BJŐRK
Medùlla
(2004, Wellhart Ltd/One Little Indian Ltd)
Ormai sono quasi due mesi che questo cd è uscito sul mercato, ma ancora non mi ci sono abituato! Eppure l’ho ascoltato chissà quante volte!!! Ma ogni volta che lo metto nel lettore ci trovo qualcosa che prima non avevo notato. E le sensazioni che dà sono ogni volta diverse. Lo stesso cd riesce a comunicare impressioni differenti a seconda del tempo, del luogo dove lo si ascolta, del momento della giornata… questa è una magia che riesce a pochissimi artisti! Ed al folletto islandese riesce benissimo!!!
Sono passati i tempi più pop di
Debut e quelli più trip-hop di
Post e
Homogenic; già con
Vespertine Björk dà inizio ad una fase di esperimenti estremi e sempre più intimisti. Se il penultimo album era stato influenzato dalla sua gravidanza e dall’aver trascorso molti giorni nella semi-oscurità della sua casa islandese, in questo, forse complici la maternità e la maturità dell’artista, si raggiungono livelli espressivi eccelsi. Ma soprattutto la sperimentazione raggiunge qui punti mai toccati.
Il primo ascolto è shockante! La traccia d’apertura (
pleasure is all mine) parte in maniera quasi classica, richiamando un po’ le sonorità di
Vespertine, ma ci si accorge dopo pochi secondi che non è affatto così. Probabilmente il tour promozionale del precedente lavoro ha lasciato forti segni nell’artista islandese, portandola a lavorare con cori lapponi e con orchestre come quella londinese. Infatti cori e parti orchestrali ritornano anche qui, ma in modo totalmente originale ed a volte arrangiati elettronicamente, spiazzando l’ascoltatore.
Ma le sperimentazioni non finiscono qui: ora la nostra Björk sembra proprio avere intenzione di mostrare ciò di cui è capace, inserendo in questo album anche alcune tracce esclusivamente vocali. Poetica ed espressiva in ogni parola, riesce ad emozionare anche nella traccia cantata in islandese! La cosa che stupisce più di tutti l’ascoltatore, comunque, non è tanto l’estensione della sua voce, ma la genialità nell’usarla! Non vengono risparmiati urli, sospiri, ansimi, respiri, rumori… (anche tramite sovraincisioni), che creano un suono rotondo perfino in assenza di strumenti. In questo senso,
ancestors è un esempio lampante.
Altre tracce degne di particolare attenzione sono il singolo
oceania e
where is the line?. La prima, a suo modo, risulta più in linea con la tipica produzione di Björk: melodica, dolce, malinconica ma non triste, è molto piacevole da ascoltare. Tra l’altro i suoni e la musica sono particolarmente evocativi e vi giuro che molte immagini del video le avevo immaginate già prima della sua proiezione.
La seconda è invece una traccia pazzesca! La base in stile trip-hop è creata con le voci maschili del coro, che ogni tanto si interrompono bruscamente per dare spazio a quelle femminili; il tutto per fare da sfondo alla voce di Björk che passa dal sussurro al vocalizzo.
Ho riletto questa recensione e non ne vado fiero… mi rendo conto che non è in grado di rendere il senso di questo album. D’altro canto non posso evitare di postarla… è doveroso dire qualcosa su un lavoro del genere! E se vedete che quello che ho scritto è inesatto o incompleto, sarò felice di essere corretto.
Per concludere: è un album molto difficile e sperimentale. Per i fan è una consacrazione… i novizi lo digerirebbero faticosamente.