vende piu` di centomila copie e diventa un caso discografico.
I fans vedono nell'integerrimo ethos di MacKaye uno dei pochi riferimenti morali degli anni '90 ("You are not what you own", dice in Merchandise).
In questo disco i Fugazi trovano un leggendario equilibrio fra passione feroce e intelligenza quasi matematica, fra istinto e razionalita`, fra poesia e ingegneria.
L'anno dopo Steady Diet Of Nothing (1991) conferma il repertorio inesauribile di trucchi drammatici, che si arricchisce anzi di disco in disco di nuove forme espressive, continuando a lavorare in profondita` sulle qualita` psicanalitiche del rock. La tempesta di chitarrismi Sonic Youth di Reclamation e il maelstrom di distorsioni brade e di battiti tribali della title-track si librano in climi di tensione ancor piu` allucinata, facendo un uso tanto estremo quanto anti-convenzionale delle tecniche musicali del rock. Il sound va alla deriva nell'oceano di brutalita` dei Big Black.
Anche nei brani formalmente piu` semplici MacKaye sperimenta un nuovo linguaggio rock, in cui la canzone e` sempre in movimento (tipicamente in un crescendo ossessivo, ma "fratturato", deformato da innumerevoli discontinuita`): la piu` melodica del lotto, Nice New Outfit, e` immersa in sonorita` esagitate e tribali; la piu` trascinante, KYEO, e` percorsa da fremiti isterici. Sono tutti tentativi di costruire qualcosa di ancora piu` "diagonale", di sempre meno lineare e sempre piu` terapeuticamente shockante. E i Sonic Youth, in particolare il loro modo di mescolare rock and roll e dissonanze, costituiscono certamente un'influenza determinante.
Rinnovano i fasti del teatro hardcore dei due cantanti/attori, ma con una tonalita` ancor piu` oscura, paranoica, espressionista, Exit Only, che alterna un incedere sincopato in stile Pere Ubu a violente scariche boogie, Runaway Return, che sfrutta tutto l'arsenale di urla, pause, progressioni e ripetizioni, e Latin Roots, devastata da frasi tuonanti di tutti gli strumenti. Per farsi largo in queste tempeste di una magniloquenza wagneriana le voci dei due "attori" devono sgolarsi come nell'hardcore, rinunciando del tutto a qualsiasi ambizione estetica. Suggestiva e` anche la spettrale Long Division, che e` accompagnata soltanto da basso e batteria.
La bile dei Fugazi sembra inesauribile. In On The Killtaker (Dischord, 1993) non concede nulla: e` un altro attacco a testa bassa. Le canzoni rinunciano persino alle architetture sperimentali dei due album precedenti e si concentrano soltanto sull'energia. Questo album fa della concitazione un modello espressivo. Se il livello di violenza e` persino piu` elevato, in compenso si attenuano le atmosfere iper-nevrotiche del disco precedente. Finisce anzi per essere il disco piu` accessibile della carriera dei Fugazi (vedi la melodica e sincopata Public Witness Program), l'opera in cui l'energia non e` stata compressa in una serie di esplosioni terroristiche ma incanalata in nobili canti di liberta` (su tutti Facet Squared, con il suo spaventoso attacco a passo di pow-wow).
Conscio dei limiti della propria forma espressiva, il gruppo e` probabilmente alla ricerca di nuove sonorita`, come dimostrano il segnale intermittente che apre Facet Squared (e il tribalismo che ne consegue), l'interminabile distorsione che costituisce l'ossatura di 23 Beats Off, e lo strumentale Sweet And Low, che annega il loro sound convulso in strutture dimesse, (relativamente) rilassate, quasi jazz. Il pericolo e` quello di rifare il verso ai fIREHOSE, come capita in composizioni cantabili, aggressive, drammatiche e al tempo stesso innovative come Smallpox Champion e Cassavetes. Il meglio rimane dunque nei paraggi dei Big Black, come Rend It o Walken's Syndrome, quando il gruppo perde il controllo della propria emotivita` e MacKaye urla al suo destino come un lupo alla luna, peraltro senza rinunciare alle conquiste armoniche, al "classicismo", di questo rock senza confini.
Rispetto ai Fugazi scapigliati degli EP, al truce espressionismo di Repeater, alla potenza wagneriana di Steady Diet Of Nothing, la compostezza di In On The Kill Taker segnala un punto d'arrivo; ma la classifica dei valori segue l'ordine cronologico.
Un universo intero di suoni nuovi popola Red Medicine (Dischord, 1995), lavoro ancor piu` raffinato. Ci sono John Zorn e Black Flag, Minutemen e acid-rock, persino Can e Beethoven. Il gruppo scodella impasti sofisticati di timbri e di arrangiamenti, giochi di pause e di ritmi, lente e contorte cantilene. I Fugazi sembrano aver imparato piu` dagli esperimenti sul pop di Unrest e Tsunami che dal proprio leggendario passato. Una irresistibile cadenza a singhiozzo e un violente schitarrate alla Sonic Youth propellono il singolo, Do You Like Me; ma il brano e` fuorviante, in quanto il resto del disco e` immerso in armonie dissonanti, disordinate e dispersive, e in un clima lugubre, da film noir degli anni '90, fra il Mark Stewart del periodo Maffia e il David Thomas piu` stralunato, con accompagnamento sparuto e trasandato.
La nenia stanca di Fell Destroyed, la filastrocca psicotica di Birthday Pony, la recitazione sconnessa di Latest Disgrace non fanno che ripetere lo stesso schema, con la partitura strumentale che si limita ad abbozzare lo sfondo del quadro e il soggetto schizzato in bianco e nero. Long Distance Runner riassume tutti i sintomi della malattia: il piglio desolato del canto, la batteria sempre piu` leziosamente dub, e soprattutto le pause atroci riempite dal borbottio funebre del basso.
Il massimo della raffinatezza questo quartetto da camera hardcore lo tocca nello strumentale Version: un tribalismo pellerossa in lontananza, la batteria che intona il suo sonnambulo dub e sassofoni che strillano a mo` di sirene. Altrettanto calibrata la sintesi di Target: chitarra che accenna un motivetto da circo equestre, carica boogie alla Lou Reed, baraonda alla Brown Sugar (Rolling Stones), e una brutta copia di un riff stereotipato di hard-rock. Anche le bordate a cascata e il passo da bulldozer di By You (sulla falsariga di When The Levee Breaks dei Led Zeppelin) servono piu` che altro a costruire un'atmosfera (di terrore, paranoia, psicosi) per il racconto di Picciotto. Questo disco e` testamento esemplare di come lo shout amelodico dell'hardcore stia scivolando verso la dizione sincopata del rap, di come la sfrenata mitraglia ritmica si stia reincarnando nel battito ipnotico del dub.
Il lato cattivo della gang non ha comunque dimenticato le progressioni stratosferiche che la resero celebre e temuta: la rabbia epica di Back To Base, con le tipiche scontrosita` ritmiche e le stecche acidissime delle chitarre, e il rap sgolatissimo su un arpeggio folle della chitarra di Bed For The Scraping sono apposti quasi a monito.
Questo album non sembra neppure parente dei primi dischi. I Fugazi sono riusciti a re-inventarsi un po' come c'erano riusciti di Doors di L.A. Woman: attingendo alla tradizione ma con un umore scontroso e desolato che la trasfigura completamente.
Superprodotto e stratificato con trucchi sonici, End Hits (Dischord,1998) vuole riaffermare la modernita' dei Fugazi ma finisce col sembrare un insolito (per loro) album semplicistico,come se i componenti l'avessero assemblato durante le pause-pranzo di lavoro.Di sicuro pero' nessuno puo' accusare i Fugazi di compiacersi della routine:anche se la potente Break e la strumentale Arpeggiator richiamano lontanamente il vecchio stile della band (e Caustic Acrostic e Place Position vi sono ancor piu' vicine).Gli esperimenti dominano,ma non il ben integrato tipo di sperimentazione che ha trasformato Red Medicine in un ponte tra passato e futuro:queste "end hits" piuttosto scavano una grossa lacuna.Closed Captioned e Recap Modotti sono puntellate di elettronica,funk e dub.Floating Boy,Pink Frosty,No Surprise girano in un universo di armonie sconnesse che ruberebbero la scena in un post-rock epico.
Instrument (Dischord,1999) e` dichiaratamente niente piu` che la colonna sonora di un documentario rock sui Fugazi, ma queste tracce per lo piu' strumentali confermano la transizione verso un qualche cosa di piu' tranquillo e un'estetica apolitica.
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