Tutti avrete letto o sentito la notizia della piccola bielorussa nascosta da una coppia italiana in seguito ad una vacanza-affido.
La bambina ha confidato di essere maltrattata nel suo orfanotrofio e la coppia l'ha nascosta.
Al dì là dell'anomalia della questione (tecnicamente sarebbe sequestro, ma non c'è alcun mandato di arresto nei confronti della coppia), e della questione morale (se la bambina aveva i segni delle percosse comprendo anche la reazione di chi quella bambina l'ha accolta in casa propria), ho letto un articolo molto interessante, che vorrei condividere con voi.
I diritti di Maria prima di tutto
«L'ultimo posto dove può stare una bambina come Maria è un orfanotrofio»: lo ha detto al Messaggero lo psichiatra Massimo Di Giannantonio. Se la ragione viene prima della ragion di Stato, questa è la prima certezza alla vigilia dell'incontro tra la famiglia e il sottosegretario Melchiorre che, a nome del governo, si è offerto come mediatore. E poiché tutto succede qui in Italia, sarebbe bene che a prevalere fossero il diritto, l'etica e la carità. La seconda certezza riguarda la necessità che «la sottrazione» della bambina cessi, poiché alle stesse leggi è contraria.
E poiché sono in pericolo centinaia di adozioni internazionali. Ma, una volta usciti gli aspiranti genitori di Cogoleto dai faldoni della giustizia, deve rientrarvi a pieno titolo Maria. Che non è solo una persona da proteggere in maniera speciale, ma è la protagonista di qualunque procedimento giuridico, che si chiami adozione o affido, viaggio di salute o ricovero coatto. Sono i suoi diritti violati a giustificare le norme e la burocrazia che li tutelano, e non viceversa. Se solo si riconosce quest'evidenza, i termini della questione si ribaltano: non si tratta di capire se tra le pieghe della legge c'è un'ancora di salvezza per la bimba.
Si tratta di decidere quale legge, quale procedura d'urgenza, quale trattativa, quale diplomazia si devono adottare per salvarla. Che significa salvare Maria? La sua storia personale è documentata da due équipe di medici e di psicologi. C'è una madre alcolizzata, una fanciullezza da cancellare, le violenze e i soprusi nell'istituto, un ritardo nell'apprendimento, propositi di morte eppure una disperata voglia di aggrapparsi a una vita altra. Che non c'è mai stata. E che pure lei inventa e vagheggia come solo l'infanzia disperata ha la forza di fare. C'è un particolare illuminante nel primo incontro tra i genitori affidatari e la bimba: loro si propongono come gli "amici italiani"; lei risponde secca: «Niet, io dico te mamma e te papà». Questo non legittima i due giovani di Cogoleto a sfidare la legge e a nasconderla, né tantomeno a pretendere un'adozione che nessuno può garantire. Ma spiega le proporzioni del dramma individuale.
Che è di Maria e solo di lei. Non dell'ambasciatore bielorusso, che fa il suo mestiere e paventa il blocco delle adozioni. Non della coppia, che lotta anche per sé. Non dei tanti aspiranti genitori affidatari, che avrebbero potuto fare come Alessandro e Chiara Giusto, e ora temono ritorsioni pur non avendolo fitto. La loro preoccupazione merita rispetto. La loro rabbia comprensione. E rimanda all'opportunità tattica di cedere ai ricatti di una bucrocrazia-diplomazia kafkiana dove, come hanno documentato le inchieste di Marida Lombardo Pijola sul Messaggero, i bambini sono merce di scambio. L'urgenza spesso condanna gli uomini alla miopia. Se solo si alzasse lo sguardo oltre il ricatto di Chernobyl, Maria smetterebbe di essere un ostacolo per altri fanciulli e per altri potenziali genitori, per diventare l'emblema di un'emergenza umanitaria. Fatta di intrighi e pressioni, trattative oscure sulla pelle di migliaia di bambini già svantaggiati nell'Europa dei diritti e della solidarietà.
Dove la politica può, oltre che invocare la ragion di Stato e firmare protocolli cartacei disattesi nella realtà, promuovere una bonifica civile negli spazi dell'infanzia abbandonata. Il primo terreno di prova è l'Italia dei 30 mila ospiti degli orfanotrofi. Sarebbero dovuti scornparire già vent'anni fa. Il ministro Ferrero si è impegnato a chiuderli entro l'anno e a trasferire tutti i bambini in accoglienti case famiglia. Ci piace pensare che accadrà.