Stavo ascoltando proprio oggi “Dusk… and Her Embrace,” un gran bel disco dei Cradle of Filth in cui è presente la contessa in questione.
Questo gruppo, che ha da sempre trattato nei testi delle loro musiche svariati temi della letteratura gotica ed in particolar modo del vampirismo, pubblico dopo "Dusk and her embrace" un concept album incentrato proprio sulla figura di Bathory.
Il disco è intitolato "Cruelty And The Beast" (Edit: mi accorgo solo adesso che era stato menzionato in precedenza da Rose), comunque vi posto la copertina in formato più grande assieme alla cover alternativa, le due cover delle edizioni limitate e riporto tre liriche tradotte in italiano affinché siano leggibili e comprensibili da tutti (sebbene per coloro che sanno l'inglese e sono interessati, consiglio di procurarsi i testi in madrelingua dell'intero album)



La Crudeltà ti portò delle OrchideeAscoltami adesso!
Tutti i crimini dovrebbero essere custoditi se ti conducono in qualche modo al piacere…
Malefico, in un’oscura rosa
Il raso avvolse i suoi seni, raggruppati
Come sangue sulla neve
Un laccio emostatico di topazio
Scintillante alla sua gola
Risvegliata, rimossa dalla tomba
Il di lei affrancato spirito eclissò la luna
Che lei offuscò come una stella cadente
Un regale ornamento proveniente da una lontana emissione nebulare
Il suo ritratto appeso nella nera galleria
Un imponente disagio
Che implora morte per respirare
In mezzo al turbinio della diurna fauna
Della società a corte
Elisabeth era accecata, la sua sembianza cercava applausi
Per mezzo della sua ombra illuminata da una fiaccola
Gettata sulle marcescenti pareti di una segreta
Nulla salutò, eccetto la disperazioni degli schiavi delle sue magiche notti
Tredici solstizi invernali avevano mostrato
Il suo percorso, che il buio
Aveva marcato come suo dominio,
Castrando il confessore
Di cui lei aveva conosciuto le carezze
Come un frustino nel canile
La sua fredda figa in pasto al suo osso sacro
Violata dalla fede, adesso Lei abbraccia
La gelida agitazione narcisistica sulla superficie dello specchio
Col suo disdegno, in queste vene
(la puttana di nobili natali che era)
Tentò di trattenere ciò che l’età avrebbe preteso
La sua anima fu venduta, e per questo prezzo
Pire sempre accese trasudarono
Dei capricci di una così docile
Elisabeth, misteriosa.
La crudeltà ti portò delle orchidee
Dalle viscere dell’abisso
Un tempo, l’atrocità di quando streghette soffocavano le lacrime
E intagliavano rune abortive dentro uteri arrossati
Esumati da folli sguardi
La malattia venne alla luce
Lei, come un dolce amante, è il seme
La cui linfa vitale schizzò sulla sua pelle
In macchie di sfrenata tortura
E per il suo riflesso morto
Questo fu come se il di lei pallore luccicasse
Come una angelo riscaldato da candele
Dove erotiche macchie hanno separato
Così questi demoni, trascinando queste dissolute
Concupiscenze che urlavano per essere liberate
Sulla carne di vergini agghindate
Come tele per un capriccio
Un rigido inchino
Il suo sguardo tenne una riunione
Di spiriti troppo intrappolati sotto il vetro per unirsi
Una signora più splendente della Luna
Le cui minacce per consumarla
Si scontravano con tormenti che davano sfogo al suo delirio
Disteso sulla sua schiena
Il fagotto è vittima di risme
Di versi e maledizioni
Che cacciavano i di lei sogni
L’incubo di mezzanotte rintoccò
Tredici volte nella sua mente
Un seguito di cicatrici
Marchiò gli anni sibilati dietro
La tormentata divisione delle cosce
Inflitte dal padre delle bugie
Un’ovazione di lupi
Fece arrossire il firmamento quando loro si contorsero
Ma il paradiso non è mai per sempre
Lei venne, come una spenta tempesta
Proveniente dalle nubi…
Lasciando i serpenti a guardia
Di ogni cancello
Per leccare virtuosi buchi,
Accecanti signori del destino
Di vergini costrette a spogliarsi
Per sfilare su ginocchia squarciate,
Graffiate e tormentate a ritroso
Mestruazioni che soffocano le loro parole
“Ancora. Puttana. Ancora.
Contorcendoti mi fai bagnare di te
Carcassa, sfregati selvaggiamente contro di me”
E per il suo riflesso morto
Questo fu come se il di lei pallore luccicasse
Come una angelo riscaldato da candele
Dove erotiche macchie hanno separato
Così questi demoni, trascinando queste dissolute
Concupiscenze che urlavano per essere liberate
Sulla carne di vergini agghindate
Come tele per un capriccio
Violata dalla fede, adesso Lei abbraccia
La gelida agitazione narcisistica sulla superficie dello specchio
Col suo disdegno, in queste vene
(la puttana di nobili natali che era)
Tentò di trattenere ciò che l’età avrebbe preteso
La sua anima fu venduta, e per questo prezzo
Pire sempre accese trasudarono
Dei capricci di una così docile
Elisabeth, misteriosa.
La crudeltà ti portò delle orchidee
Dalle viscere dell’abisso
Dalle viscere dell’abisso
Tredici Autunni e una VedovaUna sgualdrina deposta come l’avvizzimento in una notte di lieto auspicio
I di lei occhi tradirono incantesimi della luce misteriosa della luna
Un inquietante sguardo sempre aleggiante su mari lontani
Resa bianca e morta, la sua vera madre fu data
In pasto ai lupi che gli elementi avevano condotto
Da frastagliati rilievi apparentemente erettisi nel disagio
Attraverso le viscere del bosco, una carrozza nera fu disegnata
Con l’aiuto di un lampo pungente che sibilava dalla tempesta
(indorato su creste di razza carpatica)
Portando schiave dal sodomita alla neonata
In quella vigilia, quando la Contessa venne alla luce deforme
Una tragedia strisciata verso il nome Bathory
Elisabeth battezzata, nessuna rosa più pallida
Crebbe così oscura come questa sifilide
Nessuna più fredda nel suo riposo
Eppure la sua bellezza intesseva ragnatele
Attorno a cuori che uno sguardo vorrebbe unire assieme
Ella temette la luce
Così quando cadde come una viziosa peccatrice
Sotto l’austera regola puritana
Sacrificò…
Mandragole come vergini da scovare nelle mura
Ma dopo che gli angeli torturatori ebbero leccato e preso le prigioniere,
Mai i di lei sogni furono così maniacalmente crudeli
(e posseduti da tali delizie)
Per i corvi alati, i suoi sogni notturni
Di erotici,
Avvenuti tormenti
Mezzi respinti dal pulpito
Quasi trasfusi dalla cabala demoniaca
In lei
La sua passeggiata divenne stregoneria
Per scorgere la sua ombra adorata
Alla messa, priva di difetti
Benché dentro lei aborriva
Non la sua cerchia di pretendenti
Ma lo sguardo fisso del loro Dio
“Devo distogliere i miei occhi dagli inni
Poiché il Suo sguardo fisso porta dogmi alla mia pelle
Egli sa che ho sognato riti carnali
Con lui non morto per tre lunghe notti”
Elisabeth ascoltava
Non intonava nessun sermone
Trascinava una così grande colpa alla sua porta
Seppellì la sua anima con un’altrettanto grande lapide
Poiché giurò che il prete avesse sospirato
Quando si era inginocchiata per fare ammenda…
Lei temette la luce
Così quando cadde come una viziosa peccatrice
Sotto l’austera regola puritana
Sacrificò
Il suo decoro come casto
Al suo amante di stoffa
Per trovare, pomiciando,
Il confessionale
Il perdono sarebbe arrivato
Quando i suoi peccati sarebbero stati lavati
Da un nuovo battesimo in bianco…
Lo specchio depose ghirlande di Belladonna
Sopra la tomba della sua innocenza
Il suo volto nascosto spargeva l’assassinio
Da un sussurro da gridare
Ogni sonno sembrò maledetto
In versi faustiani
Ma nell’inferno orgiastico
Nessun orrore fu peggiore
Delle rivelazioni dello specchio
Baciò il fallo demoniaco
Di sua propria volontà…
Così con le finestre ovunque spalancate verso il cielo mestruato
Alla vigilia del solstizio abbandonò il castello in segreto
Una figlia del temporale, in sella al suo incubo preferito
Su venti privi di devozione
Le stigmati ancora piangevano in mezzo alle sue gambe
Un nuovo dissanguamento che impresse novelli rancori
Lei cercò la Strega
Attraverso la neve e il bosco umido nel covo del sodomita
Nove tormentati destini lanciarono ossa spezzate e morte
Per la gola di Elisabeth
La dannazione ebbe la meglio ed esortò la luna
Ad un soliloquio per risplendere
Fra gli alberi in schiera
Per rendere spettrale un sentiero
Insieme all’ululato di ninfe sodomizzate
Nella morsa del sodomita
Verso la vulva della foresta
Ove la Strega la istruì
Su magie più che oscure
“Fra filtri d’amore e piante di melissa
In mezzo al grasso di uomini strangolati
E verità soprannaturali, l’antico malocchio,
Elisabeth giunse nuovamente alla vita”
E lei ritornò al di sotto dell’alba lacerata
Come una fiamma nella morte dispersa
Con l’intento di bruciare
I segreti che aveva covato mentre cavalcava
Attraverso nebbie e paludi da dove si mostravano
Le mura del suo castello dove i corvi
Instancabili contavano le carogne
Si risvegliò da un sogno piangendo
Le campane della chiesa la scossero follemente dal suo sonno
Suonate a morto da un prete, auto-evirato e disteso
Come un pipistrello insanguinato nella cella campanaria
Le Scritture hanno cinguettato i loro incantesimi
Di maledetti sei triplicanti i loro possedimenti
Ma Elisabeth rideva, tredici autunni erano trascorsi
E lei era vedova di Dio e della sua collera, finalmente…
Bathory Aria[I. Ignorante come l’Usciere]
Ceri spenti sospiravano
Mentre la Morte lasciava impressa
La sua piuma di fredde lacrime sulla Contessa
Ignorante come lo sfortunato Usciere
La Casa di Bathory nascosta
Sotto un’oscura facciata di dolore
Se solo avessi potuto piangere
Nel lutto al suo fianco
L’avrei stretta così forte
Come Afrodite giunta a riva
Annegata sulle maree di Kytherean
E baciata
Perché da lei sola
Le mie labbra avrebbero conosciuto
Gli enigmi delle ombrose vedute
Dove i piaceri prendevano la carne
E il dolore, spietato
Venne a gelare il respiro
Di una chiassosa vita taciuta sopra ai sussurri
Ignorante.
Inalando il pallido calare del chiarore lunare che
strisciava
Attraverso la cripta del suo Signore il quale così
lucidamente dormiva
Ignorante.
Esalando il gemito del rintocco della nera vedovanza
L’incerata eterna notte entrava nella sua anima
[II. L’omicidio di un corvo in fuga]
Ora arringando cieli grigi
Con la vendetta sopra la vita
Mascellare e saffico
Necessita del supplicato genericidio
Gli inganni del Grande denunciavano la rivolta
Del maledetto bicchiere scoperto, disincantato nelle
cantine
Lei stava nel mezzo, circondata da glifi e diventata col
culto sorella nel peccato
Con l’abbandono del boia lei adoperò lo spirito del
mondo
Con Arcangeli come servi
Dalla luce alla notte scagliata
Buttati giù sulla terra dove il tormento si
distenderebbe…
Ma presto
Il suo tarocco rivelò
Ibridi rumori diffusi come tumori
Deriverebbero
E danneggiano le sue stelle
Comunque spaventate
Per le migliori amare verità
Di freddi bagni di sangue
Mentre i corpi risorgevano
In severe folle
Per perseguitarla dalle loro
Poco profonde sepolture imposte
Quando i lupi esumarono
I loro uteri terreni
Dove le pesanti brine hanno lavorato a lungo
Per rivelare le loro ferite
Per la profondità della sua anima inseguivano
Esercitati il loro veleno essi volavano
Come l’omicidio di un corvo in fuga
E sapendo che le loro estasi
Frantumerebbero i suoi sogni
Dilaniò con gli artigli libri infangati per la sospensione
della dannazione
Malefica gracchiata, cannoni sui nemici ammassati
Così santa è Eva
Mentre riceveva
Come Bellona al proiettile
Quei nemici
Feroci sorelle, sollevate
Le sue torture
Croce colorata su lastre di pietra
Per la sua carrozza imbrigliata per fuggire
Ma lei sapeva che doveva sfidare la notte
Benché la paura strisciasse un teschio oltre la luna
Come l’omicidio di un corvo in fuga
Per ogni maschera, sguardo ingioiellato con il
proposito di intimorire
L’orrore gelava gli occhi pitturati per freddi sguardi
fissi
E anche la sua danza
Negli immensi specchi sia lanciava
Osservava la malattia del suo futuro
Se il destino fosse stato lì a festeggiare…
[III. Occhi che testimoniano la pazzia]
In un’età crocifisso dai chiodi di fede
Quando quel volgare spaventapasseri di cristo deluse
le terre
In disparte una Contessa nacque un ossidiano
fantasma
Osò conoscere meglio l’abisso fu dannata
La sua vita sussurrava dolore come una marcia
funebre
Attorcigliata e struggente, ossessionata un’estasi
Con quelli che soccombevano alla crudeltà
Schiacciati sotto il passo della sua danza
Un turbine di fuoco che falcia le radici
Di dolci rose il suo boschetto di spine nere fu
impugnato…
Rivendicò i paradisi e per sempre per racimolare
L’elisir della giovinezza dalla vergine
Mentre con le sue fantasie lesbiche
Fotteva all’estremo
Oltre i decenni scatenati
Giungeva per una cura di sangue di seta
Ma il suo regno finiva rapidamente
Perché gli Oscuri Dei avevano sognato troppo
profondamente
Per badare al suo piacere
Quando i suoi carcerieri furono assaliti
Con condanne da un prete
Chi avrebbe balbettato i riti
Nella notte morta
Per fanciulle macchiate da tortuosi fogli di carta
E si posizionò orgogliosa
Quando i suoi crimini furono applicati
E svergognata da bifolche labbra
Sebbene lei fondesse i fuochi
Che leccavano gli arti più elevati
Alle fiche torturate delle complici
Così finisce questa contorta favola degna di merito
E sebbene potesse fare a meno del morso della pira
A forza della nobile nascita rigata di sangue
I suoi peccati (crimini) riuniti non le diedero tregua
Per sempre diverso dal brivido alla venuta della notte
Dove lenta la morte sola potrebbe concederle la fuga
“Gli Spiriti sono tutti fuggiti, giudizio
mi decompongo, sola, pazza,
dove la foresta sussurra lamenti color pulce per me
tra il pino e la corona del flagello dei lupi
oltre questi muri, nel quale condannata
alla penombra di un’austera tomba
io passo con bestiale pazzia
attraverso i pallidi bagliori di una luna innocente
chi, privò di necrologi, così
comanda le creazioni sulla terra
mentre io abbandono le mie labbra alla morte
un lento freddo bacio che incita la rinascita
sebbene un ultimo desiderio è lasciato in eredità dal
destino
la mia bellezza appassirà, invisibile
salva per gemelli occhi neri che verranno a prendere
la mia anima alla pace o all’inferno per la compagnia”
Riporto qui sotto i brani corrispondenti ai testi sopra citati, ma vi avviso che è roba un pò forte molto vicina al black metal. Quindi, se avete persone anziane accanto state attenti perché potrebbero morire d'infarto oppure cercare d'esorcizzarvi colpendovi ripetutamente sulla testa con una bibbia da 5 kg.
Cruelty Brought Thee Orchids:
Thirteen Autumns And A Widow:
Per concludere Bathory Aria che è decisamente tra i brani più orecchiabili dell'album nonché uno dei più rappresentativi:
