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 Oggetto del messaggio: Nuove truppe in Iraq
MessaggioInviato: gio gen 11, 2007 11:45 
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Bush: cambio di rotta in Iraq. Mea culpa ma più soldati
di Piero Fornara

Aumento di truppe, aiuti economici, impegni iracheni, diplomazia regionale, obiettivi per il governo di Nuri al Maliki: ecco secondo la Casa Bianca, i punti salienti del «cambio di rotta» dell'Amministrazione Bush per salvare la situazione in Iraq dopo quasi quattro anni di guerra; il discorso del presidente alla nazione, mercoledì 10 gennaio sera (le 3 di notte in Italia) è durato venti minuti. Bush ha chiuso il discorso senza il consueto «God Bless You», ma con un semplice «Grazie e buonanotte». Nella perorazione conclusiva ha detto che «andiamo avanti fiduciosi che l'Autore della Libertà ci guiderà in queste ore difficili».

Saranno «oltre 20mila» i soldati che gli Stati Uniti invieranno in Iraq. Bush impegnerà 17.500 truppe da combattimento, l'equivalente di cinque brigate, a Baghdad; la prima brigata arriverà il 15 gennaio, la seconda il 15 febbraio, le altre in ondate separate ogni 30 giorni. Bush invia anche 4mila Marines, in due ondate, nella provincia di Anbar, roccaforte dell'insurrezione sunnita. L'impegno militare costerà 5,6 miliardi di dollari. Gli Stati Uniti aumenteranno anche il numero dei consiglieri militari delle forze di sicurezza irachene.

Aiuti economici. 414 milioni di dollari per i “Provincial Reconstruction Teams”, che aiutano nella ricostruzione; 400 milioni di dollari per fondi di reazione rapida a esigenze della popolazione civile. 350 milioni di dollari per il Commander's Emergency Response Program, avviato nel 2003 per dare ai comandanti sul campo finanziamenti per risolvere problemi locali che migliorino rapidamente la qualità della vita dei civili iracheni.

Impegni iracheni. Stanziare 10 miliardi di dollari per assistere nella ricostruzione.Impegnare tre brigate per Baghdad, la prima il 1° febbraio, e altre due il 15 febbraio. Dare alle truppe Usa l'autorità di dar la caccia a tutti gli estremisti, a prescindere da setta o religione. Riformare il governo per garantire equali servizi a tutte le regioni e le sette.

Diplomazia regionale. Bush non proporrà colloqui diretti con Siria e Iran come suggerito dall'Iraq Study Group guidato dall'ex segretario di Stato James Baker, ma insisterà che Damasco e Teheran diventino una forza costruttiva senza interferire con l'Iraq e la regione.

Governo Maliki. Approvare una legge sul petrolio che divida i profitti dl greggio tra i gruppi etnici e le regioni in modo da unire il Paese. Allentare la politica di “de-baathificazione” che ha eliminato gli ex membri del partito di Saddam Hussein dai quadri del Governo.Indire elezioni provinciali per riportare i sunniti nel processo politico a livello locale. Aumentare il trasferimento della sicurezza alle forze di sicurezza irachene entro al fine del 2007.
Escalation: risposta sbagliata per i Democratici. La replica dei democratici al discorso sull'Iraq del presidente degli Stati Uniti George W. Bush è stata però durissima. «Annunciando l'invio di almeno altri 20mila soldati in Iraq il presidente ha avviato una escalation nel conflitto»: lha detto il senatore dell'Illinois Dick Durbin, cui è stata affidato il compito di rispondere a Bush, pochi istanti dopo la fine del messaggio a reti unificate, nell'ora di massimo ascolto televisivo. «La nuova strada di cui parla Bush - ha spiegato Durbin - è in realtà la strada sbagliata» .
I democratici hanno anche sottolineato come il presidente in questo modo mostri di ignorare l'indicazione data il 7 novembre scorso dagli elettori, che hanno severamente punito la strategia in Iraq della Casa Bianca e la politica del partito repubblicano. Anche l'altro senatore democratico dell'Illinois, Barack Obama, ha commentato a caldo l'intervento di Bush. «Non ho sentito alcuna valutazione - ha detto alla Cnn - che con 20mila soldati in più sul campo, la situazione potrà cambiare. E non ho sentito neppure alcun programma per sanare i conflitti tra le componenti etniche del Paese». Il senatore di Boston Ted Kennedy ha presentato, alla vigilia del discorso, una proposta di bloccare l'aumento delle truppe e i finanziamenti per la missione con un'azione del nuovo Congresso a guida democratica. La senatrice della California Dianne Feinstein ha commentato con una battuta le parole di Bush «mi è caduto il cuore quando l'ho ascoltato» , ha detto alla Cnn. «Non esiste alcuna garanzia che questa escalation possa farci uscire dall'Iraq come vincitori. Sono molto molto delusa» .


D’accordo Tokyo e Seul. Sebbene il Giappone abbia ritirato dalla scorsa estate tutte le sue truppe in Iraq, il premier Shinzo Abe si è dichiarato invece entusiasta della nuova strategia nel Golfo del presidente americano George Bush. «Nutro grandi aspettative - ha detto Abe - che gli sforzi statunitensi per stabilizzare e ricostruire l'Iraq procederanno in maniera efficace e produrranno risultati positivi». Il premier, secondo fonti di stampa a Tokyo, si è così pronunciato durante una telefonata con Bush da Berlino, seconda tappa di una serie di visite in Europa. Nonostante la conclamata alleanza con Washington e l'impegno ad accrescere la presenza strategica nipponica all'estero, il predecessore di Abe, Junichiro Koizumi, era apparso sempre assai prudente sul coinvolgimento del Giappone nel Golfo e a luglio il Paese intero aveva accolto con sollievo il completamento senza vittime della missione del contingente giapponese in Iraq.
Principale alleata degli Usa in Iraq dopo la Gran Bretagna, anche la Corea del Sud si è dichiarata favorevole ai nuovi progetti annunciati dalla Casa Bianca circa la strategia americana nel Golfo.
Il presidente sudcoreano Roh Moohyun, in particolare, ha reso noto di essere stato preavvisato per telefono da Bush dei piani per un incremento delle truppe americane in Iraq. La conversazione, è stato precisato a Seul, è durata una decina di minuti e Roh ha detto di appoggiare la determinazione del presidente Usa per promuovere la stabilità e la ricostruzione nel Golfo. La Corea del Sud ha inviato in Iraq oltre 3mila militari, ridotti ultimamente a 2.400: questo numero, in base ai piani attuali, dovrebbe essere dimezzato entro la fine del 2007.

Somalia: un solo raid Usa. Fonti dell'Amministrazione Bush hanno affermato a Washington che gli Stati Uniti hanno eseguito un solo attacco in Somalia, lunedì 8 gennaio, contro obiettivi ritenuti legati ad al-Qaida. Le fonti, citate in forma anonima dalla Reuters, contraddicono le indicazioni provenienti dal governo somalo, secondo le quali ci sarebbero stati ulteriori attacchi martedì e mercoledì. Il Pentagono per il momento si è limitato a confermare un solo attacco, indicando che sarebbe avvenuto nella notte tra domenica e lunedì.

http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Attualita%20ed%20Esteri/Esteri/2007/01/rb110107_bushiraq.shtml?uuid=fefe22d8-a142-11db-b281-00000e251029&DocRulesView=Libero


B'è,almeno i sopravvissuti avranno un conto in banca più sostanzioso.

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